Massima

Il diritto ai permessi retribuiti per lo studio, ai sensi dell’art. 46 CCNL Funzioni centrali 2016-2018, non è automaticamente riconosciuto per la frequenza di corsi universitari telematici a didattica asincrona, data la flessibilità che consente la fruizione delle lezioni anche al di fuori dell’orario di servizio. Spetta al dipendente l’onere di provare, mediante idonea documentazione, la necessaria ed esclusiva coincidenza degli orari di frequenza delle lezioni online con l’attività lavorativa per cui si richiede l’assenza giustificata.

Supporto alla lettura

DIRITTO AI PERMESSI DI STUDIO

L’art. 10 della legge n.300/1970 (Statuto dei Lavoratori) stabilisce che:

“I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.

I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.

Il datore di lavoro potrà chiedere la produzione delle certificazioni necessarie all’esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma.”

I permessi riconosciuti agli studenti lavoratori sono retribuiti.

L’art. 46 del CCNL detta i criteri e le modalità da osservare per la concessione dei permessi.

In linea generale il limite massimo dei permessi per il diritto allo studio ammonta a 150 ore per singolo lavoratore, calcolate su base triennale.

L’accesso ai permessi è limitato al 3% del personale, in seguito alla presentazione di una domanda documentata.

 

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Milano dichiarava il diritto di Sc.Pa., Co.Ro., Ta.Fr. e Ri.Ma. a godere dei permessi studio, di cui all’articolo 48 del CCNL del Comparto Agenzie Fiscali, ritenendo infondata la richiesta avanzata dalla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in ordine alla necessità che gli stessi attestassero a mezzo di certificazione dell’università telematica da loro frequentata che le lezioni potessero essere eseguite solo negli specifici giorni ed orari nei quali gli stessi avevano fruito dei permessi dal 2016 in poi, anziché in tempi esulanti da quelli lavorativi.

Ad avviso del giudice di prime cure, dalla disciplina contrattuale collettiva e dalla circolare ministeriale n. 12/2011 si desumeva il diritto dei dipendenti a godere dei permessi per seguire le lezioni nelle ore di ufficio, senza alcun onere di dimostrare che la frequenza non potesse avvenire in orario diverso.

2. La Corte di appello di Milano confermava la sentenza di primo grado, ritenendo infondata la tesi dell’amministrazione secondo cui la fruizione dei permessi oggetto di causa richiederebbe l’impossibilità di frequenza dei corsi in orario diverso da quello lavorativo.

Tale tesi, ad avviso della Corte di merito, non troverebbe riscontro alcuno nella disciplina contrattuale collettiva la quale prevede che i permessi in questione sono concessi per la partecipazione a corsi destinati al conseguimento di titoli di studio universitario (art 48 del citato contratto collettivo). La predetta disposizione non richiede ai dipendenti la dimostrazione che i corsi possano essere seguiti in tempi differenti. Non può al riguardo attribuirsi rilevanza all’orientamento applicativo Aran del 20 giugno 2012 che ha escluso in radice che i permessi in questione possano essere concessi per la partecipazione ai corsi delle università telematiche in quanto svincolati da obblighi di rispetto di orari prestabiliti, con conseguente venire meno di ogni necessità di fruizione degli stessi. Ed invero, ipotizzando che le lezioni tenute online possano essere seguite in qualsiasi momento, ciò comporterebbe, a differenza degli studenti di corsi in presenza, l’obbligo di seguire le lezioni online nel tempo lasciato libero dal servizio, con conseguente gravoso cumulo dell’orario di lavoro con la frequenza universitaria, con conseguente ostacolo all’effettiva attuazione del diritto allo studio a condizioni analoghe rispetto a quelle garantite dalla contrattazione collettiva agli altri dipendenti.

3. Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con un unico motivo di ricorso cui resistevano con controricorso i dipendenti indicati in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10, comma 2, della legge n. 300/70, dell’art. 48 ccnl nonché dell’art. 2697c.c. e degli artt. 1362 e 1362c.c. in tema di ermeneutica contrattuale in rapporto all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.

Ad avviso della ricorrente la Corte di merito avrebbe errato in ordine all’interpretazione della norma contrattuale che stabilisce, invece, la necessaria coincidenza degli orari dei corsi con orario lavorativo, affinché il dipendente abbia diritto ai permessi di studio in questione.

