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Cassazione civile sez. lav., 27/06/2024, n. 17717

Massima

Si configura la nullità della sentenza (error in procedendo ex art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ.) qualora la Corte territoriale decida la causa nel merito nonostante il mancato deposito delle note scritte che sostituivano l’udienza di decisione ai sensi dell’art. 127 ter cod. proc. civ..

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione (artt. 360 e ss. c.p.c.) è un mezzo di impugnazione ordinario che consente di impugnare le sentenze pronunciate in unico grado o in grado d’appello, ma solo per errori di diritto, non essendo possibile dinanzi alla Suprema Corte valutare nuovamente il merito della controversia come in appello. Di solito è ammessa solo la fase rescindente in quanto il giudizio verte sull’accertamento del vizio e sulla sua eventuale cassazione, il giudizio rescissorio spetta al giudice di rinvio. Solo nel caso in cui non dovessero risultare necessari ulteriori accertamenti in cassazione, avvengono entrambi i giudizi.

La sua proposizione avviene nel termine (perentorio) di 60 giorni (c.d. termine breve), è previsto un ulteriore termine (c.d. lungo) che scade 6 mesi dopo la pubblicazione della sentenza.

Per quanto riguarda i motivi di ricorso l’art. 360 c.p.c dispone che le sentenze possono essere impugnate:

  • per motivi attinenti alla giurisdizione,
  • per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
  • per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
  • per nullità della sentenza o del procedimento;
  • per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Inoltre può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale se le parti sono d’accordo per omettere l’appello (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.), mentre non sono immediatamente impugnabili per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio, in questo caso il ricorso può essere proposto senza necessità di riserva quando sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente il giudizio.

Il ricorso per cassazione è inammissibile (art. 360 bis c.p.c) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, oppure quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.

A pena di inammissibilità sono previsiti determinati requisiti di forma:

  • la sottoscrizione da parte di un avvocato iscritto in apposito albo e munito di procura speciale;
  • l’indicazione delle parti;
  • l’illustrazione sommaria dei fatti di causa;
  • l’indicazione della procura se conferita con atto separato e dell’eventuale decreto di ammissione al gratuito patrocinio;
  • l’indicazione degli atti processuali, dei contratti o accordi collettivi o dei documenti sui quali si fonda il ricorso;
  • i motivi del ricorso con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.

Il ricorso va depositato, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dall’ultima notifica fatta alle parti contro le quali è proposto.

Chi intende resistere al ricorso per cassazione può depositare controricorso e deve essere fatto entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso, insieme agli atti e ai documenti, e con la procura speciale se conferita con atto separato.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. La Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 190/2023 pubblicata il 13/03/2023, ha rigettato il gravame proposto da (omissis) nella controversia con l’Istituto nazionale di fisica nucleare (I.N.F.N.).

2. La controversia ha per oggetto l’accertamento del diritto, sin dal momento dell’assunzione con contratto a tempo indeterminato del 28/07/2008, all’accensione della c.d. polizza I.N.A., sottoscritta in data 01/07/1963 dall’I.N.F.N. e dall’Istituto Nazionale delle Assicurazioni.

3. Il Tribunale di Catania rigettava il ricorso ritenendo la natura previdenziale della polizza I.N.A. e la insussistenza di ogni ipotesi di disparità di trattamento rispetto ai colleghi che usufruivano del beneficio in esame.

4. La Corte d’appello di Catania ha ritenuto che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, come espresso da Cass., Sez. U., 09/03/2015, n. 4684 in poi, fosse ormai acclarata la natura previdenziale della polizza I.N.A.; e che la soppressione dei fondi di previdenza integrativa, a far tempo dallo 01/10/1999 in poi, con la conseguente impossibilità di attribuire ai dipendenti dell’I.N.F.N. la polizza assicurativa stipulata nel 1963 avente, per le ragioni dette, natura previdenziale, non consentiva di ritenere la sussistenza di alcuna disparità di trattamento tra dipendenti assunti in epoche diverse e nella vigenza di norme diverse.

