FATTI DI CAUSA
1. – Il Tribunale di Torre Annunziata, con sentenza del marzo 2007 – resa nei giudizi riuniti promossi rispettivamente: da Pe.Lu., Sa.Em. e La.Ri. contro Pe.Gi., con la chiamata in causa del Condominio Parco dei Fiori e della Aurora Assicurazioni Spa (poi UnipolSai Spa); da Ci.Mi. contro il Condominio Parco dei Fiori; da Pe.Gi. contro il Condominio Parco dei Fiori, con l’intervento volontario di De.Mi. e Ma.Ma.-, riconobbe Pe.Gi. responsabile del cedimento del muro di contenimento dell’area di sua proprietà all’interno del Condominio Parco dei Fiori in P e, per l’effetto, rigettò le domande dal medesimo proposte contro il Condominio e accolse quelle avanzate nei suoi confronti, condannandolo al pagamento, a titolo di risarcimento danni derivanti dal mancato utilizzo degli immobili in loro proprietà, della somma di euro 3.385,00 in favore della Sa.Em. e del Pe.Lu., della somma di euro 5.150,00 in favore del De.Fr. e della Ma.Ma. e della somma di euro 4.579,00 in favore del Cinque.
2. – Il gravame interposto da Pe.Gi. avverso tale decisione era dichiarato improcedibile dalla Corte di appello di Napoli con sentenza resa pubblica il 14 luglio 2021.
2.1. – La Corte territoriale, dichiarata la contumacia dell’appellata La.Ri., ha osservato, a fondamento della decisione, che:
a) l’appellante, in base al combinato disposto degli artt. 347, primo comma, e 165 c.p.c., deve costituirsi in giudizio entro il termine di 10 giorni (ovvero 5 in caso di abbreviazione) dalla notificazione all’appellato dell’impugnazione, depositando l’originale dell’atto di appello con la prova della sua notificazione;
b) ove ciò non avvenga, la costituzione e da ritenersi affetta da nullità e l’appello improcedibile ai sensi dell’art. 348, primo comma, c.p.c., fatta salva la sanatoria di detta nullità: 1) se l’appellante deposita l’originale della citazione in appello con la prova della notificazione “al più tardi entro l’udienza di cui all’art. 350 c.p.c.”; 2) se l’appellato deposita, entro l’anzidetta udienza, la copia notificatagli della citazione da cui risulti la data di notifica o, comunque, indicazioni tali da fornire certezza che l’appellante si sia costituito nel termine di cui al citato art. 347;
c) qualora, poi, l’atto di appello sia stato notificato telematicamente ai sensi dell’art. 3-bis della legge n. 53/1994, l’appellante, anche se si sia costituito “nelle tradizionali forme cartacee”, deve “fornire la prova di detta notificazione, entro l’udienza di cui all’art. 350 c.p.c., con modalità telematiche, salvo il solo caso in cui ciò sia impossibile”, come si desume, “sia pur a contrariis”, dall’art. 9, comma 1-bis e 1-ter, della legge n. 53/1994;
d) ove ciò non avvenga, la costituzione in giudizio dell’appellante deve ritenersi nulla, per non poter il giudice verificare direttamente il rispetto del termine di cui all’art. 347, primo comma, c.p.c., e l’appello improcedibile ex art. 348, primo comma, c.p.c., “salvo che la prova della tempestività della costituzione dell’appellante possa essere ricavata dall’originale o dal duplicato informatico del messaggio di posta elettronica ricevuto dell’appellato e da quest’ultimo eventualmente depositato telematicamente dentro la suddetta udienza”;
e) difatti, solo mediante detti originali o duplicati informatici (ossia, “mediante i file in formato .eml o .msg”) “il giudice può effettuare le verifiche ufficiose a lui spettanti, tra cui quella concernente la tempestività della costituzione in giudizio dell’appellante”, non potendo, invece, fare affidamento sul “comportamento dell’appellato” o sugli “atti da costui prodotti in copia su supporto analogico, su file contenenti copie scannerizzate (di solito in formato .pdf) delle predette ricevute su supporto cartaceo o comunque diversi dagli originali o dai duplicati informatici del messaggio di posta elettronica certificata mediante qual è la notifica è stata eseguita o delle relative ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, anche ove l’avvocato del medesimo appellato ne abbia eventualmente attestato la conformità ai relativi originali”;
f) a non diverso avviso può condurre il precedente di legittimità rappresentato da Cass., S.U., n. 22438/2018, espressione di “un atteggiamento assai più “liberale””, che ha ritenuto superabile la sanzione dell’improcedibilità del ricorso per cassazione anche in caso di mancato disconoscimento da parte del controricorrente della conformità della copia informale all’originale notificatogli a mezzo PEC, trattandosi di principio proprio del peculiare regime del giudizio di cassazione, nel quale è impossibile la verifica diretta dell’originale nativo digitale, e non estensibile, quindi, al processo di appello;
