Fatto
PREMESSO
che:
1. Con sentenza del 12.2.14, la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza del tribunale della stessa sede, che aveva dichiarato non dovute le somme portate da cartella esattoriale notificata all’hotel dall’INPS, a titolo di recupero sgravi indebitamente fruiti.
2. In particolare, la corte territoriale -richiamata la differenza tra il contratto di formazione e lavoro e il contratto di lavoro a tempo indeterminato – ha ritenuto che gli sgravi previsti dalla della l. 448/1998, art. 2, comma 5, per i “nuovi assunti… ad incremento delle unità effettivamente occupate” si applichino anche in relazione ad assunti a tempo indeterminato all’esito di trasformazione di precedente contratto di formazione e lavoro, in quanto i lavoratori assunti con CFL vanno in ogni caso esclusi dal computo base occupazionale.
3. Avverso tale sentenza ricorre l’INPS con unico motivo, cui resiste con controricorso l’hotel. Le parti hanno presentato memorie.
CONSIDERATO
che:
4. Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione della l. n. 448 del 1998, art. 3, comma 6 e della l. n. 448 del 2001, art. 44 per avere la sentenza impugnata riconosciuto gli sgravi in una fattispecie nella quale, essendovi stata conversione di contratto a tempo determinato in lavoro a tempo indeterminato, non vi era stato incremento di occupazione.
5. Il motivo è fondato.
6. Questa Corte – pur con riferimento a sgravio contributivo previsto da altra disciplina – ha già affermato (Cass. sez. lav., sentenza n. 15960 del 27&/2017; Sez. L, Sentenza n. 16378 del 26/09/2012, Rv. 624211 – 01; Sez. L -, Sentenza n. 20867 del 21/08/2018, Rv. 650133 – 02) il principio secondo cui presupposto per l’applicabilità degli sgravi contributivi è normalmente la realizzazione di un incremento occupazionale mediante nuove assunzioni di personale che già risulti iscritto nelle liste di collocamento o di mobilità o fruitore della cassa integrazione guadagni, sicchè il beneficio non compete nel caso di trasformazione di un contratto di formazione lavoro ovvero a tempo parziale in contratto di lavoro a tempo indeterminato e, rispettivamente, pieno, trattandosi di una mera modificazione della durata o della quantità temporale della prestazione lavorativa già in essere e non di nuova assunzione avente le finalità ed i caratteri indicati dalla disposizione, che è volta ad incentivare l’assunzione di soggetti che non abbiano (o abbiano perduto) l’occupazione. In tal senso, il calcolo in unità lavorative annue (c.d. ULA) può rilevare ai fini del computo della forza lavoro in essere al fine di valutare se sussista, a seguito della nuova assunzione, un effettivo incremento dell’occupazione, ma non anche al fine di considerare quale “nuovo assunto ad incremento delle unità occupate” colui il cui rapporto a tempo determinato sia stato trasformato in rapporto a tempo indeterminato, non essendo consentita alcuna interpretazione analogica delle disposizioni sugli sgravi contributivi, in ragione della natura eccezionale delle relative disposizioni.
7. Il Collegio ritiene dunque di ribadire il principio secondo il quale la conversione di un contratto a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato non dà luogo ad incremento di occupazione rilevante ai fini degli sgravi, e di far applicazione di detto principio anche con riferimento al caso in cui il contratto di formazione e lavoro si trasformi in contratto di lavoro a tempo indeterminato, in quanto detta trasformazione non determina la creazione di nuove opportunità di lavoro, bensì una stabilizzazione di posti già esistenti.
8. Diverso discorso va fatto peraltro per il caso in cui, tra la scadenza del CFL e la stipula di nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato vi sia stata una cesura temporale rilevante, accompagnata da iscrizione nelle liste del collocamento del lavoratore già parte di CFL ormai scaduto, in quanto – ove tali condizioni siano dimostrate ritualmente in giudizio – potrebbero verificarsi le condizioni dell’incremento occupazionale voluto dalla disciplina, come sostenuto dal controricorrente.
9. La sentenza impugnata, basata come detto su principio erroneo, va cassata. La causa va peraltro rinviata alla medesima corte d’appello in diversa composizione, al fine di verificare – nei limiti consentiti dalle norme processuali – la fondatezza dei rilievi del datore di lavoro in ordine alla ricorrenza degli elementi indicati nel paragrafo che precede.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio al medesimo tribunale in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2021
