…omissis…
Rilevato
Gli eredi XX propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza n. 2278/2019 del 18 ottobre 2019 che ha rigettato la loro domanda risarcitoria nei confronti di — Assicurazioni Spa, quale impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, nel contempo dichiarando il difetto di legittimazione passiva di Consap Spa, così integralmente riformando la sentenza del 12 aprile 2017 con cui il Tribunale di Catania aveva accertato che il sinistro stradale verificatosi omissis, nel quale decedeva XX, figlio e fratello degli attori, era stato provocato da persona ignota, la quale, a bordo di una autovettura non individuata, non rispettava il segnale di “stop” all’incrocio ed investiva il motociclo condotto dalla vittima, per poi darsi alla fuga, e così perveniva alla condanna in solido delle due società convenute al risarcimento dei danni patiti dagli attori.
Resistono con distinti controricorsi — Assicurazioni Spa e Consap Spa
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis 1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
I ricorrenti e la resistente Consap hanno depositato memorie illustrative.
Considerato
1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano “Violazione e falsa applicazione dell’art. 83 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. in materia di procura alle liti”.
Lamentano che la Corte di Appello di Catania ha rigettato l’eccezione di difetto di procura da loro stessi sollevata, in quanto ha ritenuto irrilevante che la società — Assicurazioni Spa abbia rilasciato la procura al difensore in proprio, anziché nella qualità di impresa designata per la liquidazione di sinistri a carico del Fondo di Garanzia Vittime della Strada per la Regione Sicilia, e così motivando ha omesso di considerare che le rispettive posizioni, in proprio ed in qualità di impresa designata, si caratterizzano per avere una diversa autonomia patrimoniale e di scopo.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano “Violazione e falsa applicazione degli artt. 246 cod. proc. civ. nonché 2700 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ. – Violazione del libero convincimento del giudice”.
Lamentano che la Corte di Appello di Catania, in sentenza accogliendo il motivo di gravame proposto da — Assicurazioni Spa nella qualità, ha ritenuto insufficiente il supporto probatorio derivante dalle due testimonianze dando una interpretazione personale e diversa rispetto alla testimonianza stessa e ha, altresì, ritenuto di dover dare una diversa valutazione alla dichiarazione del padre della vittima contenuta nel verbale redatto dai Vigili Urbani dopo il sinistro, non tenendo in considerazione che il verbale ha fede privilegiata solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il Pubblico Ufficiale attesta essere venuti in sua presenza. Pertanto, con il presente motivo la sentenza di secondo grado si censura sotto un duplice profilo, ovvero sotto il profilo delle risultanze istruttorie, in particolare con riferimento all’attendibilità e alla diversa ed errata comprensione delle dichiarazioni dei testi e alle dichiarazioni rese, e sotto il profilo del riconoscimento della fede privilegiata del verbale dei VV.UU.
3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano “Violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. in materia di soccombenza e condanna alle spese”.
Si dolgono che sia stata disposta la loro condanna alla rifusione delle spese giudiziali a favore di Consap Spa non solo per le spese di appello, ma anche per quelle del giudizio di primo grado, ancorché in quest’ultimo essa fosse rimasta contumace.
4. Il primo motivo è inammissibile.
In patente violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., il motivo omette anzitutto di riprodurre il contenuto della procura alle liti, il che impedisce di verificare se essa sia stata rilasciata in modo omnicomprensivo (v. Cass., 03/11/2022, n. 32399) e se sia stata conferita per entrambi i gradi di giudizio o solo per il giudizio di appello; omette inoltre di specificare, per il caso in cui una siffatta procura fosse stata conferita per entrambi i gradi di giudizio, se già in primo grado l’eccezione fosse stata formulata; omette infine di specificare come e quando l’eccezione sia stata formulata in appello, posto che l’impugnata sentenza sottolinea (v. p. 4) sia stata proposta (solo) in comparsa conclusionale di appello (evenienza dalla quale in passato questa Corte ha tratto la considerazione della violazione dell’art. 88 cod. proc. civ.: Cass., 3.4.2014, n. 7775, in motivazione).
