Con questa sentenza il Tribunale aveva rigettato la domanda avanzata dai (omissis) – (omissis), anche quali eredi di (omissis), per ottenere il risarcimento dei danni sofferti per la morte di quest’ultimo in seguito ad un incidente stradale che gli attori assumevano causato anche dalla condotta imprudente di (omissis), alla guida della vettura di proprietà della moglie, (omissis), che viaggiava come trasportata (deceduta nello stesso incidente). Nel giudizio, rimasti contumaci i (omissis), si era costituita la compagnia di assicurazioni (omissis) Ass.ni s.p.a. ed aveva chiesto ed ottenuto di chiamare in causa (omissis), quale proprietario di un terzo veicolo coinvolto nel sinistro, e la sua compagnia di assicurazioni, (omissis) S.p.A., che pure si erano costituiti. Il Tribunale, istruita la causa e rigettata la domanda, aveva compensato per intero le spese di causa.
2.- Proposto appello da parte di (omissis) e dei figli (omissis), (omissis), (omissis) ed (omissis) ed appello incidentale da parte della (omissis) S.p.A., la Corte d’Appello ha, come detto, rigettato entrambi i gravami, compensando tra le parti le spese del grado.
3.- (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), tutti eredi di (omissis), ricorrono contro questa sentenza con quattro motivi.
(omissis) Ass.ni s.p.a. ed (omissis) S.p.A. (già S.p.A. (omissis) conferitaria dell’azienda di (omissis)) si difendono con controricorso.
Gli altri intimati non si difendono.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Col primo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio; violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
I ricorrenti sostengono che la motivazione sarebbe contraddittoria nella parte in cui è valutato il verbale della Polizia Stradale.
Essa sarebbe inoltre insufficiente perchè non avrebbe tenuto conto “di almeno tre elementi oggettivi ulteriori” che emergerebbero dallo stesso verbale (stato dei luoghi; mancanza di testi oculari;
dichiarazioni rese da (omissis) ed allegate al verbale della polizia) e che avrebbero dovuto condurre all’affermazione del concorso di colpa tra la vittima ed il (omissis) (per avere tenuto quest’ultimo una velocità sostenuta e comunque non consona allo stato dei luoghi ed alle condizioni meteorologiche).
1.1.- Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte ricostruito il sinistro come da verbale della Polizia Stradale, senza tenere conto delle dichiarazioni rese nell’immediatezza dal conducente dell’autovettura antagonista, (omissis). Secondo i ricorrenti, questi avrebbe fornito una versione dell’accaduto “del tutto opposta a quella contenuta nel verbale”.
Inoltre, sarebbe illogica e non adeguatamente supportata dai riscontri probatori l’affermazione del giudice a quo secondo cui non vi sarebbe nemmeno la prova che le gravi lesioni che provocarono il decesso del (omissis) gli derivarono dall’urto con l’auto condotta dal (omissis) piuttosto che dal primo impatto dell’autovettura condotta dallo stesso (omissis) con il guard rail e la galleria.
1.2.- Col terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, al fine di censurare l’esclusione da parte della Corte d’Appello della concorrente responsabilità del (omissis).
Secondo i ricorrenti, questa invece avrebbe dovuto essere affermata, emergendo dal verbale della Polizia Stradale che non soltanto il (omissis) avrebbe tenuto una velocità eccessiva, ma anche il conducente del veicolo sopraggiunto.
1.3.- Col quarto motivo si deduce violazione dell’art. 101 c.p.c. e art. 24 Cost., comma 2, per non avere la Corte di merito ammesso a testimoniare uno degli agenti verbalizzanti. Questi – a detta dei ricorrenti- sarebbe stato “probabilmente in grado di ricostruire con discreta probabilità la dinamica dell’incidente, contenuta nel verbale a sua firma …”, considerato che gli altri due agenti verbalizzanti, sentiti come testimoni, non sarebbero stati in grado di ricostruire puntualmente la dinamica del sinistro. Ancora, con lo stesso motivo, si lamenta la mancata ammissione della prova testimoniale vertente sull’attività lavorativa svolta dal (omissis) all’epoca del sinistro mortale. 2.- I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
La Corte d’Appello ha confermato la dinamica del sinistro ricostruita dal Tribunale, giungendo alla conclusione del ruolo assorbente avuto dalla condotta di guida di (omissis) nella determinazione dell’incidente. In particolare, “sulla base dei rilievi effettuati nell’immediatezza dalla Polizia Stradale e sulla base delle deposizioni rese dagli agenti verbalizzanti”, ha ritenuto che il (omissis), a causa della velocità eccessiva, dell’asfalto bagnato e delle cattive condizioni dei pneumatici posteriori, avesse perso il controllo dell’autoveicolo “che urtava sul guard rail lato destro e successivamente sbandava verso sinistra lasciando tracce gommose di scarrocciamento sulla corsia zebrata (…)”, quindi “urtava (…) frontalmente il muro contrafforte della galleria salendo per qualche metro lungo il piano inclinando sollevandosi pertanto dalla sede stradale”, per poi ricadere sulla strada all’ingresso della galleria in posizione verticale, proprio nel momento in cui “stava sopraggiungendo altra autovettura guidata dal (omissis) che non riusciva a schivare l’auto del (omissis), la quale si abbatteva sul tettino dell’auto Alfa 33 condotta dal (omissis), determinandone lo schiacciamento sul lato destro…” e provocando la morte del passeggero.
2.1.- Così ricostruito il sinistro da parte della Corte d’Appello, i motivi sono inammissibili per la parte in cui pretendono la rivalutazione degli elementi di fatto – tutti considerati dal giudice a quo, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso – emergenti dal verbale della Polizia Stradale, onde pervenire ad una ricostruzione che si assume essere più favorevole ai ricorrenti.
Quanto a quest’ultima, è sufficiente rilevare che il giudice di merito ha dato conto dell’impossibilità del conducente (omissis) di schivare la Fiat Regata alla cui guida si trovava il (omissis), che si era venuta a collocare in posizione verticale all’ingresso della galleria. Poco rileva che questo posizionamento fosse precedente o contestuale all’arrivo dell’Alfa 33, condotta dal (omissis), e perciò che la Fiat Regata sia “precipitata” sul tettuccio di quest’ultima, colpendola in caduta, ovvero sia stata urtata e quindi sia ricaduta, schiacciando l’auto antagonista – circostanza sulla quale tanto si insiste in ricorso-, dato che comunque la presenza di veicolo in posizione verticale su una carreggiata autostradale costituisce un evento, in sè, imprevedibile. Per di più, nella specie, il giudice di merito ha ben motivato anche in punto di inevitabilità dell’impatto da parte del veicolo sopraggiungente.
Costituisce una petizione di principio dei ricorrenti quella per la quale la velocità dell’autovettura condotta dal (omissis) fosse inadeguata: si legge in sentenza che “non sussistono elementi per ritenere che il (omissis) abbia violato le norme del Codice della Strada o della comune prudenza” e questa affermazione non trova seria smentita in alcuno degli elementi indicati in ricorso -tutti, peraltro, considerati nella motivazione, come già detto.
In particolare, in merito alle dichiarazioni rese dal (omissis), anche a voler prescindere dal profilo di inammissibilità conseguente alla loro mancata riproduzione in ricorso, si osserva quanto segue.
Esse, così come sintetizzate dai ricorrenti, non consentono affatto di affermare che vi sarebbe stata da parte sua la confessione di una condotta di guida inadeguata, ovvero che quegli abbia dichiarato di aver sollevato l’autovettura del (omissis) e di averla spinta in avanti, facendola poi ricadere sul tetto della propria. La Corte si è limitata a valutare le dichiarazioni di ben altra portata – consistente nel riferimento ad un urto tra le due vetture- così come ha valutato ogni altro elemento desumibile dal rapporto di polizia, con accertamento in fatto sulla colpa esclusiva della vittima, non sindacabile in sede di legittimità, nel senso preteso dai ricorrenti.
Nè coglie nel segno il quarto motivo di ricorso per la parte in cui lamenta la mancata escussione di uno dei verbalizzanti, atteso che quanto riportato nel verbale di polizia è stato confermato dagli altri due e non risulta affatto che l’audizione del terzo fosse determinante, addirittura tale da smentirne, in tutto o in parte, il contenuto.
Analogamente è a dirsi quanto all’esclusione di ogni responsabilità in capo al conducente (omissis), sopraggiunto – secondo la Corte- quando l’auto del (omissis) si trovava già capovolta all’interno della galleria; affermazione, quest’ultima, nemmeno censurata con i motivi di ricorso.
