Massima

L’art. 7, comma 5, della legge 23 luglio 1991 n. 223 riconosce ai lavoratori collocati in mobilità, che ne facciano espressa richiesta, il diritto di ottenere l’anticipazione dell’indennità di mobilità spettante. Tuttavia, la norma prevede che, qualora il lavoratore beneficiario dell’anticipazione venga assunto, entro i ventiquattro mesi successivi alla corresponsione da parte dell’INPS, con contratto di lavoro subordinato presso un datore di lavoro privato o pubblico, sia tenuto alla restituzione dell’importo anticipato. Tale previsione mira a garantire la corretta destinazione della misura assistenziale, evitando che l’indennità anticipata sia fruita in modo incompatibile con la successiva rioccupazione del lavoratore.

 

(Rocchina Staiano)

Supporto alla lettura

INDENNITA’ DI MOBILITA’

Si tratta di una serie di misure previste dalla legge al fine di agevolare il reimpiego e garantire il reddito dei lavoratori licenziati a seguito di una particolare procedura di riduzione del personale (c.d. licenziamento collettivo).

La L. n. 92/2012 ha previsto il graduale abbandono dell’indennità di mobilità. Dal 1 gennaio 2017 essa è sostituita dalla NASpI.

Disciplinata dalla L. 223/1991, data la particolarità della prestazione, prevede disposizioni che concernono i requisiti soggettivi ed oggettivi che i lavoratori debbono far valere per accedere a tale prestazione. Per tutto ciò che non è disciplinato dalla L. 223/1991, l’art. 7, c. 12, rinvia alla normativa generale dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria.

È una prestazione che ha una durata più lunga delle altre prestazioni di disoccupazione (es. la cassa integrazione), e che, prevedendo alcuni benefici particolari in favore delle aziende che intendano assumere dalle liste di mobilità i lavoratori iscritti, quali libertà di assunzione a tempo determinato, sgravi contributivi e finanziamenti alle imprese, facilita la ricollocazione dei lavoratori da un’azienda a un’altra.

La mobilità è pari:

  • per i primi 12 mesi: 100% del trattamento di cassa integrazione straordinaria percepito o che sarebbe spettato nel periodo immediatamente precedente il licenziamento, nei limiti di un importo massimo mensile.
  • per i periodi successivi: 80% del predetto importo.

Il trattamento si interrompe quando:

  • viene cancellato dalle liste di mobilità;
  • viene assunto con contratto a tempo indeterminato;
  • raggiunge il diritto alla pensione di vecchiaia, o diventa titolare di pensione di anzianità o anticipata, ovvero di pensione di inabilità o di assegno di invalidità senza aver optato per l’indennità di mobilità.

La stessa legge, prevede una procedura (c.d. procedura di mobilità), che viene avviata dall’imprenditore che desideri effettuare la messa in mobilità di alcuni o tutti i dipendenti:

  • l’imprenditore, che ha già in atto sospensioni dal lavoro con intervento della Cassa integrazione guadagni straordinaria, ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego di tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative;
  • l’imprenditore, che occupi più di 15 dipendenti, intenda licenziare almeno 5 lavoratori, nell’arco di 120 giorni, in conseguenza della cessazione dell’attività ovvero di una riduzione o di una trasformazione dell’attività o del lavoro.

La domanda deve essere presentata entro sessanta giorni dalla data di inizio della disoccupazione indennizzabile, così come stabilito dall’art. 129 del R.D.L. n. 1827/1935.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatti di causa

1. La Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Arezzo di accertamento della legittima percezione da parte di P.V. dell’anticipazione dell’indennità di mobilità.

Ha esposto che l’Inps ne aveva chiesto la restituzione sul presupposto che il ricorrente, nei 24 mesi successivi, si era rioccupato svolgendo lavoro in favore della Logistica ITC con rapporto a tempo determinato ed intermittente.

2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un motivo. Il V. è rimasto intimato. La Procura generale ha depositato conclusioni scritte.

Ragioni della decisione

3. L’Inps denuncia violazione degli artt 7, comma 5, L. n. 223/1991 e art 3, comma 2, DM 142/1993 con riferimento agli artt 33 del dlgs 276 vigenti ratione temporis e 12 preleggi al c.c.

Lamenta che la Corte d’appello di Firenze aveva ritenuto che la rioccupazione dell’assicurato con contratto di lavoro subordinato cd intermittente nei 24 mesi successivi all’avvenuta corresponsione dell’indennità di mobilità anticipata non fosse di ostacolo al mantenimento dell’indennità di mobilità anticipata percepita.

4. Il ricorso va accolto.

5. L’art 7, comma 5, L n 223/1991 attribuisce ai lavoratori in mobilità, che ne facciano richiesta, il diritto di ottenere la corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità. La norma risponde al fine di consentire, al lavoratore che ha cessato il proprio rapporto di lavoro, di intraprendere un’attività autonoma o per associarsi in cooperativa in conformità alle norme vigenti. La disposizione, tuttavia, prevede la restituzione dell’anticipazione qualora nei 24 mesi successivi al pagamento di parte dell’Istituto lo stesso lavoratore assuma una occupazione alle altrui dipendenze nel settore privato o in quello pubblico. Come questa Corte ha sottolineato (cfr Cass n. 12746/2010) l’anticipazione dell’indennità di mobilità, prevista dall’art. 7, comma quinto, della legge n. 223 del 1991, risponde alla “ratio” di indirizzare il più possibile il disoccupato in mobilità verso attività autonome, al fine precipuo di ridurre la pressione sul mercato del lavoro subordinato, così perdendo la sua connotazione di tipica prestazione di sicurezza sociale, e configurandosi non già come funzionale a sopperire ad uno stato di bisogno, ma come un contributo finanziario, destinato a sopperire alle spese iniziali di un’attività che il lavoratore in mobilità svolge in proprio, e che il lavoratore, in caso di rioccupazione alle altrui dipendenze entro 24 mesi dalla corresponsione delle somme, deve restituire.

6. Ciò premesso il tenore della norma è chiaro nell’escludere il diritto all’anticipazione in caso di esplicazione di un’attività di lavoro subordinato. In ipotesi di temporanea intervenuta rioccupazione quale lavoratore subordinato durante i ventiquattro mesi successivi all’erogazione dell’anticipazione, le somme percepite dal lavoratore devono, pertanto, essere restituite.

Nella fattispecie la conclusione di un rapporto di lavoro intermittente è di ostacolo al diritto del V. a mantenere l’anticipazione.

7. Da un lato, va rilevato che è infondata la pretesa della Corte territoriale di dare rilievo all’accertamento della sussistenza di una chiara volontà di abbandonare l’iniziativa economica finanziata o della sua incompatibilità, per impegno, con la conduzione dell’impresa o della professione e, dunque, a dare spazio ad un’indagine su ragioni personali o familiari, e cioè a comportamenti soggettivi del creditore non ammessa nel nostro ordinamento e con inevitabili incertezze interpretative, a fronte di una norma ben chiara nell’escludere il diritto a mantenere l’anticipazione.

8. Dall’altro lato il contratto di lavoro intermittente è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore per lo svolgimento di una prestazione di lavoro “su chiamata”. Esso rientra pur sempre nell’ambito del lavoro subordinato e, dunque, la sua instaurazione nel periodo di 24 mesi impedisce al V. di trattenere l’anticipazione ottenuta.

9. Per le considerazioni che precedono, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Allegati

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