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Cassazione civile sez. III, 20/07/2023, n. 21845

Massima

In tema di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, il contegno del conduttore che, dopo aver denunciato i vizi del bene locato, accetti il rinnovo automatico del contratto alla prima scadenza, comporta l’implicita rinuncia a farli valere, in conseguenza della quale gli è precluso di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone o il risarcimento del danno o l’esatto adempimento, nonché di avvalersi dell’eccezione di cui all’art. 1460 c.c.

Supporto alla lettura

Locazione

La locazione (o affitto) viene definita come quel contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile, per un determinato periodo di tempo, dietro pagamento di un corrispettivo concordato tra le parti (art. 1571 c.c.). Il contratto di locazione ad uso abitativo è quel particolare tipo di locazione avente ad oggetto immobili che siano locati allo scopo di essere abitati dal conduttore o dalla sua famiglia. Trova la propria disciplina nella legge 431/1998 e, limitatamente agli articoli non abrogati, nella legge 392/1978. La locazione di immobili ad uso abitativo può essere oggetto di varie forme contrattuali, in base alle intenzioni ed esigenze del conduttore e del locatore, sull’unità abitativa. Le diverse possibilità di pattuizione possono essere così riassunte: locazione a canone libero (durata anni 4+4); locazione a canone concordato (durata anni 3+2); locazione per studenti universitari (durata da 6 a 36 mesi); locazione a uso transitorio (durata da 1 a 18 mesi). La normativa delle locazioni immobili ad uso commerciale è prevista dall’art. 27 L. 392/1978 e prevede una durata minima di 6 anni, con rinnovo automatico di altri 6 e una durata massima di 30 anni. La durata della locazione è elevata a 9 anni per gli immobili a destinazione alberghiera come pensioni, locande o alberghi.

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO IN FATTO

Che:

L.S. rappresenta: a) di aver stipulato nel gennaio 2008 un contratto di locazione ad uso non abitativo di un immobile adibito a tabaccheria con C.F., usufruttuaria, la quale successivamente aveva rinunciato all’usufrutto a favore di R.R. e G.F., nudi proprietari; b) di aver accertato, durante l’estate del 2011, in occasione della riparazione di un guasto, che l’impianto termico non era a norma, nonostante che con il contratto fosse stato garantito da parte locatrice che l’immobile era in regola con le norme edilizie urbanistiche e sanitarie vigenti; c) di averne informato i proprietari, i quali avevano incaricato una ditta di loro fiducia che aveva creato un foro di areazione e rilasciato un nuovo libretto di manutenzione; d) di avere ribadito, con lettera del 2 aprile 2013, che l’impianto termico continuava a presentare le irregolarità già denunciate; d) di avere convenuto con i proprietari che era necessario sostituire la caldaia esistente con una pompa di calore; e) di non avere raggiunto un accodo sul tipo di impianto, perché la soluzione proposta dai proprietari avrebbe implicato una triplicazione delle spese a carico della tabaccheria; f) di avere, nell’aprile 2015, avviato la procedura di mediazione n. 226/2015, la quale non aveva portato ad alcun esito; g) di avere promosso un procedimento per ATP, all’esito del quale il CTU N. confermava la necessità di sostituire la caldaia con una pompa di calore e che l’impiego della pompa di calore proposta dai proprietari avrebbe determinato un aggravio dei costi energetici; h) di avere ricevuto una diffida dal Comune di Mogliano Veneto all’utilizzo dell’impianto termico esistente; i) di avere comunicato con lettera del 20 gennaio 2017 ai proprietari di ritenere risolto per loro inadempimento il contratto e di avere riconsegnato l’immobile in data 1 febbraio 2017; l) di avere, con ricorso ex art. 447-bis c.p.c., adito il Tribunale di Treviso, affinché accertasse e dichiarasse risolto il contratto di locazione e quantificasse la riduzione del canone per non avere potuto utilizzare il riscaldamento, perché condannasse i locatori – oltre a R.R. e G.F. anche D.G. e N.L. che in data 8 luglio 2016 avevano acquistato l’immobile locato- al pagamento dell’indennità per la perdita di avviamento commerciale ed alla restituzione dei canoni pagati, ma non dovuti, alla rifusione delle spese di Atp e di causa nonché alla restituzione del deposito cauzionale;

