RILEVATO CHE:
1. Mo.Se. impugnava l’avviso di accertamento n. (Omissis), con cui l’Agenzia delle entrate rideterminava in Euro 751.734,00 il reddito per l’anno 2008 (e l’IRPEF dovuta in Euro 82.004,00), sul presupposto della partecipazione “qualificata” della contribuente nella società Alma Petroli Spa, nella misura percentuale di 30,17% del capitale sociale: la ricorrente deteneva azioni in piena proprietà (pari al 19,50% del capitale sociale) ed azioni in nuda proprietà (pari al 12,99% del capitale sociale).
L’Ufficio applicava, quindi, l’art. 47 del t.u.i.r., secondo cui la partecipazione “qualificata’ concorre a formare il reddito ed è sottoposta a tassazione ordinaria, al 40%.
La Commissione tributaria provinciale di Bologna accoglieva il ricorso ritenendo non condivisibile l’assunto dell’Ufficio circa l’equiparazione, ai fini del trattamento tributario dei dividendi societari, della nozione di “partecipazione qualificata” desumibile dall’art. 67, comma 1, lett. c) t.u.i.r., prevista per la diversa ipotesi della cessione delle quote societarie. Affermava, infatti, che la partecipazione della ricorrente non potesse ritenersi “qualificata” sia perché non era stata fornita la prova del diritto di voto nella percentuale indicata dalla legge sia perché la posizione del pieno proprietario è ben diversa da quella del nudo proprietario, non percependo quest’ultimo alcun dividendo, per cui secondo la tesi dell’Agenzia il nudo proprietario delle azioni si troverebbe a pagare le tasse su dividendi non percepiti.
2. Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna confermava la sentenza di primo grado, così motivando: “in tanto può ipotizzarsi una rilevanza dei dividendi ai fini del concorso […] alla formazione del reddito complessivo, con conseguente applicazione della tassazione ordinaria, in quanto essi siano distribuiti: ciò che è in radice da escludersi quando si discuta (come nella specie, almeno in parte) della posizione del nudo proprietario di azioni che, in quanto tale, non ha diritto a percepire gli utili” (pag. 4 della sentenza).
3. Avverso la decisione della CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio, affidandosi ad un unico motivo. La contribuente resiste con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per l’08/05/2025.
La contribuente ha depositato memoria ex art. 380-bis1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE:
1. Con l’unico motivo di impugnazione, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., l’Agenzia denuncia la “violazione e falsa applicazione dell’articolo 27 del D.P.R. n. 600/1973 e dell’articolo 67 del “nuovo” T.U.I.R. n. 917/1986, nonché degli articoli 46 e 48 del D.P.R. n. 131/1986″. Dopo aver riportato il quadro normativo in materia di regime fiscale dei dividendi percepiti dalle persone fisiche non nell’esercizio di impresa, afferma che la nozione di “partecipazione”, qualificata o meno, debba essere rinvenuta nell’art. 67, comma primo, t.u.i.r., cui rimanda l’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973. L’art. 67 cit. detta due criteri alternativi, ovvero la percentuale di diritto di voto (se superiore al 20%, la partecipazione è qualificata) e la partecipazione al capitale o al patrimonio sociale (se superiore al 25%, la partecipazione è qualificata).
In relazione a tale secondo criterio, “si debbono sommare le cessioni anche di diritti diversi (piena proprietà, usufrutto, nuda proprietà)” (pag. 8 del ricorso) e deve equipararsi la fattispecie impositiva oggetto di lite a quella della cessione delle quote, per cui rileva esclusivamente la situazione soggettiva complessa delle quote possedute dal singolo socio, ivi comprese quelle di cui è nudo proprietario. Sostiene, in particolare, l’Ufficio che debba farsi riferimento alla “fase (statica) della situazione soggettiva del possesso di una partecipazione qualificata nell’arco dei 12 mesi”, essendo irrilevanti gli eventi successivi all’acquisizione della partecipazione, quale la costituzione dell’usufrutto sulle quote (pag. 9 del ricorso).
Il motivo, subito superando l’eccezione di inammissibilità formulata da controparte in quanto la doglianza è conforme al dettato dell’art. 366 cod. proc. civ., è fondato.
