2. La Corte territoriale ha premesso che il lavoratore, assunto il 4 gennaio 2019 con mansioni di imbianchino, è stato licenziato per essersi rifiutato, il giorno 28 marzo 2019, di sottoscrivere un ordine di servizio con cui si chiedeva ai dipendenti di prestare il lavoro anche il sabato mattina, per portare avanti alcuni cantieri attivi presso clienti che avevano urgenza di ultimare i lavori, e per aver lavorato il sabato 30 marzo e la domenica 31 marzo in un cantiere in San Giuliano Terme, svolgendo lavori in concorrenza con il datore di lavoro o, comunque, in violazione del divieto di astenersi dal prestare in qualunque tempo (festivi, feriale, notturno) e forma (subordinata, parasubordinata, autonoma e imprenditoriale) attività ultronee ed aggiuntive rispetto a quelle espletate per la datrice di lavoro.
3. Ha richiamato l’art. 22 del c.c.n.I. del settore Edilizia Artigianato ai sensi del quale la richiesta di lavoro straordinario deve essere effettuata con un preavviso all’operaio di 48 ore, salvo casi di necessità urgenti indifferibili e occasionali; inoltre, che ove l’impresa per obiettive esigenze tecnico produttive disponga lavoro straordinario per la giornata di sabato deve darne preventiva comunicazione, per il tramite dell’organizzazione territoriale artigiana a cui aderisce, alla rappresentanza sindacale unitaria territoriale al fine di consentire eventuali verifiche.
4. Ha accertato che l’ordine di servizio del 28 marzo 2019 faceva riferimento a ragioni di necessità dettate dall’esigenza della committenza di avere la disponibilità dell’immobile con ultimazione de lavori.
5. Ha ritenuto che le ragioni di urgenza segnalate dalla committente giustificassero l’inosservanza del preavviso di 48 ore (nella specie la richiesta di lavoro straordinario era stata fatta giovedì sera per lavori da eseguire sabato mattina); che la richiesta di lavoro straordinario di sabato non era sine die, come sostenuto dall’appellante, ma funzionale alla chiusura del citato cantiere; che l’art. 5, quarto comma, del D.Lgs. n. 66 del 2003 fa espressamente salve le disposizioni dei contratti collettivi.
6. I giudici di appello hanno considerato sussistenti entrambi gli illeciti contestati, sia l’ingiustificato rifiuto del lavoratore di svolgere il lavoro straordinario legittimamente richiesto per la giornata di sabato e sia lo svolgimento di attività in concorrenza con la datrice di lavoro. Su quest’ultimo addebito hanno rilevato che nel divieto posto dal regolamento aziendale rientrasse l’attività svolta dal (omissis) nei giorni 30 e 31 marzo 2019 presso l’abitazione del sig. (omissis), trattandosi di attività sicuramente lavorativa, analoga a quella prestata per il datore di lavoro, resa in forma organizzata, per due giorni consecutivi, insieme al collega (omissis) (che parimenti aveva rifiutato lo straordinario nella giornata di sabato), indossando la divisa della (omissis)e previo approvvigionamento dei materiali presso i fornitori abituali della società datrice di lavoro.
7. Avverso tale sentenza (omissis) ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La (omissis) Srl ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
8. Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. come modificato dal D.Lgs. n. 149 del 2022.
10. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dal carattere gratuito e a titolo di amicizia del lavoro eseguito presso l’abitazione del (omissis) censurandosi la mancata ammissione delle prove testimoniali sul punto.
11. Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 7, legge n. 300 del 1970 e della disciplina in materia di privacy. Premesso che l’ordine di servizio riguardava solo le giornate di sabato, si rileva la discrasia tra la contestazione disciplinare riferita, per il secondo addebito, alla prestazione resa di domenica in favore del (omissis) e il licenziamento intimato per tale attività in concorrenza nelle giornate di sabato e domenica. Si sostiene che l’attività eseguita di domenica presso terzi non poteva essere posta a base del licenziamento poiché l’ordine di servizio era limitato al sabato e l’attività espletata di sabato non poteva costituite motivo di recesso in quanto non previamente contestata. Si denuncia inoltre la violazione della normativa sulla privacy per essere stato il lavoratore destinatario di controllo da parte del datore di lavoro mentre si trovava, nel proprio tempo libero, presso l’abitazione di un amico.