tutti i convenuti chiedevano il rigetto delle domande attoree e D.G. e N.L., in via riconvenzionale, domandavano la condanna dell’attore al pagamento dell’indennità di mancato preavviso, non potendo considerarsi risolto il contratto per inadempimento dei locatori e dovendo intendersi la comunicazione del 20 gennaio 2017 come disdetta senza il rispetto del termine di preavviso;

con sentenza n. 2271/2018, il Tribunale rigettava le domande di L.S., ad eccezione di quella avente ad oggetto la restituzione del deposito cauzionale, ritenendo non dimostrata la ricorrenza di un inadempimento solutoriamente rilevante, attesa la fattiva collaborazione prestata dai locatori al superamento del problema dell’impianto termico; accoglieva la domanda riconvenzionale avente ad oggetto il pagamento dell’indennità di mancato preavviso;

la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 1407/2020, resa pubblica in data 29 giugno 2020, ha rigettato l’appello proposto da L.S. ed ha confermato la sentenza impugnata, sia pure con una diversa motivazione;

segnatamente, la Corte d’appello, pur avendo ritenuto che la fattispecie per cui è causa non dovesse risolversi applicando l’art. 1453 c.c., come aveva fatto il Tribunale, bensì ricorrendo all’art. 1578 c.c., proprio come invocato dall’appellante, ha accertato però che i vizi dell’impianto termico erano sconosciuti e non conoscibili da parte dell’appellante al momento della stipulazione del contratto, ma gli erano noti, invece, nel 2014, cioè al momento in cui il contratto si era rinnovato alla prima scadenza ed ha, di conseguenza, ritenuto che egli avesse rinunziato a far valere i vizi, accettando il bene immobile nello stato in cui si trovava, non potendo né chiedere la risoluzione del contratto né la riduzione del canone e tantomeno avvalersi dell’eccezione di inadempimento; ha respinto la domanda di riduzione del canone, perché il conduttore aveva rifiutato la soluzione proposta dai proprietari, i quali avevano inviato il proprio tecnico di fiducia per procedere all’installazione di una pompa di calore ad acqua che non era avvenuta per il rifiuto di L.S., il quale insisteva con una soluzione non idonea, senza più sollecitare altri interventi, accettando il permanere della situazione esistente;

L.S. ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando due motivi;

nessuna attività difensiva è svolta in questa sede da R.R., da G.F. e da G.G. e N.L., rimasti intimati;

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c.;

il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte;

il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

1) con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione ed erronea applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed errata e contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

la tesi del ricorrente è che la corte d’appello abbia male applicato il principio di diritto enunciato da questa Corte nelle decisioni nn. 6495/2017 e n. 492/1972, perché non avrebbe tenuto conto che, non appena era venuto a conoscenza dei vizi dell’impianto termico, ne aveva denunziato l’esistenza ai proprietari ed aveva attivato tutti i rimedi previsti dalla legge; la Corte d’appello avrebbe proprio per tali ragioni dovuto applicare il diverso principio, enunciato da Cass. n. 2597/1979, secondo cui se il conduttore prima della conclusione del contratto contesti l’esistenza di vizi dell’immobile locato, non si presume che abbia accettato il bene locato nello stato in cui si trova, ma si deve ritenere che il locatore abbia assunto l’obbligo di eliminarli;

in aggiunta, essendo un impianto termico non a norma pericoloso per la salute, la Corte d’Appello avrebbe dovuto applicare l‘art. 1580 c.c. e consentire la risoluzione del contratto per inadempimento del locatore, anche se i vizi gli erano noti;

il motivo non merita accoglimento;

il giudice a quo non ha correttamente applicato la giurisprudenza di questa Corte secondo cui allorquando il conduttore, all’atto della stipulazione del contratto di locazione, non abbia denunziato i difetti della cosa da lui conosciuti o facilmente riconoscibili, deve ritenersi che abbia implicitamente rinunziato a farli valere, accettando la cosa nello stato in cui risultava al momento della consegna, e non può, pertanto, chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, né il risarcimento del danno o l’esatto adempimento; qualora, invece, il conduttore abbia contestato l’esistenza dei vizi prima della conclusione del contratto di locazione, non può presumersi la sua accettazione della cosa nello stato in cui la medesima versava, ma sorge la diversa presunzione che il locatore, con il proprio comportamento, abbia assunto l’obbligo di eliminare detti vizi (Cass. 13/09/1974, n. 2490 e successiva giurisprudenza conforme);

essendo incontestato che il conduttore aveva denunciato i vizi della cosa locata ai proprietari, non appena li aveva scoperti, cioè nel 2011 e che il contratto era stato rinnovato nel 2014, nonostante la persistenza di detti vizi, deve ritenersi corretta la conclusione cui è giunta la Corte d’Appello;

mette conto osservare che la Corte territoriale ha ritenuto i vizi all’impianto termico certamente conosciuti dal conduttore al momento del rinnovo automatico del contratto alla prima scadenza e ha dato rilievo, al fine di presumere che avesse rinunziato a farli valere, alla circostanza che avesse deciso, nonostante la conoscenza e la persistenza del vizi che aveva scoperto nel 2011, ben tre anni prima, deciso di rinnovare il contratto, ritenendo che il rinnovo del contratto dovesse equipararsi all’ipotesi della stipulazione del contratto;

il ragionamento della Corte d’appello è pienamente condivisibile, perché, come essa stessa riferisce, il comportamento tenuto dal conduttore al momento del rinnovo del contratto ai fini delle conseguenze prodotte dai vizi della cosa locata è equiparabile a quello tenuto dal conduttore al momento del rinnovo del contratto, per il generale principio quisque sua culpa damnum sentit, non intelligitur damnum sentire (Cass. 19/02/1972, n. 492);

nel caso di specie, come emerge in tutta evidenza dai fatti di causa, il conduttore è vero che aveva denunciato i vizi nel 2011, non appena scopertili, ma lo è altrettanto che tre anni dopo, nonostante i vizi non fossero stati eliminati dai proprietari, aveva rinnovato il contratto senza riserve; vi erano, dunque, i presupposti per ritenere integrata la presunzione che avesse rinunciato a far valere il vizio dell’immobile, quando aveva reso possibile la rinnovazione automatica del contratto;

quanto alla dedotta violazione dell’art. 1580 c.c., si rileva la novità della questione;

il conduttore, infatti, non risulta che abbia mai lamentato che i difetti all’impianto termico fossero tali da provocare un danno alla salute;

i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio; il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (ex plurimis, cfr. Cass. 02/09/2021, n. 23792);

2) con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’errata e contraddittoria motivazione nonché l’errato accertamento e valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma1, n. 5;

la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto proposta da parte sua una soluzione, la sostituzione della caldaia esistente con una pompa di calore ad aria, inadatta, senza sollecitare altri interventi, accettando di fatto la situazione esistente; l’errore consisterebbe nell’aver assunto una decisione in contraddizione con le risultanze istruttorie ed in particolare con la relazione di B.M. e con la CTU N.G. che avrebbero ritenuto la pompa di calore aria/aria preferibile alla pompa di calore acqua/acqua proposta dai proprietari;

il motivo è infondato;

la contraddittorietà della motivazione deve emergere dalla sentenza autonomamente considerata e non già dal confronto tra essa ed elementi estrinseci (cfr. Cass., Sez. un., 7/04/2014, n. 8053);

oltre a difettare di autosufficienza, perché gli stralci della relazione di B.M. e della Ctu N. non sono sufficienti a far emergere la censura che il ricorrente imputa alla Corte territoriale, risolvendosi in un inammissibile diverso accertamento fattuale, perché incompatibile con le caratteristiche e con le finalità del giudizio di legittimità;

3) il ricorso è infondato;

4) nulla deve essere liquidato per le spese del giudizio di cassazione, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede;

5) si dà atto della ricorrenza dei presupposti per porre a craico del ricorrente l’obbligo del pagamento del doppio contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 4 luglio 2023.

 

Allegati

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