1.1. La tesi seguita dai giudici di merito non può essere condivisa.
È opportuno premettere che nella specie si tratta di individuare il regime impositivo dei dividendi percepiti da persone fisiche titolari di azioni e/o quote societarie, regime che l’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973 distingue a seconda che la partecipazione sia o meno “qualificata” : se la partecipazione non è qualificata, viene operata, dalla società che distribuisce i dividendi, la ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 12,50%; se la partecipazione è qualificata, i dividendi (solo quelli percepiti) concorrono alla formazione del reddito, che andrà tassato secondo la percentuale prevista dalla legge (nella specie, 40%).
1.2. L’Ufficio (al fine di applicare i criteri di calcolo della percentuale di capitale sociale previsti dagli artt. 46 e 48 del D.P.R. n. 131/1986) intende equiparare alla fattispecie oggetto di lite la plusvalenza realizzata tramite la cessione delle quote.
Ciò premesso, si tratta di stabilire se nel computo della partecipazione – al fine di verificare se possa ritenersi “qualificata” ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 27 cit. – debbano essere considerate, oltre, naturalmente, alle quote di cui si è pieni proprietari, anche le quote detenute in nuda proprietà.
La risposta deve essere positiva.
1.3. Il dividendo rappresenta il “frutto civile” dell’azione o della quota della società di capitali; in caso di usufrutto dell’azione, esso spetta, quindi, all’usufruttario e concorre a formare il reddito di questi; è l’usufruttuario che percepisce “la ricchezza novella’ costituente un reddito, da sottoporre a tassazione, secondo il principio ispiratore dell’intero t.u.i.r.
Ciò non esclude, però, che la posizione del socio nudo proprietario debba essere considerata al fine di valutare se la sua partecipazione possa ritenersi “qualificata’; detta valutazione va effettuata mediante la determinazione del valore delle quote in nuda proprietà, secondo i criteri di cui agli artt. 46 e 48 D.P.R. n. 131/1986.
Opinare diversamente, infatti, significherebbe svuotare di ogni contenuto la titolarità di azioni in nuda proprietà, disconoscendo qualsiasi valore alle stesse.
Se il valore delle quote in nuda proprietà, sommato a quello in piena proprietà, supera la soglia del 25% (del patrimonio o del capitale sociale, essendo tali criteri alternativi), la partecipazione deve ritenersi “qualificata”.
Tra l’altro, contrariamente a quanto sostenuto dalla CTR, in tal modo non si perverrebbe ad una iniqua tassazione di un dividendo non percepito dal detto socio, ma unicamente alla giusta valutazione della sua posizione all’interno della compagine sociale, alla luce (anche) del valore delle quote detenute a titolo di nuda proprietà; non a caso negli avvisi di accertamento è chiaramente indicata la partecipazione come “qualificata”, ma la maggiore aliquota (40%) viene applicata solo al reddito percepito, comprensivo, per quel che qui rileva, solo dei dividendi distribuiti al contribuente, ovvero dei dividendi relativi alle quote detenute in piena proprietà.
Non vi è, in altri termini, il rischio di sottoporre, in tal modo, a tassazione dividendi non percepiti; si tratta, invece, di applicare l’aliquota maggiore (per la detenzione qualificata) al reddito effettivamente percepito dal contribuente.
2. Il ricorso va, pertanto, accolto e, previa cassazione della impugnata sentenza, la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia-Romagna, in altra composizione, per il nuovo esame e per la liquidazione delle spese di legittimità.
Il giudice del rinvio si atterrà al seguente principio di diritto: “al fine di determinare se la partecipazione in una società di capitali possa ritenersi “qualificata”, ai sensi e per gli effetti dell’art. 27 D.P.R. n. 600/1973, devono essere prese in considerazione anche le azioni detenute in nuda proprietà, previa valutazione delle stesse e sommatoria del relativo valore a quello delle azioni eventualmente detenute in piena proprietà (ex art. 67, primo comma, TUIR); l’aliquota maggiore (40%) andrà applicata, in ogni caso, solo sul reddito effettivamente percepito”.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 maggio 2025.
Depositata in Cancelleria il 1° luglio 2025.