4.1. Il motivo è, peraltro, anche infondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (v. Cass., 13 gennaio 2015, n. 274, citata anche da parte resistente), “In tema di assicurazione obbligatoria dei danni derivanti da circolazione di veicoli, l’impresa designata ai sensi dell’art. 19 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (“ratione temporis” vigente ed ora indicata dall’art. 286 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209), non è un rappresentante del Fondo di Garanzia Vittime della Strada, né dell’ente gestore Consap Spa, ma è legittimata in proprio quale soggetto passivo dell’azione risarcitoria e dell’azione esecutiva, assumendo l’obbligazione diretta nei confronti della vittima e agendo ex art. 1705 cod. civ. come mandataria “ex lege” senza rappresentanza del Fondo, solo tenuto a rifondere l’importo versato dall’impresa designata” (v. anche Cass., 4943/2010; Cass., 20/06/2008, n. 16798; è invece inconferente, in quanto relativo al differente caso in cui la compagnia assicurativa sia contemporaneamente evocata in giudizio non solo quale impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, per l’ipotesi che il veicolo risulti privo di copertura assicurativa, ma anche quale incorporante l’assicuratore dell’autovettura del responsabile del sinistro, l’arresto di cui a Cass., 08/04/2014, n. 8136, invocato dal ricorrente).
L’impresa designata è quindi il vero soggetto passivo del rapporto sostanziale con il danneggiato, dato che per effetto dell’atto di designazione e del verificarsi del sinistro, essa acquista la qualità di soggetto passivo sia dell’azione risarcitoria sia dell’azione esecutiva.
Ne deriva pertanto che correttamente e validamente, nel caso di specie, — Assicurazioni Spa ha rilasciato la procura in proprio, e non in nome e per contro altrui, in quanto essa partecipa al giudizio in proprio, e mai in rappresentanza del Fondo di Garanzie Vittime della Strada né dell’ente gestore Consap Spa
5. Il secondo motivo è inammissibile.
Sollecita infatti a questa Corte un riesame del fatto e della prova, precluso in sede di legittimità, secondo quanto affermato da granitico orientamento di questa Corte (Cass., del 26/03/2010, n. 7394; Cass., Sez. 3, 14/06/2007, n. 13954, per cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito, al quale spetta infatti in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento di controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, di scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti adesso sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova: Cass., 28/06/2018, n. 17036).
Rimane pertanto estranea al vizio di legittimità, anche se dedotta ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, qualsiasi contestazione volta a criticare il convincimento che il giudice si è formato, ex art. 116 cod. proc. civ., comma 1 e 2, in esito all’esame del materiale probatorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, ed operando quindi il conseguente giudizio di prevalenza (Cass., 29/07/2020, n.16217; Cass., 10/06/2016, n. 11892).
5.1. E la valutazione della attendibilità del teste – che pure, per sua struttura e funzione, differisce dalla valutazione della sua capacità a testimoniare (v. Cass., 21/05/2014, n. 11204) – al pari di questa va ricondotta al principio espresso dall’art. 116 cod. proc. civ. di libera valutazione delle prove (non legali) da parte del giudice di merito, purché l’iter motivazionale risulti logico e coerente con gli elementi probatori utilizzati (Cass., 01/03/2021, n. 5560; Cass., 23/07/2021, n. 21174; Cass., 02/02/2022, n. 3119), ed in presenza di questi presupposti, che appunto ricorrono nel caso di specie, non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità.
5.2. Oltre che dell’art. 116 cod. proc. civ., il motivo non deduce correttamente il vizio di violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., trascurando i principi posti da Cass., 10/06/2016, n. 11892, ribaditi da Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020.
La violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre.
La violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360, n. 4, c.p.c., solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime. In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360, n. 4, c.p.c., solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime.
Nel caso di specie, le critiche che il ricorrente rivolge alla impugnata sentenza si risolvono, in effetti, al di là dell’apparente deduzione di vizi di violazione di legge, in una contestazione del cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove (non legali) da parte del giudice di merito e non sono, pertanto, inquadrabili nel paradigma dell’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio: v. Cass., Sez. Un., n. 8053 e n. 8054 del 2014, i cui principi sono stati costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni Unite n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015).
5.3. Priva di pregio, ed invero capziosa, è inoltre la doglianza circa la fede privilegiata del verbale dei VV.UU. intervenuti.
La corte di merito non ha motivato in riferimento alla fede privilegiata o meno del verbale in questione, ma ha fondato la sua decisione sulla dichiarazione del padre della vittima, in un contesto di rivalutazione dell’intero quadro probatorio, ratio decidendi questa non specificatamente censurata. Secondo costante insegnamento di questa Corte, infatti, l’omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa (Cass., 06/07/2020, n. 13880; Cass., 14/08/2020, n. 17182; Cass., 24/10/2019, n. 27339; Cass., 14/10/2020, n. 22183; Cass., 13/06/2018, n. 15399; Cass., Sez. Un., 20/12/2017, n. 30589; Cass. Sez. Un., 03/11/2016, n. 22226).
6. Il terzo motivo è fondato.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che “presupposto indefettibile della condanna alle spese di lite è che la parte, a cui favore dette spese sono attribuite, le abbia in realtà sostenute per lo svolgimento dell’attività difensiva correlata alla sua partecipazione in giudizio. Pertanto la parte vittoriosa nel giudizio di secondo grado non può chiedere l’attribuzione delle spese non erogate per la prima fase del giudizio, nella quale essa è rimasta contumace, né il giudice può provvedere alla liquidazione delle stesse (Cass., 16786/2018, anche citata dai ricorrenti; Cass., 5897/1982).
La sentenza impugnata, provvedendo in sede di appello a favore della Consap Spa riguardo alle spese concernenti il giudizio di primo grado, che essa non aveva sostenuto, essendo rimasta contumace in quel grado, ha tratto dalla circostanza che la medesima era vittoriosa in appello una conseguenza che, in ossequio al principio di causalità che regola il carico delle spese all’esito del giudizio, non avrebbe potuto trarre. Infatti, la mancata costituzione della Consap Spa in primo grado si risolveva in una situazione nella quale la controparte non risultava aver causato a carico della medesima spese per la difesa in quel grado.
Ne segue che, ancorché la statuizione sulle spese sia espressione di un potere del giudice officioso e non dipendente da una domanda, dovendosi comunque considerare che essa è effetto automatico della proposizione della domanda giudiziale e dello svolgimento di cui è convenuto della difesa nel giudizio, la statuizione, essendo resa in mancanza del potere del giudice in concreto, è riconducibile alla fattispecie dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ. Tale norma, quando allude alla circostanza che l’azione non potesse essere proposta, supponendo che il giudice abbia pronunciato su di essa, si presta, infatti, a ricomprendere pure l’ipotesi in cui abbia pronunciato la relativa statuizione sulle spese, atteso che essa è pur parte del dover pronunciare sulla domanda, sebbene non a richiesta necessaria della parte che l’azione ha proposto o che all’azione ha reagito.
6.1. Deve, dunque, essere applicato al caso di specie il principio di diritto posto da Cass., 16786/2018, secondo cui “la statuizione sulle spese giudiziali di primo grado a favore della parte vittoriosa in appello, che, però, nel giudizio di primo grado sia rimasta contumace, integra un’ipotesi nella quale la Corte di Cassazione deve applicare l’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ., e, dunque cassarla senza rinvio, in quanto, essendo il potere officioso del giudice di statuire sulle spese una necessaria implicazione del potere di pronunciare sulla domanda in maniera tale da assicurare alla parte vittoriosa completa tutela, il provvedere a favore di quella vittoriosa, che non si sia difesa e non abbia sopportato il carico delle spese, è situazione assimilabile ad una pronuncia senza che la domanda per come trattata in giudizio lo giustificasse”.
Rispetto a tale principio di diritto risulta manifestamente infondata la prospettazione della difesa di Consap in ordine alla riconducibilità della fattispecie all’istituto della correzione di errore materiale.
La sentenza impugnata va dunque cassata senza rinvio a norma dell’art. 382, comma 3, cod. proc. civ., quanto alla statuizione attributiva della condanna alle spese di primo grado a favore della Consap Spa
7. In conclusione, sono dichiarati inammissibili il primo ed il secondo motivo.
È accolto il terzo motivo in relazione alla censura riferita alla condanna degli odierni ricorrenti, in allora attori, alle spese per il primo grado a favore della Consap Spa
La sentenza è cassata senza rinvio quanto alla statuizione di condanna dei ricorrenti alle spese giudiziali di cui al primo grado a favore della Consap Spa
8. In relazione alla cassazione parziale della sentenza di appello, che determina, ai sensi dell’art. 336, primo comma c.p.c., il venir meno della statuizione recata da detta sentenza e la necessità di nuovamente statuire sulle spese di appello, si dispone nel medesimo senso della sentenza stessa.
I ricorrenti sono condannati al pagamento in solido, a favore della resistente — Assicurazioni Spa, delle spese del giudizio di cassazione, che vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
L’accoglimento del terzo motivo, quanto alla censura che riguardava la Consap Spa, giustifica, in base al principio della soccombenza, la condanna di quest’ultima alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità a favore dei ricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, dato che il ricorso è stato in parte accolto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso. Dichiara inammissibili il primo ed il secondo motivo. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto. Dispone che resti ferma la statuizione sulle spese di lite. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido ad — Assicurazioni Spa delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.000,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre le spese generali al 15% e gli accessori come per legge. Condanna Consap Spa al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.000,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre le spese generali al 15% e gli accessori come per legge.