…omissis…
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato la pronuncia del Tribunale di Cosenza che aveva respinto la domanda di –, volta ad ottenere il riconoscimento dello status di vittima del dovere, e del conseguente diritto all’inserimento nell’elenco D.P.R. n. 243 del 2006, ex art. 3, comma 3, ai fini dell’attribuzione dei benefici assistenziali di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 563 e 564.
2. All’origine della controversia si poneva l’incidente stradale occorso all’attuale ricorrente, investito da un’auto proveniente dal suo stesso senso di marcia mentre si era portato al centro della strada per intimare l’alt ad un veicolo proveniente dal senso opposto.
3. Il giudice di prime cure aveva respinto la domanda ritenendo che il rischio al quale il carabiniere si era esposto, al momento del sinistro, non eccedeva quello ordinario inerente all’attività lavorativa.
4. La Corte territoriale, con diversa motivazione, ha confermato la decisione, sul presupposto che, nel caso di specie, escluso lo svolgimento di attività straordinarie, doveva altresì escludersi, trattandosi di normale servizio perlustrativo del territorio, che si fosse in presenza di un’attività volta a contrastare la criminalità, ovvero di un servizio di ordine pubblico o, ancora, attività di vigilanza delle infrastrutture civili, soccorso o tutela della pubblica incolumità e, cioè, una delle ipotesi di cui al medesimo comma 563, lett. a) b) e c).
5. Per la cassazione della sentenza propone ricorso, ulteriormente illustrato da memoria, –, affidandolo a due motivi, cui resiste, con controricorso, il Ministero dell’Interno.
6. La sesta sezione della Corte, all’esito dell’infruttuosa trattazione camerale, con ordinanza n. 9613 del 2022, ha sollecitato un intervento nomofilattico per ulteriormente definire il concetto di contrasto ad ogni tipo di criminalità o comunque nello svolgimento di un servizio di ordine pubblico.
Ragioni della decisione
7. Con il primo motivo di ricorso la parte ricorrente si duole di violazione ed errata interpretazione dell’art.1, comma 563, della legge n. 266/2005 per non avere la Corte territoriale considerato che la condizione di “vittima del dovere” (cui conseguono i benefici riconosciuti in sede di merito) sussiste anche nel caso d’infortunio occorso nello svolgimento di un’attività preventiva, come quella di perlustrazione compiuta dal ricorrente, funzionalizzata al contrasto della criminalità.
8. Con il secondo motivo si deduce la medesima violazione di legge con riferimento al profilo della vigilanza delle infrastrutture civili e militari.
9. Il ricorso è da rigettare, esaminati congiuntamente i due motivi di censura per la loro connessione logica.
10. Vale premettere, per delineare la sussunzione del fatto nella cornice normativa invocata dal ricorrente, che dalla sentenza gravata si evince, in fatto, che, al momento dell’investimento, il ricorrente era impegnato «in un servizio perlustrativo del territorio», in un «posto di blocco».
11. In particolare, la Corte di merito, con apprezzamento in fatto insindacabile in questa sede, ha descritto l’incidente occorso «mentre stava svolgendo un servizio perlustrativo del territorio, ossia una attività tipica del suo specifico lavoro, trattandosi di una normale operazione di controllo della circolazione stradale» (pag. 4 della sentenza), aggiungendo che «il compito di istituto al quale era addetto non implicava il controllo della strada, ma dei veicoli che su quella strada transitavano» (pag.5 della sentenza).
12. Al positivo apprezzamento, nei termini dianzi detti, dell’attività svolta, la Corte di merito ha aggiunto la descrizione negativa degli ulteriori profili di fatto mancanti a compendio della valutazione finale dell’ attività svolta, ed esclusivi delle condizioni prescritte per il beneficio preteso.
13. Ha dunque soggiunto, la Corte di merito, che l’attuale ricorrente non era impegnato: «a) né in un’attività direttamente rivolta a contrastare la criminalità organizzata, perché stava eseguendo un servizio perlustrativo del territorio che, come tale, è propedeutico all’individuazione di condotte illecite che non necessariamente integrano reato, ma ben possono costituire illecito amministrativo; b) né in un servizio di ordine pubblico, perché non v’è coincidenza tra il servizio di ordine pubblico in senso stretto e qualsiasi altra attività comunque svolta dalle forze dell’ordine preposte istituzionalmente a tale servizio, come avviene nel caso di una normale operazione di controllo stradale svolta nell’ambito di una rutinaria attività di controllo del territorio da parte delle forze di polizia; c) né in un’attività di vigilanza di infrastrutture civili, perché diversamente da quanto sostiene l’appellante, la strada pubblica, nel caso in esame, non costituiva l’oggetto dell’attività di vigilanza che gli era stata affidata, ma solo il luogo in cui quell’attività era destinata a svolgersi. In altri termini il compito di istituto al quale era addetto non implicava il controllo della strada, ma dei veicoli che su quella strada transitavano».
