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Cassazione civile sez. III, 22/09/2025, n. 25811

Massima

In tema di risarcimento del danno derivante da fatto illecito civile qualificabile anche come reato (lesioni colpose gravissime), il diritto al risarcimento, ai sensi dell’art. 2947, co. 3, c.c., si prescrive nel termine stabilito dalla legge penale solo se questo è superiore ai cinque anni, dovendosi in ogni caso fare riferimento al termine di prescrizione proprio del reato astrattamente configurabile e non al maggiore termine che si realizza per effetto di eventuali atti interruttivi o sospensivi previsti dal codice penale (come l’aumento di 1/2 derivante dall’interruzione ex artt. 160-161 c.p.). Ne consegue che, se il termine di prescrizione penale applicabile ratione temporis era di cinque anni, e la prima richiesta risarcitoria civile è intervenuta oltre tale termine, il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio dei congiunti (danno parentale) deve essere dichiarato prescritto.

Supporto alla lettura

RISARCIMENTO DANNO

Quando si parla di risarcimento del danno ci si riferisce alla compensazione, prevista dalla legge, in favore di chi ha subito un danno ingiusto.

Per danno ingiusto si intende la lesione di una situazione giuridica soggettiva protetta dalla legge.

Il danno può essere costituito dalla lesione di:

  • un diritto soggettivo e quindi di una situazione giuridica tutelata dalla legge in modo diretto, può essere leso da chiunque se si tratta di un diritto assoluto che quindi deve essere rispettato da tutti gli altri soggetto o da un soggetto determinato se si tratta di un diritto relativo ovvero di un diritto che deve essere rispettato solo da un determinato soggetto legato al titolare del diritto da un rapporto giuridico;
  • un interesse legittimo vale a dire di una situazione giuridica soggettiva tutelata dalla legge in modo indiretto ovvero nella misura in cui l’interesse del privato coincide con l’interesse pubblico, può essere leso dalla Pubblica Amministrazione che nell’esercizio del proprio potere non rispetta le norme di buona amministrazione.

Il diritto al risarcimento del danno sorge quando il danno patito è conseguenza immediata e diretta del comportamento del danneggiante. Questa regola è stabilita dall’art. 1223 del codice civile. Per questo motivo è necessario dimostrare che il pregiudizio si trova in rapporto di causa-effetto rispetto alla condotta del danneggiante.

Il risarcimento del danno si distingue dall’indennizzo anche se in entrambi i casi il soggetto danneggiato riceve un ristoro economico per il danno che ha subito:

  • risarcimento: quando il danno è stato causato da una condotta illecita;
  • indennizzo: quando il danno è conseguente ad una condotta lecita cioè ad una condotta consentita e in alcuni casi imposta dalla legge.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato il 24 luglio 2023 (omissis) ha impugnato per cassazione la sentenza della Corte d’Appello di Bari del 12 maggio 2023, notificata il 27 maggio 2023. In data 3 ottobre 2023, i signori (omissis), in proprio e nella qualità di amministratore di sostegno della figlia (omissis), giusto decreto di nomina di amministratore di sostegno del Giudice Tutelare del Tribunale di Foggia del 26.11.2019, e (omissis), hanno depositato controricorso con ricorso incidentale. La Asl intimata in data 14 novembre 2023 ha depositato controricorso per appoggiare la

tesi del ricorrente principale con ricorso incidentale. (omissis) ha depositato controricorso per replicare ai ricorsi incidentali.

2. Oggetto del presente giudizio è un caso di responsabilità sanitaria in cui è risultato accertato dal CTU in primo grado che durante il primo ricovero in data 16.10.2004 della piccola (omissis) – ai tempi di soli tre anni – il mancato e pronto accertamento di una grave patologia (S.E.U.) presso l’ospedale di (omissis) – dove invece le venne diagnosticata una gastroenterite curata con terapia antibiotica – che si sarebbe potuta agevolmente trattare secondo il protocollo medico applicabile, le aveva comportato gravissimi postumi che l’hanno resa invalida civile al 100% cagionandole un danno biologico permanente di pari misura.