12. Con il quarto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., dell’art. 4,legge n. 604 del 1966, dell’art. 15, legge n. 300 del 1970 e dell’art. 3,legge n. 108 del 1990, per avere la Corte errato nel ritenere integrata la giusta causa di recesso nonostante l’illegittimità dell’ordine di servizio e della contestazione disciplinare e per non avere, una volta esclusa la giusta causa di recesso, dichiarato il carattere ritorsivo del licenziamento in quanto intimato a fronte del legittimo rifiuto del dipendente di firmare un ordine di servizio che lo avrebbe vincolato, sine die, a prestare attività lavorativa nelle giornate di sabato, e per essere stato seguito e controllato dal datore di lavoro, al di fuori del luogo di lavoro.
13. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
14. L’art. 5 del D.Lgs. n. 66 del 2003 stabilisce:
“1. Il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto.
2. Fermi restando i limiti di cui all’articolo 4, i contratti collettivi di lavoro regolamentano le eventuali modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario.
3. In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali.
4. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario è inoltre ammesso in relazione a:
a) casi di eccezionali esigenze tecnico – produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori;
b) casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
c) eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’articolo 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e in tempo utile alle rappresentanze sindacali aziendali.
5. Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi”.
15. L’art. 22 del c.c.n.l. prevede: “il lavoro straordinario è ammesso nei limiti di 250 ore annuali. La richiesta dell’impresa è effettuata con preavviso all’operaio di 48 ore, salvo i casi di necessità urgenti, indifferibili e occasionali. Ove l’impresa per obiettive esigenze tecnico-produttive disponga l’effettuazione di lavoro straordinario per la giornata del sabato, ne darà preventiva comunicazione per il tramite dell’organizzazione territoriale artigiana cui aderisce, alla rappresentanza sindacale unitaria territoriale ai fini di consentire eventuali verifiche”.
16. In base al disposto dell’art. 5, D.Lgs. n. 66 del 2003, è consentito, con apposita clausola del contratto collettivo, pattuire l’obbligo del lavoratore di prestare, nei limiti di legge, il lavoro straordinario richiesto dall’imprenditore, e tale facoltà è stata esercitata dalle parti sociali con il citato art. 22 del c.c.n.l.
17. È necessario che il potere discrezionale attribuito al datore di lavoro sia esercitato in rigorosa conformità alle previsioni del contratto e nel rispetto dei canoni di correttezza e buona fede poste dagli artt. 1175 e 1375 cod. civ., nel contenuto determinato dall’art. 41, comma secondo, Cost. (come precisato con la sentenza della Corte Costituzionale n. 103 del 1989). Con la conseguenza che, ove ricorrano i citati requisiti (rispetto delle previsioni del contratto collettivo e dei canoni di correttezza e buona fede) il rifiuto, senza giustificato motivo, opposto dal lavoratore può costituire inadempimento disciplinarmente rilevante (v. Cass. n. 2073 del 1992; n. 11821 del 2003; n. 4011 del 2007; n. 17644 del 2009; n. 10623 del 2023).
18. La Corte di appello si è conformata ai principi appena richiamati e, con accertamento in fatto non revisionabile in questa sede di legittimità, ha ritenuto la richiesta datoriale di lavoro straordinario esercitata nei limiti e in conformità alle previsioni del contratto collettivo, oltre che secondo canoni di correttezza e buona fede, per essere la deroga al preavviso di 48 ore giustificata dalla necessità dell’impresa di soddisfare le indifferibili esigenze della committenza e la durata dell’impegno nelle giornate di sabato correlata ai tempi per il completamento dei lavori dello specifico cantiere e non sine die.