14. Ebbene, risulta accertata irretrattabilmente, dalla Corte di merito, la insussistenza della condizione di fatto del sopravvenire di circostanze straordinarie e di fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti d’istituto.
15. Questa Corte di legittimità (v., fra le altre, Cass. nn. 24592, 9322 del 2018; Cass., Sez.U., 22 giugno 2017, n. 15484 e numerosissime successive conformi) ha più volte esaminato le norme al cui interno si colloca la fattispecie, precisandone i criteri applicativi nei termini che seguono.
16. La legge 23 dicembre 2005, n. 266, all’art. 1, comma 563, stabilisce che per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, art. 3 e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi: a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.
17. Al successivo comma 564 dell’articolo 1 si precisa che sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.
18. In seguito, in attuazione di quanto stabilito dalla stessa legge n. 266 del 2005, art. 1, comma 565 è stato emesso, con D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243, il regolamento concernente i termini e le modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, che all’art. 1, comma 1, definisce, agli effetti del regolamento: a) per benefici e provvidenze, le misure di sostegno e tutela previste dalle L. 13 agosto 1980, n. 466, L. 20 ottobre 1990, n. 302, L. 23 novembre 1998, n. 407, e loro successive modificazioni, e L. 3 agosto 2004, n. 206; b) per missioni di qualunque natura, le missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente; c) per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto.
19. Da tale quadro normativo si ricava che il legislatore ha ritenuto di intervenire con due diverse disposizioni, ossia la legge n. 266 del 2005, art. 1, commi 563 e 564, individuando nel comma 563 talune attività che, essendo state ritenute dalla legge pericolose, se hanno comportato l’insorgenza di infermità, possono automaticamente portare ad attribuire alle vittime i benefici quali vittime del dovere; ai sensi del comma 564, i benefici previsti per le vittime del dovere spettano anche ai «soggetti equiparati», ossia a coloro che non abbiano riportato le lesioni o la morte in una delle attività (enumerate nelle lettere da a) a f) sopra richiamate) che il legislatore ha ritenuto per loro natura pericolose, ma in altre attività, che pericolose lo fossero o lo fossero diventate per circostanze eccezionali.
20. Il modello di selezione delle attività che è possibile equiparare, ai sensi del comma 564, non opera attraverso la tipizzazione di singole attività così caratterizzate, ma volutamente risulta formulata una fattispecie aperta che tutela tutto ciò che sia avvenuto (per eccezionali situazioni) in occasione di missioni di qualunque natura.
21. E’ stata, dunque, adottata una nozione lata del concetto di missione, nel senso che la stessa riguarda tutti i compiti e le attività istituzionali svolte dal personale militare, che si attuano nello svolgimento di funzioni o compiti operativi, addestrativi o logistici sui mezzi o nell’ambito di strutture, stabilimenti e siti militari.
22. Qualunque tipo di attività e compito istituzionale può portare, in caso di infermità, ai benefici in questione.
23. E’, dunque, essenziale – per la vittima del dovere che abbia contratto un’infermità in qualunque tipo di servizio, non essendo sufficiente la semplice dipendenza da causa di servizio – che la dipendenza da causa di servizio sia legata al concetto di «particolari condizioni», che è un concetto aggiuntivo e specifico.
24. La nozione di “particolari condizioni ambientali o operative» è stata chiarita dal citato D.P.R. n. 243 del 2006, nel senso che rilevano: «… condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto».
25. Con le circostanze straordinarie e fatti di servizio si è voluto contemplare ogni possibile accadimento che abbia comportato l’esposizione a maggiori rischi o fatiche in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto.
26. Gli irretrattabili apprezzamenti in fatto svolti dalla Corte di merito, e anteposti nei paragrafi dianzi illustrati, escludono la riconduzione della fattispecie all’esame del Collegio ai presupposti normativi sopraindicati per non essere sopravvenute circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti d’istituto.
27. La peculiare vicenda trattata consiglia la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, spese compensate. Ai sensi dell’art.13, co. 1-quater, D.P.R. n. 115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, co. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 dicembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2024.