2. Nelle more del giudizio di legittimità, la (omissis) e i sig.ri (omissis) ex art. 78 e ss. cod. proc. civ. instavano per la nomina di un curatore speciale, deducendo che la (omissis), rimasta contumace, si era estinta già nel corso del giudizio di appello e che occorresse procedere al procedimento di restauration previsto dal diritto inglese. Tale istanza veniva respinta con ordinanza n. 11003/2022 della Suprema Corte di Cassazione, sul rilievo che l’istituto di diritto inglese della restauration è previsto, entro un determinato periodo di tempo dall’evento di cancellazione della società, invero già trascorso, per il recupero di posizioni giuridiche attive della società cancellata, e non passive come nel caso di specie, ove l’azione è diretta ad assicurare la responsabilità patrimoniale della de cuius sul bene ricevuto dalla società cancellata, successivamente alienato e donato, rispettivamente per la quota del 50% della nuda proprietà acquistata, nonché ceduta e donata ad altra società e fondazione.
3. Nella predetta ordinanza questa Corte ha messo in rilievo che l’identificazione del legittimato passivo è regolata dalla legge processuale italiana, e in particolare dall’art. 110 cod. proc. civ., ove si prevede che il processo sia proseguito dal successore universale della parte, individuabile nei soci della società estinta, sulla base della giurisprudenza richiamata in tema di successione della società cancellata. Pertanto, sull’assunto che si versi in un’ipotesi di litisconsorzio necessario, ha stabilito essere onere delle parti istanti procedere alla notifica del ricorso ai soci succeduti.
4. Sul punto il (omissis) ha osservato non essere in atti la relata di notifica attestante la ricezione dell’atto da parte del socio della società estinta. I ricorrenti hanno tuttavia depositato memoria per dimostrare di aver chiesto che i rispettivi ricorsi venissero notificati alla (omissis), socio unico della (omissis), depositando memoria, hanno invece rappresentato che il ricorso da loro notificato non è stato ancora restituito alla sezione Atti Esteri dalla autorità estera competente, come da attestazione rilasciata dall’Ufficio Unico degli Uffici Giudiziari in data 13.02.2024, che hanno allegato alla memoria, ritenendo non integrato il contradittorio nei loro confronti. (omissis) e (omissis) hanno nelle rispettive memorie dedotto che la relata della notifica è stata prodotta unitamente all’atto notificato (la relata è costituita dalle prime pagine dell’atto depositato) e hanno attestato l’avvenuta consegna dei ricorsi in data 6 dicembre 2022 a (omissis), socio noto della cancellata (omissis). Deducono che di detta relata, essendo in lingua inglese, hanno provveduto a depositare telematicamente in data 16.02.24 una traduzione giurata.
5. Quanto al merito della controversia la corte d’appello, nel respingere l’impugnazione degli attuali impugnanti, nonché le eccezioni preliminari sollevate sulla legittimazione ad agire del creditore e sulla prescrizione dell’azione revocatoria, ha accertato la sussistenza dei requisiti di cui agli artt. 2901 e ss. cod. civ. per ritenere inefficace l’atto di conferimento intervenuto tra la signora (omissis) (di cui i (omissis) sono eredi) e le società (omissis), e i successivi atti intervenuti tra quest’ultima e (omissis) e (omissis), in quanto ritenuti pregiudizievoli per le ragioni di credito di (omissis) Spa e, per essa, di (omissis) Spa, in seguito cedute a (omissis) Srl, rappresentata da (omissis) Spa (già (omissis) Spa, già (omissis) Spa). Per l’effetto, ha confermato la sentenza del giudice di primo grado, che ha dichiarato inefficace nei confronti della parte creditrice: a) l’atto di conferimento della nuda proprietà di un immobile della(omissis) sito in (omissis), Via (omissis) intervenuto tra la (omissis) e la (omissis) in data 13 gennaio 2005 (ottenendo quale corrispettivo l’intestazione di azioni della società acquirente); b) il successivo atto di compravendita del medesimo immobile, intervenuto in data 27 settembre 2005 tra la (omissis) e (omissis), per la quota del 50% di nuda proprietà; c) l’atto di donazione della restante quota di nuda proprietà acquisita dalla (omissis) L. del 24 gennaio 2006 e relativa accettazione da parte della signora (omissis) per la (omissis) del 13 Febbraio 2006.