5. Per la cassazione della sentenza propone ricorso (omissis), affidato a due motivi. L’I.N.F.N. è rimasto intimato.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 127 ter comma primo, nn. 3 e 4 cod. proc. civ. nonché, con riferimento all’art. 360 comma primo n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza appellata per avere la Corte territoriale deciso la causa nel merito nonostante il mancato deposito delle note in sostituzione dell’udienza di decisione ex art. 127 ter cod. proc. civ., in luogo della fissazione di un nuovo termine per il deposito delle note o di una udienza in presenza come previsto dall’art. 127 comma quarto cod. proc. civ. In particolare il ricorrente deduce che la Corte territoriale, con provvedimento del 31/01/2023, aveva sostituito ex art. 127 ter cod. proc. civ. l’udienza fissata per la decisione della causa con il deposito di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, assegnando “termine perentorio per il deposito delle note di cui all’art. 127 ter, comma 1, cod. proc. civ. fino al 02/03/2023, con l’avvertimento che il mancato deposito di note comporta gli effetti previsti dal comma 4 del medesimo articolo”. Nella motivazione della sentenza impugnata la Corte territoriale aveva dato atto della scadenza dei termini assegnati alle parti per il deposito delle note ex art. 127 ter cod. proc. civ. ma, in luogo di fissare un nuovo termine per il deposito delle note o una udienza in presenza come previsto dall’art. 127 comma quarto cod. proc. civ., aveva trattenuto la causa in decisione, rigettando poi il gravame.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112324329 e 436 cod. proc. civ. per avere la Corte territoriale riformato la sentenza del giudice di prime cure con riferimento al capo sulle spese di lite, nonostante la mancata proposizione di un appello incidentale sul punto da parte dell’appellato.

3. Il primo motivo, nonostante l’improprio riferimento all’art. 360 comma primo n. 3 cod. proc. civ., ha sostanzialmente per oggetto la nullità derivata della sentenza appellata per effetto della violazione dell’art. 127 ter cod. proc. civ.. Dunque, error in procedendo ex art. 360 comma primo num. 4 cod. proc. civ.

4. Dai documenti prodotti ex art. 369 comma primo n. 4 cod. proc. civ. risulta che con provvedimento del 31/01/2023 il presidente della Corte territoriale disponeva che tutti i procedimenti “già fissati per la decisione all’udienza del 2 marzo 2023 siano celebrati con le modalità indicate dall’art. 127 ter cod. proc. civ.”; contestualmente assegnava alle parti “termine perentorio per il deposito delle note di cui all’art. 127 ter comma 1 cod. proc. civ. fino al 2 marzo 2023, con l’avvertimento che il mancato deposito di note comporta gli effetti previsti dal comma 4 del medesimo articolo”.

5. Dalla motivazione della sentenza della Corte territoriale, ed in particolare dallo svolgimento del processo, risulta che: “Acquisito il fascicolo d’ufficio di primo grado, la causa veniva posta in decisione in data 2 marzo 2023 ai sensi dell’art. 127 ter cod. proc. civ., compiuti i termini assegnati alle parti per il deposito di note telematiche”.

6. Dall’esame del fascicolo telematico del procedimento avanti alla Corte d’appello di Catania non risulta il deposito delle note ex art. 127 ter comma primo cod. proc. civ. entro il termine assegnato dal presidente con provvedimento del 31/01/2023.

7. L’art. 127 ter comma quarto cod. proc. civ. prevede che: “Se nessuna delle parti deposita le note nel termine assegnato il giudice assegna un nuovo termine perentorio per il deposito delle note scritte o fissa udienza. Se nessuna delle parti deposita le note nel nuovo termine o compare all’udienza, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo”.

8. La disposizione estende gli effetti della mancata comparizione delle parti all’udienza, come previsti dal combinato disposto degli artt. 181 e 309 cod. proc. civ., al caso in cui l’udienza sia stata sostituita dal deposito di note ex art. 127 ter cod. proc. civ. In quanto tale è una espressione del principio dispositivo che informa il processo civile, essendo le parti libere non solo di determinare l’oggetto della controversia ma anche di decidere se proseguire nella lite.

9. La disciplina dell’inattività delle parti dettata dal codice di procedura civile, con riguardo sia al giudizio di primo grado che a quello di appello, si applica anche alle controversie di lavoro, non ostandovi la specialità del rito né i principi cui essa si ispira (Cass., Sez. Lav., 09/03/2009, n. 5643 e sentenze ivi richiamate).

10. Con orientamento al quale si intende dare continuità, si è in particolare ritenuta applicabile anche alle controversie di lavoro in grado d’appello la disposizione dettata dall’art. 348 comma primo cod. proc. civ., con la conseguenza che la mancata comparizione dell’appellante all’udienza di cui all’art. 437 cod. proc. civ. non consente la decisione della causa nel merito, ma impone la fissazione di nuova udienza (così Cass., Sez. Lav., 04/03/2011, n. 5238).

11. Deve pertanto concludersi che la Corte territoriale, nel decidere la causa nel merito nonostante il mancato deposito delle note di trattazione scritta ex art. 127 ter cod. proc. civ., abbia violato la disposizione dettata dall’art. 127 ter comma quarto cod. proc. civ.

