…omissis…
Rilevato
XX, a seguito di sentenza di questa Corte volta ad annullare la pronuncia di assoluzione in sede penale di YY e della — Insurance Spa dal reato di lesioni colpose, riassunse il processo ai sensi dell’art. 622 c.p.p. per ottenere dalla Corte d’Appello di Bologna il risarcimento del danno in sede civile;
la Corte territoriale, con sentenza pubblicata in data 9/6/2021, ha svolto il proprio autonomo accertamento (conformandosi all’indirizzo di questa Corte che ipotizza una piena autonomia del giudice civile) ritenendo che il sinistro fosse imputabile per il 70% alla responsabilità del YY per aver omesso di dare la precedenza al XX e per il 30% al fatto colposo del medesimo danneggiato sopraggiunto a velocità molto elevata senza avvedersi di quanto, invece, era ben visibile, cioè la presenza all’incrocio del veicolo antagonista; la corte territoriale ha ritenuto che le somme dovute al danneggiato ammontassero ad una cifra già versata dalla compagnia, con il conseguente rigetto della domanda volta ad ottenere un ulteriore risarcimento;
avverso la sentenza XX ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi;
ha resistito la — Assicurazioni Spa (già — Insurance Spa a seguito di mutamento della denominazione sociale disposta dall’assemblea degli azionisti in data 13/12/2017) con controricorso;
il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.
il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte; entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato
con il primo motivo- violazione e falsa applicazione dell’art. 622 c.p.p. in correlazione all’art. 360,1 co. nn. 3 e 4 c.p.c. – il ricorrente prospetta la violazione dell’art. 622 c.p.p. per non essersi la Corte territoriale attenuta ai principi di diritto statuiti da questa Corte nel delineare le condotte del veicolo danneggiante; ad avviso del ricorrente la corte del merito, nel formulare un proprio autonomo giudizio sulla responsabilità, si sarebbe illegittimamente discostata dai principi fissati in sede di legittimità;
con il secondo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione dell’art. 622 c.p.p. sotto diverso profilo e dell’art. 2043 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1 nn. 3 e 4 c.p.c. – lamenta che la corte territoriale non abbia tenuto conto del fatto che l’applicazione dei principi civilistici in tema di determinazione del nesso causale avrebbe dovuto comportare una disciplina di maggior favore per il danneggiato, dovendo trovare applicazione, in luogo del criterio penalistico dell’attribuzione di responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio, la regola civilistica del più probabile che non;
con il terzo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione dell’art. 2054,2 co. c.c. in correlazione all’art. 360,1 co. n. 3 e 4 c.p.c. – assume che la corte territoriale abbia violato la disposizione indicata nel ritenere l’applicazione della presunzione di una concorrente responsabilità nella produzione del sinistro a fronte di una evidente responsabilità esclusiva del conducente dell’autoveicolo. In base alla condotta eziologicamente assorbente del conducente che aveva impegnato l’incrocio senza concedere la precedenza, la corte del merito avrebbe dovuto escludere il concorso di responsabilità;
i tre motivi possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione e sono infondati;
la giurisprudenza consolidata di questa Corte si esprime nel senso di ritenere, nel caso di riassunzione ex art. 622 c.p.p., la piena translatio del giudice sulla domanda civile con applicazione delle regole processuali e probatorie proprie del processo civile; si veda, ex multis, Cass., 3, n. 15859 del 12/6/2019; e Cass., 3, n. 16916 del 25/6/2019 secondo cui: “Nel giudizio civile di rinvio ex art. 622 c.p.p. si determina una piena “translatio” del giudizio sulla domanda civile, sicché la Corte di appello civile competente per valore, cui la Cassazione in sede penale abbia rimesso il procedimento ai soli effetti civili, applica le regole processuali e probatorie proprie del processo civile e, conseguentemente, adotta, in tema di nesso eziologico tra condotta ed evento di danno, il criterio causale del “più probabile che non” e non quello penalistico dell’alto grado di probabilità logica, anche a prescindere dalle contrarie indicazioni eventualmente contenute nella sentenza penale di rinvio”;
ne consegue la legittimità della piena autonomia di accertamento del giudice civile e dunque la possibilità di una autonoma e diversa ricostruzione degli eventi;
anche la pretesa violazione dell’art. 2054,2 co. c.c. è destituita di ogni fondamento in quanto la presunzione di corresponsabilità ricorre non solo nei casi in cui sia certo l’atto che ha causato il sinistro ma sia incerto il grado di colpa attribuibile ai diversi conducenti ma anche quando non sia possibile accertare il comportamento specifico che ha causato il danno, con la conseguenza che, in tutti i casi in cui sia ignoto l’atto generatore del sinistro, causa presunta dell’evento devono ritenersi in egual misura i comportamenti di entrambi i conducenti coinvolti nello scontro anche se solo uno di essi abbia riportato danni; detta presunzione può essere superata unicamente dalla duplice prova, posta a carico del danneggiato, che lo scontro è dipeso dal solo comportamento colposo dell’altra parte e che il danneggiato medesimo ha fatto tutto il possibile per evitare il verificarsi dell’evento dannoso (Cass., 3, n. 26523 del 17/12/2007; Cass., 3, n. 15736 del 17/5/2022);
con il quarto motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nullità della sentenza ex art. 156 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1 co. nn. 3 e 4 c.p.c.- il ricorrente lamenta che la corte territoriale ha omesso di statuire su tutti i capi di domanda con i quali aveva chiesto l’accertamento della responsabilità del YY nella produzione dell’evento dannoso e la condanna del medesimo, in solido con la compagnia assicuratrice, al risarcimento del danno; la corte d’appello, pur ritenendo prevalente la responsabilità del YY nella causazione del sinistro, ha rigettato la domanda del XX essendo egli stato integralmente risarcito del danni così omettendo di pronunciarsi sulla domanda principale di accertamento della responsabilità del convenuto;
il motivo è infondato;
non sussiste né la violazione dell’art. 112 c.p.c. né la nullità processuale dedotta dal ricorrente. La corte territoriale ha accolto per quanto di ragione la domanda di accertamento della responsabilità del YY, limitandosi a respingere la domanda risarcitoria per avvenuto pregresso pagamento delle somme riconosciute a titolo di danno. Il dispositivo reca questo accertamento della corresponsabilità del YY (“ravvisato il concorso di colpa del XX e del YY”) e il rigetto formalmente disposto (“rigetta la domanda del XX”) riguarda solo la condanna al risarcimento danni, appunto non pronunciata a fronte dei versamenti ricevuti, già di per sé satisfattivi;
quanto al quinto motivo, concernente il rigetto del danno da perdita di chance (violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c. in relazione all’art. 360, 1 co. nn. 3 e 4 c.p.c.) è anch’esso da disattendere in quanto la perdita delle possibilità di guadagno costituisce una posta risarcitoria che va provata nei suoi elementi costitutivi, dati appunto dall’esistenza di validi elementi volti ad attestare, pur se presuntivamente, che il soggetto danneggiato avrebbe guadagnato di più, prova che la corte territoriale ha ritenuto mancante in assenza di “circostanze concrete e specifiche dalle quali inferire la prova tanto della perdita di guadagni futuri certi superiori a quelli del tempo del sinistro, come anche della perdita di simili guadagni futuri seriamente probabili”; si tratta di un apprezzamento ben motivato che si sottrae al sindacato di questa Corte;
infine, quanto all’ultimo motivo relativo alla compensazione delle spese di lite, nemmeno è ravvisabile la violazione del principio di soccombenza; chi riceve acconti in corso di causa, poi ritenuti satisfattivi all’esito del giudizio, certamente non può essere ritenuto soccombente, e quindi essere condannato a rifondere all’altra parte le spese di lite. Ma il suo contegno, ossia insistere nella causa non accontentandosi degli importi ricevuti, può essere un comportamento processuale che giustifica la compensazione delle spese. In questo senso è la giurisprudenza di legittimità (Cass. 23940/17 e Cass. 12181/16). Si consideri peraltro che il XX è stato ritenuto corresponsabile in ragione del 30 % e le sue richieste risarcitorie erano ben più alte di quelle accolte, con poste di danno integralmente respinte (in particolare la perdita di chance di maggior guadagno). Quindi, anche per questo la compensazione delle spese appare giustificata (cfr. Cass. SU 32061/22);
all’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuta.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 10.000 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori e spese generali al 15%. Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