6. In sintesi, la Corte di Appello di Roma ha rigettato gli appelli sulla base delle seguenti argomentazioni in particolare:
– quanto al gravame dei (omissis), ha osservato che la controversia deve essere regolata dal diritto italiano, ravvisando la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda di revocatoria ordinaria;
– quanto al gravame di (omissis) ha ritenuto corretta la decisione del giudice di prime cure nella parte in cui ha escluso la prescrizione dell’azione revocatoria;
– quanto al gravame della (omissis) ha ribadito tutte le ragioni esposte a sostegno del rigetto dell’appello dei (omissis).
Resiste con controricorso la società (omissis) Srl, e per essa quale mandataria la società (omissis) Spa (già (omissis) Spa).
7. Va pregiudizialmente osservato che le ricorrenti (omissis) e (omissis) hanno regolarmente intimato il socio unico di (omissis), società di diritto inglese rimasta contumace ed estintasi in corso di causa, adempiendo all’onere di riassunzione del giudizio nei confronti del socio successore universale.
8. Il meccanismo della successione nel processo si realizza normalmente attraverso l’applicazione delle disposizioni dettate in generale in tema di interruzione e riassunzione del processo degli artt. 299,300,301, 302,303 e 305 cod. proc. civ.; sicché il processo può continuare senza estinguersi soltanto se proseguito o riassunto da o nei confronti del successore a titolo universale entro il termine perentorio che l’art. 305 fissa attualmente in tre mesi, non rilevando da quale parte provenga detta attività, stante la situazione di litisconsorzio necessario in cui si versa nel presente giudizio (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 5816 del 27/02/2023; Cass., sez. 2, 05/07/2000, n. 8952; Cass., sez. 3, 16/07/2003, n. 11150; Cass., sez. 6-2, 07/11/2011, n. 23068).
9. Deve porsi ulteriormente in rilievo che la sentenza della Corte di appello di Roma è stata impugnata separatamente dai sig.ri (omissis), da (omissis) e da (omissis).
10. Dagli atti emerge che a formalizzare per prima il ricorso è stata la (omissis), che ha provveduto a notificarlo a mezzo pec il 15 ottobre 2021. Riuniti i ricorsi, quello della (omissis) è pertanto il ricorso principale, e i successivi ricorsi della (omissis) e dei sig.ri (omissis) sono da considerarsi pertanto come incidentali, in continuità con l’orientamento secondo cui il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo; perciò, nel caso di ricorso per cassazione, ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta, ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale (Cass. n. 5695 del 2015; Sez. 3, Sentenza n. 2516 del 09/02/2016; Sez. 2 -, Sentenza n. 448 del 14/01/2020; Sez. 3, Ordinanza n. 36057 del 23/11/2021).Tale principio non trova deroghe riguardo all’impugnazione di tipo adesivo che venga proposta dal litisconsorte dell’impugnante principale che persegue il medesimo intento di rimuovere il capo della sentenza sfavorevole ad entrambi, né nell’ipotesi in cui si intenda proporre impugnazione contro una parte non impugnante o avverso capi della sentenza diversi da quelli oggetto della già proposta impugnazione.
11. Con il primo motivo la ricorrente principale (omissis) denunzia error in iudicando asseritamente integrato dalla statuizione con la quale la Corte di appello ha rigettato il motivo di impugnazione concernente la mancata declaratoria di intervenuta prescrizione dell’azione revocatoria nei confronti della ricorrente, prescrizione eccepita già nel primo grado di giudizio.