12. Accertata la violazione, si pone la diversa questione dei suoi effetti sulla sentenza, ossia dell’atto che chiude la sequenza procedimentale, giusta le disposizioni dettate in via generale dagli artt. 156 e segg. cod. proc. civ.

13. Lo scopo della disposizione in esame è quello di riservare alla parte, e solo alla parte, la scelta della condotta processuale ritenuta più idonea alla soddisfazione dei suoi interessi. In particolare, il giudizio di cognizione non ha natura officiosa, come il procedimento di legittimità. La progressione dalla fase introduttiva a quella istruttoria, e dalla fase istruttoria alla fase decisoria, postula necessariamente l’impulso di parte.

14. Sulla base di questa premessa deve ritenersi che la violazione dell’art. 127 ter comma quarto cod. proc. civ. non abbia solo rilievo formale, ma sostanziale. La Corte territoriale ha deciso – motu proprio – il passaggio dalla fase della trattazione alla fase decisoria. Ciò facendo ha reso sostanzialmente impossibile il raggiungimento dello scopo previsto dall’art. 127 ter comma quarto cod. proc. civ. che, nel contesto dei fatti di causa, è costituito dall’attribuire alla parte, e solo alla parte, la facoltà di determinarsi sul passaggio in decisione dalla causa.

15. La violazione non è innocua perché ha prodotto, in modo irreparabile se non nei limiti previsti dall’art. 161 comma primo cod. proc. civ., un risultato non voluto da alcuna delle parti di causa: la decisione dell’appello nel merito. Sul punto si è osservato che “lo scopo della sentenza non è semplicemente quello di distribuire la ragione e il torto: in altre, parole, non è quello di decidere la controversia dando ragione, mediante i fondamenti della tutela dichiarativa, a chi sia effettivamente titolare del diritto sostanziale. Lo scopo è sì quello di realizzare il diritto sostanziale, ma sempre nel rispetto delle regole e dei principi del processo giurisdizionale.” (Cass., Sez. U., 25/11/2021, n. 36596).

16. In questa prospettiva occorre considerare che secondo il costante orientamento di questa Corte le norme processuali hanno natura servente, giacché la deduzione dei vizi derivanti dalla loro inosservanza (i cd. vizi formali) non serve a tutelare l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma ad eliminare i pregiudizi conseguenti all’esercizio delle facoltà in cui sì esprime il diritto di difesa. Con la conseguenza che è generalmente inammissibile per difetto di interesse la doglianza relativa alla violazione della regola processuale nel caso in cui non sia prospettato il concreto pregiudizio subito dalla parte per effetto della pretesa violazione processuale (Cass., Sez. U., 09/08/2018, n. 20685).

17. Si è però più di recente affinato tale orientamento, per il caso in la violazione della regola processuale assuma la forma della “lesione dei diritti processuali essenziali ai contraddittorio e alla difesa giudiziale”, poiché in questo caso – e solo in esso – la violazione delle regole processuali è ipso iure foriera di danno, senza che sia necessario allegare un concreto pregiudizio da essa derivante (così Cass., Sez. U., n. 36596/2021 cit.).

18. La regola processuale violata, ossia l’art. 127 ter comma quarto cod. proc. civ., afferisce proprio al concreto dispiegarsi del contraddittorio nel processo, in quanto il potere del giudice di pronunciare nel merito presuppone che la parte ne solleciti l’esercizio, giusta il principio generale previsto dall’art. 99 cod. proc. civ.

19. Né può ritenersi applicabile l’orientamento in tema di mancata partecipazione del procuratore alle liti alla udienza di precisazione delle conclusioni, con richiamo implicito alle conclusioni e richieste già formulate (Cass., Sez. III, 20/11/2020, n. 26523), perché la chiara lettera dell’art. 127 ter comma quarto cod. proc. civ. ne esclude in radice la possibilità, col prevedere in modo esplicito gli effetti derivanti dal mancato compimento dell’attività.

20. tutte le considerazioni sopra esposte deve ritenersi che la decisione della causa nel merito, nonostante il mancato deposito delle note ex art. 127 ter comma quarto cod. proc. civ., sia di per sé motivo di nullità della sentenza impugnata, senza che occorra l’allegazione e la prova di alcun pregiudizio cagionato dalla violazione della regola processuale.

21. Per questi motivi deve accogliersi il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo, e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla stessa Corte d’appello che provvederà in diversa composizione, anche con riferimento alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, assorbito il secondo motivo di ricorso;

cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2024.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2024.

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