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Cassazione civile sez. lav., 16/02/2025, n.3968

Massima

In tema di pubblico impiego contrattualizzato, il trattamento economico accessorio riconosciuto al personale di categoria D, titolare di posizioni organizzative di cui all’art. 8 c.c.n.l. 31 marzo 1999 Comparto Enti Locali, è soggetto al principio di onnicomprensività ai sensi dell’art. 10 del medesimo c.c.n.l., sicché il dipendente incaricato di più posizioni organizzative non può cumulare le retribuzioni accessorie per esse previste.

Supporto alla lettura

PUBBLICO IMPIEGO

Il pubblico impiego è definibile come quel rapporto di lavoro in cui una persona fisica mette volontariamente la propria attività, in modo continuativo e dietro corresponsione della retribuzione, al servizio dello Stato o di un ente pubblico non economico. Elementi essenziali sono:

  • l’accesso mediante concorso;
  • la natura pubblica dell’ente;
  • la correlazione con i fini istituzionali dell’ente;
  • la subordinazione con inserimento nell’organizzazione amministrativa dell’ente;
  • la continuità (va ricompreso anche il rapporto a tempo determinato);
  • l’esclusività;
  • la retribuzione predeterminata.

Agli inizi degli anni novanta vi è stata la c.d. privatizzazione del pubblico impiego realizzata mediante l’attuazione di due leggi delega e consiste essenzialmente nell’applicazione delle disposizioni di diritto privato al rapporto di pubblico impiego, nell’applicabilità della disciplina della contrattazione collettiva e nell’assegnare alla pubblica amministrazione/datrice di lavoro i medesimi poteri di gestione del rapporto tipici del datore di lavoro privato. Il susseguirsi di provvedimenti che hanno modificato tale disciplina, ha reso indispensabile l’elaborazione di un testo legislativo che riordinasse l’intera disciplina del pubblico impiego, il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che costituisce il testo normativo di riferimento per la disciplina dei pubblici uffici e del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, esso si applica a tutte le P.A. ad eccezione di alcune categorie di lavoratori (es. magistrati, avvocati, personale militare, diplomatici, professori e ricercatori universitari, ecc.)

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RILEVATO CHE:

1. con sentenza n. 903 del 15/10/2019 la Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza del locale Tribunale che aveva riconosciuto a Pa.St., dipendente del Comune di Casarano, inquadrato nella categoria D6, posizione economica D6, la retribuzione in relazione alla titolarità di due distinte posizioni organizzative di cui egli era stato titolare dal 2010 al 2013, con disapplicazione quindi della delibera di G.C. n. 135/2013 che ne aveva riconosciuta una soltanto;

2. la Corte territoriale rilevava, in sintesi, che “la retribuzione di posizione… è direttamente connessa alla peculiarità e al contenuto di ogni singola posizione organizzativa e per ciò sono dovute tante retribuzioni di posizione per quante posizioni organizzative sono state assegnate”;

3. avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Comune di Casarano sulla base di un unico motivo, cui si oppone con controricorso il Pa.St.

Diritto
CONSIDERATO CHE:

1. nell’unico motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 9-10 del c.c.n.l. 31.3.1999 Comparto Enti Locali “per divieto di cumulo delle indennità di P.O.” e per avere la Corte distrettuale ignorato che l’indennità di p.o. (che si compendia nella retribuzione di posizione e di risultato) assume contrattualmente carattere di “onnicomprensività”, nel senso che non ne sono ammesse “duplicazioni” poiché ulteriori compensi possono essere erogati ai relativi titolari di p.o. solo se tassativamente previsti dalle norme del c.c.n.l.;

di ciò v’era riscontro, ad avviso dell’ente locale, nel parere Aran Ral n. 1887 del 18/11/2016, Aran Ral n. 654 del 15/1/2014 e nell’ulteriore parere Aran Ral n. 1610 del 4/11/2013, i quali esprimono tutti il principio che un dipendente titolare di due p.o. non può percepire più di una indennità di posizione e questo anche quando la seconda delle p.o. non sia conferita ad interim;

1.1 il motivo è fondato;

la disciplina delle posizioni organizzative trova fondamento nell’art. 45, comma 3, del D.Lgs. n. 29/93, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.Lgs. n 396/1997, con il quale il legislatore aveva previsto che “per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti di direzione… sono stabilite discipline distinte nell’ambito dei contratti collettivi di comparto”;

la disposizione è stata integralmente trasfusa nell’art. 40 del D.Lgs. n. 165/2001 e sulla stessa il legislatore è intervenuto con il D.Lgs. n. 150/2009 che ha modificato il terzo comma del richiamato art. 40, prevedendo che “nell’ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità”;

per quanto qui interessa, l’art. 10 del c.c.n.l. di comparto del 31.3.1999, cui rinvia anche l’art. 15 del c.c.n.l. del 22.1.2004, stabilisce che:

“1. Il trattamento economico accessorio del personale della categoria D titolare delle posizioni di cui all’art. 8 è composto dalla retribuzione di posizione e dalla retribuzione di risultato. Tale trattamento assorbe tutte le competenze accessorie e le indennità previste dal vigente contratto collettivo nazionale, compreso il compenso per il lavoro straordinario, secondo la disciplina del CCNL per il quadriennio 1998 – 2001.

