• Home
  • >
  • Cassazione civile sez. III, 14/07/2023, n. 20323

Cassazione civile sez. III, 14/07/2023, n. 20323

Massima

In materia di impugnazione per nullità di lodo arbitrale, il vizio della procura alle liti rilasciata in nome e per conto di una società (sebbene la società e il legale rappresentante siano indicati altrove, come nel frontespizio della comparsa), non integra una nullità rilevabile d’ufficio.

Supporto alla lettura

PROCURA ALLE LITI

Il difensore è colui che compare innanzi al giudice e compie gli atti del processo in nome della parte. Ciò in virtù di un atto che gli attribuisce tale potere: la procura, che è un semplice conferimento di poteri.

La procura alle liti può essere di due tipi:

– generale: quando la parte conferisce all’avvocato il potere di difenderla in tutti i processi che andrà a proporre e che saranno contro di essa proposti;

– speciale: quando la parte conferisce all’avvocato il potere di difenderla solo in un determinato giudizio.

Ambito oggettivo di applicazione

Rilevato che:

(omissis) s.n.c. (in seguito (omissis) di (omissis) e (omissis) s.s.) propose domanda di arbitrato nei confronti di (omissis) s.r.l.,
allegando l’esistenza di una locazione commerciale di immobile in Venezia (omissis), stipulata in data 27 aprile 2001 e per la
cui scadenza in data 30 aprile 2013 era stata inviata disdetta, e chiedendo il rilascio dell’immobile ed il risarcimento del danno,
nonché dichiarazione della perdita del diritto all’indennità per l’avviamento commerciale per effetto del mancato rilascio nel
termine. La convenuta propose domanda riconvenzionale di condanna al pagamento dell’indennità per l’avviamento commerciale, di restituzione del deposito cauzionale e di restituzione del 25% di aumento ISTAT sui canoni di locazione in quanto indebitamente corrisposto. Alla prima udienza l’attrice offriva banco iudicis l’importo di Euro 138.100,14 preteso dalla convenuta per l’indennità per l’avviamento commerciale. Successivamente, in corso di causa, venne rilasciato l’immobile. L’arbitro così decise: dichiarò la cessazione del contratto per finita locazione al 30 aprile 2013; dichiarò la cessazione della materia del contendere circa la domanda di rilascio dell’immobile; rigettò la domanda attorea di restituzione dell’indennità di avviamento; condannò la convenuta al risarcimento del danno nella misura di Euro 20.544,00 per il ritardo nella consegna, Euro 12.965,00 per l’omessa manutenzione ed Euro 10.133,00 per la mancata utilizzazione per il tempo necessario per le
riparazioni; ordinò a (omissis) di restituire alla convenuta il deposito cauzionale di Euro 18.592,45, oltre Euro 5.726,48 per interessi legali, nonché l’importo di Euro 39.818,00 per maggiorazioni ISTAT indebitamente percepite; compensando i crediti contrapposti, condannò l’attrice al pagamento della somma di Euro 11.494,00 oltre interessi; dispose la compensazione delle spese processuali.

Avverso il lodo propose impugnazione per nullità (omissis) di (omissis) e (omissis) s.s. fra l’altro, per quanto qui rileva, per erroneità nel calcolo dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale e in relazione agli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. per violazione delle norme sulla soccombenza processuale. Propose impugnazione in via incidentale la controparte. Con sentenza di data 18 giugno 2018 la Corte d’appello di Venezia rigettò entrambe le impugnazioni, disponendo la compensazione delle spese.

Per quanto qui rileva, premise la corte territoriale che, trattandosi di procedimento arbitrale attivato dopo il d. lgs. n. 40 del 2006, ma relativo a convenzione stipulata anteriormente, trovava applicazione, nel silenzio delle parti, l’art. 829, comma 2, cod. proc. civ. nel testo previgente, che consentiva l’impugnazione del lodo per violazione delle norme inerenti al merito, salvo che le parti avessero autorizzato la decisione secondo equità o dichiarato il lodo non impugnabile, per cui i motivi dovevano essere esaminati nei limiti di ammissibilità indicati. Osservò quindi, in relazione al primo motivo per violazione dell’art. 34 l. n. 392 del 1978 per avere il giudice arbitrale riconosciuto l’indennità di avviamento malgrado la carenza dei presupposti di fatto, che la censura implicava un accertamento di fatto che di per sé non poteva integrare una violazione delle regole di diritto. Aggiunse, con riferimento al secondo motivo avente ad oggetto l’incongruità della liquidazione del danno rispetto al valore locativo del bene quale risultante dalla documentazione in atti, che la censura implicava un apprezzamento di merito incompatibile con il giudizio di impugnazione del lodo. Infine, in relazione alla denunciata violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., osservò che, essendo il sindacato della Corte limitato al rispetto del principio secondo cui le spese non potevano essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, la valutazione di opportunità della compensazione era rimessa al giudice arbitrale.

