Massima

In materia di incompatibilità tra l’indennità di mobilità e i trattamenti pensionistici diretti, ai sensi dell’art. 6, comma 7, del D.L. n. 148/1993 convertito nella legge n. 236/1993, la pensione privilegiata ordinaria non tabellare (riconosciuta per patologia dipendente da causa di servizio) deve essere distinta dalla pensione di guerra e dalla pensione privilegiata ordinaria tabellare.

Supporto alla lettura

PREVIDENZA SOCIALE

La previdenza sociale contempla le diverse forme di tutela ed assistenza dei lavoratori che si traducono nell’erogazione di prestazioni di somme di denaro o altre utilità, predisposte in relazione a situazioni di bisogno in cui i lavoratori stessi o i loro famigliari possono venire a trovarsi in seguito al verificarsi di determinati eventi riconducibili o meno allo svolgimento dell’attività lavorativa e finalizzate sostanzialmente a garantire la continuità del reddito.

La determinazione dei casi e delle forme di previdenza e di assistenza obbligatorie, la contribuzione e le relative prestazioni sono disciplinate da una legislazione speciale.

Il principale Ente nazionale gestore della previdenza sociale è l’INPS.

Per “prestazioni previdenziali” si devono intendere non sono quelle strettamente di natura pensionistica, ma anche quelle dirette a rilevare la posizione contributiva sia da parte del lavoratore che da parte delle aziende. Vi rientrano anche quelle di natura assistenziale, aventi ad oggetto l’accertamento delle condizioni di invalidità civile, e quelle dirette alla liquidazione di prestazioni temporanee, quali la maternità e la disoccupazione.

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO CHE

(omissis) impugna la sentenza n. 463/2018 della Corte d’Appello di Venezia che ha confermato la pronuncia del Tribunale di Vicenza che aveva respinto il suo ricorso volto ad ottenere l’accertamento del diritto a percepire la pensione privilegiata di cui era titolare dal 1988 per patologia riconosciuta dipendente da causa di servizio dal Ministero della Difesa presso cui aveva prestato servizio dall’ottobre 1971 a gennaio 1988 unitamente all’indennità di mobilità, spettantegli, dall’ottobre 2012, quale ex dipendente (omissis): essendo stato licenziato dalla compagnia aerea, aveva chiesto ed ottenuto da INPS l’indennità di mobilità ordinaria e a ciò erano seguiti la sospensione dell’erogazione della pensione privilegiata di cui godeva, per incompatibilità con l’indennità di mobilità ordinaria, ed il recupero di quanto pagato dall’ottobre 2012 al febbraio 2013.

Propone due motivi di censura, cui resiste INPS con controricorso.

Chiamata la causa all’adunanza camerale del 25 giugno 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).

CONSIDERATO CHE

(omissis) censura la sentenza sulla base di due motivi.

I)In relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 7, del D.L. n. 148/1993 conv. nella legge n. 236/1993, mancata applicazione dell’art. 11, comma 1, delle disp. sulla legge in gen., degli artt. 52, comma 1, e 67, comma 4 del D.P.R. n. 1092/1973 (TU impiegati civili e militari dello Stato): la Corte avrebbe errato nel ritenere non cumulabili l’indennità di mobilità e la pensione° di cui il ricorrente gode, trattandosi di una normale pensione di anzianità e non di un trattamento pensionistico di invalidità, vecchiaia o anticipato, secondo il dictum dell’art. 6 cit.

II) In subordine: questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 7, del D.L. n. 148/1993 conv. nella legge n. 236/1993 nella parte in cui,prevedendo l’incompatibilità tra il trattamento di mobilità e il trattamento pensionistico privilegiato ordinario, finanche disponendo la sospensione del trattamento pensionistico medesimo per il periodo di fruizione del trattamento di mobilità, non determina il limite minimo dell’ammontare dell’indennità di mobilità in relazione al quale è operante l’incompatibilità e la sospensione del trattamento pensionistico, per violazione degli artt. 36, comma 1, e 38, comma 2, Cost. Il ricorso non è fondato.

È pacifico che: il ricorrente godeva dal 1988 di pensione privilegiata ordinaria di ottava categoria per patologia “spondilo artrosi diffusa” riconosciuta dipendente da causa di servizio dal Ministero della Difesa in relazione al servizio prestato quale Ufficiale dell’Aeronautica dal 25 ottobre 1971 e sino al 6 gennaio 1988; era stato assunto da Alitalia il 18 febbraio 1988 ed era stato licenziato il 13 ottobre 2012; aveva quindi avanzato domanda di mobilità ordinaria, optando con riserva per la mobilità in data 4 gennaio 2013; l’11 febbraio 2013 l’INPS aveva sospeso l’erogazione della pensione privilegiata per tutto il periodo di corresponsione dell’indennità, recuperando quanto indebitamente pagato dal momento dell’accoglimento.

