• Home
  • >
  • Cassazione civile sez. lav., 16/06/2023, n.17326

Cassazione civile sez. lav., 16/06/2023, n.17326

Massima

Non è illegittima la clausola della contrattazione collettiva che preveda un contenuto compenso unitario ed a forfait mensile per i disagi conseguenti al cambio consegne, intesi in termini di eccedenze marginali ed eventualmente anche variabili di orario, nell’ordine di pochi minuti, destinate a manifestarsi attraverso una minima sovrapposizione tra i turni, mentre, in caso di più ampio superamento dell’orario normale, attuato su richiesta o comunque con il consenso esplicito o implicito del datore di lavoro, è dovuto lo straordinario, o eventualmente il recupero orario compensativo.

Supporto alla lettura

ORARIO DI LAVORO

L’orario di lavoro è quel periodo in cui il lavoratore è al lavoro e a disposizione del datore di lavoro, con l’obbligo di esercitare la sua attività o le sue funzioni. Qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro è definito come periodo di riposo.

Un’importante limitazione definita dalla legge, ed integrata dalla contrattazione collettiva, riguarda invece il lavoro notturno.

Si distingue inoltre tra:

  • orario di lavoro normale: fissato in 40 ore settimanali (anche se ci sono deroghe a questa regola generale introdotte dalla legge);
  • orario di lavoro straordinario: eccedente il normale orario di lavoro e che, per espressa disposizione di legge, deve essere contenuto nonchè remunerato a parte e compensato con maggiorazioni previste dal contratto collettivo, che a sua volta può consentire, in alternativa o in aggiunta, che i lavoratori fruiscano di riposi compensativi. La legge prevede però dei casi in cui lo straordinario è comunque ammesso, a prescindere dalla volontà del singolo lavoratore, e salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi (es. eccezionali esigenze tecnico-produttive; casi di forza maggiore; mostre, fiere e manifestazioni collegate all’attività produttiva)

In ogni caso si desume il diritto al riposo del lavoratore dopo sei giorni consecutivi di lavoro.

In merito al tema della reperibilità, oggetto di possibili modifiche, sono previsti precisi diritti del lavoratore tenuto ad essere reperibile di domenica; mentre, oggetto di numerose controversie è il tempo necessario al lavoratore per indossare la divisa di lavoro: secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale esso deve essere ricompreso nell’orario di lavoro (cd. “tempo tuta”).

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto

RILEVATO CHE
1. la Corte d’Appello di Palermo, riformando la sentenza del Tribunale di Trapani, ha rigettato la domanda con cui vari lavoratori in servizio presso il Parco (Omissis) avevano chiesto la condanna dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali al pagamento dei tempi di lavoro straordinario necessari al cambio consegne tra i turni di guardiania o, in subordine, alla concessione dei riposi compensativi o all’indennizzo per arricchimento senza causa;

la Corte territoriale, premesso che la legittimazione passiva andava riconosciuta soltanto all’Assessorato e non alla Presidenza delle Regione, pur evocata in causa, riteneva che la previsione, da parte del Contratto Collettivo Regionale di Lavoro (di seguito CCRL), di un’indennità pari a 25,00 Euro mensili, fosse onnicomprensiva del disagio lavorativo e temporale e dunque non consentisse né la pretesa di compenso per straordinari, né i riposi compensativi, istituto peraltro non più in vigore, né l’arricchimento senza causa, stante appunto la previsione di un compenso specifico la cui erogazione era regolarmente avvenuta;

2. i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione in base a quattro motivi, resistiti con controricorso sia dalla Regione, sia dall’Assessorato, in quanto entrambi destinatari della notifica dell’impugnazione.