Ha proposto ricorso per cassazione (omissis) di (omissis) e (omissis) s.s. sulla base di quattro motivi e resiste con controricorso (omissis) s.r.l.. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. Il pubblico ministero non ha depositato le conclusioni scritte. E’ stata presentata memoria.

Considerato che:

con il primo motivo si denuncia carenza di motivazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale, in modo contraddittorio e pertanto con motivazione apparente, per un verso ammette l’impugnazione del lodo per norme relative al merito, per l’altro non accoglie l’impugnazione perché la stessa metterebbe in discussione l’accertamento di fatto operato dall’arbitro, non integrante violazione di norme giuridiche.

Il motivo è inammissibile. La censura risulta formulata in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. perché lamenta il carattere contraddittorio della motivazione in relazione all’impugnazione proposta senza tuttavia indicare il contenuto di quest’ultima (il ricorrente si limita ad indicare le norme di diritto la cui violazione sarebbe stata denunciata), e non consente perciò di apprezzare la denunciata carenza di motivazione. Ciò anche ai fini dell’esistenza dell’effettività del pregiudizio che sarebbe, per ipotesi, conseguito alla violazione processuale denunciata, ai sensi dell’art. 360 – bis n. 2 c.p.c. (cfr. Cass. n. 22341 del 2017).

E’ appena il caso di aggiungere che la censura resta comunque eccentrica rispetto alla ratio decidendi. Quest’ultima è chiara nel senso che, ferma la premessa dell’ammissibilità dell’impugnazione per inosservanza delle regole di diritto relative al merito, i motivi di censura proposti sono stati ritenuti inammissibili perché implicanti un giudizio di fatto il quale, secondo quanto si legge nella motivazione, resta riservato all’arbitro.

Con il secondo motivo si denuncia “carenza di motivazione ovvero motivazione solo apparente” ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. in relazione all’indennità prevista dall’art. 34 l. n. 392 del 1978. Osserva la parte ricorrente che la Corte d’appello, sulla base dell’erroneo presupposto del mancato rispetto dei principi in materia di impugnazione del lodo, ha omesso di pronunciare sulla violazione di legge in cui è incorso l’arbitro, con argomenti non idonei a risolvere la ratio decidendi. La ricorrente ripropone pertanto il merito del motivo di impugnazione per violazione dell’art. 34 l. n. 392 del 1978 nei termini seguenti: il lodo è nullo con riferimento alla quantificazione della somma di Euro 11.494,00, all’esito dell’operata compensazione dei crediti, perché l’importo corrisposto per indennità per la perdita di avviamento commerciale di Euro 138.100,14, individuato sulla base di quanto indicato nella comparsa di costituzione della controparte moltiplicando l’importo di Euro 7.672,23 pari all’ultimo canone per 18 mensilità, non è corretto alla luce del riconoscimento dell’indebita corresponsione del 25% di rivalutazione ISTAT pagata in eccedenza, per cui, considerando che in base a quest’ultimo riconoscimento l’ultimo canone doveva essere pari ad Euro 7.374,98, l’indennità avrebbe dovuto essere pari ad Euro 132.749,64 e (omissis) è risultata quindi ingiustificatamente debitrice della differenza di Euro 5.350,50.

Il motivo è fondato. La fondatezza, piuttosto che per la denunciata apparenza di motivazione (vizio che suppone l’individuazione della motivazione e dunque l’esistenza di una motivazione che abbia quel valore, della quale non v’è invece traccia nell’illustrazione), sussiste sotto il profilo che, riguardo alla questione che riferisce il motivo, sebbene senza una puntuale indicazione della corrispondenza di quanto enunciato con il tenore dell’atto di appello (che non viene localizzato e riguardo al quale non si indica la parte eventualmente corrispondente a quanto si sostiene essere stato dedotto con esso), vi è una totale carenza di motivazione, la quale qui deve e può essere censurata per la seguente ragione: la stessa sentenza, nell’esposizione del fatto processuale allude – pag. 4 – al motivo di appello rispetto al quale viene denunciata la carenza di pronuncia.

