Fatto
Rilevato che:
M. intimò sfratto per morosità a C.S. e lo citò davanti al Tribunale di Foggia per la convalida, invitandolo a rilasciare l’immobile locato; rappresentò che il locale era stato concesso in locazione ad una società che vi esercitava l’attività di bar, la quale aveva ceduto l’attività ad un primo cessionario il quale l’aveva poi ceduta al C. che si era reso moroso nel pagamento dei canoni da ottobre 2011 a febbraio 2012 ed aveva intrapreso lavori edili senza l’autorizzazione del proprietario locatore; sulla base di questi presupposti il M. chiese la convalida dello sfratto per morosità e la dichiarazione di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore;
il C. si oppose allo sfratto contestando la morosità e chiese, in via riconvenzionale, dichiararsi la risoluzione del contratto per inadempimento del locatore in quanto l’immobile, preso in locazione per essere adibito a bar, non aveva la struttura idonea per consentire la preparazione di alimenti finalizzata alla vendita; in particolare non era dotato di un doppio bagno con antibagno, essenziale per poter procedere alla preparazione degli alimenti e il locatore non aveva autorizzato i lavori eseguiti;
istruita la causa con interrogatorio formale, prove testimoniali e CTU il Tribunale rigettò la domanda principale ed accolse quella riconvenzionale del conduttore dichiarando risolto il contratto per inadempimento del locatore, con conseguente condanna dello stesso al risarcimento del danno;
la Corte d’Appello di Bari, pronunciando su gravame del M., con sentenza del 16/3/2021, lo ha accolto per quanto di ragione, ritenendo che il C. avesse eseguito lavori di adeguamento strutturale dell’immobile senza chiedere l’autorizzazione del locatore e senza predisporre un progetto esecutivo e che la risoluzione del contratto dovesse imputarsi a fatto e colpa del conduttore, non sussistendo alcuna obbligazione del locatore ai sensi degli artt. 1575 e 1576 c.c. di procedere all’esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità sopravvenute alla consegna;
ad avviso del giudice del gravame, la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso che le obbligazioni del locatore di cui agli artt. 1575 e 1576 c.c. non comprendono l’esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata, anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità, sopravvenute alla consegna, per rendere la cosa stessa idonea all’uso convenuto (Cass., n. 24987 del 2014) e che l’art. 1575 c.c. non impone al locatore alcun obbligo di apportare alla cosa da locare le modifiche necessarie per renderla idonea allo scopo cui intende destinarlo il conduttore, nemmeno nel caso in cui lo scopo sia espressamente indicato in contratto a meno che quell’obbligo non venga concordato con patto espresso (Cass. n. 7347 del 2009); secondo il giudice del gravame il conduttore, qualora avesse ritenuto esiziale il mancato adeguamento strutturale, avrebbe potuto esercitare il recesso dal contratto, ma, in mancanza di tale recesso, non avrebbe mai potuto sospendere il pagamento dei canoni di locazione di guisa che la sua condotta doveva considerarsi tale da condurre alla declaratoria di risoluzione del contratto per suo inadempimento;
avverso la sentenza C.S. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo;
ha resistito M.N.A. con controricorso.
il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale sussistendo i presupposti di cui all’art. 380-bis, 1 co. c.p.c..
Diritto
Considerato che:
con l’unico motivo del ricorso – violazione e falsa applicazione dell’art. 1578 c.c. omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – il ricorrente censura la sentenza per aver omesso di valutare se, oltre agli obblighi di cui agli artt. 1575 e 1576 c.c., il locatore fosse gravato anche dell’obbligo di assicurare, ai sensi dell’art. 1578 c.c., che la cosa locata fosse immune da vizi che la rendessero inidonea all’uso convenuto, sì da giustificare, in caso di inottemperanza a tali obblighi, la risoluzione del contratto per inadempimento del locatore; la corte di merito avrebbe errato nel considerare legittimo il comportamento del locatore esclusivamente prendendo in considerazione gli artt. 1575 e 1576 c.c. ma non anche l’obbligo di garanzia stabilito dall’art. 1578 c.c.;
il motivo va disatteso, in quanto l’impugnata sentenza è conforme al consolidato orientamento di legittimità e la censura non offre elementi per confermare o mutare il suddetto orientamento: “Nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative; ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato. La destinazione particolare dell’immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che attenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento dell’idoneità dell’immobile da parte del conduttore” (Cass., 3, n. 14731 del 7/6/2018; Cass. n. 1735 del 25/01/2011); inoltre, questa Corte ha pure avuto già modo di affermare il principio che va qui ribadito secondo cui, in caso di subentro nel contratto di locazione di immobile adibito ad uso non locativo, conseguente ex L. n. 392 del 1978, art. 36 alla cessione d’azienda – come nel caso all’esame -, al cessionario non è consentito l’esercizio dell’azione di risoluzione ovvero di riduzione del canone, previsti dall’art. 1578 c.c. per l’ipotesi che la cosa locata, al momento della consegna, presenti vizi non noti o non facilmente riconoscibili (pur a voler, a tutto concedere e per mera ipotesi, ritenere tali quelli denunciati nel presente giudizio, in quanto per quelli noti o facilmente riconoscibili resta esclusa ogni garanzia del locatore) che ne diminuiscano in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito per il conduttore, difettando in detta ipotesi il presupposto primo per l’applicabilità dell’art. 1578 c.c., e cioè la consegna della cosa dal locatore al conduttore (Cass. n. 10298 del 7/05/2007), sicché quanto lamentato non risulta decisivo;
sulla base di questi principi il ricorso va rigettato; il ricorrente va condannato a pagare, in favore della parte controricorrente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuta.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a pagare, in favore della parte controricorrente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.200 per compensi, Euro 200 per esborsi oltre accessori di legge e spese forfetarie al 15%;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 28 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2023