3. Il giudizio di prime cure, dove i genitori avevano chiesto il risarcimento del danno subito dalla minore e iure proprio, si concludeva con la sentenza n. 2004/2021 pubblicata il 30 agosto 2021, con cui il Tribunale rigettava l’eccezione di prescrizione del diritto vantato iure proprio dai genitori della piccola, chiesto dai genitori anni dopo il fatto, e accoglieva in parte la domanda risarcitoria in favore della piccola (omissis) e il danno parentale lamentato dai suoi genitori. In specie, l’ASL veniva condannata a pagare la complessiva somma di Euro 1.593.315,63=, oltre rivalutazione ed interessi legali (All. 3 fasc. riproduzioni), che ricomprendeva: – la liquidazione del danno biologico permanente alla minore (100% in un soggetto di 3 anni all’epoca dell’evento de quo) per Euro 658.788,28; – la liquidazione del danno patrimoniale per lucro cessante da incapacità lavorativa totale, per Euro 230.164,35; – la liquidazione del risarcimento del danno non patrimoniale jure proprio dei genitori da lesione del rapporto parentale, fissata in Euro 170.000 per ciascun genitore; – la liquidazione delle spese future da sostenersi vita natural durante per l’assistenza personale della vittima, per Euro 364.363.

4. A fronte di una sentenza di prime cure che aveva accertato la responsabilità della ASL e dichiarato l’Assicurazione tenuta all’indennizzo assicurativo in base alla polizza claims made, queste ultime rimettevano in discussione in appello l’an debeatur, censurando la sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva ritenuto sussistente il nesso eziologico tra la condotta dei sanitari e il danno della minore, e riproponevano una serie di doglianze relative alla prescrizione del diritto dei genitori alla liquidazione del danno da loro patito de jure proprio e altre inerenti ai rapporti tra l’ASL e all’Assicurazione stessa circa l’operatività della polizza entro i massimali.

5. La Corte di Appello confermava la decisione di primo grado in punto di an debeatur e, dunque, la sussistenza della responsabilità medica per cui è causa nei confronti della bimba e dei genitori. Inoltre, respingeva l’appello relativo al mancato accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dall’assicurazione in relazione al danno chiesto jure proprio dai genitori della (omissis) e considerava operativa la polizza nonostante fosse stata attivata al di là del tempo di efficacia della clausola claims made, ritenendola nulla per tale parte.

6. Con riferimento agli appelli incidentali proposti dai genitori in merito al quantum liquidato nel primo grado: – accoglieva il primo motivo e rideterminava il danno biologico subito dalla bimba (omissis), secondo le tabelle milanesi al momento della decisione (2021), in Euro 815.908; – rigettava il secondo motivo di ricorso, volto ad ottenere la liquidazione del danno morale patito da (omissis); – accoglieva il terzo e per l’effetto liquidava il danno parentale patito dai genitori secondo le tabelle milanesi emanate nel 2022, liquidandolo nella maggior misura di Euro 336.500 in favore di ciascun genitore, secondo le tabelle milanesi; – accoglieva il quarto motivo, riliquidando il danno patrimoniale da perdita della capacità di lavoro e di guadagno della piccola (omissis) in Euro 465.430,16; – rigettava il quinto motivo, relativo alla rideterminazione del danno da spese future da sostenersi per le cure di (omissis) vita natural durante.

7. I (omissis) avviavano il presente giudizio per la mancata considerazione dell’intervenuta prescrizione del diritto dei genitori al risarcimento danni de jure proprio e per dedurre la inoperatività della polizza in riferimento a detto danno, richiesto a distanza di 4 anni, 6 mesi e 9 giorni dalla scadenza contrattuale della polizza, assumendo l’erronea statuizione di illegittimità della medesima. Avverso il ricorso dei (omissis) si sono costituiti i coniugi (omissis) per resistere al gravame e contrastare l’affermazione della prescrizione del loro diritto al risarcimento quali prossimi congiunti (incontestato invece il diritto della di loro figlia) e le censure sul quantum opposte dalla ASL, nonché per far valere, in via incidentale, le proprie doglianze sempre e solo sul quantum accertato a favore della figlia, sostenendo che i vari danni erano stati “sotto-stimati” invece che “sovra-stimati”.