2.2.- Ne segue l’irrilevanza dell’argomento che la Corte di merito utilizza per il c.d. giudizio controfattuale, con cui ipotizza l’inefficacia causale della presenza dell’auto condotta dal (omissis) rispetto alle lesioni mortali per il (omissis).
Poichè la motivazione della sentenza è adeguata e sufficiente anche prescindendo da siffatto argomento, non è qui necessario occuparsi delle censure mosse al riguardo, in particolare col secondo motivo di ricorso, perciò inammissibili (anche) per carenza di interesse.
2.3.- Riguardo al secondo motivo, giova aggiungere che, così come osservato dai resistenti, non è pertinente nè il richiamo degli artt. 115 e 116 c.p.c. nè quello dell’art. 2697 c.c..
I primi, infatti, rilevano, sotto il profilo del vizio di violazione di legge, soltanto quando il giudice dia ingresso a prove non fornite dalle parti od erri sulla nozione di fatto notorio o sulla configurabilità o meno di una prova legale; per ogni altro aspetto, l’omessa valutazione delle prove proposte dalla parti o dei fatti non contestati ovvero il cattivo uso del “prudente apprezzamento” rilevano soltanto quali vizi di motivazione (cfr., tra le altre, Cass. n. 14267/06), deducibili in Cassazione nei limiti posti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nei testi via via vigenti ratione temporis) .
L’art. 2697 c.c. è violato soltanto quando il giudice sbagli nell’attribuzione dell’onere probatorio, attribuendolo ad una parte diversa da quella che ne sarebbe gravata ai sensi della stessa norma, non anche quando si assuma che abbia erroneamente valutato le risultanze istruttorie, essendo questo vizio della sentenza rilevante soltanto ai sensi dell’appena menzionato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. già Cass. n. 2707/04, nonchè Cass. n. 15107/13).
3.- Infondata infine è la censura di violazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, risultando superata la relativa presunzione per due ordini di ragioni, entrambe correttamente individuate dalla Corte di merito.
In primo luogo, questa ha ritenuto, in negativo, esente da colpa la condotta di guida del conducente dell’autovettura sopraggiunta, procedendo perciò ad un accertamento in concreto delle condotte di guida dei conducenti, idoneo ad escludere l’operatività della presunzione legale (cfr. Cass. n. 456/05, secondo cui la presunzione di concorso in pari grado di colpa posta dall’art. 2054 c.c., comma 2 a carico dei conducenti coinvolti in uno scontro ha carattere sussidiario ed opera perciò soltanto quando non sia possibile accertare in concreto le cause ed il grado delle colpe incidenti nella produzione dell’evento dannoso. Ne consegue che il principio è logicamente e giuridicamente incompatibile con una qualsiasi concreta ricostruzione delle modalità del sinistro – da parte del giudice – e con l’attribuzione, a ciascuno dei conducenti, di uno specifico contributo causale).
In secondo luogo, la Corte ha accertato, in positivo, la condotta di guida della vittima, ritenendo la stessa tale da costituire il fattore determinante esclusivo dell’evento dannoso, sicchè questo non avrebbe potuto essere evitato dal conducente del veicolo antagonista, in quanto impossibilitato a mettere in atto manovre d’emergenza.
La decisione è perciò ossequiosa del principio, che va qui ribadito, per il quale in tema di responsabilità civile per i sinistri occorsi nella circolazione stradale, la presunzione di colpa prevista in ugual misura a carico di ciascuno dei conducenti dall’art. 2054 c.c., comma 2, ha funzione meramente sussidiaria, giacchè opera solo ove non sia possibile l’accertamento in concreto della misura delle rispettive responsabilità,con la conseguenza che, nel caso in cui risulti che l’incidente si è verificato per esclusiva colpa di uno di essi e che, per converso, nessuna colpa è ravvisabile nel comportamento dell’altro, quest’ultimo è esonerato dalla presunzione suddetta e non è, pertanto, tenuto a provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno (Cass. n. 29883/08).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e, tenuto conto dell’attività difensiva svolta rispettivamente dalle due compagnie di assicurazione resistenti, si liquidano, in favore di queste ultime, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore di (omissis) Ass.ni s.p.a., nell’importo complessivo di Euro 5.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, ed, in favore di (omissis) S.p.A., nell’importo complessivo di Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese processuali, IVA e CAP come per legge, per entrambe.
Così deciso in Roma, il 22 giugno 2015.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2015