g) né è dato giungere a diverse conclusioni per il fatto che anche negli ordinari processi contenziosi dinanzi ai tribunali e alle corti di appello “le parti possono ancora costituirsi secondo le tradizionali forme cartacee”, anche se abbiano “eseguito o ricevuto la notificazione della citazione telematicamente”, non essendo in tal caso impedito o impossibile alle parti “di depositare poi telematicamente entro l’udienza di cui all’art. 350 c.p.c. la debita prova della notificazione telematica della citazione introduttiva del processo d’appello”;
h) nella specie: la costituzione dell’appellante è avvenuta il 5 giugno 2017 “secondo le tradizionali forme cartacee depositando quelle che appaiono copie su supporto cartaceo di vari documenti informatici (o cc.dd. nativi digitali), cioè di due atti di citazione (uno privo della vocatio in ius e della data di udienza e uno completo), di due relazioni di notificazioni (una per ciascuna citazione), di due messaggi di posta elettronica certificata (uno per ciascuna citazione) e delle relative ricevute di accettazione e di avvenuta consegna recanti date diverse, ed hanno poi provveduto a depositare telematicamente i duplicati informatici di tali soltanto il 16 novembre 2018, dopo che sia alla prima udienza del 12/12/2017 che a quella del 19/6/2018 la Corte aveva evidenziato la mancanza dei predetti documenti informatici, indispensabili anche per la valutazione delle eccezioni in rito sollevate dagli appellati; in particolare, in data 21/12/2017, l’appellante aveva depositato file in formato .pdf contenenti copie scannerizzate delle ricevute di accettazione e consegna riprodotte su supporto analogico che, per quanto sopra esposto, sono del tutto irrilevanti e che comunque non consentono di verificare il contenuto dei messaggi”;
i) “prima del 16 novembre 2019, la debita prova della notificazione citazione introduttiva del processo d’appello non poteva essere ricavata nemmeno dal comportamento degli appellati, che non solo non hanno depositato telematicamente l’originale o il duplicato informatico del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, ma si sono costituiti proprio lo scopo di far rilevare i vizi da cui, a loro avviso, era affetto l’atto di citazione in appello e la conseguente inammissibilità dell’impugnazione”, ciò comprovando che “solo con il deposito dell’originale o del duplicato informatico del messaggio di posta elettronica certificata è possibile verificare il contenuto dello stesso e dunque valutare eccezioni come quelle formulate nel presente giudizio”.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Pe.Gi., affidando le sorti dell’impugnazione a tre motivi.
Hanno resistito con controricorso Ma.Ma.e De.Fr. (congiuntamente), Sa.Em. e Pe.Lu. (congiuntamente), nonché Ci.Mi.; la Sa.Em. e ilPe.Lu., nonché il Ci.Mi. hanno anche proposto ricorso incidentale, ciascuno sulla base di tre motivi.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimata La.Ri..
Il Pe.Gi. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis1 c.p.c..
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ricorso principale di Pe.Gi.
1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 348, comma primo, e 350 c.p.c., per aver la Corte territoriale erroneamente pronunciato l’improcedibilità dell’appello nonostante il deposito (in data 16.11.2018) da parte di esso appellante del file telematico contenente le notifiche dell’impugnazione alle controparti prima dell’udienza del 22 gennaio 2019, da ritenersi udienza di trattazione ex art. 350 c.p.c., in quanto tenutasi dopo i rinvii interlocutori disposti nelle udienze del 12 dicembre 2017 e del 19 giugno 2018, il primo al fine di invitare l’appellante alla produzione dei file telematici e il secondo finalizzato alla verifica del contraddittorio.
2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 156 e 291 c.p.c., 1, 3-bis, 6, 9 e 11 della legge n. 53/1994, 18 del d.m. 44/2011, 13 e 19-bis del provvedimento del responsabile S.I.A. del 16 aprile 2014 e del d.P.R. n. 68/2005, per aver la Corte territoriale erroneamente escluso di poter concedere la rinnovazione della notificazione o di ritenerne sanata l’irritualità per il raggiungimento dello scopo in ragione della costituzione degli appellati e ciò anche in riferimento a notifica effettuata in modalità telematica, potendo la parte darne prova anche in modalità cartacea, non integrando la violazione delle forme digitali un ipotesi di inesistenza della notifica stessa.
3. – Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., per aver la Corte territoriale compiuto un errore di percezione nella “individuazione dell’udienza di trattazione del 22 gennaio 2019 ex art. 350 c.p.c., entro cui l’appellante ha in ogni caso depositato il file telematico di trasmissione”, ossia in data 18 giugno 2018.