8. La ASL ha, infine, depositato controricorso contenente ricorso incidentale, aderendo ad alcuni motivi del ricorso principale dell’Assicurazione inerenti alla prescrizione del diritto dei genitori, e ha impugnato in via incidentale la sentenza su questioni inerenti all’an debeatur liquidato a favore della piccola (omissis).

Motivi della decisione

Ricorso Principale (omissis) collegato al danno iure proprio dei genitori di (omissis) (otto motivi)

1.1) Nel primo motivo si deduce la violazione di legge artt. 2947 cod. civ., 150 e 160 cod. pen. Si denuncia che la Corte d’Appello abbia erroneamente rigettato l’eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento dei danni iure proprio richiesti dai signori (omissis) e (omissis) perché, nella ricognizione del termine prescrizionale, il giudice avrebbe erroneamente applicato la proroga per cause di interruzione/sospensione prevista per l’azione risarcitoria civile esercitata nel processo penale. A tale motivo aderisce la controricorrente ASL.

1.2) con il secondo motivo si deduce l’omesso esame di fatto decisivo individuato nella circostanza per cui “la richiesta di risarcimento dei danni subiti dai genitori è pervenuta 4 anni, 6 mesi e 9 giorni dopo la scadenza contrattuale” ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (in subordine comunque, per scrupolo difensivo, violazione di legge artt. 1322, comma 1, 1418 c.c. e 2965 c.c.) La Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto nulla la clausola claims made contenuta in polizza omettendo l’esame del suddetto fatto decisivo, motivando su di un aspetto irrilevante nella fattispecie concreta (la c.d. retroattività) e non considerando l’equità dello scambio in una prospettiva sinallagmatica (pag. 19).

1.3) Con il terzo motivo si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo individuato nella circostanza che “il proponente del contratto era l’ASL stessa in quanto Ente Pubblico, per cui la polizza era frutto della volontà espressa dall’Ente nel contesto di una gara pubblica”. La Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto nulla la clausola claims made contenuta in polizza omettendo l’esame del suddetto fatto decisivo (pag. 27).

1.4) Con tale quarto mezzo si deduce la violazione di legge art. 1419, comma 2. La Corte d’Appello, dichiarata la nullità della clausola claims made, avrebbe erroneamente integrato la disciplina contrattuale, riscrivendo il contratto assicurativo, di fatto, secondo il modello “loss occurrence” invece che prendere a riferimento il modello legale di “claims made” (con necessità di copertura postuma solo per l’ipotesi di cessazione dell’attività sanitaria, nel caso non venuta in rilievo); il che avrebbe comportato l’inoperatività della polizza (poiché la prima richiesta risarcitoria è avvenuta ben oltre 4 anni dopo la scadenza della polizza) (pag. 28).

1.5) Con tale motivo si lamenta la violazione degli artt. 2043205912231226 e 2729 c.c. La Corte d’Appello avrebbe erroneamente qualificato il danno non patrimoniale patito dai signori (omissis) e (omissis) quale danno da “perdita” del rapporto parentale (essendo pacifico trattarsi di danno da c.d. “lesione” parentale) e l’ha conseguentemente liquidato come tale (applicando i criteri delle tabelle milanesi) (pag. 30).

1.6) Con tale motivo si deduce la violazione degli artt. 2043205912231226 e 2729 c.c. La Corte d’Appello (a prescindere dalla sua qualificazione) avrebbe erroneamente liquidato il danno non patrimoniale patito dai signori (omissis) e (omissis) facendo applicazione dei criteri indicati dalle tabelle milanesi (piuttosto che quelli indicati dalle tabelle “a punti” del Tribunale di Roma) (pag. 31).

1.7) Con tale motivo si deduce la nullità processuale per violazione del giudicato interno in relazione al disposto normativo di cui all’art. 329 c.p.c. e 2909 c.c. La Corte d’Appello non avrebbe contenuto la condanna indennitaria entro i limiti del massimale di polizza, infrangendo così il giudicato interno formatosi sull’esistenza di un massimale di polizza pari ad Euro 2.500.000 per sinistro (pag. 33).

1.8) Con tale motivo si deduce la nullità processuale per vizio di ultrapetizione in relazione al disposto normativo di cui all’art. 112 c.p.c. e 345 c.p.c. La Corte d’Appello, nel condannare l’assicuratore alla manleva in misura eccedente il massimale di polizza, avrebbe deciso oltre i limiti della pretesa dell’assicurato, il quale, ammessa l’esistenza di un massimale di polizza pari ad euro 2.500.000 per sinistro, non avrebbe mai avanzato domanda di garanzia eccedente il suddetto limite (pag. 37).

Ricorso incidentale (omissis) (quattro motivi):

2) MOTIVO I: ex art. art. 360, n. 3, c.p.c., si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c., in relazione all’erronea applicazione delle tabelle milanesi. In via incidentale i coniugi (omissis) avevano appellato la decisione di prime cure per aver questa applicato, per liquidare il danno biologico della piccola (omissis), le tabelle milanesi vigenti al momento del fatto (2004) e non della decisione (2021). Il motivo veniva accolto e il danno veniva rideterminato secondo le tabelle vigenti al momento della sentenza emessa dal Tribunale. Ma la decisione del primo giudice veniva appellata anche laddove aveva negato la domanda volta alla liquidazione del danno morale in favore della danneggiata principale. La Sentenza avrebbe rigettato la censura sul presupposto che il Tribunale avesse già applicato il punto c.d. pesante delle tabelle, comprensivo del danno morale, senza avvedersi che così non era avvenuto, il che rende evidente un vizio che si colloca ai confini dell’errore materiale; 2) MOTIVO II: ex art. 360, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 342 c.p.c. laddove l’appello è stato ritenuto inammissibile, e all’art. 112 c.p.c., per la conseguente omessa pronuncia, in subordine ex art. n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo – p. 28 ss. I coniugi (omissis) avevano appellato la sentenza del Tribunale in quanto il CTU aveva ritenuto che la minore, a causa della sua gravissima invalidità nella misura del 100%, avesse bisogno di un’assistenza di 24 ore al giorno, la quale – sulla scorta delle condizioni economiche e contrattuali del CCNL applicabile individuato sempre dal Consulente – comportava un onere di Euro 20.000 annue da moltiplicare per i n. 4 assistenti necessari (considerando ferie e permessi). Il giudice di prime cure avrebbe in tesi liquidato il danno assumendo come base, senza indicarne le ragioni e in contrasto con gli accertamenti peritali, la somma di Euro 19.000, mentre la Corte d’Appello avrebbe ritenuto l’appello incidentale sia inammissibile (perché la domanda sarebbe stata “generica e priva di riferimenti alla concreta fattispecie”), sia infondato omettendo ogni pronuncia sull’oggetto del motivo stesso. Poiché, diversamente da quanto ritenuto dal giudice territoriale, l’appello era invece in toto rispettoso del disposto di cui all’art. 342 c.p.c., di cui dunque si censura la violazione, con una connessa censura dell’art. 112 c.p.c. perché tale errata statuizione è ridondata nell’omissione di una pronuncia sul merito, nella specie sulla domanda basata sui richiamati accertamenti peritali. In subordine, la censura è proposta rispetto all’omesso esame di un fatto decisivo, consistente nella quantità e onere delle prestazioni di assistenza necessarie nel caso concreto;

3) MOTIVO III: ex art. 360, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 342 c.p.c. laddove l’appello è stato ritenuto inammissibile, e in relazione dell’art. 112 c.p.c. per la conseguente omessa pronuncia, nonché e/o ex art. 360, n. 3, c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt.1223.1226 e 2056 c.c. p. 34 ss. Premessa la violazione dell’art. 342 c.p.c. nei termini di cui al precedente motivo, i coniugi (omissis) sostengono di avere appellato in via incidentale la sentenza del Tribunale anche per aver applicato, con riferimento all’esborso di assistenza futura necessario per la piccola (omissis), un coefficiente di capitalizzazione pari al 19,177 (corrispondente all’età della attrice al momento della decisione) e non il diverso coefficiente, del 39,1240 (relativo all’età al momento dell’evento di danno). La decisione sarebbe stata, pertanto, emessa in evidente violazione delle norme in rubrica, per aver omesso una pronuncia sulla censura oggetto del motivo nonché violato le norme di cui agli artt. 1223 e 1226 c.c. In via incidentale condizionata, i controricorrenti, come quarto motivo di ricorso incidentale, hanno chiesto riqualificarsi la domanda dei genitori volta ad ottenere il conseguente danno jure proprio come contrattuale in ragione del contratto di spedalità da loro concluso in nome e per conto della figlia, da qualificarsi come contratto con effetti protettivi verso terzi.

Ricorso incidentale della ASL (tre motivi)

3) Motivo: si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1176 co. 2 e 2236 c.c., sotto il profilo del comportamento colposo omissivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (pp. 26-32). Si chiede la cassazione della decisione perché, alla stregua di una valutazione ex ante e secondo le conoscenze scientifiche vigenti all’epoca dell’evento (2004) – e giammai ex post – si ritiene di dovere escludere qualsiasi responsabilità dei sanitari, tanto a norma dell’art. 1176 c.c. che comporta una responsabilità per la colpa lieve, quanto a norma dell’art. 2236 c.c. per colpa grave allorquando, come si ritiene principalmente, la prestazione dedotta in contratto implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà. In una ottica ex ante, la condotta degli operatori sanitari sarebbe stata conforme alle conoscenze scientifiche e alle informazioni cliniche disponibili allorquando fu prestata l’opera sanitaria; 2 Motivo: si deduce la violazione e falsa applicazione degli art.li 1218, 1176 c. 2 e 2236 c.c., nonché 1223 c.c., sotto il profilo del nesso causale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (pp. 32-36). Ai fini della responsabilità medica da omessa e/o tardiva diagnosi e della quantificazione del relativo danno avrebbero dovuto essere prese in considerazione tutte le concause esistenti e liquidare, semmai, unicamente il c.d. danno differenziale, ovvero risarcire un danno che deve essere riferito solo ad una porzione di lesione: come insegna la Suprema Corte, se la patologia da cui è affetto il malato subisce un peggioramento a causa dell’errata e/o omessa diagnosi, la struttura sanitaria non risponderebbe del danno complessivamente inteso, bensì della sola “percentuale di aggravamento della situazione preesistente” (Cass. N. 15991/2011Cass. N. 28986/2019). A tal fine, occorreva indagare la causalità giuridica e valutare quale danno sia stato conseguenza immediata e diretta della condotta, ai sensi dell’art. 1223 cod. civ. (Cass. N. 28986/2019), mediante una indagine da condurre con un giudizio controfattuale, teso ad accertare cosa sarebbe accaduto se l’illecito (errore medico) non si fosse realizzato. Giudizio che nella fattispecie la Corte territoriale non avrebbe operato. Sulla scorta di questi principi, il danno biologico patito dalla persona già portatrice di una patologia genetica sarebbe pari alla differenza tra le conseguenze complessivamente patite dalla vittima (postumi complessivi) e le “più lievi” conseguenze dannose che avrebbe patito a causa della sua patologia pregressa, se l’illecito non si fosse verificato (Cass. N. 514 del 15.1.2020). Alla stregua di questi principi, avrebbe dovuto essere ascritta al nosocomio la responsabilità per omessa diagnosi nella percentuale relativa al solo aggravamento delle situazioni preesistenti (danno differenziale), all’uopo demandando apposita indagine al Giudice del rinvio. 3 Motivo: si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 345 c.p.c., nonché del principio di economia processuale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (pp. 36-39). Si contesta la decisione nella parte in cui ha respinto l’appello incidentale proposto dalla ASL (VI motivo, pp. 26-27 della comparsa in appello), con cui, in accoglimento della domanda di manleva, si chiedeva la condanna dell’Assicurazione, senza alcuna franchigia. Invero, come documentato, dopo il deposito della sentenza di primo grado e per dare corso alla manleva riconosciuta dal Tribunale con i conseguenti pagamenti in favore degli attori, la Assicurazione ha dichiarato che “la franchigia aggregata annua prevista dal contratto risulta integralmente erosa” (giusto ” – Riscontro STARSTONE del 12 novembre 2021″, sopravvenuto e depositato telematicamente nel fascicolo di appello, unitamente alla nota di attestazione di conformità, con la “- Richiesta ASL del 25 ottobre 2021” ed “- Riscontro ASL del 16 novembre 2021”). Dunque, anche per ragioni di economia processuale e considerando, altresì, che non si tratta neppure di una domanda totalmente nuova, rispetto al petitum ed alla causa petendi, quanto, piuttosto, di una domanda relativa a fatti sopravvenuti al deposito della sentenza di primo grado e relativi alla esecuzione della stessa, andrebbe accolto il gravame della Azienda Sanitaria, con la condanna della Assicurazione senza la decurtazione di alcuna franchigia.

Sulle questioni pregiudiziali relative all’ammissibilità dei ricorsi incidentali tardivi ex art. 326 c.p.c. in quanto tardivi e autonomi.

4) Il ricorrente principale (omissis) deduce che il ricorso incidentale dei (omissis) è inammissibile perché tardivo rispetto al termine breve per impugnare ex art. 326 c.p.c. , in quanto depositato il 3.10.2023 , poiché i primi tre motivi sono tutti afferenti al mancato riconoscimento di alcune voci di danno non riconosciute a (omissis) che ha subito le lesioni: il primo motivo è volto a mettere in questione la liquidazione del danno biologico permanente di (omissis), mentre il secondo ed il terzo attiene alla liquidazione delle spese di assistenza futura di (omissis), per come riconosciute nella minor misura. L’interesse alla proposizione dei tre motivi di ricorso incidentale non sarebbe quindi dipeso dalla proposizione del ricorso principale della (omissis) s.a., ma sarebbe originario e tale da dover essere fatto valere entro il termine “breve” scadente per tutti gli intimati il 24.7.2023.

4).1 La medesima questione di inammissibilità si pone dunque anche per il ricorso incidentale della ASL, anch’esso depositato in data successiva alla scadenza del termine per impugnare, inerente al danno da responsabilità medico-sanitaria accertato e riconosciuto in capo alla piccola (omissis). Nel controricorso, la Asl, infatti, aderisce all’eccezione di prescrizione e alla deduzione di validità della polizza opposti dalla compagnia assicurazione nel ricorso principale.

4).2 Va rilevato che il ricorso incidentale tardivo è da ritenersi proponibile tutte le volte che, nel caso concreto, il gravame di uno qualsiasi dei litisconsorti, se accolto, comporterebbe un pregiudizio per l’impugnante incidentale tardivo, e dunque allorché l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza che l’impugnato, in mancanza dell’altrui gravame, avrebbe in ipotesi accettato (ex multis, Cass. 31136/2024Cass.SU 8486/2024Cass. S.U. 23903/2020; Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 14596 del 09/07/2020; Sez. U, Sentenza n. 24627 del 27/11/2007). Alla luce dei numerosi interventi nomofilattici che hanno, in varie ipotesi, ritenuto ammissibile tale impugnativa, il criterio generalmente applicato è nel senso che l’inammissibilità dell’impugnazione incidentale tardiva va valutata in concreto e non in astratto, in base al contenuto della sentenza impugnata (cfr. anche Cass. Sez. 3, ord. n. 29448 del 14/11/2024).

4).3 Posto quanto sopra, il ricorso incidentale dei B.B. si dimostra inammissibile perché il termine breve per l’impugnazione (decorrente dalla notifica della sentenza, avvenuta il 25.5.2023) è spirato il 24.7.2023, e l’interesse all’impugnazione dei signori (omissis) e (omissis) in relazione al risarcimento accordato alla piccola (omissis) non è sorto a seguito della proposizione del ricorso principale della (omissis) s.a., che concerne esclusivamente il danno parentale dei genitori e il massimale di polizza assicurativa non considerato a tal fine, ma non quello riconosciuto a (omissis): l’interesse a impugnare dei genitori nell’interesse e per conto della minore disabile, infatti, è autonomo e deriva dalla statuizione del Giudice di appello relativa alla liquidazione del danno biologico permanente in capo a (omissis) (primo motivo di ricorso incidentale), alla liquidazione delle spese di assistenza futura di cui avrà bisogno (secondo motivo di ricorso incidentale), alla liquidazione del danno, sempre dalla stessa patito, da perdita della capacità lavorativa (terzo motivo di ricorso incidentale).

4).4 Quanto al quarto motivo condizionato dei (omissis) esso, seppur ammissibile perché collegato al ricorso principale, è assorbito per quanto si dirà in merito al ricorso principale.

4).5 Anche il ricorso incidentale della ASL è stato depositato il 14.11.2023 ed è inammissibile in quanto tardivo per i medesimi motivi di cui sopra, là dove risulta avere impugnato la sentenza su questioni non oggetto di censura da parte della compagnia assicuratrice, afferenti all’an debeatur e dunque alla responsabilità medico-sanitaria accertata, non più messa in discussione dalla compagnia assicuratrice. I motivi, pertanto, non risultano essere collegati al ricorso principale dell’assicurazione, che si limita a dedurre il mancato accoglimento della eccezione di prescrizione del danno rivendicato iure proprio dai genitori e la inoperatività della polizza rispetto a tale danno, altrettanto tardivamente richiesto dopo la scadenza della polizza claims made. Il ricorso incidentale della ASL risulta, per tale motivo, tardivo, perché, risultando autonomo (appunto, originario), esso avrebbe dovuto essere depositato entro il termine “breve” scadente il 24.7.2023.

4).6 Quanto alla questione della franchigia assicurativa, il motivo è assorbito da quanto si dirà in appresso rispetto al ricorso principale degli (omissis).

Ricorso principale di (omissis)

5) Il primo motivo del ricorso principale è fondato e determina l’assorbimento degli ulteriori motivi. Deduce l’assicurazione ricorrente che l’errore sanitario è riconducibile al 20 ottobre 2004, mentre la prima richiesta di risarcimento danni avanzata dai genitori in proprio risale al 9 gennaio 2012. Impugna la sentenza nella parte in cui avrebbe erroneamente accertato in “7 anni e mezzo” il termine prescrizionale applicabile alla fattispecie concreta, confermando la sentenza di prime cure.

a. Quanto al calcolo del termine di prescrizione previsto per il reato di cui all’art. 590 c.p., in astratto ascrivibile ai medici intervenuti (lesioni colpose gravissime), la Corte d’Appello ha confermato il più lungo termine di cui all’art. 157 c.p. sull’ erroneo assunto che, anche nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla legge Cirielli n. 251 del 2005, valevole ratione temporis in base alla data di commissione del fatto, esso era pari a 7 anni e mezzo. Tuttavia, il termine era da calcolarsi in relazione alla normativa penale pro tempore in base alla quale il reato di lesioni gravissime colpose di cui all’art. 590 c.p. era punito sino a due anni di reclusione, il termine di prescrizione ex artt. 157 era di 5 anni; mentre con l’aumento di 1/2 ex art. 160161 c.p. derivante dall’interruzione “penale” risultava, in base alla legge applicabile al tempo del commesso reato, pari a sette anni e mezzo, come indicato dalla Corte d’Appello.

b. La sentenza impugnata, invero, riferendosi alla fattispecie penale di riferimento, ha fatto errata applicazione di un sedimentato principio giurisprudenziale per cui il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, astrattamente qualificabile come reato, si prescrive nello stesso termine previsto per la fattispecie incriminatrice speciale se per quest’ultima è stabilito un termine di prescrizione superiore a cinque anni oppure in cinque anni e non assumono rilievo eventuali cause d’interruzione o sospensione della prescrizione relative al reato, attesa la diversità ontologica esistente tra l’illecito civile e quello penale (SS. UU., sentenza n. 1479/1997).