Sicché, la sola lettura della sentenza impugnata evidenzia che sul motivo di appello in discorso non si coglie alcuna, anche solo indiretta, motivazione e tale constatazione non abbisogna della lettura dell’atto di appello, risultando appunto solo da detta lettura, secondo la logica del vizio ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c. In particolare non si coglie se, individuato quale criterio generale di valutazione dei motivi quello di pertinenza alla violazione di norma di diritto, in tale apprezzamento (di ritenuta poi inammissibilità) debba intendersi inclusa anche la censura richiamata nell’odierno motivo di ricorso.

Il motivo è pertanto accolto e la corte di rinvio dovrà rendere motivazione percepibile sulla questione di cui trattasi.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che l’arbitro ha disposto la compensazione delle spese senza motivazione, laddove invece avrebbe dovuto considerare che la domanda arbitrale era stata proposta per conseguire il rilascio dell’immobile cui IDRA era inadempiente non per la mancata corresponsione dell’indennità per la perdita dell’avviamento, ma per continuare a lucrare dei profitti nel periodo estivo. Aggiunge che il motivo di impugnazione per violazione dei criteri della soccombenza virtuale era senz’altro ammissibile.

Il motivo è inammissibile. In violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. la ricorrente ha omesso di indicare in modo specifico non solo la parte della motivazione del lodo che avrebbe dovuto ospitare la motivazione (denunciata come omessa) della disposta compensazione delle spese, ma anche il contenuto del motivo di impugnazione. A pagina 5 del ricorso, in sede di sommaria esposizione dei fatti di causa, si indica che il motivo di impugnazione era stato proposto in relazione agli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. per violazione delle norme sulla soccombenza processuale. Trattasi di motivo diverso da quello indicato nell’odierna censura, avente ad oggetto l’assenza di motivazione circa la disposta compensazione (benché in rubrica si faccia menzione dell’erronea applicazione del principio di causalità, nell’articolazione del motivo la censura si sviluppa come carenza di motivazione in ordine al fondamento della compensazione).

Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 82 e 83 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la procura alle liti della controparte in sede di giudizio di impugnazione era nulla, da cui anche la nullità della relativa comparsa ed impugnazione incidentale, alla luce della illeggibilità della firma e della sola indicazione “io sottoscritto”, non rilevando l’indicazione della società e del nome del legale rappresentante nel frontespizio della comparsa di costituzione.

Aggiunge che la nullità era rilevabile d’ufficio ed era stata eccepita da (omissis) nella comparsa conclusionale. Osserva ancora che IDRA s.r.l. si era estinta in data 6 giugno 2014, allorquando era stata fusa per incorporazione con Propage s.r.l., e che la comparsa di costituzione, comprensiva dell’impugnazione incidentale, di data 14 luglio 2014 era nulla perché relativa ad un soggetto ormai estinto.

Il motivo è infondato. Muovendo dalla prima censura, avente ad oggetto la nullità della procura, va rammentato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la questione della invalidità della procura alle liti rilasciata, per conto di una società esattamente indicata con la sua denominazione, con sottoscrizione illeggibile, senza che il nome del conferente risulti dal testo della stessa, e dell’inammissibilità dell’atto cui la procura accede, costituisce nullità relativa, che la controparte deve tempestivamente opporre ex art. 157, secondo comma, cod. proc. civ., onerando, così, l’istante d’integrare con la prima replica la lacunosità dell’atto iniziale, (Cass. sez. U. n. 4810 del 2005 e n. 25036 del 2013; conformi Cass. n. 4199 del 2012, n. 16634 del 2015 ed altre). La nullità, come affermato dalla stessa ricorrente, non è stata eccepita nella prima difesa, ma solo nella comparsa conclusionale, per cui si è verificato l’effetto di sanatoria di cui all’art. 157, comma 2, cod. proc. civ.. La censura è quindi infondata.

E’ invece inammissibile la seconda censura. Il motivo è basato sui documenti corrispondenti alla visura camerale. In violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. non risulta specificatamente indicato se i documenti in discorso siano stati prodotti innanzi alla Corte d’appello, né risulta se la questione sia stata sollevata innanzi alla corte territoriale. I documenti corrispondenti alla visura camerale sono pertanto inammissibili ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ. ed il giudizio di inammissibilità, stante il mancato assolvimento dell’onere processuale previsto dall’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., attinge anche il motivo.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo, rigettando per il resto il ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in sede di riconvocazione il giorno 28 giugno 2023

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi