Massima

Il professore non può registrare la lezione in classe da lui tenuta se viene apposto il divieto dal dirigente scolastico. Il divieto è legittimo.

Supporto alla lettura

PRIVACY

Il diritto alla protezione dei dati personali è un diritto fondamentale dell’individuo ai sensi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 8). Oggi è tutelato, in particolare, dal Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), oltre che da vari altri atti normativi italiani e internazionali e dal Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196), adeguato alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 tramite il Decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101. Sono dati personali le informazioni che identificano o rendono identificabile, direttamente o indirettamente, una persona fisica e che possono fornire informazioni sulle sue caratteristiche, le sue abitudini, il suo stile di vita, le sue relazioni personali, il suo stato di salute, la sua situazione economica. Interessato è la persona fisica alla quale si riferiscono i dati personali. Titolare è la persona fisica, l’autorità pubblica, l’impresa, l’ente pubblico o privato, l’associazione, ecc., che adotta le decisioni sugli scopi e sulle modalità del trattamento. Responsabile (esterno) è la persona fisica o giuridica alla quale il titolare richiede di eseguire per suo conto specifici e definiti compiti di gestione e controllo per suo conto del trattamento dei dati (articolo 4, paragrafo 1, punto 8, del Regolamento UE 2016/679). Organismo di tutela è rappresentato dal Garante della privacy. Il Garante per la Protezione dei Dati Personali, noto anche come Garante della privacy, è un’autorità amministrativa indipendente italiana istituita dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675, per assicurare la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali e il rispetto della dignità nel trattamento dei dati personali.

Ambito oggettivo di applicazione

  1. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza dell’11 maggio 2016, confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta da M.L., docente della scuola secondaria superiore statale, per la dichiarazione della illegittimità dell’ordine di servizio del dirigente dell’Istituto scolastico del 20 aprile 2010, con il quale gli veniva vietato di registrare le lezioni svolte in classe.
  2. La Corte territoriale osservava che in base al D.P.R. n. 249 del 1998, (Regolamento recante lo Statuto degli studenti della scuola secondaria), art. 2, il docente deve coinvolgere gli studenti nelle decisioni rilevanti, tenendo conto del loro eventuale dissenso.

3.Inoltre, a tenore dell’art. 4 codice privacy, comma 1, lett. a), costituiva “trattamento” dei dati personali anche la loro registrazione, indipendentemente dalla successiva comunicazione o diffusione. Secondo il provvedimento del Garante della privacy del 20 gennaio 2005, in caso di registrazione di immagini e suoni, anche per uso personale, occorreva informare preventivamente gli interessati, acquisire il loro consenso informato ed osservare tutte le cautele previste.

  1. In punto di fatto il giudice dell’appello esponeva che, secondo alcuni studenti, il M. non solo non aveva informato gli alunni della registrazione ma perfino celato il registratore dietro i libri; in ogni caso, il docente aveva compiuto una scelta unilaterale non partecipata e non aveva chiesto alcun consenso.
  2. Doveva altresì considerarsi che, secondo le direttive del MIUR e del Garante della privacy, era rimessa alla valutazione dell’Istituto scolastico la possibilità di disciplinare la registrazione della lezione o l’uso di videofonini. Nella specie il regolamento dell’Istituto vietava l’uso dei cellulari nelle classi; il divieto doveva estendersi a tutti gli apparecchi idonei a registrare audio o video. La condotta del M. aveva dunque violato un divieto legittimamente posto dal regolamento di Istituto.
  3. Né poteva tacersi che gli interessati erano minorenni sicché in tutte le decisioni doveva avere una considerazione preminente l’interesse superiore del fanciullo, ai sensi della Convenzione di NEW YORK del 20 novembre 1989.
  4. Infine, il potere conformativo del datore di lavoro poteva estendersi a regolamentare le modalità di svolgimento delle mansioni; era legittimo il divieto del dirigente scolastico di registrare le lezioni, con potenziale registrazione delle conversazioni degli studenti, al fine di tutelare la loro riservatezza e di impedire contrasti tra alunni e docente. Nessun principio di rango costituzionale garantiva, invece, al docente il diritto a registrare le proprie lezioni, essendo inconferente il richiamo all’art. 97 Cost..

8.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza M.L., articolato in un unico motivo di censura; il MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA e l’ISTITUTO SCOLATICO I.I.S. (OMISSIS) di (OMISSIS), cui il ricorso è stato notificato presso la avvocatura distrettuale dello Stato, sono rimasti intimati.