Ricorsi incidentali
4. – I ricorso incidentale della Salustri e Petacci e quello del Cinque propongono motivi di censura identici tra loro.
4.1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 163,164 e 342 c.p.c., per aver la Corte territoriale omesso di considerare, ancor prima della improcedibilità dell’impugnazione, la sua inammissibilità per tardività, in quanto la prima notificazione in data 29 maggio 2017 era affetta da nullità insanabile per il vizio della vocatio in ius costituito dalla mancata indicazione del giorno dell’udienza di comparizione, prescritta ai sensi dell’art. 163, n. 7, c.p.c., mentre la seconda notificazione, in data 30 maggio 2017, è intervenuta dopo la scadenza del termine per proporre l’appello.
4.2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 163,164 e 342 c.p.c., per non aver la Corte territoriale rilevato l’inammissibilità dell’appello per esser stato proposto, con atto contenente la citazione a comparire all’udienza del 10 novembre 2017, con notificazione intervenuta il 30 maggio 2017, oltre il termine dell’art. 325 c.p.c., che nella specie scadeva il 29 maggio 2017 (essendo stata la sentenza di primo grado notificata il 27 aprile 2017 ed essendo il 27 maggio 2017 un giorno di sabato).
4.3. – Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per aver la Corte territoriale erroneamente disposto la compensazione integrale delle spese di lite del grado, non avendo tenuto conto dell’inammissibilità dell’appello ed essendo inidoneo allo scopo l’utilizzato argomento dell’assenza di specifici precedenti giurisprudenziali di legittimità.
La decisione sui ricorsi
5. – Deve essere accolto il secondo motivo del ricorso principale, rigettati i primi due motivi dei ricorsi incidentali e assorbiti tutti i restanti motivi, sia del ricorso principale, che di quelli incidentali.
Queste le ragioni.
6. – Quanto ricorso principale, è fondato, come detto, il secondo motivo, con assorbimento degli altri due motivi.
6.1. – La Corte territoriale ha evidenziato che: a) il Pe.Gi. si è costituito il 5 giugno 2017 depositando su supporto cartaceo sia due atti appello (l’uno privo di indicazione della data di udienza e l’altro provvisto di tale indicazione), sia i messaggi di posta elettronica certificata, con relative ricevute di accettazione e consegna, concernenti la notificazione delle due anzidette impugnazioni; b) lo stesso appellante – dopo l’invito, rivoltogli all’udienza del 12 dicembre 2017, a depositare telematicamente i messaggi di PEC in originale informatico o in duplicato informatico (ossia i file in formato .eml o .msg) – ha depositato in data 21 dicembre file in formato .pdf contenenti le copie scannerizzate delle ricevute di accettazione e consegna riprodotte su supporto analogico.
Il giudice di secondo grado ha, però, ritenuto che detta produzione non consentisse di acquisire certezza sulla prova della notificazione, avvenuta in via telematica, degli atti appello, la quale avrebbe potuto aversi soltanto con il deposito in modalità telematica degli originali o dei duplicati informatici dei messaggi di PEC attestanti l’avvenuta notificazione, ciò desumendosi, seppure “a contrariis”, dall’art. 9, comma 1-bis e 1-ter, della legge n. 53/1994, che abilita l’avvocato a darne prova cartacea solo quando “non sia possibile fornirla con modalità telematiche”.
6.2. – La decisione si scontra con il principio – in più di un’occasione enunciato, recentemente, da questa Corte (Cass. n. 33601/2022; Cass. n. 9269/2023; Cass. n. 17711/2023) e che il Collegio intende ribadire – secondo cui la tempestiva costituzione dell’appellante, con il deposito di copia cartacea dell’atto di appello notificato a mezzo PEC, della relata e delle ricevute di consegna via PEC, anziché mediante deposito telematico dei relativi originali informatici, non determina l’improcedibilità del gravame ai sensi dell’art. 348, comma primo, c.p.c., ma integra una nullità per vizio di forma, come tale sanabile con il raggiungimento dello scopo dell’atto.
Trattasi di principio che trae le proprie radici dall’approdo nomofilattico di cui a Cass., S.U., n. 16598/2016 in tema di interpretazione dell’art. 347 c.p.c. e che si fonda sul rilievo che la sanzione di improcedibilità è ricollegata soltanto all’inosservanza del termine di costituzione e non anche all’inosservanza delle sue forme e sulla generale sanabilità dei vizi di nullità per raggiungimento dello scopo.