Entrambi i Giudici di merito hanno ritenuto incompatibile il trattamento pensionistico de quo con l’indennità di mobilita. La Corte territoriale ha motivato in modo lineare: -l’art. 6, comma 7, del D.L. n. 148/1993 stabilisce che, “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i trattamenti ordinari di disoccupazione e l’indennità di mobilità sono incompatibili con i trattamenti pensionistici diretti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, degli ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell’assicurazione medesima nonchè delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi”;

la norma è chiara nell’escludere la compatibilità dell’indennità di mobilità con i trattamenti pensionistici diretti non solo a carico dell’AGO per invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti ma anche a carico egli ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell’assicurazione medesima e persino a carico delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi; la Corte di cassazione si è pronunciata sul punto con la sentenza n. 26297/2011;

-deve escludersi in capo all’appellante un diritto quesito alla corresponsione della pensione riconosciuta prima della messa in mobilità, posto che la norma relativa alla incompatibilità è antecedente al verificarsi della concomitanza delle due prestazioni e disciplina ex ante la fattispecie e gli effetti dell’incompatibilità non comportano la perdita del diritto alla pensione ma solo la sospensione del pagamento della stessa in concomitanza con il diritto all’indennità, qualora questo sia più favorevole all’avente diritto.

La sentenza gravata ha richiamato il precedente di cui a Cass. n. 26297/2011, che si era pronunciata sul caso di un soggetto

– titolare di pensione privilegiata (riconosciuta a seguito di infortunio dipendente da causa di servizio occorsogli quando svolgeva, come militare, i compiti di agente di custodia presso il Ministero di grazia e giustizia) a carico prima del Ministero del tesoro e poi, dal 1997, dell’INPDAP che aveva avanzato domanda per ottenere dall’INPS l’indennità di mobilità, in quanto posto in mobilità dal 1 gennaio 2004 da (omissis) Spa, presso la quale aveva lavorato a partire dal 1978, percependo contestualmente la pensione privilegiata. Nel ricorso era stato posto il quesito se “la pensione privilegiata ordinaria militare non tabellare ha carattere reddituale di retribuzione differita, al pari delle pensioni normali di quiescenza e dunque natura di pensione diretta a carico dello Stato con conseguente applicabilità della disciplina di cui all’art. 6, comma settimo, D.L. n. 148/93 concernente l’incompatibilità tra indennità di mobilità e i trattamenti pensionistici erogati dagli ordinamenti esclusivi della A.G.O”.

Questa Corte, richiamato un “orientamento ormai consolidato (cfr., recentemente, Cass. 30 dicembre 2009 n. 27938, nella cui motivazione sono indicati altresì i numerosi precedenti)”, ha ribadito che “in tema di pensioni erogate ai militari per infermità, lesioni o menomazioni riportate in servizio, occorre distinguere la pensione di guerra da quella privilegiata ordinaria e da quella privilegiata ordinaria tabellare”, poiché “solo la prima e l’ultima (erogata in caso di menomazioni riportate a causa del servizio militare di leva) hanno natura e funzione risarcitorie, mentre la pensione privilegiata ordinaria non tabellare presenta carattere redditual retributivo”, di tal chè è incompatibile con l’indennità di mobilità.

Dette considerazioni, che il Collegio condivide, valgono anche nel caso di specie, ove si controverte di pensione privilegiata ordinaria non tabellare.

Non vi è, poi, spazio per i prospettati dubbi di incostituzionalità. Come evidenziato da Corte cost. n. 234/2011, “la norma censurata (art.6, comma 7, del D.L.n. 148/1993, convertito nella legge n. 236/1993), nella sua originaria formulazione, si limitava ad introdurre il divieto di cumulo dei trattamenti ordinari e speciali di disoccupazione e dell’indennità di mobilità con i trattamenti pensionistici diretti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, degli ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell’assicurazione medesima, nonchè delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi; escludendo, dunque, che i soggetti che si trovavano nelle condizioni di poter astrattamente fruire, contemporaneamente, di entrambi tali tipologie di prestazioni previdenziali potessero in concreto godere di entrambe, cumulandole. 1.2.- Successivamente alla sua emanazione, la norma è stata integrata per effetto dell’art. 2 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299 (Disposizioni urgenti in materia di occupazione e di fiscalizzazione degli oneri sociali), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, che ha introdotto un temperamento al divieto di cumulo, consentendo, ai soli lavoratori aventi diritto alla mobilità, di scegliere, all’atto di iscrizione nelle liste di mobilità, tra tali trattamenti e quello di mobilità e stabilendo che, in caso di opzione a favore del trattamento di mobilità, l’erogazione dell’assegno o della pensione di invalidità resti sospesa per tutto il periodo di fruizione del predetto trattamento. 1.3. In seguito, questa Corte, con la sentenza n. 218 del 1995, ha esteso l’operatività del diritto di opzione anche al periodo precedente alla riforma del 1994, rendendo, dunque, retroattività la norma introdotta dal legislatore appena l’anno precedente”. Corte cost. n. 218/1995, ricordati i tre distinti regimi adottati dal legislatore, nel corso del tempo, ossia “quello della non cumulabilità dei trattamenti ordinari e speciali di disoccupazione con i trattamenti pensionistici diretti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, con salvezza in ogni caso del trattamento di disoccupazione eventualmente eccedente l’importo del trattamento pensionistico (art. 10 della legge 22 dicembre 1984, n.887); quello (meno favorevole) dell’incompatibilità dei medesimi trattamenti ordinari e speciali di disoccupazione e dell’indennità di mobilità (prestazione introdotta nell’ordinamento previdenziale dall’art. 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223) ancora con i trattamenti pensionistici diretti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, ma senza alcuna salvezza del trattamento più favorevole (art. 6, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito in legge 19 luglio 1993, n. 236,..); quello dell’incompatibilità, come appena indicata, corretta dalla facoltà per coloro che fruiscono dell’assegno o della pensione di mobilità di optare a favore del trattamento di mobilità con conseguente temporanea sospensione del trattamento di invalidità per tutto il periodo di fruizione del primo (art. 2 del decreto-legge 16 maggio 1994, n.299, convertito in legge 9 luglio 1994, n.451,..)”, aveva affermato che “rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire eventuali rapporti di non cumulabilità ovvero di incompatibilità tra diverse prestazioni previdenziali o assistenziali. È possibile quindi che in un bilanciamento complessivo degli interessi e dei valori in gioco che vede fronteggiarsi le esigenze della solidarietà e della liberazione dal bisogno (art. 38 della Costituzione) con i limiti conseguenti alla necessità di preservare l’equilibrio della finanza pubblica (art. 81 della Costituzione) il legislatore in una situazione in cui si verifichino plurimi eventi oggetto di assicurazioni sociali – valuti come sufficiente l’attribuzione di un unico trattamento previdenziale al fine di garantire al lavoratore assicurato mezzi adeguati alle esigenze di vita sue e della sua famiglia” (principio poi ribadito da Corte cost. n. 234/2011).

In argomento, questa Corte di legittimità si è di recente espressa con Cass. n. 24763/2023, in un caso in cui i Giudici territoriali avevano rigettato la domanda volta ad ottenere l’indennità di mobilità previa rinuncia al trattamento pensionistico di anzianità corrisposto quale ufficiale di Marina in congedo anticipato ed il ricorrente, con un unico motivo di censura, aveva stigmatizzato la decisione che aveva ritenuto l’incompatibilità tra il trattamento pensionistico percepito e l’indennità di mobilità cui avrebbe avuto diritto a seguito dell’iscrizione nelle relative liste da parte dell’INPS, senza al contempo accordargli la possibilità di optare per il secondo dei due trattamenti.

Per quanto qui rileva, questa Corte ha ricordato che l’art. 6 cit. “ha sancito l’incompatibilità dell’indennità di mobilità con i trattamenti pensionistici diretti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, nonché a carico degli ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell’assicurazione medesima (così già Cass. n. 11481 del 1999)”, tra i quali doveva “senz’altro ricomprendersi il trattamento pensionistico percepito dall’odierno ricorrente a carico dell’ex INPDAP. quale ex ufficiale di Marina, trattandosi di trattamento di anzianità che è posto a carico di uno degli ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell’a.g.o” escludendo che “il D.L. n. 148 del 1993art. 6, comma 7, per come successivamente modificato e integrato dal D.L. n. 299 del 1994art. 2, abbia introdotto il divieto di cumulo tra i trattamenti di disoccupazione e gli altri trattamenti pensionistici senza tuttavia prevedere a favore di quale dei due trattamenti incompatibili vada risolto il conflitto, atteso che l’art. 2 ult. cit., nell’attribuire espressamente la facoltà di opzione a quanti siano titolari di trattamenti pensionistici di invalidità, ha implicitamente previsto che i trattamenti di disoccupazione non possano essere corrisposti a coloro che siano titolari di altri trattamenti pensionistici”.

Tale disparità di trattamento non può “essere sospettata di illegittimità costituzionale, avendo il giudice delle leggi già chiarito che rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire eventuali rapporti di non cumulabilità ovvero incompatibilità tra diverse prestazioni previdenziali e assistenziali e dunque che, in una situazione in cui si verifichi la compresenza in capo ad un unico soggetto di plurimi eventi assicurati, si valuti come sufficiente l’attribuzione di un unico trattamento previdenziale al fine di garantire al lavoratore assicurato i mezzi adeguati alle esigenze di vita sue e della sua famiglia”.

Il riferimento è alla già menzionata Corte cost. n. 218/1995, in cui è “stato ulteriormente precisato che tale discrezionalità deborda in irragionevolezza solo allorché tra i plurimi eventi verificatisi ve ne sia uno che abbia messo capo ad una condizione di invalidità, dovendo in tal caso riconoscersi al lavoratore invalido la possibilità di optare per il trattamento più favorevole, in ragione della sua condizione di maggior bisogno rispetto al lavoratore non invalido” mentre il trattamento di anzianità percepito da parte ricorrente non rientra nel novero di quelli per i quali l’opzione costituisce una facoltà costituzionalmente necessitata (di tal chè corretta era, in quel caso, la decisione dei giudici territoriali).

Alla luce di tutto quanto sopra, il ricorso deve, quindi, essere rigettato, con condanna al pagamento delle spese secondo soccombenza, come liquidate in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro3000,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 25 giugno 2025.

Depositato in cancelleria il 18 settembre 2025.

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi