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Cassazione civile sez. III, 30/05/2023, n.15275

Massima

La legittimazione attiva a proporre l’azione ex art. 2901 c.c. non è preclusa dall’eccezione riconvenzionale di nullità del titolo avanzata dal debitore.

Supporto alla lettura

Azione revocatoria

L’azione revocatoria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, con cui il creditore chiede la revoca e conseguente dichiarazione di inefficacia di atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, che diminuiscano la garanzia del creditore, ossia la sua possibilità di soddisfarsi sul patrimonio del debitore. A differenza dell’azione surrogatoria, il cui esito è a favore di tutti i creditori, l’azione revocatoria opera ad esclusivo vantaggio del creditore che ha agito. L’atto revocato rimane perfettamente valido, ma esso è inefficace nei confronti del creditore che ha agito, che potrà soddisfarsi sul bene oggetto dell’atto revocato come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore e sottoporlo ad esecuzione forzata (art. 2902 c.c.). In sostanza il terzo che acquista non potrà avvalersi dello scudo della trascrizione a protezione del bene quale regime di pubblicità dell’atto poiché inopponibile al creditore che ha esperito vittoriosamente l’azione revocatoria. Il bene sarà esposto quindi ad azioni esecutive e conservative.

Ambito oggettivo di applicazione

G.B. rilasciava in favore della banca Intesa San Paolo S.p.a. tre distinte fideiussioni a garanzia degli obblighi restitutori correlati ai finanziamenti concessi ad alcune società (Relight Capital S.r.l., Relight Energie S.r.l. e Resolar S.r.l. costituenti il gruppo Relight).

Le predette società, nonché il garante, si rendevano inadempienti alle obbligazioni contrattualmente assunte; la banca finanziatrice chiedeva e otteneva dal Tribunale di Milano due distinti decreti ingiuntivi.

Successivamente l’istituto di credito apprendeva che il B. aveva posto in essere atti dispositivi dei propri beni, conferendo gli unici immobili che rappresentavano la garanzia patrimoniale generica a favore dei creditori in un fondo patrimoniale e in un trust a favore della figlia minorenne B.B..

Ritenendo questi atti pregiudizievoli per le proprie ragioni, la banca Intesa San Paolo S.p.a. agiva giudizialmente al fine di sentire dichiarare l’inopponibilità nei propri confronti dell’atto costitutivo di fondo patrimoniale o, in subordine, chiedeva che l’atto stesso fosse revocato ai sensi dell’art. 2901 c.c. e che fosse revocato l’atto di conferimento in trust dell’immobile sito in (Omissis).

Si costituivano in giudizio i convenuti G.B., S.M., entrambi anche quali esercenti la potestà genitoriale sulla minore B.B. e contestavano le domande avverse, di cui chiedevano il rigetto, e, in via riconvenzionale, instavano affinché fosse accertata l’opponibilità del fondo patrimoniale ai terzi e l’illegittimità dell’ipoteca trascritta dalla banca sull’immobile in garanzia; G.B. chiedeva che, ai sensi dell’art. 2043 c.p.c. che fosse dichiarata la nullità delle fideiussioni prestate a favore dell’istituto di credito, per abuso di credito con conseguente risarcimento dei danni.

Con sentenza di primo grado il Tribunale di Milano, rigettata la domanda riconvenzionale, dichiarava l’inopponibilità, nei confronti della banca Intesa San Paolo S.p.a., dell’atto costitutivo di fondo patrimoniale, anche rispetto all’ipoteca iscritta sull’immobile ivi conferito, non essendo il predetto atto stato annotato a margine di quello di matrimonio dei garanti; dichiarava, inoltre, l’inefficacia dell’atto di conferimento in trust dell’immobile, ritenendo sussistenti tutti i presupposti di cui all’art. 2901 c.c..

Avverso tale decisione proponevano appello i soccombenti, i quali chiedevano l’integrale riforma della sentenza di primo grado.

Con sentenza del 12/02/2020 la Corte d’appello di Milano ha rigettato l’impugnazione e confermato la sentenza emessa dal giudice di prime cure.

Avverso la detta sentenza propone ricorso per cassazione, con atto affidato a cinque motivi, G.B..

Resiste con controricorso, corredato da memoria, la Intesa San Paolo S.p.a.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso censura la sentenza d’appello con i seguenti motivi.

Il primo mezzo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione di legge, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 2 e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 vizio di nullità della sentenza per omessa indicazione di una parte, ossia la HDR S.A.; secondo il ricorrente la sentenza d’appello è nulla in quanto sia nell’intestazione sia nel dispositivo la Corte territoriale ha omesso di indicare l’appellante HDR S.A..

Il secondo motivo pone censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. di violazione di legge, in relazione all’art. 112 c.p.c., per ultrapetizione avendo la Corte d’appello di Milano dichiarato d’ufficio l’inammissibilità delle domande riconvenzionali formulate dall’odierno ricorrente in assenza di una tempestiva eccezione di parte.

Il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione di legge, in relazione all’art. 36 c.p.c., per l’erronea dichiarazione di inammissibilità delle domande riconvenzionali, in quanto non dipendenti dal titolo già dedotto in giudizio.

Il quarto mezzo censura la sentenza d’appello ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione di legge, in relazione all’art. 112 c.p.c., per omesso esame delle domande riconvenzionali formulate dal B. a titolo di eccezioni riconvenzionali.

Infine il quinto motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia violazione di legge, in relazione all’art. 112 c.p.c., per omesso esame dell’eccezione riconvenzionale di nullità delle fideiussioni sottoscritte dall’attuale ricorrente per violazione della L. n. 287 del 1990, art. 2.

Il primo motivo è infondato: la HDR S.A. risulta menzionata più volte nella sentenza d’appello, quantomeno alle pagg. 2, 3 e 5 e, sebbene non risulti formalmente riportata nell’intestazione della sentenza, può ritenersi che la Corte territoriale abbia preso in considerazione anche la sua posizione, almeno implicitamente, e l’abbia disattesa, conformemente all’orientamento di questa Corte (Cass. n. 16535 del 28/09/2012 Rv. 623755 – 01), che il Collegio intende ribadire, secondo il quale l’omessa indicazione nell’epigrafe della sentenza del nome di una delle parti rende nulla la sentenza quando né dallo “svolgimento del processo”, né dai “motivi della decisione”, sia dato desumere la sua effettiva partecipazione al giudizio, con conseguente incertezza assoluta nell’individuazione del soggetto nei cui confronti la sentenza è destinata a produrre i suoi effetti: nella specie non si è concretizzata detta evenienza, posto che la marginale posizione della HDR S.A., quale trustee (titolare del trust), è stata adeguatamente presa in considerazione dalla Corte territoriale.

Il secondo, il terzo e il quarto mezzo possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, poiché tutti vertenti sulle domande riconvenzionali di nullità delle fideiussioni, proposte dal B. e asseritamente non adeguatamente esaminate dai giudici di merito.

I detti motivi, a parte una generale carenza di esposizione, che di per sé comporterebbe dichiarazione di inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, in quanto non sono richiamati gli atti processuali delle fasi di merito dai quali dovrebbe desumersi che l’eccezione di inammissibilità non fosse stata sollevata dalla banca Intesa San Paolo S.p.a., sono infondati in quanto non colgono il senso della ragione del decidere della Corte d’appello, che ha affermato che le domande riconvenzionali proposte dal B. non potevano essere prese in considerazione in detta fase del giudizio in quanto su di esse si erano già pronunciati i giudici delle opposizioni a decreto ingiuntivo.

La Corte territoriale ha, in breve, affermato che il rapporto tra azione di nullità (delle fideiussioni) e azione revocatoria si pone, non in termini di dipendenza dallo stesso titolo, ai sensi dell’art. 36 c.p.c., ma in termini di pregiudizialità e, pertanto, detta relazione non impedisce la proposizione dell’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c., in quanto questa può essere proposta anche al fine di tutelare crediti eventuali o litigiosi, come da costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, che il Collegio condivide e intende ribadire (Cass. n. 5619 del 22/03/2016 Rv. 639291 – 01).

Ad.20/04/2023

L’esperimento dell’azione revocatoria da parte della banca Intesa San Paolo S.p.a. non poteva, pertanto, ritenersi precluso e comunque impedito dalla domanda di accertamento della nullità proposta, in via di domanda riconvenzionale, o anche solo in via di eccezione riconvenzionale, da parte del B..

Da ultimo, sul punto, deve ribadirsi l’orientamento di questa Corte (Cass. n. 24684 del 04/11/2013 (Rv. 629107 – 01), secondo cui la declaratoria di inammissibilità di una domanda riconvenzionale, non dipendente dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello già appartenente alla causa come mezzo di eccezione, costituisce l’esito di una valutazione riservata all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove sia stata adeguatamente argomentata l’inopportunità del processo simultaneo.

Il secondo, il terzo e il quarto motivo vanno, pertanto, disattesi, in quanto inammissibili per carenza di specificità e comunque infondati in diritto.

Il quinto mezzo è inammissibile: è la stessa difesa del ricorrente che ammette che la questione della nullità delle fideiussioni, in quanto confliggenti con la L. n. 287 del 1900, art. 2, era stata proposta soltanto con la comparsa conclusionale in appello, e, quindi, essa non poteva ritenersi ritualmente devoluta alla decisione del giudice di secondo grado (si veda, sul punto, di recente, Cass. n. 4175 del 19/02/2020 Rv. 657007 – 01) in quanto l’allegazione con la memoria conclusionale di un fatto rilevabile d’ufficio è tardiva e impedisce l’esercizio del potere ufficioso (Cass. n. 4392 del 07/04/2000 Rv. 535429 – 01), con conseguente inammissibilità dell’impugnazione in questa sede di legittimità, poiché incentrata su questione della quale il giudice di merito non aveva potuto, legittimamente, conoscere. Ove fosse scrutinabile, peraltro, la questione di nullità della fideiussione, in quanto contrastante con il disposto della L. n. 287 del 1990, non appare posta in modo specifico (si vedano, sul punto, i più recenti approdi della giurisprudenza nomofilattica, segnatamente Sez. U n. 41994 del 30/12/2021 Rv. 663507 – 01, della quale il ricorrente avrebbe dovuto dare adeguatamente conto, quantomeno in sede di memoria).

Il ricorso e’, pertanto, infondato e deve essere rigettato.

Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente e, valutata l’attività processuale espletata in relazione al valore della controversia, sono liquidate, come in dispositivo, in favore della controricorrente Intesa San Poalo S.p.a..

Nulla per le spese nei confronti di S.M. e della HDR S.A. rimasti intimati.

Il rigetto del ricorso comporta che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 14.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 quater, comma 1, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.

Riserva deposito della motivazione nel termine di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c., comma 2.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione III civile, il 20 aprile 2023.

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