19. I restanti motivi di ricorso, che investono la autonoma condotta di rilievo disciplinare consistita nello svolgimento di attività lavorativa in concorrenza col datore di lavoro e vietata dal regolamento aziendale (condotta “contestata al lavoratore indipendentemente dalla connessione con l’ordine di servizio del 28.3.2019”, v. sentenza appello, p. 5, quarto cpv.), sono parimenti da respingere.
20. Il secondo motivo (con cui si denuncia l’omesso esame rappresentato dal carattere gratuito e a titolo di amicizia del lavoro eseguito presso l’abitazione del (omissis), censurandosi la mancata ammissione delle prove testimoniali sul punto) è inammissibile per più ragioni. La Corte d’appello ha anzitutto preso in esame il fatto storico del lavoro eseguito presso l’abitazione del (omissis). La censura mossa attiene non al fatto storico, bensì alla qualificazione giuridica di quell’attività che si assume eseguita a titolo gratuito e per amicizia, ed esula quindi dal perimetro di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (v. Cass., S.U. n. 8053 e n. 8054 del 2014). Il ricorrente censura poi la mancata ammissione delle prove testimoniali sul punto ma un simile profilo non è prospettabile in questa sede di legittimità, posto che le prove richieste non attengono ad un fatto storico decisivo e non esaminato (v. Cass. n. 11457 del 2007; n. 5654 del 2047; n. 27415 del 2018, secondo cui il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento).
21. Il terzo motivo di ricorso (con cui si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 7, legge n. 300 del 1970 e della disciplina in materia di privacy) è inammissibile nella parte in cui deduce la violazione dell’art. 7, legge 300 del 1970, perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza d’appello che ha giudicato tale censura tardiva. Il motivo è parimenti inammissibile perché denuncia in modo estremamente generico la violazione della privacy, senza alcun riferimento alle norme di diritto violate, dovendo peraltro considerarsi che l’accertamento in fatto operato dai giudici di merito si basa, tra l’altro, sulla mancata contestazione, da parte del dipendente, delle circostanze di fatto allegate dal datore quanto all’attività edilizia prestata dal Si., nei giorni di sabato e domenica, presso l’abitazione del (omissis), con la divisa aziendale (v. sentenza d’appello, p. 6, primo cpv.).
22. Il quarto motivo (con cui si censura la sentenza per avere ritenuto integrata la giusta causa di recesso nonostante l’illegittimità dell’ordine di servizio e della contestazione disciplinare e per non avere, una volta esclusa la giusta causa di recesso, dichiarato il carattere ritorsivo del licenziamento anch’esso infondato.
23. La Corte d’appello si è attenuta ai canoni giurisprudenziali attraverso cui sono state definite le nozioni legali di giusta causa (cfr. Cass. n. 18715 del 2016; n. 6901 del 2016; n. 21214 del 2009; n. 7838 del 2005) e di proporzionalità della misura espulsiva (cfr. Cass. 18715 del 2016; n. 21965 del 2007; n. 25743 del 2007) ed ha motivatamente valutato la gravità del duplice addebito, sottolineando la correlazione tra il rifiuto opposto del lavoratore di aderire alla richiesta (legittimata dal contratto collettivo) di lavoro straordinario nella giornata di sabato e lo svolgimento, in quella stessa giornata e nella domenica, di attività in concorrenza con quella datoriale, in violazione dello specifico divieto posto dal regolamento aziendale e del generale obbligo di fedeltà che grava sui lavoratori.
24. La conferma della sentenza d’appello sulla esistenza di una giusta causa di licenziamento porta a giudicare assorbiti i rilievi in materia di licenziamento ritorsivo (v. Cass. n. 6838 del 2023 e precedenti ivi richiamati).
25. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
26. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
27. Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
Così deciso il 26 giugno 2024.
Depositata in Cancelleria il 29 luglio 2024.