Interpretazione, dunque, in sintonia con la più ampia espansione del diritto di difesa, che – come più di recente evidenziato da Cass., S.U., n. 2075/2024 e Cass., S.U., n. 2077/2024 – trova piena considerazione di una dimensione complessiva di garanzie (artt. 24 e 111 Cost.), che costituiscono patrimonio comune di tradizioni giuridiche condivise a livello sovranazionale (art. 47 della Carta di Nizza, art. 19 del Trattato sull’Unione europea, art. 6 CEDU), il cui coordinamento consente una sintesi compiuta, volta a far sì che possa trovare attuazione il principio, fondamentale, che costituisce lo scopo ultimo al quale il processo è di per sé orientato, ossia l’effettività della tutela giurisdizionale, nella sua essenziale tensione verso una decisione di merito. Di qui, pertanto, anche il principio che impone di evitare eccessi di formalismo e, quindi, restrizioni del diritto della parte all’accesso ad un tribunale che non siano frutto di criteri ragionevoli e proporzionali (art. 6 par 1 CEDU: tra le altre, Corte EDU, 16 giugno 2015, Mazzoni c. Italia, Corte EDU 15 settembre 2016, Trevisanato c. Italia e Corte EDU, 28 ottobre 2021, Succi c. Italia; ma anche: Cass., S.U., n. 10648/2017; Cass., S.U., n. 27199/2017; Cass., S.U., n. 22438/2018; Cass. n. 3612/2022; Cass. n. 7186/2022; Cass., S.U., n. 8950/2022; Cass., S.U., n. 2075/2014; Cass., S.U., n. 2077/2014).
6.3. – Nella specie, la costituzione nel giudizio di appello del Pe.Gi. avvenuta il 5 giugno 2017 risulta tempestiva, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 347, primo comma, e 165 c.p.c., rispetto alla notificazione dell’impugnazione, sia quella avvenuta in data 29 maggio 2017, sia quella effettuata il successivo 30 maggio (il diverso profilo della tempestività dell’appello verrà esaminato in sede di scrutinio dei ricorsi incidentali), della cui prova in atti, fornita dall’appellante in modalità analogica, non dubita la stessa Corte territoriale.
7. – Venendo, quindi, ai ricorsi incidentali, i primi due motivi sono infondati alla luce del principio enunciato da Cass. n. 10926/2023 in fattispecie similare a quella in esame (in quell’occasione è stata, infatti, cassata la decisione del giudice di appello che aveva ritenuto che la mancanza, nell’atto di citazione notificato e iscritto a ruolo, dell’indicazione della data di udienza di comparizione e degli inviti previsti dall’art. 163, terzo comma, n. 7 c.p.c., vigente ratione temporis, non poteva essere sanata con la costituzione dell’appellato, né con la rinnovazione della citazione, ritenendo inapplicabile l’art. 164 c.p.c. al giudizio d’appello).
Va, dunque, ribadito che la mancanza nell’atto di citazione d’appello di tutti i requisiti indicati dall’art. 164, comma 1, c.p.c. e, quindi, di tutti gli elementi integranti la vocatio in ius, non determina l’inammissibilità del gravame, dovendosi disporre, ai sensi dell’art. 164 c.p.c., la rinnovazione, entro un termine perentorio, della menzionata citazione, i cui vizi sono così sanati con efficacia ex tunc.
7.1. – Nella specie, gli stessi ricorrenti incidentali – e la sentenza impugnata in questa sede (cfr. p. 5) – hanno dato atto che la prima notificazione dell’atto di appello, priva della indicazione della data dell’udienza di comparizione, era stata effettuata (il 29 maggio 2017) nel rispetto del termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., a seguito della notificazione della sentenza di primo grado il 27 aprile 2017.
L’avvenuta ulteriore notificazione dell’atto di gravame, con l’indicazione della data dell’udienza di comparizione, è stata effettuata sollecitamente dallo stesso appellante (senza necessità, quindi, dell’ordine officioso di rinnovazione) il 30 maggio 2017, con effetti sananti ex tunc e, dunque, rendendo l’impugnazione tempestiva.
7.2. – In ragione dell’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale rimane assorbito il terzo motivo dei ricorsi incidentali in quanto attinente alla statuizione sulle spese di lite, travolta, ai sensi dell’art. 336, primo comma, c.p.c., dalla cassazione della sentenza di appello, dovendo, quindi, il giudice del rinvio rinnovare totalmente la relativa regolamentazione alla stregua dell’esito finale della lite (Cass. n. 4887/2016; Cass. n. 1607/2024).
8. – La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata in relazione all’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale e la causa rinviata alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che dovrà procedere alla delibazione dell’appello del Pe.Gi. e provvedere, all’esito, alla regolamentazione anche delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti i restanti motivi del medesimo ricorso;
rigetta i primi due motivi di entrambi i ricorsi incidentali e dichiara assorbito il terzo motivo dei medesimi ricorsi;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte Suprema di cassazione, in data 29 gennaio 2024.
