I convenuti spiegarono domanda riconvenzionale mirante ad accertare che il rapporto di affitto intercorreva tra i ricorrenti (omissis) e (omissis) nonchè (omissis) e (omissis) nei confronti dei quali era disposta l’integrazione del contraddittorio.
Il Tribunale dichiarò cessato il contratto di affitto tra i ricorrenti e i sigg.ri (omissis) e (omissis), condannò i convenuti al rilascio del fondo rustico, dichiarò improponibile la domanda riconvenzionale proposta dai convenuti, inammissibile la domanda riconvenzionale di (omissis) e compensò le spese del guidizio.
In appello i sigg.ri (omissis) – (omissis) impugnarono la sentenza chiedendone la riforma per avere il giudice erroneamente rilevato la tardività della costituzione di (omissis), affermando che la stessa avrebbe dovuto costituirsi dieci giorni prima dell’udienza di comparizione del 24/11/2008, a nulla rilevando che il procuratore dei ricorrenti, avvocato (omissis), fosse deceduto in data 06/10/2008, con la produzione dell’effetto interruttivo del giudizio.
Con un secondo motivo chiedevano di riformare la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva pronunciato l’inammissibilità della domanda riconvenzionale di (omissis) e (omissis) in quanto, trattandosi di un unico rapporto locativo in capo ad una pluralità di coaffittuari, l’interesse all’accertamento sussisteva in capo a ciascun contitolare; con un ulteriore motivo di gravame la sentenza di primo grado era impugnata nella parte relativa alla mancata pronuncia di improcedibilità della domanda a causa del mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione L. n. 203 del 1982, ex art. 46.
Infine, per quanto riguarda la domanda di accertamento della sussistenza del coaffitto proposta dai sigg.ri (omissis) e (omissis), essi chiedevano acclararsi la non necessità del tentativo di conciliazione.
Si costituirono (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis) spiegando appello incidentale in relazione all’omessa pronuncia relativa al rilascio, oltre che del fondo rustico, anche del fabbricato rurale ivi insistente.
La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 5/06/2015, accertò la tempestività della domanda riconvenzionale di (omissis) stante, a causa del sopravvenuto decesso dell’avvocato (omissis), la preclusione di qualunque attività processuale fino alla riattivazione del giudizio.
L’interruzione del processo, a seguito della morte del procuratore costituito di una delle parti, si verifica infatti ope legis, con la conseguente inefficacia degli atti processuali compiuti successivamente all’evento interruttivo.
Pur ritenuta tempestiva, la domanda riconvenzionale della (omissis) risultava comunque improponibile per il mancato preventivo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione in ragione del fatto che la domanda riconvenzionale comportava un ampliamento, sotto il profilo soggettivo, della controversia oggetto dell’esperito tentativo di conciliazione.
Per quanto riguarda l’improcedibilità della domanda a causa del mancato tentativo obbligatorio di conciliazione, la Corte d’appello ha ritenuto che fosse suo obbligo verificare la perfetta coincidenza soggettiva tra coloro che avevano partecipato al tentativo di conciliazione e quanti avevano assunto, nel successivo giudizio, la qualità di parte.
Per quanto riguarda il mancato esperimento del tentativo di conciliazione di (omissis), (omissis) e (omissis) il medesimo era considerato irrilevante in ragione della circostanza assorbente dell’unitarietà e inscindibilità del rapporto locativo non avendo sortito il precedente tentativo di conciliazione alcun effetto positivo. Per quel che riguarda l’omessa pronuncia in relazione al rilascio del fabbricato rurale, la Corte d’appello ha ritenuto che la mancata menzione del fabbricato non fosse apprezzabile in ragione del rinvio al ricorso per la corretta identificazione dell’immobile.
Avverso la sentenza i (omissis) e (omissis) propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da memoria.
Resistono i sigg.ri (omissis), (omissis) e (omissis) con controricorso.
L’assunto della sentenza impugnata, secondo il quale la rinnovazione del tentativo di conciliazione si sarebbe comunque rivelata inutile a causa del fallimento del tentativo già espletato nei riguardi degli originari convenuti, contrasterebbe con la natura di condizione di procedibilità della domanda.
Il motivo è fondato. In effetti la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso di richiedere l’esperimento della preventiva procedura amministrativa di cui L. n. 203 del 1982, artt. 5 e 46 quale condizione di proponibilità dell’azione di risoluzione del contratto per grave inadempimento del concessionario, anche nei confronti dei chiamati successivamente in causa a seguito di integrazione del contraddittorio (Cass., 3, 16/10/1995 n. 10807; Cass., 3, 14/11/2008 n. 27255; in relazione alla proposizione del tentativo di conciliazione anteriormente alla domanda riconvenzionale si veda Cass., 26/05/2014 n. 11644; Cass., 3, 10/07/2014 n. 15757: “in materia di controversie agrarie la necessità di un autonomo tentativo di conciliazione ex art. 46 non sussiste per le domande che, proposte unicamente in sede giurisdizionale, siano tuttavia collegate ad altre pretese e contrasti fatti valere in sede conciliativa, sicchè qualora le domande non si pongano in rapporto di accessorietà e consequenzialità con quelle oggetto del tentativo di conciliazione, l’adempimento ex art. 46 è obbligatorio anche per esse).
Con il secondo motivo denunciano la violazione o falsa applicazione della L. n. 203 del 1982, art. 32 e succ. mod. ed int. in relazione alla ritenuta infondatezza del quarto motivo del gravame principale (art. 360 c.p.c., n. 3).
Censurano l’impugnata sentenza nella parte in cui ha affermato il principio di diritto secondo cui, anche la domanda riconvenzionale deve essere preceduta, a pena di improponibilità, dal tentativo obbligatorio di conciliazione.
Ad avviso dei ricorrenti sarebbe irrazionale porre a carico del convenuto alcuni adempimenti, quale il tentativo di conciliazione relativi all’eccezione o alla domanda riconvenzionale (Cass., 26/05/2014 n. 11644; Cass., 3, 10/07/2014 n. 15757: “in materia di controversie agrarie la necessità di un autonomo tentativo di conciliazione ex art. 46 non sussiste per le domande che, proposte unicamente in sede giurisdizionale, siano tuttavia collegate ad altre pretese e contrasti fatti valere in sede conciliativa, sicchè qualora le domande non si pongano in rapporto di accessorietà e consequenzialità con quelle oggetto del tentativo di conciliazione, l’adempimento ex art. 46 è obbligatorio anche per esse).
Anche il secondo motivo merita accoglimento per le stesse ragioni esposte in relazione al primo motivo.
Con il terzo motivo di ricorso denunciano la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2, in relazione alla pronuncia di condanna al pagamento delle spese processuali del grado di appello (art. 360 c.p.c., n. 3).
Rispetto a questo capo di sentenza i ricorrenti hanno eccepito la reciproca soccombenza delle parti che avrebbe dovuto condurre ad una statuizione di compensazione delle spese.
L’accoglimento dei primi due motivi determina l’assorbimento del terzo.
Conclusivamente il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza e rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 7 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017