Diritto

CONSIDERATO

che:

  1. Con l’unico motivo di ricorso viene denunciata – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, – la violazione e falsa applicazione:

– del D.P.R. n. 249 del 1998, art. 2, commi da 2 a 5;

– del D.Lgs. n. 196 del 2003, e succ. mod., art. 5, comma 3;

– del provvedimento del Garante della Privacy del 20 gennaio 2005;

– del regolamento dell’Istituto scolastico di Istruzione Superiore “(OMISSIS)” art. 6;

– del D.Lgs n. 150 del 2009, art. 1, comma 2;

– dell’art. 97 Cost., comma 1.

  1. Il ricorrente ha contestato la interpretazione delle fonti posta a base della decisione impugnata e dedotto la loro erronea applicazione in fattispecie non pertinente.
  2. Il ricorso è in parte inammissibile, nel resto infondato.
  3. Le censure sono inammissibili quanto alla denuncia di violazione del provvedimento del Garante della Privacy del 20 gennaio 2005 e del regolamento di Istituto, atti non rientranti nella previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto privi di efficacia normativa.
  4. Nel resto il ricorso è infondato.
  5. Giova premettere che i fatti di causa si sono svolti in epoca antecedente al Reg. UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, 27 aprile 2016, n. 679 del 2016, – regolamento generale sulla protezione dei dati – entrato in vigore il 24 maggio 2016 ed applicabile dal 25 maggio 2018 (del Reg., art. 99); parimenti non si applicano ratione temporis nella fattispecie di causa le modifiche al D.Lg. 30 giugno 2003, n. 196, (Codice in materia di protezione dei dati personali) introdotte dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101.
  6. Rileva in causa il D.Lgs n. 196 del 2003, art. 4, comma 1, lett. a)m come vigente ratione temporis, a tenore del quale per “trattamento” si intende qualunque operazione, con o senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernente (tra le altre attività) la registrazione di dati. Ai sensi dello stesso comma 1, della successiva lett. b), è “dato personale” “qualunque informazione” relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale.
  7. La espressione “qualunque informazione” comprende, in conformità alla disciplina Europea – all’epoca costituita dalla Dir. n. 95/56/CE, poi abrogata dal Reg. del 2016, art. 94, – tanto dati oggettivi che mere valutazioni; ciò che rileva è che si tratti di informazioni inerenti ad una persona fisica e che quest’ultima sia identificata o identificabile (in termini: Cassazione civile sez. I, 31/05/2021, n. 15161).
  8. La voce di una persona registrata da un apparecchio elettronico costituisce, dunque, un dato personale se e in quanto essa consente di identificare la persona interessata. Del resto, dal considerando n. 16 e n. 17 della Dir. n. 95/46/CE, risulta che essa si applica al trattamento di dati in forma di suoni o immagini relativi a persone fisiche, se è automatizzato.
  9. Ora, nella registrazione della lezione che si svolge in una classe possono essere contenuti interventi degli studenti, la cui persona è facilmente identificabile, trattandosi di una comunità ristretta.
  10. La parte ricorrente neppure pare contestare questo rilievo ed assume, piuttosto, ricorrere l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 5, comma 3, nella formulazione all’epoca vigente, secondo la quale:

“Il trattamento di dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali è soggetto all’applicazione del presente codice solo se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione. Si applicano in ogni caso le disposizioni in tema di responsabilità e di sicurezza dei dati di cui agli artt. 15 e 31”.

  1. Il ricorrente deduce, anche in questa sede, il ricorrere di un fine esclusivamente personale, consistente nell’ascolto della lezione al fine di migliorare la propria didattica.
  2. Ora rispetto a tale fine, pur a volerne ipotizzare il carattere “esclusivamente” personale, è del tutto inconferente la registrazione delle voci degli studenti; ed è pacifico in causa che l’intervento della dirigente fu determinato proprio dai rilievi degli studenti, che lamentavano la lesione dei propri diritti.
  3. Né risulta dimostrato in causa dal docente, sul quale ricadeva il relativo onere, che le registrazioni non comprendevano gli interventi degli alunni.
  4. Ne deriva che legittimamente la dirigente scolastica, richiesta dagli alunni di adottare provvedimenti, dispose la cessazione delle registrazioni.
  5. Il ricorso deve essere pertanto nel complesso respinto.
  6. Tale conclusione esime, per il principio della durata ragionevole del giudizio, dal disporre la rinnovazione della notificazione alla Presidenza della Regione Sicilia presso l’Avvocatura generale, stante la nullità della notifica eseguita presso l’Avvocatura distrettuale (sul principio, ex aliis, Cass. 13/01/2021, n. 394; Cass. 26/11/2020, n. 26997; Cass. n. 6924/2020).
  7. Non vi è luogo a provvedere sulle spese.
  8. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater), della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 27 gennaio 2022.

Allegati

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