12. Con il secondo motivo la medesima si duole che la Corte di appello, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., abbia omesso di esaminare il motivo di appello circa il difetto di legittimazione attiva e/o di titolarità del diritto dell’attrice per indeterminatezza del credito presupposto della proposta azione revocatoria.
13. Con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 cod. civ., anche in relazione agli artt. 77 e 100 cod. proc. civ., nonché all’art. 2504bis cod. civ., per non avere ritenuto sussistente il difetto di legittimazione attiva e/o di titolarità del diritto dell’attrice per indeterminatezza del credito posto a fondamento della azione revocatoria.
14. Con il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 51 L. 31.05.1995 n. 218 (“Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”) per non avere la impugnata sentenza ritenuto che ai fini dell’esistenza dei presupposti per la revoca degli atti di disposizione per cui è causa nella presente controversia debba essere applicata la legge inglese in luogo di quella italiana.
15. Con il primo motivo la ricorrente in via incidentale (omissis) denunzia error in procedendo per avere la Corte di merito omesso di esaminare la censura circa il difetto di legittimazione attiva e/o di titolarità del diritto dell’attrice per indeterminatezza del credito presupposto della proposta azione revocatoria.
16. Con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 cod. civ., anche in relazione agli artt. 77 e 100 cod. proc. civ., nonché all’art. 2504bis cod. civ., per non avere ritenuto sussistente il difetto di legittimazione attiva e/o di titolarità del diritto dell’attrice per indeterminatezza del credito posto a fondamento della azione revocatoria.
17. Con il terzo motivo impugna la statuizione con la quale la Corte di Appello, in punto di sussistenza dei presupposti per la revoca degli atti di disposizione per cui è causa, ha ritenuto doversi applicare la legge italiana in luogo di quella inglese, violando così l’art. 51 L. 31.05.1995 n. 218 (“Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”).
18. Con il primo motivo i ricorrenti (omissis) in via incidentale denunciano “Violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e 111 cod. proc. civ. con riferimento all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.”, deducendo che la impugnata sentenza ha erroneamente non riconosciuto il difetto di procura sollevato sia in primo che in secondo grado, né ha riconosciuto il difetto di legittimazione processuale della (omissis). Rappresentano di avere dedotto che dalla procura rilasciata da (omissis), a rogito notaio (omissis) del 26.2.2008, non sia possibile rilevare l’attribuzione alla stessa della gestione del credito a tutela del quale è stata proposta l’azione.
19. Con il secondo motivo denunciano “Violazione dell’art. 57 L. 218/95 in relazione all’art. 360, n. 3) cod. proc. civ.”, assumendo che la corte territoriale abbia omesso di accertare la legge applicabile all’azione revocatoria, e ciò in relazione a una norma (art. 51 della L. 218/95) che avrebbe imposto l’applicazione della legge inglese.
20. Con il terzo motivo denunciano “Violazione dell’art.2729 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3) cod. proc. civ., nonché violazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.”, assumendo che la Corte di appello ha erroneamente ravvisato la sussistenza della conoscenza in capo alla (omissis) dello stato di decozione della (omissis) argomentando dalla mera relazione di parentela della stessa con alcuni dei membri del Consiglio di amministrazione della medesima (omissis), laddove tale vincolo di parentela non è di per sé idoneo a deporre per la certa sussistenza del consilium o della partecipatio fraudis, richiedendosi l’ulteriore valutazione di non inverosimiglianza della condivisione della conoscenza.
21. Con il quarto motivo denunciano “Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 10 ss. cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 3) cod. proc. civ.”, rilevando che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente disposto che le spese seguono la soccombenza degli appellati e vanno liquidate ex art. n. 55 del 10.03.2014 in rapporto allo “scaglione di riferimento in relazione all’effettivo valore della causa” che, come ribadito dalla Corte di Cassazione con sentenza 3967 del 2020, si determina in base al credito a tutela del quale viene proposta l’azione revocatoria” e dunque “secondo i parametri medi “, liquidando quindi le spese di lite senza tenere conto del valore dichiarato dalla parte appellante, ma neppure di quello originariamente indicato da parte appellata in violazione degli artt. 10 e 91 ss. cod. proc. civ.
22. Il secondo motivo di (omissis), nonché i motivi primo e secondo di (omissis) e dei sig.ri (omissis), sono da trattare congiuntamente in quanto vertenti sulle questioni, tra loro connesse, della legittimazione attiva della società attrice, che si assume titolare del credito in base a una cessione, e della validità della procura alla medesima conferita dalla cessionaria, sono inammissibili.
23. Va anzitutto osservato che i ricorrenti (omissis) e (omissis) non distinguono il piano della titolarità del credito da quello della sussistenza del potere sostanziale di rappresentanza conferito dalla cessionaria Aspra alla Unicredit Management per effetto della intervenuta incorporazione societaria.
24. Quanto al difetto di legittimazione per pretesa invalidità della procura sostanziale, i ricorrenti invero non censurano idoneamente la impugnata sentenza là dove risulta affermata la inammissibilità dell’appello in base a un risalente orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n 5175/2002, ove si è esclusa la retroattività della sanatoria del difetto di procura), non facendo il motivo di appello riferimento (anche) alle pronunzie successive (Cass. N.15304 / 2007 e n. 28824/2019) relative all’art. 182, 2° co., cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis dopo la modifica introdotta alla L. n.69 del 2009, ove si afferma che la sanatoria per difetto di rappresentanza opera ex tunc anche se intervenuta in corso di causa ad iniziativa della parte che si costituisce in giudizio (come avvenuto nel caso di specie) o su disposizione del giudice.
25. Deve per altro verso sottolinearsi che i ricorrenti in via principale e incidentale non colgono la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata, ove, quanto alla certezza del credito e con riguardo alla validità della cessione avvenuta nelle forme previste dall’art. 58 TUB (cessione in blocco dei crediti), viene ravvisata la sussistenza di un giudicato interno sulle statuizioni del giudice di prime cure in merito alla censura sulla indeterminatezza del credito oggetto di procura.
26. Per quanto riguarda (omissis), che sul punto denunzia violazione dell’art.112 cod. proc. civ. per non avere la Corte territoriale esaminato il motivo di appello, la ricorrente si limita invero a riportarsi all’atto di appello (p. 14 del ricorso incidentale), senza debitamente trascriverlo nel ricorso, per la parte strettamente necessaria a suffragare il motivo d’impugnazione, in violazione del requisito prescritto a pena d’inammissibilità dall’art. 366, 1° co. n..6, cod.proc.civ. (Cass., Sez. Un., n. 8950 del 18/03/2022 – Rv. 664409 – 01; Cass, Sez. Un. n. 34469/2019).
27. Atteso che la censura risulta inammissibilmente formulata in termini apodittici, va osservato che, come questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo, in caso di assegnazione giudiziale di un termine alla parte che non abbia già provveduto di sua iniziativa a sanare il proprio difetto di rappresentanza (indipendentemente dalle cause del predetto difetto), si verifica una sanatoria con effetti “ex tunc”, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali (Cass., Sez. U., 27/04/2018, n. 10266; Cass., 14/11/2017, n. 26948, e la successiva conforme Cass., 30/10/2018, n. 27481, che in motivazione menziona Cass., Sez. U, n. 9217 del 19/04/2010;Cass., Sez. U., n. 4248 del 04/03/2016, Cass., n. 5343 del 18/03/2015, Cass., n. 22559 del 04/11/2015, Cass., n. 15156 del 20/06/2017).
28. Con il quarto motivo (omissis) denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 51 L. 31.05.1995 n. 218 (“Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”), per non avere la corte di merito considerato che ai fini della valutazione dei presupposti per la revoca degli atti di disposizione commessi in pregiudizio delle ragioni del creditore deve nella specie trovare applicazione la legge inglese in luogo di quella italiana, alla stregua della scelta contrattuale delle parti. Analoga censura è mossa dalla (omissis) (terzo motivo) e dai sig.ri (omissis) (secondo motivo).
29. Tutti i ricorrenti in sostanza si dolgono che la Corte di merito, pur avendo ritenuto nella specie inapplicabile l’art. 51 L. n. 218 del 1995, abbia omesso di indicare la legge in concreto applicabile alla controversia in argomento.
30. Le censure sono infondate.
31. Nel respingere la tesi degli allora appellanti ed odierni ricorrenti la Corte d’appello non si è limitata ad affermare l’inconferenza del rinvio all’art. 51 L. n. 218 del 1995, valevole nelle ipotesi di acquisto o perdita di diritti reali e non già di mera inefficacia dell’atto dispositivo, ma ha anche affermato che alla domanda ex art. 2901 cod. civ. va applicata la legge italiana in quanto, concernendo la controversia obbligazioni contrattuali, la legge applicabile deve essere individuata sulla base non già dell’art. 51 in tema di diritti reali, bensì dell’art. 57 L. n. 218 del 1995, e, per l’effetto, della Convenzione di Roma del 1980, il cui art. 3 non può peraltro vincolare il terzo creditore – agente in revocatoria ordinaria -, estraneo alla pattuizione negoziale delle parti stipulanti le cessioni. Stante l’inapplicabilità dell’art. 3 della Convenzione di Roma del 1980, la controversia non può dunque essere altrimenti risolta che secondo la legge italiana.
32. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, colui che esercita l’azione pauliana lo fa come soggetto estraneo a un contratto, pur se qualificabile come azione personale “in rem”, e comunque non “reale” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10359 del 22/11/1996; Sez. U, Sentenza n. 370 del 1999).
33. La clausola sulla legge regolatrice inserita nel contratto di cui il creditore chiede l’accertamento dell’inefficacia nei suoi confronti può avere pertanto effetto tra le sole parti contrattuali.
34. Nel “sistema” della Convenzione di Roma la volontà delle parti funge da autonomo criterio di collegamento (e si parla al riguardo di autonomia contrattuale in senso internazionalprivatistico), essendo per le parti possibile individuare liberamente l’ordinamento (statale) per determinare l’estensione delle obbligazioni contrattuali (art. 3). Tale criterio di collegamento è del tutto autosufficiente, in quanto la scelta della legge regolatrice del contratto viene svincolata dall’eventuale presenza di elementi oggettivi di collegamento con un ordinamento statale determinato o determinabile. E l’ordinamento statale, in base a quanto disposto dall’art. 15, è dato dalle norme sostanziali ivi in vigore, prescindendo dalle norme di diritto internazionale privato. Ai sensi dell’art. 2 della Convenzione di Roma, a riprova del carattere universale della scelta delle parti, “la legge designata … si applica anche se è la legge di uno Stato non contraente”.
35. Il generoso rilievo dato all’autonomia delle parti trova peraltro il suo naturale limite negli effetti che sui terzi può avere tale Convenzione.
36. Con riguardo all’ atto dispositivo di un bene, l’azione revocatoria ordinaria implica una mera declaratoria di inefficacia del medesimo idonea a consentire al creditore vittorioso di aggredire, con successiva esecuzione individuale, l’oggetto dell’atto revocato (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 22153 del 03/08/2021). In effetti, la natura “personale” della controversia introdotta mediante la proposizione di un’azione revocatoria ordinaria non dipende dal fatto che ad essere impugnato con tale azione sia un contratto (mediante il quale il debitore ha disposto di un suo bene in favore di un terzo), quanto dal fatto che il credito da tutelare abbia fonte e/o tragga titolo da un negozio concluso tra il creditore, attore in revocatoria ordinaria, e il debitore, il quale abbia posto in essere l’atto di disposizione pregiudizievole del diritto del creditore.
37. E, posto che la scelta della legge applicabile al negozio aggredito con l’azione pauliana si inserisce in una convenzione cui il creditore pregiudicato è estraneo, tale pattuizione, certamente valevole per le parti, non può essere invero opposta al creditore di una delle parti, essendo il medesimo terzo rispetto ad essa.
38. Lo stesso art. 10 della Convenzione di Roma 1980 (in base al quale la scelta operata dalle parti in merito alla legge applicabile al contratto internazionale ne determina “l’interpretazione, l’esecuzione delle obbligazioni che ne discendono, le conseguenze dell’inadempimento di tali obbligazioni, il risarcimento dei conseguenti danni, l’estinzione delle obbligazioni, le conseguenze della nullità del contratto internazionale”), conferma tale approccio interpretativo, atteso che l’inefficacia del contratto nei confronti del creditore invocata con l’azione revocatoria ordinaria non incide sugli effetti del contratto tra le parti, non essendo equiparabile a una invalidità o a un’azione recuperatoria del bene oggetto del negozio pregiudizievole (a differenza, ad esempio, della revocatoria fallimentare: cfr. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 22153 del 03/08/2021).
39. Con il primo motivo, la ricorrente società (omissis) impugna la statuizione con la quale, nel confermare la sentenza di primo grado, la Corte di Appello ha affermato non essere prescritta l’azione revocatoria nei confronti delle società impugnanti.
40. In particolare, lamenta l’erroneità della sentenza di primo grado, confermata dal giudice dell’appello, là dove il termine di prescrizione è indicato decorrere dalla data della trascrizione della donazione della quota di usufrutto (il 1° marzo 2006) e l’atto interruttivo della medesima ravvisato nella notificazione della citazione in giudizio per l’udienza del 18 maggio 2010, di cui era stata disposta la rinnovazione in ragione della mancata osservanza del termine comparire per l’ente straniero.
41. Il motivo è infondato.
42. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la disposizione dell’art. 2903 cod. civ., ove stabilisce che l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto, deve essere interpretata attraverso il coordinamento con la regola contenuta nell’art. 2935 cod. civ., nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell’atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto può esser fatto valere e l’inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo (v. Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 4049 del 09/02/2023; Sez. 3, Sentenza n. 5889 del 24/03/2016; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1210 del 19/01/2007).
43. Si è al riguardo precisato che l’interruzione del termine di prescrizione quinquennale per l’esercizio dell’azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ. – effetto che deriva esclusivamente dalla proposizione in giudizio della relativa domanda giudiziale – consegue anche all’atto di citazione affetto da vizi afferenti alla “vocatio in ius” (Cass.Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26543 del 09/09/2022; Sez. 2 -, Ordinanza n. 21929 del 30/07/2021; sez. L -, Ordinanza n. 1159 del 18/01/2018; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 6974 del 17/03/2017; Sez. 1, Sentenza n. 13302 del 26/07/2012).
44. Si è altresì sottolineato che, comportando l’azione revocatoria l’esercizio di un diritto potestativo la cui prescrizione può essere interrotta solo dalla domanda giudiziale (cfr. Cass., 26/07/2012, n. 13302, Cass., 17/03/2017, n. 6974), cionondimeno l’effetto da ricollegare alla citazione, seppure nulla per una ragione in rito, non può venir meno per violazione del termine a comparire ex art. 163 n. 7 cod. proc. civ., non incidendo il vizio dedotto sull’espressione della volontà di esercitarlo.
45. Orbene, dei suindicati principi la Corte di merito ha fatto corretta applicazione, in particolare là dove ha ritenuto corretta la statuizione secondo cui la successiva costituzione della società ha sanato la nullità anche dal punto di vista degli effetti sostanziali dell’atto, e ciò ai sensi dell’articolo 164, 2° co., cod. proc. civ., ai fini dell’interruzione della prescrizione, ritenendo pertanto idonea la consegna al donatario, in data 4 gennaio 2010, dell’atto di citazione, irrilevante rimanendo al riguardo il disposto rinnovo della medesima intervenuto il 6.06.2011.
46. Con il terzo motivo la ricorrente principale (omissis) denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 cod. civ., anche in relazione agli artt. 77 e 100 cod. proc. civ., nonché all’art. 2504bis cod. civ., per non avere ritenuto sussistente il difetto di legittimazione attiva e/o di titolarità del diritto dell’attrice per indeterminatezza del credito posto a fondamento dell’azione revocatoria. Con il 2° motivo la ricorrente (omissis) propone analoga censura. Con il 3° motivo i sig.ri (omissis) denunciano “Violazione dell’art.2729 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3) cod. proc. civ., nonché violazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., “evidenziando che la Corte di Appello, avrebbe erroneamente ritenuto di poter trarre la conclusione della conoscenza in capo alla Sig.ra (omissis) dello stato di decozione della (omissis) . dalla relazione di parentela della stessa con alcuni dei membri del Consiglio di amministrazione della medesima(omissis). Tuttavia, in tesi, la giurisprudenza non riterrebbe sufficiente il mero vincolo di parentela in ordine ai requisiti del consilium o alla partecipatio fraudis, ma richiederebbe un’ulteriore valutazione di non inverosimiglianza della condivisione della conoscenza.
47. I motivi sono inammissibili.
48. Quanto ai motivi dedotti da (omissis) e (omissis) con i quali denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 cod. civ., anche in relazione agli artt. 77 e 100 cod. proc. civ., nonché all’art. 2504bis cod. civ., si rinvia a quanto sopra già sancito in tema di inammissibilità del motivo inerente alla denunciata carenza di legittimazione ad agire della parte creditrice per indeterminatezza del credito o per mancata prova del mandato conferito all’attore, cessionario del credito, da parte della originaria creditrice (v. supra, par. 25 e s.).
49. Ed invero, quanto al difetto di legittimazione per pretesa invalidità della procura sostanziale, la censura non fa riferimento alle pronunzie successive (Cass. N.15304 / 2007 e n. 28824/2019) relative all’art. 182, 2° co., cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis dopo la modifica introdotta alla L. n.69 del 2009, ove si afferma che la sanatoria per difetto di rappresentanza opera ex tunc anche se intervenuta in corso di causa ad iniziativa della parte che si costituisce in giudizio (come avvenuto nel caso di specie) o su disposizione del giudice. La censura non mette in crisi neppure la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata, ove, quanto alla certezza del credito e con riguardo alla validità della cessione avvenuta nelle forme previste dall’art. 58 TUB (cessione in blocco dei crediti), viene ravvisata la sussistenza di un giudicato interno sulle statuizioni del giudice di prime cure in merito alla ritenuta determinatezza del credito oggetto di procura.
50. I sig.ri (omissis), poi, assumono che la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto, con ragionamento induttivo tratto da presunzioni gravi, precise e concordanti, non correttamente applicato, che vi fossero indizi per sostenere che (omissis), al momento di cedere la nuda proprietà dell’immobile in cambio di azioni della (omissis), fosse consapevole della insolvenza della (omissis) Srl, debitore principale a garanzia delle cui obbligazioni aveva prestato fideiussione. Lamentano che tale conclusione non avrebbe potuto essere semplicisticamente ricavata dal fatto che la (omissis), fideiussore della società debitrice, era mera usufruttuaria di 546.420 azioni della società e aveva rapporti di parentela con i componenti del consiglio di amministrazione della (omissis) Srl, ma avrebbe piuttosto dovuto essere ponderata valutando se l’esistenza di quei rapporti consentisse in concreto di ritenere inverosimile che la notizia dell’insolvenza della società, già dichiarata ma non notificata, non fosse stata propalata.
51. Il motivo è inammissibile per carenza di specificità ex art. 366, 1° co. n. 6, cod. proc. civ. La censura non indica quale sia stato l’omesso fatto decisivo tale da rendere la sentenza priva di idonea e sufficiente motivazione, limitandosi la censura a trascrivere l’atto di appello e la relativa motivazione della sentenza. Cionondimeno, va rilevato che la Corte risulta avere sufficientemente e congruamente motivato là dove ha ritenuto la garante (omissis) consapevole dell’insolvenza della (omissis), non solo in ragione del rapporto di parentela con gli amministratori di tale società, ma anche di un complesso di ulteriori circostanze, quali l’essere titolare dell’usufrutto sulle azioni della stessa (omissis) e la sussistenza di obblighi informativi in capo alla medesima quale fideiussore. E ciò indipendentemente dalla conoscenza del decreto di fallimento della debitrice, già dichiarato ma non ancora notificato (Cass, SU 34469/2019).
52. Quanto al pregiudizio arrecato alla garanzia patrimoniale dalla garante che si è determinata a compiere gli atti dispositivi impugnati, sono state considerate come non dirimenti le circostanze che la banca avesse pignorato altre proprietà, ma dirimente che il bene alienato fosse l’unico in proprietà della garante che, alienandone la nuda proprietà in cambio di 750000 azioni societarie della (omissis), e conservandone il solo usufrutto, aveva qualitativamente mutato la consistenza della sua garanzia patrimoniale generica. Sul punto la stessa Corte di merito ha ritenuto come, in ragione di tali indizi concordanti, dovesse essere viceversa provato dai resistenti che tali elementi non dovessero essere considerati come anomali in rapporto alla effettiva consistenza del patrimonio della garante, posto che altri beni le erano già stati pignorati. Stesso discorso vale per gli indizi relativi alla partecipatio fraudis del terzo (omissis) ritenuti sussistere in termini di scientia damni anche in capo alla terza venditrice e alla Rossclaim subacquirente, avente in comune uno di legali rappresentanti, ma non altrettanto specificamente censurati quanto alla loro insussistenza.
53. Trattasi invero di valutazioni in fatto, del tutto in linea con l’orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità in tema di prova presuntiva della consapevolezza (anche) in capo al terzo del pregiudizio delle ragioni creditorie, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore; l’apprezzamento dei relativi indizi è, pertanto, devoluto al giudice di merito, e incensurabile in sede di legittimità in presenza di congrua motivazione (cfr. Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16221 del 18/06/2019).
54. Con il quarto motivo i (omissis) denunciano “Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 10 ss. cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 3) cod. proc. civ.”, dolendosi che la corte di merito abbia erroneamente disposto che le spese seguono la soccombenza degli appellati e vanno liquidate ex art. n. 55 del 10.03.2014 in rapporto allo “scaglione di riferimento in relazione all’effettivo valore della causa” che, come ribadito dalla Corte di Cassazione con sentenza 3967 del 2020, si determina in base al credito a tutela del quale viene proposta l’azione revocatoria” e dunque “secondo i parametri medi “, liquidando quindi le spese di lite senza tenere conto del valore dichiarato dalla parte appellante, ma neppure di quello originariamente indicato da parte appellata.
55. Il motivo è inammissibile.
56. Quanto al profilo del valore della causa, il ricorso non censura adeguatamente la ratio decidendi della pronuncia che si è correttamente attenuta alla giurisprudenza richiamata nel valutare il valore effettivo della causa in relazione al credito a tutela del quale l’attore ha agito in revocatoria, e non a quanto dichiarato dalla parte circa il valore della controversia.
57. Le ragioni della decisione costituiscono giusti motivi per disporsi la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra i ricorrenti, in via principale e incidentale.
58. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente la società (omissis) Srl, e per essa quale mandataria la società (omissis) Spa (già (omissis) Spa), e a solidale carico dei ricorrenti – in via principale e incidentale -, seguono la soccombenza.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, per quanto di ragione. Compensa tra i ricorrenti, in via principale e incidentale, le spese del giudizio di cassazione. Condanna i ricorrenti, in via principale e incidentale, al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 40.200,00, di cui Euro 40.000,00 per onorari, oltre al 15% di spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società (omissis) Srl, e per essa quale mandataria la società (omissis) Spa (già (omissis) Spa).Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il rispettivo ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 29 febbraio 2024.
Depositata in cancelleria il 20 giugno 2024.
