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Cassazione civile sez. lav., 02/09/2025, n. 24414

Massima

In tema di indennizzo per danni da vaccinazioni ai sensi della Legge n. 210 del 1992, il termine di decadenza triennale previsto dall’art. 3, comma 1, per la presentazione delle domande di indennizzo di cui all’art. 1, comma 1, si applica anche alle domande presentate iure proprio dagli eredi del soggetto deceduto a seguito di vaccinazione.

Supporto alla lettura

RISARCIMENTO DANNO

Quando si parla di risarcimento del danno ci si riferisce alla compensazione, prevista dalla legge, in favore di chi ha subito un danno ingiusto.

Per danno ingiusto si intende la lesione di una situazione giuridica soggettiva protetta dalla legge.

Il danno può essere costituito dalla lesione di:

  • un diritto soggettivo e quindi di una situazione giuridica tutelata dalla legge in modo diretto, può essere leso da chiunque se si tratta di un diritto assoluto che quindi deve essere rispettato da tutti gli altri soggetto o da un soggetto determinato se si tratta di un diritto relativo ovvero di un diritto che deve essere rispettato solo da un determinato soggetto legato al titolare del diritto da un rapporto giuridico;
  • un interesse legittimo vale a dire di una situazione giuridica soggettiva tutelata dalla legge in modo indiretto ovvero nella misura in cui l’interesse del privato coincide con l’interesse pubblico, può essere leso dalla Pubblica Amministrazione che nell’esercizio del proprio potere non rispetta le norme di buona amministrazione.

Il diritto al risarcimento del danno sorge quando il danno patito è conseguenza immediata e diretta del comportamento del danneggiante. Questa regola è stabilita dall’art. 1223 del codice civile. Per questo motivo è necessario dimostrare che il pregiudizio si trova in rapporto di causa-effetto rispetto alla condotta del danneggiante.

Il risarcimento del danno si distingue dall’indennizzo anche se in entrambi i casi il soggetto danneggiato riceve un ristoro economico per il danno che ha subito:

  • risarcimento: quando il danno è stato causato da una condotta illecita;
  • indennizzo: quando il danno è conseguente ad una condotta lecita cioè ad una condotta consentita e in alcuni casi imposta dalla legge.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Venezia, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva escluso il diritto all’indennizzo della ricorrente per la morte del congiunto, in ragione dell’intervenuta decadenza triennale.

1.1. A fondamento del decisum, la Corte di Appello evidenziava che A.A. , coniuge del soggetto danneggiato, con collocazione in posizione pozione rispetto agli altri aventi diritto, aveva presentato la domanda solo nel 2014, quindi oltre il termine di decadenza triennale, decorrente dal decesso del familiare ((Omissis)).

2. Avverso la decisione, ha proposto ricorso A.A. , con quattro motivi. È rimasto intimato il Ministero.

Motivi della decisione

3. Con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 c.p.c. – è dedotta la violazione dell’art. 2, comma 3, e dell’ art. 3, comma 1, della legge nr. 210 del 1992, per avere la Corte di Appello ritenuto applicabile un termine decadenziale che invece è riferibile solo alla fattispecie di cui all’art. 1, comma 1, e cioè solo ai danneggiati da vaccino e non anche ai congiunti di deceduti a seguito di vaccinazioni.

4. Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 c.p.c. – è dedotta la violazione dell’art. 14 disp. sulla legge in generale.

4.1. La questione di cui al primo motivo è devoluta anche sotto il profilo di una applicazione analogica, non consentita, della fattispecie decadenziale.

5. I due motivi vanno congiuntamente trattati, per la loro connessione, e sono infondati.

5.1. Va chiarito che le censure non pongono questione, in concreto, di individuazione del momento di decorrenza del termine di decadenza ma di operatività, in via astratta, della decadenza in relazione alla domanda di assegno riversibile o di una tantum da parte degli eredi, iure proprio.

5.2. Necessario, pertanto, un richiamo alle norme di interesse.

5.3. L’art. 2, comma 3, della legge nr. 210 del 1992 stabilisce che “Qualora a causa delle vaccinazioni o delle patologie previste dalla presente legge sia derivata la morte, l’avente diritto può optare fra l’assegno reversibile di cui al comma 1 e un assegno una tantum di Lire 150 milioni. Ai fini della presente legge, sono considerati aventi diritto nell’ordine i seguenti soggetti a carico: il coniuge, i figli, f genitori, i fratelli minorenni, i fratelli maggiorenni inabili al lavoro (…)”.

5.4. Si tratta di un diritto riconosciuto agli eredi, secondo l’ordine indicato dalla norma, iure proprio, come già chiarito da questa Corte (v., ex multis, Cass. nr. 19502 del 2018).

5.5. In particolare, l’assegno reversibile “di cui al comma 1 (dell’art. 2)” altro non è che “l’indennizzo di cui all’articolo 1, comma 1”, per il rinvio che allo stesso viene operato.

5.6. Il successivo art. 3, comma 1, della medesima legge stabilisce, con previsione di carattere generale, che i soggetti interessati ad ottenere “l’indennizzo di cui all’art. 1, comma 1” devono presentare “alla USL competente” le relative domande, indirizzate al Ministro della Sanità, entro “il termine perentorio di tre anni nel caso di vaccinazioni o di epatiti post-trasfusionali o di dieci anni nei casi di infezioni da HIV”.

5.7. È, infine, stabilito che i termini decorrono “dal momento in cui (…) l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno(…)”.

6. Per tabulas, dunque, il termine di decadenza di cui all’art. 3 si applica a tutte le domande aventi ad oggetto l’indennizzo ex art. 1, comma 1, comprese quelle presentate dagli eredi.

6.1. La sentenza impugnata ha pronunciato in conformità e non è dunque incorsa nelle denunciate violazioni.

6.2. Può solo aggiungersi, a mera conferma delle esposte argomentazioni, che questa Corte mai ha dubitato della operatività della decadenza anche per le domande presentate iure proprio dagli eredi, nei casi in cui si è dovuta occupare delle relative fattispecie (tra le altre, v. Cass. nr. 28261 del 2017, punto 5). Sarebbe peraltro irragionevole stabilire un termine di decadenza per l’esercizio del diritto in relazione a coloro che contraggono, in virtù degli eventi tutelati, il danno irreversibile e non stabilirlo per soggetti terzi che agiscono in ragione del medesimo evento.

7. Il problema è piuttosto sempre quello di individuare, ragionevolmente, il dies a quo del termine triennale che, anche in relazione agli eredi, deve essere collegato alla conoscenza che gli stessi abbiamo dei fatti costitutivi del loro diritto, secondo le indicazioni anche di Corte Cost nr. 35 del 2023; conoscenza che può non essere collegata solo al decesso del congiunto. Si tratta, tuttavia, di profili che, per quanto già innanzi esposto, non sono, nella specie, devoluti al Collegio.

8. Con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 c.p.c.- è dedotto l’omesso esame di fatto decisivo. L’omissione è riferita ai contenuti dell’accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.

7.1. Il motivo è inammissibile. In modo evidente, le censure si pongono al di fuori del perimetro normativo dell’art. 360 nr.5 c.p.c., come costantemente interpretato da questa Corte (Cass., sez.un., nn 8053 e 8054 del 2014 e successive plurime conformi).

8. Con il quarto motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 c.p.c. – è dedotta la violazione degli artt. 115416 e 346 c.p.c. per non avere la Corte di appello rilevato la tardività dell’eccezione di decadenza.

8.1. Anche il quarto motivo è inammissibile.

8.2. A tacer d’altro, le censure non si confrontano con la sentenza impugnata nella parte in cui (v. pag. 6, punto 4) osserva che l’eccezione di decadenza è stata “ritualmente sollevata dal Ministero in primo grado”.

8.3. Parte ricorrente avrebbe dovuto, eventualmente, impugnare la correttezza della statuizione di tempestività dell’eccezione, ciò che non è invece accaduto.

9. Per quanto innanzi, il ricorso va complessivamente rigettato, nulla dovendosi provvedere in ordine alle spese, in difetto di attività difensiva della parte intimata.

9.1. Sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.

9.2. Infine, ai sensi dell’art. 52, comma 2, del D.Lgs. n. 196 del 2003, a tutela dei diritti della parte ricorrente, per evitare la diffusione di dati riguardanti lo stato di salute, si deve disporre, in caso di riproduzione in qualsiasi forma della presente ordinanza, l’omissione delle generalità e di ogni altro dato identificativo della parte medesima.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente decisione in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi della parte ricorrente.

Conclusione

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’11 giugno 2025.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2025.

Allegati

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