c. La Corte d’Appello, pur avendo correttamente ricondotto la fattispecie nell’alveo dell’art. 2947, n. 3, c.c., ispirato dal favor per la vittima, non ha tuttavia considerato che alla data del fatto illecito costituente reato, il termine di prescrizione corrispondeva a quello civilistico (cinque anni), non potendosi includere l’aumento dovuto per il fatto interruttivo previsto nell’azione esercitata in sede penale ex art. 160 c.p., secondo quanto stabilito dalla pronuncia delle sezioni unite e, da ultimo, tra le tante, anche da Cass. n. 9883/2023.

d. La prescrizione del diritto al risarcimento del danno cagionato dal reato, sebbene si debba raccordare, sotto il circoscritto profilo del periodo di durata, alla disciplina della prescrizione dettata per il reato, si inserisce nel quadro generale dell’istituto della prescrizione civile, senza comprometterne la sostanziale autonomia rispetto all’analogo istituto regolato nel sistema penale. Se si eccettua tale collegamento, ciascuno dei due istituti costituisce un complesso normativo in sé chiuso e perfetto, con la conseguenza che, ai fini del diritto al risarcimento, operano esclusivamente le cause di interruzione previste nella disciplina civilistica, senza possibilità di mutua integrazione o di interferenze fra le due discipline. Ove, poi, si potesse prescindere dal computo dei termini di prescrizione sulla base della pena edittale stabilita per il reato (costituente, nel contempo, titolo per il risarcimento) e dare rilievo, invece, ai sopravvenuti atti interruttivi di cui all’ art. 160 c.p., non si avrebbe un unico termine di prescrizione, ma una variabile molteplicità di termini per un solo tipo di reato, a seconda delle diverse vicende processuali verificatesi, in relazione a ciascun caso pratico, in sede penale (cfr. Cass. SU n. 1479/1997, citata).

e. Del resto, l’incompleta parificazione dei termini di prescrizione dell’azione civile e di quella penale è ammessa anche dalla relazione ministeriale al codice civile e trova ulteriore conforto nel vigente codice di procedura penale, che ha dettato una disciplina volta ad accentuare l’autonomia del processo civile da quello penale.

f. Sul punto, risulta pertanto assorbito il quarto motivo del ricorso incidentale condizionato dei (omissis) o che vorrebbe, in via subordinata, far valere il maggior termine decennale previsto per i contratti, deducendo che si tratta di responsabilità dell’ente ospedaliero da contatto sociale. Allo stesso modo, è assorbito il terzo motivo della ASL inerente alla franchigia assicurativa da applicarsi.

6) Alla luce di quanto sopra, il ricorso principale va accolto con riguardo al primo motivo inerente al mancato rilievo della prescrizione del diritto dei genitori (omissis) ad essere risarciti del danno parentale subito iure proprio, con assorbimento degli ulteriori sette motivi del ricorso principale, del quarto motivo del ricorso incidentale subordinato dei (omissis) o e del terzo motivo del ricorso incidentale della ASL. Dichiara inammissibili, perché tardivi rispetto al termine di cui all’art. 326 c.p.c., i restanti motivi dei ricorsi incidentali dei (omissis) e della ASL.; per l’effetto la Corte cassa la sentenza, per quanto di ragione, con rinvio alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione quanto al primo motivo di ricorso, con assorbimento degli ulteriori sette motivi del ricorso principale, del quarto motivo del ricorso incidentale subordinato dei (omissis) o e del terzo motivo del ricorso incidentale della ASL. Dichiara inammissibili, in quanto tardivi, i restanti motivi dei ricorsi incidentali dei (omissis) e della ASL.; per l’effetto cassa la sentenza, per quanto di ragione, con rinvio alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, l’1 luglio 2025.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2025.

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