DIRITTO
CONSIDERATO CHE
1. il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., n. 3) degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione al combinato disposto dell’art. 37 e dell’allegato M del CCRL 2002-2005 e con esso si fa rilevare che, siccome l’adozione dei turni può anche prevedere la parziale sovrapposizione tra il personale subentrante e quello del turno precedente, non è detto che siano fatti gli straordinari e tuttavia l’indennità spetta ugualmente;da ciò si dovrebbe desumere che tale indennità non potrebbe dirsi legata all’orario di lavoro e non è destinata a compensare il lavoro svolto in plus orario, ma solo il disagio per le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa;

il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., n. 3) dell’art. 5 e dell’art. 90 del CCRL quadriennio giuridico 2002-2005 e biennio economico 2002-2003 evidenziando come le norme citate prevedessero il computo e compenso a parte dello straordinario o la sostituzione con riposi compensativi e rinviassero per i dettagli alla contrattazione integrativa, la quale, con l’accordo del 14.5.1994, aveva dato atto che, per il personale di custodia, non poteva prescindersi dalla prestazione di lavoro straordinario collegata al passaggio delle consegne tra i diversi turni;

il terzo motivo sostiene la violazione del d. lgs. 66 del 2003, art. 5, in relazione all’art. 37 ed all’allegato M del CCRL cit. ed è sviluppato precisando come, prima di tale accordo, il CCRL 1998-2001, all’art. 16, prevedeva che fosse corrisposta l’indennità di cambio consegna, nella misura massima equivalente a 6 ore di lavoro straordinario, sicché il confronto di tale disciplina con quella del CCRL 2002-2005 era da intendere nel senso che le parti sociali avessero voluto ridurre l’indennità di cambio consegne, a fronte della complementare modifica dell’orario di lavoro strutturato su turni, con sovrapposizione dell’operatività di lavoro tra subentranti e smontanti, il che, per un verso, forniva prova del fatto che tale indennità riguardava soltanto il cambio consegne in sé considerato e, per altro verso, imponeva di riconoscere il pagamento dello straordinario per le ore svolte in più, dai singoli addetti, nel caso in cui quella sovrapposizione al passaggio dei turni non vi fosse;

2. i motivi possono essere esaminati congiuntamente, secondo l’ordine logico delle questioni da essi sollecitate;

2.1 l’assunto dei ricorrenti secondo cui l’indennità, quale regolata dal CCRL 2002-2005 in misura di Euro 25,00 mensili, fosse destinata soltanto a remunerare il disagio del cambio turno e non l’eventuale impegno di lavoro che si determinasse in ragione della mancanza di esatta sovrapposizione tra i turni è proposizione di una diversa lettura di merito del senso della clausola contrattuale, che non intercetta un vizio di legittimità della pronuncia impugnata;

l’interpretazione addotta dalla Corte territoriale non presenta infatti vizi logici, né si ha violazione dei parametri ermeneutici peraltro solo genericamente denunciata, quest’ultima, nel ricorso per cassazione;

sfugge in effetti il motivo per cui l’attività di cambio turno dovrebbe essere in sé disagevole – trattandosi di un impegno lavorativo normale – né ciò è convincentemente spiegato in concreto dai ricorrenti, sicché non si vede il motivo per cui vi dovrebbe essere una speciale remunerazione indennitaria riconnessa alla sola natura della prestazione;

ne deriva la piena logicità dell’assunto della Corte territoriale secondo cui quell’indennità, in via di forfait e senza distinzioni, fosse volta a compensare il disagio derivante dal “protrarsi” della prestazione di turnista in ragione del cambio turno;

ciò esclude che sia decisivo l’argomento – di cui al primo motivo – secondo cui la nuova indennità remunererebbe solo il disagio della “prestazione” dello scambio di consegne, cui dovrebbe sommarsi lo straordinario;

2.2 peraltro, tale interpretazione espressa dalla Corte di merito non può valere a coprire, con quell’indennità, qualsivoglia misura del lavoro eccedente il turno;

lo rende evidente la misura stessa dell’emolumento – Euro 25,00 mensili – che non potrebbe palesemente remunerare una prestazione straordinaria che, ai sensi del d. lgs. 66 del 2003, art. 5, comma 5, la cui violazione è denunciata con il terzo motivo, dovrebbe semmai ricevere una retribuzione maggiorata;

in considerazione di tutto ciò, il senso della clausola, così come interpretata dalla Corte di merito, va inteso come riguardante la copertura di eventuali superamenti marginali dell’orario di turno ed a ciò va riferito quello che la Corte territoriale giustamente individua come mero disagio dovuto al prolungarsi – o anticiparsi – dell’orario di turno;

riferire però quell’importo – come fa la Corte territoriale – a misure di lavoro che, sulla base della mezzora di “intervallo”, finirebbero mensilmente per assumere un’entità considerevole, non può essere ritenuto corretto;

il cambio consegne è attività di lavoro (in ambito sanitario, v. Cass. 22 novembre 2017, n. 27799), svolta mettendo a disposizione del datore le proprie energie operative per quanto necessario alla prestazione, non diversamente dai tempi necessari alla vestizione (c.d. tempo tuta, su cui v. Cass. 7 giugno 2012, n. 9215; Cass. 15 gennaio 2014, n. 692);

dunque, o si tratta di momenti assolutamente minimali di eccedenza dall’orario di turno, oppure i periodi destinati ad esso vanno remunerati ed entrano nel computo dell’orario secondo le modalità proprio del lavoro straordinario;

2.3 in altre parole, non è illegittima la clausola della contrattazione collettiva che preveda un contenuto compenso unitario ed a forfait mensile per i disagi conseguenti al cambio consegne, intesi in termini di eccedenze marginali ed eventualmente anche variabili di orario, nell’ordine di pochi minuti, destinate a manifestarsi attraverso una minima sovrapposizione tra i turni, mentre, in caso di più ampio superamento dell’orario normale, attuato su richiesta o comunque con il consenso esplicito o implicito del datore di lavoro, è dovuto lo straordinario, o eventualmente il recupero orario compensativo e non è legittima una liquidazione con quelle modalità;

2.4 non ha peraltro rilievo quando addotto con il secondo motivo, ovverosia che in sede decentrata si fosse dato atto della necessità di ricorrere al lavoro straordinario, in quanto ciò andrà eventualmente valutato nel giudizio che si va a demandare alla Corte del rinvio, ma non intercetta in sé un vizio di legittimità della pronuncia, concernendo un mero profilo fattuale;

2.5 va in definitiva accolto il terzo motivo, rimettendosi alla Corte territoriale un compiuto accertamento di fatto rispetto all’impegno orario in concreto richiesto a ciascuno dei lavoratori in causa, con regolazione dell’oggetto del contendere, all’esito, secondo i principi sopra evidenziati;

3. il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del d. lgs. 165 del 2001, art. 45, comma 2 e 3, sostenendo che ad alcuni lavoratori che ne avevano fatto richiesta entro il 12.1.2011 erano stati attribuiti i riposi compensativi, viceversa denegati successivamente, il tutto in violazione del principio di parità di trattamento, di cui alla citata normativa primaria;

3.1 il d. lgs. 66 del 2003, art. 5 prevede che lo straordinario possa essere regolato con le maggiorazioni retributive o con i riposi compensativi;

l’avere optato il datore di lavoro, da un certo momento in poi ed in ragione delle domande pervenute fino ad una certa data, nel senso di escludere la regolazione con i riposi non è fatto in sé solo illegittimo – né vi è denuncia di altre specifiche violazioni – e, se quanto sopra non esclude la necessaria copertura con la retribuzione di quanto non lo sia con i riposi, ove ricorrano i relativi presupposti e sulla base di quanto sopra detto, non rende però contra legem il diniego dei riposi stessi;

d’altra parte, il passaggio, da un certo momento in poi, ad una diversa regolazione delle conseguenze in termini di corrispettivo del lavoro straordinario, essendo in sé non illegittima, comporta inevitabilmente qualche forma di cesura temporale tale da determinare difformità di trattamento, che però non assume alcuna caratura giuridicamente rilevante, anche in ragione del fatto che comunque, se straordinario, secondo le caratteristiche di cui si è detto, propriamente vi sia, anche la remunerazione è destinata comunque ad esservi;

4. la sentenza va dunque cassata, con rinvio della causa alla medesima Corte d’Appello, affinché essa, in diversa composizione, svolga gli accertamenti e le valutazioni di cui al punto 2.5 che precede.

P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2023

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi