…omissis…
La società X. evocava in giudizio la società A. al fine di ottenere il risarcimento del danno, dall’attrice indennizzato all’assicurata Ma. derivante da perdita del carico a seguito di incidente stradale avvenuto nel corso di un trasporto commissionato da quest’ultima alla società A, da questa affidato al sub-vettore società GG. e da questo all’altro sub-vettore Ci.
Costituendosi in giudizio, la società A contestava la domanda di parte attrice e formulava, per l’ipotesi di propria condanna, domanda di manleva nei confronti della società GG, di cui otteneva l’autorizzazione alla chiamata in causa.
Anche la società GG contestava le domande contro di essa proposte e, in via subordinata, chiedeva la condanna della società — a garantirla dagli effetti dell’eventuale accoglimento della pretesa attorea; a propria volta, la società Ci., chiamata in causa dalla società GG, si costituiva e contestava le domande avversarie.
Nel corso del giudizio veniva dichiarato il fallimento della società Ci. e, a seguito di riassunzione del giudizio interrotto, si costituiva la Curatela del Fallimento che chiedeva, in via preliminare, dichiararsi l’incompetenza funzionale del giudice adito in favore del Tribunale fallimentare.
Il Tribunale di Ascoli Piceno, accogliendo l’eccezione, dichiarava la domanda improponibile ed inammissibile per difetto di competenza funzionale.
La società X. ha proposto gravame e, all’esito della costituzione della società A. e della società GG, la Corte d’Appello di Ancona ha respinto l’appello; pur rilevando che si verteva in ipotesi di cause scindibili, ha reputato non fondata la tesi di parte appellante secondo cui l’improcedibilità non riguardava la domanda da essa proposta nei confronti dell’appellata società A., ma soltanto quella svolta dalla società GG nei confronti della fallita.
Per la cassazione della suddetta decisione X. ricorre, con due motivi.
La società GG resiste con controricorso.
La società A. non ha svolto attività difensiva in questa sede.
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1. cod. proc civ.
La controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
1. Con il primo motivo, deducendo Violazione dell’art. 24 legge fallimentare, nonché degli artt. 103, 300, 302, 303 e 332 c.p.c. (art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.)>>, la ricorrente censura la decisione gravata per avere la Corte di merito escluso che, a seguito della dichiarazione di fallimento della società Ci., fosse divenuta improcedibile la sola domanda proposta dalla società GG nei confronti della stessa fallita e per avere omesso di pronunciarsi sulla domanda da essa proposta nei confronti della società A.
Partendo dalla considerazione che la società A., non contestando la propria legittimazione passiva, aveva proposto una domanda di garanzia nei confronti del sub-vettore e terzo chiamato GG. e che quest’ultima aveva svolto, a sua volta, domanda di manleva nei confronti dell’altro subvettore Ci., poi dichiarato fallito, rappresenta che tra le parti sussisteva un litisconsorzio facoltativo che aveva dato luogo a cause scindibili confluite in un unico giudizio, che la dichiarazione di fallimento aveva riguardato una sola delle parti del giudizio e che la società fallita non era parte di tutte le cause, ma unicamente di quella di garanzia e manleva promossa nei suoi confronti da GG; conseguentemente, il sopravvenuto fallimento aveva determinato l’improcedibilità della sola domanda di garanzia spiegata da GG nei confronti della fallita, stante l’autonomia delle altre cause che avrebbero dovuto essere decise dal giudice di merito.
2. Con il secondo motivo, censurando la sentenza per motivazione apparente o contraddittoria, violazione degli artt. 111, sesto comma, Cost., 112 e 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. (art. 111, VII comma, Cost., art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.), la ricorrente lamenta che la motivazione della sentenza qui impugnata si rivela meramente apparente e presenta affermazioni tra loro inconciliabili, dato che la riconosciuta scindibilità della causa contrasta con l’affermazione secondo cui le varie domande oggetto di causa non sarebbero suscettibili di separazione ed autonoma trattazione.
3. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto strettamente connessi, sono infondati.
La questione posta dalla ricorrente richiede di stabilire se tra le cause – quella principale svolta dalla odierna ricorrente nei confronti del solo vettore A e quelle di garanzia, la prima instaurata da A nei confronti del sub-vettore GG. e, la seconda, spiegata da quest’ultima nei confronti di Ci., poi dichiarata fallita – ricorra un nesso di inscindibilità, ovvero di scindibilità.
La tesi difensiva dell’odierna ricorrente, che propende per la scindibilità delle cause, poggia sulla distinzione tra garanzia propria ed impropria e sul presupposto che, in caso di garanzia impropria, essendo l’azione principale e quella di garanzia fondate su titoli diversi, le due cause, benché proposte all’interno dello stesso giudizio, rimangono autonome e distinte.
3.1. Tale assunto è errato.
3.2. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare la chiamata in garanzia determina un litisconsorzio necessario processuale tra il terzo chiamato e le parti originarie, con conseguente inscindibilità delle cause ex art. 331 cod. proc. civ.
Ciò perché deve ormai ritenersi superata la distinzione, elaborata da dottrina e giurisprudenza, tra garanzia propria ed impropria.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno già posto in rilievo che l’impugnazione – esperita esclusivamente dal terzo chiamato avverso la sentenza che abbia accolto sia la domanda principale di affermazione della responsabilità del convenuto e di condanna dello stesso al risarcimento del danno sia quella di garanzia da costui proposta – giova anche al soggetto assicurato, senza necessità di una sua impugnazione incidentale, indipendentemente dalla qualificazione della garanzia come propria o impropria, che ha valore puramente descrittivo ed è priva di effetti ai fini dell’applicazione degli artt. 32,108 e 331 cod. proc. civ., dovendosi comunque ravvisare un’ipotesi di litisconsorzio necessario processuale non solo se il convenuto abbia scelto soltanto di estendere l’efficacia soggettiva, nei confronti del terzo chiamato, dell’accertamento relativo al rapporto principale, ma anche quando abbia, invece, allargato l’oggetto del giudizio, evenienza, quest’ultima, ipotizzabile allorché egli, oltre ad effettuare la chiamata, chieda l’accertamento dell’esistenza del rapporto di garanzia ed, eventualmente, l’attribuzione della relativa prestazione (in questo senso, Cass., sez. U, 04/12/2015 n. 24707).
Si è, in particolare, sottolineata «l’implicazione» derivante dalla chiamata in causa di un terzo in garanzia che costituisce l’estensione del giudizio sul rapporto principale al terzo sicché quel rapporto diventa da decidere nel contraddittorio, oltre che delle parti di esso, del terzo; di modo che si realizza sempre in tal senso un litisconsorzio necessario tra i tre soggetti. Secondo la ricostruzione delle Sezioni Unite, «(…) la natura litisconsortile necessaria del giudizio insorta sul piano processuale per effetto della chiamata meramente estensiva della legittimazione al garante, impone all’unico soccombente riguardo al modo di essere del rapporto principale, cioè all’attore originario (pretendente), di impugnare anche nei confronti del garante, perché costui era divenuto parte legittimata a contraddire su quel rapporto per effetto della chiamata e l’estensione della legittimazione non può essere sciolta. Il rapporto nel processo era divenuto trilatero» (Cass., n. 24707 del 2015, in motivazione, punto 14.1).
I medesimi principi sono stati, anche di recente, ribaditi da questa Corte, affermando che, in caso di chiamata in causa dell’assicuratore della responsabilità civile si determina non soltanto l’estensione soggettiva al garante dell’accertamento sul rapporto principale, ma anche un’estensione oggettiva del giudizio al riconoscimento della prestazione di garanzia condizionatamente alla soccombenza sul rapporto principale (Cass., sez. 3, 18/09/2023, n. 26780).
3.3. Alla stregua di tali principi, deve ritenersi che tra la domanda principale e quella di garanzia sussiste una relazione di inscindibilità, che prescinde ed è del tutto indipendente dal contegno processuale delle parti, ossia dalla eventuale contestazione, da parte del terzo, della fondatezza della domanda principale.
La società Ci. è stata chiamata in causa da GG, quale sub-vettore che aveva eseguito il trasporto, ed è, pertanto, evidente l’esistenza di un vincolo di dipendenza tra la causa principale, introdotta dall’odierna ricorrente nei confronti di A., e quella di garanzia, idoneo a determinare l’inscindibilità dei rapporti processuali, anche nel caso in cui si voglia riconoscere una chiamata in manleva o in garanzia impropria.
E tale vincolo di dipendenza tra la causa principale e la causa di garanzia impropria, che si verifica allorché il convenuto intenda esser rilevato dal garante per quanto sia eventualmente condannato a pagare all’attore, continua a sussistere fino a quando sia in discussione il presupposto della domanda di rivalsa, e viene meno se (e solo se) l’impugnazione attenga esclusivamente al rapporto di garanzia, senza investire la domanda principale (Cass., sez. 1, 13/06/2006, n. 13684; Cass., sez. 3, 13/05/2009, n. 11055; Cass., sez. 3, 30/09/2014, n. 20552; Cass., sez. L, 22/06/2019, n. 12174).
Tanto comporta che, sebbene l’evento interruttivo, ossia l’intervenuto fallimento, abbia coinvolto soltanto una delle parti, ovvero il sub-vettore Ci., nei cui confronti è stata esperita domanda di garanzia da parte di GG, ciò non toglie che la inscindibilità delle cause determini un litisconsorzio necessario processuale tra tutte le parti in causa e, quindi, la necessità che l’accertamento si svolga nel contraddittorio di tutte le parti, essendo unico il fatto generatore della responsabilità.
Pur dovendo la motivazione della sentenza gravata essere corretta nei termini sopra precisati, non ha errato la Corte d’appello nel confermare l’improcedibilità, dichiarata dal giudice di primo grado, non solo della domanda di garanzia spiegata dalla GG nei confronti di Ci., dichiarata fallita, ma anche della domanda principale di risarcimento dei danni formulata da X. nei confronti del vettore A., anziché ritenere che il processo dovesse proseguire in relazione alla domanda principale, per non essersi sui litisconsorti propagato l’effetto interruttivo di cui all’ art. 43 legge fallimentare.
4. All’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società GG, seguono la soccombenza.
Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altra intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società GG. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