2. L’importo della retribuzione di posizione varia da un minimo di L. 10.000.000 ad un massimo di L. 25.000.000 annui lordi per tredici mensilità. Ciascun ente stabilisce la graduazione della retribuzione di posizione in rapporto a ciascuna delle posizioni organizzative previamente individuate.

3. L’importo della retribuzione di risultato varia da un minimo del 10% ad un massimo del 25% della retribuzione di posizione attribuita. Essa è corrisposta a seguito di valutazione annuale.

4. Il valore complessivo della retribuzione di posizione e di risultato non può essere comunque inferiore all’importo delle competenze accessorie e delle indennità assorbite ai sensi del comma 1”;

nel caso di specie, al medesimo dipendente sono state assegnate (fatto incontestato) più posizioni organizzative ma ciò non determina una duplicazione dei compensi per l’espressa previsione contrattuale di onnicomprensività di cui all’art. 10 comma 1, secondo periodo, del c.c.n.l. di comparto del 31.3.1999 cit. (“Tale trattamento assorbe tutte le competenze accessorie e le indennità previste dal vigente contratto collettivo nazionale, compreso il compenso per il lavoro straordinario”), non diversamente peraltro da quanto questa Corte ha affermato, in un settore di disciplina pur diverso ma non dissimile, con riguardo alla dirigenza medica, dove si è più volte chiarito che il principio di onnicomprensività non consente in alcun modo di riconoscere plurimi compensi in ragione della pluralità di incarichi o funzioni che la medesima amministrazione attribuisca al medesimo dirigente (cfr., tra le tante, Cass. n. 27668 del 2018, in cui si ribadisce che “Nel pubblico impiego privatizzato vige il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, in ragione del quale il trattamento economico dei dirigenti remunera tutte le funzioni e i compiti loro attribuiti secondo il contratto individuale o collettivo, nonché qualsiasi incarico conferito dall’amministrazione di appartenenza o su designazione della stessa”; cui adde Cass. 8 febbraio 2018, n. 3094, rispetto al caso di conferimento di una reggenza, nonché Cass. 30 marzo 2017 n. 8261 e Cass. 5 ottobre 2017 n. 23274);

pur non rinvenendosi nella giurisprudenza di legittimità affermazioni espresse in ordine alla inammissibilità della duplicazione di compensi a fronte di plurime P.O. assegnate al singolo dipendente, non sono mancate tuttavia pronunce che indirizzano verso un tale approdo esegetico, come Cass. n. 26227 dell’8.9.2023 che, in ipotesi di duplicazione di p.o. con il rischio di sovrapposizioni di remunerazioni, ha espresso l’avviso che sia consentita al più all’amministrazione, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità che le compete, la facoltà di procedere a una ulteriore “pesatura di sintesi” che viene comunque rimessa all’organo di espressione ultima della volontà datoriale, per quanto sulla base delle pesature dei singoli incarichi svolte dal nucleo di valutazione;

non a caso anche l’Aran, nell’esprimere il suo orientamento applicativo (parere Ral n. 1888, cit.) a riguardo, ha rilevato, seppur con affermazione priva di carattere vincolante e di valenza di interpretazione autentica, che “l’art. 10 CCNL del 31.3.1999 ha chiaramente affermato che la retribuzione di posizione e di risultato spettante al personale incaricato delle posizioni organizzative assorbe e ricomprende ogni trattamento accessorio”, sicché, tenuto conto del carattere assorbente ed onnicomprensivo del trattamento economico previsto, i dipendenti incaricati di p.o. possono percepire, in aggiunta allo stesso, solo quegli emolumenti espressamente previsti e specificamente ammessi dalla contrattazione collettiva nazionale;

2. tanto basta per l’accoglimento del ricorso;

3. la sentenza impugnata va, conseguentemente cassata, e la Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione, dovrà procedere a nuovo esame uniformandosi al seguente principio di diritto:

“Nel pubblico impiego privatizzato vige il principio di onnicomprensività del trattamento economico accessorio del personale di categoria D titolare di posizioni organizzative, di cui all’art. 10 c.c.n.l. 31.3.1999, sicché non è consentito al dipendente che sia titolare di più P.O. duplicare le retribuzioni accessorie per esse previste”.

P.Q.M.

La Corte: accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione.

Così deciso in Roma l’8 gennaio 2025.

Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2025.

Allegati

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