Conseguentemente, occorrerebbe operare una distinzione a seconda che i lavoratori frequentino un’università telematica oppure siano iscritti ad un corso tenuto in presenza, in quanto solo nel secondo caso sussiste l’obbligo per gli studenti di frequentare le lezioni negli orari prestabiliti dall’ateneo ben potendo gli studenti di un’università telematica seguire i corsi fuori dagli orari di servizio non essendo vincolati ad orari predeterminati. In altri termini, la coincidenza dell’orario lavorativo con un evento al quale la legge collega un’ipotesi di assenza giustificata costituisce una condizione indefettibile la cui mancanza fa venir meno la motivazione stessa dell’assenza che non può dipendere da scelte discrezionali del dipendente, ma da fatti oggettivi coincidenti con le ordinarie prestazioni lavorative.

Pertanto, non sussistendo l’obbligo per gli studenti di università telematiche di frequentare i corsi online in orari coincidenti con l’orario di servizio mancherebbe il presupposto affinché gli stessi possano fruire dei permessi studio retribuiti. Ciò sarebbe possibile solo allorquando il dipendente fosse in grado di attestare attraverso apposita documentazione rilasciata dall’università di poter frequentare le lezioni online esclusivamente in quei determinati orari prestabiliti coincidenti con le ordinarie prestazioni lavorative conformemente all’orientamento applicativo Aran del 20 giugno 2012, circostanza non provata ai sensi dell’articolo 2697 cod. civ. dai dipendenti.

2. Il motivo è fondato.

Il giudice di merito ha ritenuto infondata la richiesta dell’amministrazione di presentazione da parte dei dipendenti di idonea documentazione a mezzo di certificazioni dell’Università Telematica da loro frequentata che attestassero che le lezioni potessero essere seguite soltanto negli specifici giorni ed orari nei quali gli stessi avessero fruito dei permessi dal 2016 in poi anziché in tempi esulanti da quelli lavorativi.

La fattispecie in esame, pertanto, rientra nel triennio 2016-2018 con applicazione del CCNL Funzioni centrali 2016-2018 che all’art. 46, co. 9, richiede per i permessi per studio la presentazione di idonea documentazione.

L’art. 46 del CCNL citato rubricato “Diritto allo studio” stabilisce:

“1. Ai dipendenti sono concessi – in aggiunta alle attività formative programmate dall’amministrazione – permessi retribuiti, nella misura massima individuale di 150 ore per ciascun anno solare e nel limite massimo, arrotondato all’unità superiore, del 3% del personale in servizio a tempo indeterminato presso ciascuna amministrazione, all’inizio di ogni anno. Le amministrazioni articolate sul territorio provvedono a ripartire il contingente di personale di cui al presente comma tra le varie sedi.

2. I permessi di cui al comma 1 spettano anche ai lavoratori con rapporto di lavoro a tempo determinato di durata non inferiore a sei mesi continuativi, comprensivi anche di eventuali proroghe. Nell’ambito del medesimo limite massimo percentuale già stabilito al comma 1, essi sono concessi nella misura massima individuale di cui al medesimo comma 1, riproporzionata alla durata temporale, nell’anno solare di riferimento, del contratto a tempo determinato stipulato.

3. I lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato, di cui al comma 2, che non si avvalgano dei permessi retribuiti per il diritto allo studio, possono fruire dei permessi di cui all’art. 10 della legge n. 300 del 1970.

4. I permessi di cui al comma 1 sono concessi per la partecipazione a corsi destinati al conseguimento di titoli di studio universitari, post – universitari, di scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute, o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali o attestati professionali riconosciuti dall’ordinamento pubblico e per sostenere i relativi esami.

5. Il personale di cui al presente articolo interessato ai corsi ha diritto all’assegnazione a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi stessi e la preparazione agli esami e non può essere obbligato a prestazioni di lavoro straordinario né al lavoro nei giorni festivi o di riposo settimanale.

6. Qualora il numero delle richieste superi il limite massimo del 3% di cui al comma 1, la concessione dei permessi avviene secondo il seguente ordine di priorità:

a) dipendenti che frequentino l’ultimo anno del corso di studi e, se studenti universitari o post – universitari, abbiano superato gli esami previsti dai programmi relativi agli anni precedenti;

b) dipendenti che frequentino per la prima volta gli anni di corso precedenti l’ultimo e successivamente quelli che, nell’ordine, frequentino, sempre per la prima volta, gli anni ancora precedenti escluso il primo, ferma restando, per gli studenti universitari e post -universitari, la condizione di cui alla lettera a);

c) dipendenti ammessi a frequentare le attività didattiche, che non si trovino nelle condizioni di cui alle lettere a) e b), nonché dipendenti di cui al comma 12 del presente articolo.

7. Nell’ambito di ciascuna delle fattispecie di cui al comma 6, la precedenza è accordata, nell’ordine, ai dipendenti che frequentino corsi di studio della scuola media inferiore, della scuola media superiore, universitari o post -universitari o che frequentino i corsi di cui al comma 12.

8. Qualora a seguito dell’applicazione dei criteri indicati nei commi 6 e 7 sussista ancora parità di condizioni, sono ammessi al beneficio i dipendenti che non abbiano mai usufruito dei permessi relativi al diritto allo studio per lo stesso corso e, in caso di ulteriore parità, secondo l’ordine decrescente di età.

9. Per la concessione dei permessi di cui al presente articolo, i dipendenti interessati devono presentare, prima dell’inizio dei corsi, il certificato di iscrizione e, al termine degli stessi, l’attestato di partecipazione e quello degli esami sostenuti, anche se con esito negativo. In mancanza delle predette certificazioni, i permessi già utilizzati sono considerati come aspettativa per motivi personali.

10. Ai lavoratori a con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, ai sensi del comma 1, iscritti a corsi universitari con lo specifico status di studente a 76 tempo parziale, i permessi per motivi di studio sono concessi in misura ridotta, in proporzione al rapporto tra la durata ordinaria del corso di laurea rispetto a quella stabilita per il medesimo corso per lo studente a tempo parziale.

11. Per sostenere gli esami relativi ai corsi indicati nel comma 4, il dipendente può utilizzare, per il solo giorno della prova, anche i permessi per esami previsti dall’art. 31, comma 1 lettera a)

12. I permessi di cui al presente articolo sono fruiti, con le modalità di cui ai commi precedenti, anche dai dipendenti appartenenti a profili professionali comportanti l’iscrizione ad ordini o collegi professionali, per la partecipazione ai corsi di formazione organizzati dagli ordini e collegi o da altri soggetti autorizzati, ai sensi della vigente normativa in materia.”

2.1 Conseguentemente, i dipendenti per poter usufruire dei permessi per motivi di studio devono presentare apposite certificazioni come affermato da questa Corte (Cass. Civ., sezione lavoro, sent. n. 10344/2008 e ribadito nella successiva sentenza n. 17128/2013) secondo cui per frequenza ai corsi deve intendersi la partecipazione alle lezioni coincidenti con l’orario di servizio, con esclusione della mera attività di studio. La Corte afferma che “i permessi retribuiti possono essere concessi soltanto per frequentare i corsi indicati nella clausola in orari coincidenti con quelli di servizio, non per tutte le necessità connesse all’esigenza di preparazione degli esami, ovvero per altre attività complementari…”.

Pertanto, nel caso di università telematiche, in relazione alle lezioni erogate in modalità asincrona, non può che ritenersi che il lavoratore ha diritto a fruire dei permessi solo nel caso in cui dia prova alla propria amministrazione di appartenenza di aver seguito effettivamente lezioni trasmesse in via telematica esclusivamente in orari e giorni coincidenti con quelli in cui è tenuto a svolgere la propria attività lavorativa.

Dunque, per quanto riguarda la partecipazione ai corsi delle università telematiche, proprio la circostanza che il lavoratore non è tenuto a rispettare un orario di frequenza del corso in orari prestabiliti induce a ritenere che ciò possa avvenire anche al di fuori dell’orario di lavoro, con il conseguente venire meno di ogni necessità di fruizione dei permessi di cui si tratta.

Infatti, non essendo obbligato a partecipare necessariamente alle lezioni in orari rigidi, come avviene nella Università ordinaria, il lavoratore potrebbe sempre scegliere orari di collegamento compatibili con l’orario di lavoro nell’ente.

In altri termini, il permesso serve a giustificare l’assenza dal servizio da parte del lavoratore interessato e tale assenza deve essere documentata con una dichiarazione dell’autorità scolastica o universitaria che attesti la partecipazione ai corsi per le ore di lavoro non prestate sino alla concorrenza di 150 ore.

In conclusione, il ricorso va accolto e decidendo nel merito va respinta l’originaria domanda proposta dai lavoratori.

Le spese dei gradi di merito possono essere compensate in considerazione della specificità della questione, mentre seguono il principio della soccombenza per quanto riguardo la fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e decidendo nel merito rigetta l’azionata domanda.

Compensa le spese dei gradi di merito.

Condanna i controricorrenti al rimborso di Euro 5.000,00, a titolo di compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte suprema di cassazione il 15 aprile 2025.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2025.

Allegati

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