Massima

Nel giudizio di legittimità la richiesta di pronuncia sull’istanza di rimborso delle spese processuali affrontate dalla parte per resistere vittoriosamente all’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di merito impugnata può essere esaminata alla condizione che venga notificata, con i relativi documenti da produrre, alla controparte, ovvero che il contraddittorio con la medesima sia stato, comunque, rispettato, con la conseguenza che detta istanza è inammissibile ove venga proposta in un procedimento soggetto a rito camerale mediante memoria ai sensi degli artt. 378 e 372, comma 2, c.p.c. non notificata alla controparte.

NDR: in tal senso Cass. 24201/2018.

Supporto alla lettura

Ambito oggettivo di applicazione

…omissis…

Fatti di causa

Nel 1991 XX conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Rossano, la EE Spa, al fine di sentire accertare la responsabilità della società convenuta per l’inquinamento delle falde acquifere e la contaminazione delle colture di sua proprietà in seguito alla fuoriuscita di carburante dalle cisterne della stazione di servizio Esso confinante con un suo fondo, ove era in corso di ultimazione un complesso edilizio destinato ad albergo ristorante; e, quindi, per sentire condannare detta società al risarcimento dei danni subiti. In particolare, per quanto qui rileva, la domanda del XX, quale proprietario del complesso edilizio destinato ad albergo ristorante con terreno circostante adibito ad orto e giardino, era diretta ad ottenere il ristoro dei danni conseguenti all’evento di spargimento che aveva causato, da un lato, il deterioramento delle colture e degli impianti idrici dell’albergo e del ristorante e, dall’altro, aveva reso non utilizzabile l’acqua del pozzo.

Si costituiva la EE Spa, che confermava la fuoriuscita del carburante dalle cisterne avvenuta nel 1984, ma contestava l’esistenza dei lamentati danni.

La causa veniva istruita mediante prove documentali, orali e tecniche. In particolare, veniva anche acquisita la documentazione prodotta da parte attorea, indicativa di un progetto imprenditoriale volto alla creazione di una attività recettiva (atto di compravendita della attività per — del 1974, licenza commerciale e rinnovo della medesima; fotografie della struttura, licenza di agibilità) e delle relative voci di danno subite (consulenza di parte dell’Ing. —).

Il Tribunale di Rossano, con sentenza n 523/2006, accoglieva la domanda condannando la Esso al pagamento della somma di Euro 50.000,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, a titolo di risarcimento dei danni, in favore del XX, nonché alla rifusione delle spese di lite.

Avverso tale sentenza la EE Srl con unico socio, già EE Spa, proponeva gravame, chiedendo il rigetto della domanda risarcitoria proposta dall’appellato.

All’impugnazione resisteva il XX, il quale proponeva, altresì, appello incidentale lamentando che il primo giudice avesse liquidato per difetto i danni.

La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 31/2011: in accoglimento dell’appello principale ed in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda risarcitoria proposta dal XX; dichiarava assorbito l’appello incidentale; condannava, quindi, l’appellato alla restituzione, in favore della società appellante, delle somme già versate da quest’ultima, e compensava le spese dei due gradi di giudizio.

Avverso la sentenza di secondo grado, il XX proponeva un primo ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui resisteva con controricorso la EE Srl con unico socio, che depositava memoria.

Questa Corte, con sentenza n. 16052/2015, in accoglimento del primo motivo del ricorso (assorbito il secondo), cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviava, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione.

In motivazione, detta Corte – dopo aver dato atto che: nel caso di specie va applicato l’art. 2050 c.c.; la presunzione di colpa a carico del danneggiante, posta dall’art. 2050 c.c., presuppone il previo accertamento dell’esistenza del nesso eziologico, la cui prova incombe al danneggiato, tra l’esercizio dell’attività e l’evento dannoso; restando, poi, a carico del danneggiante l’onere di provare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno; l’accertamento dell’esistenza del nesso eziologico tra l’esercizio dell’attività e l’evento dannoso rientra tra i poteri del giudice di merito ed è incensurabile in cassazione ove sufficientemente e logicamente motivato – ha ritenuto che nella specie l’esclusione della sussistenza di tale nesso non era adeguatamente motivata.

Successivamente il XX riassumeva la causa davanti alla Corte d’appello di Catanzaro.

Si costituiva la EE Srl

La Corte d’appello di Catanzaro, quale giudice di rinvio, con sentenza n. 1523/2016, in parziale riforma della sentenza n. 523/2006 emessa dal Tribunale di Rossano: rigettava la domanda di risarcimento dei danni formulata dal XX; confermava nel resto la sentenza n. 523/2006 del Tribunale di Rossano;        condannava il XX a restituire alla EE Srl le somme da quest’ultima versate in esecuzione della sentenza n 523/2006 emessa dal Tribunale di Rossano in data 24.7.2006, maggiorate degli interessi legali maturati dalla data del pagamento; compensava le spese di tutti i gradi e di tutte le fasi del giudizio.

In sintesi, la corte territoriale, pronunciando in sede di rinvio, accoglieva nuovamente, seppur per ragioni diverse, il motivo d’appello con il quale EE aveva censurato la sentenza di primo grado per avere ritenuto sussistenti i danni lamentati dell’attore. Invero – pur ritenendo accertata l’esistenza di un nesso causale tra l’inquinamento della falda acquifera sottostante il terreno di proprietà dell’attore e le infiltrazioni di carburante – riteneva tuttavia insussistenti i danni lamentati in conseguenza di tale evento.

Avverso tale decisione il XX, proponeva per la seconda volta ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Resisteva EE Srl con unico socio (già EE Spa), depositando controricorso e memoria.

Questa Corte con ordinanza n. 22824/2018 accoglieva il primo e il secondo motivo di ricorso; dichiarava assorbito il terzo; cassava la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinviando alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione, cui demandava di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Successivamente il XX riassumeva la causa davanti alla Corte d’appello di Catanzaro, insistendo nel rigetto dell’appello a suo tempo proposto dalla EE Srl, nonché nell’accoglimento del suo appello incidentale.

Si costituiva la EE Srl che a sua volta, preso atto della decisione della Corte regolatoria, insisteva nei propri motivi di appello e chiedeva il rigetto dell’appello incidentale, chiedendo in subordine, in caso di liquidazione di un danno a favore di controparte, la condanna della stessa a restituire le maggiori somme già incassate.

La Corte territoriale: dapprima, espletava consulenza tecnica d’ufficio, formulando al tecnico nominato il seguente quesito: “… esaminati gli atti, descriva le caratteristiche tecniche del pozzo semiartesiano; accerti la quantità di acqua potabile prelevabile dal pozzo e in che misura percentuale avrebbe presuntivamente soddisfatto il fabbisogno di acqua potabile per uso domestico e l’irrigazione del terreno destinato a giardino nel periodo 1984-2025; accerti l’eventuale differenza tra il valore del terreno prima dell’inquinamento e quello stimabile alla sua cessazione (2025) se possibile o , in alternativa, quello attuale; riferisca ogni altro elemento utile ai fini della decisione…”; poi, con sentenza n. 869/2021:            in accoglimento della domanda risarcitoria, condannava EE Spa al pagamento in favore di XX della somma di Euro 37.902,39; dava atto dell’avvenuto pagamento della somma di Euro 226.820,07 ed ordinava al XX la restituzione in favore di EE Spa della somma di Euro 188.917,68, oltre interessi legali dal 15.2.2007; compensava tra le parti le spese di lite per la metà e condannava l’EE Spa al pagamento in favore del XX, con distrazione in favore del difensore ex art. 93 cpc, della restante metà.

Avverso tale ultima sentenza n. 869/2021 emessa dalla corte territoriale quale giudice di rinvio, per la terza volta, ha proposto ricorso il XX, articolando due motivi.

Con il primo motivo ha denunciato: “Violazione di legge in riferimento alla previsione di cui all’art. 2697 c.c. e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3), 4) e 5). Sulla sussistenza della prova dei danni certi derivati dalla contaminazione del pozzo o comunque della falda e, in generale, del fondo del XX e sulla impossibilità di utilizzo della acqua a qualsiasi scopo, potabili, agricolo ma anche potenzialmente imprenditoriale”.

Ha censurato la sentenza della corte territoriale nella parte in cui ha affermato che: a) “il quadro normativo sopra citato e la mancata autorizzazione al prelievo dell’acqua pubblica sotterranea da utilizzare per l’esercizio del ristorante (prima) e dell’albergo (dopo) non consentono, in definitiva, di considerare ai fini risarcitori il pregiudizio prodotto alla struttura alberghiera”; b) “il XX, non essendo abilitato allo sfruttamento imprenditoriale della risorsa idrica, non può dolersi del mancato utilizzo dell’acqua del pozzo con riferimento alla struttura alberghiera”; c) la mancata quantificazione dei danni alle colture ed agli impianti idrici siccome, a dire con la sentenza impugnata “…devono ritenersi coperti da giudicato…”; d) “il costo verosimilmente sostenuto dal 1984 fino all’attualità per surrogare l’acqua dal pozzo contaminato e da sostenere fino al decadimento dell’inquinamento… tenuto conto delle tariffe comunali relative alla fascia più alta della categoria “uso domestico”, ammonta all’incirca a Euro 167,00 l’anno e, quindi, all’importo finale di Euro 16.805,16. In tal misura va quindi liquidato il danno patito dal XX per il mancato utilizzo dell’acqua del pozzo”; e) “il giudizio di rinvio si connota come un tipico giudizio prosecutorio. S’intende, infatti, notoriamente per giudizio prosecutorio quello che nasce dall’annullamento per i motivi di cui ai numeri 3 e 5 dell’art.360 c.p.c.”.

Ha sottolineato che, nel principio di diritto offerto in sede di rinvio, in alcuna considerazione si tenevano la potabilità dell’acqua (invece, assunta come elemento dirimente dal giudice del rinvio) ovvero l’effettivo utilizzo della risorsa a scopi (anche solo potenzialmente) imprenditoriali, mentre si faceva espresso riferimento a “parametri, cumulativi o alternativi, quali: la gravità e la prevedibile durata nel tempo dell’inquinamento; le spese necessarie per un eventuale intervento di bonifica ove ritenuto possibile e pienamente risolutivo; la grandezza della falda e la quantità di acqua che essa avrebbe potuto fornire; la differenza tra il valore commerciale del terreno prima dell’inquinamento e quello stimabile successivamente ad esso”, che non erano stati utilizzati.

Ha indicato come espresso oggetto di doglianza (p. 43) il fatto che la corte territoriale è incorsa in macroscopico errore motivazionale ed in non corretta applicazione del principio di diritto indicato nella ordinanza di rimessione: “sia in ordine all’omesso quesito circa la quantificazione del danno da potenziale investimento imprenditoriale sia quello alle colture che certamente non è affatto passato in cosa giudicata dovendosi quantificare, come dalla medesima Corte dichiarato, per la prima volta, in siffatta sede”.

Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato: “Violazione di legge in riferimento alla previsione di cui all’art. 91 (ma anche 92) c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3)” nella parte in cui la corte territoriale, all’esito di una erronea e falsa applicazione delle norme regolatrici, quanto alle spese ha statuito che: “… Le spese legali di tutte le fasi processuali in ragione della soccombenza reciproca conseguente al notevole ridimensionamento della pretesa risarcitoria vanno poste a carico di EE Spa nella misura del 50% e compensate per il restante 50%…”.

Ha dedotto che lui non solo risultava già vittorioso nel merito in primo grado, ma, costretto dalla Esso Spa ad un giudizio di secondo grado, aveva deciso di ivi ricorrere incidentalmente per sentire dichiarare che l’inquinamento della falda sottostante il terreno di proprietà derivasse dalle infiltrazioni dei carburanti fuoriusciti dalle cisterne della EE Spa e conseguentemente condannare al risarcimento dei tutti subiti e subendi. Sebbene in tale secondo grado di giudizio, la sua legittima pretesa non aveva trovato accoglimento, questa Corte, cassando con rinvio, aveva restituito rilievo alla sua posizione ed aveva cristallizzato non solo la legittimità della sua pretesa risarcitoria ma anche il suo corretto comportamento processuale.

Ha indicato come espresso oggetto di doglianza il fatto che la corte territoriale ha posto nel nulla il suo lungo e travagliato impegno per ottenere la declaratoria di responsabilità dell’inquinamento (sempre ostinatamente negato da Esso) ed il risarcimento dei danni subiti dall’illecito posto in essere dalla Esso medesima.

Ha resistito con controricorso EE Srl.

Per l’odierna udienza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre i Difensori di entrambe le parti hanno presentato memoria a sostegno delle rispettive ragioni. Il Difensore di parte resistente ha anche fatto presente che la corte di rinvio, nelle more del presente giudizio, ha respinto per due volte (con ordinanza del 14 aprile e del 20 dicembre 2023) la richiesta di sospensione della esecuzione della sentenza qui impugnata ed ha chiesto, con la memoria, la liquidazione delle relative spese.

Il Collegio si è riservato il deposito della motivazione della decisione entro il termine di sessanta giorni.

Ragioni della decisione

È impossibile eludere il rilievo dell’improcedibilità del ricorso.

Come è noto, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., “insieme al ricorso” deve essere depositata, a pena di improcedibilità, “copia autentica della sentenza o della decisione impugnata”.

Orbene – premesso che il ricorso è stato iscritto telematicamente e che con la stessa modalità sono stati depositati dal ricorrente tutti gli allegati al ricorso e la successiva memoria illustrativa – copia autentica della sentenza n. 869/2021, emessa dalla corte territoriale quale giudice di rinvio, non è stata rinvenuta dal Collegio in nessuno dei documenti del fascicolo informatico del ricorrente, benché tutti questi siano stati direttamente, analiticamente e singolarmente verificati in camera di consiglio. Né la copia autentica della sentenza impugnata è stata depositata da parte resistente o è altrimenti in atti.

Si segnala inoltre che: il ricorrente a pag. 52 del ricorso afferma di depositare, unitamente al ricorso, come allegato 10), copia autentica della sentenza impugnata n. 869/2021, ma detto allegato 10) non si ritrova nel fascicolo informatico; i files, che nel fascicolo informatico risultano indicati come Id 26 e Id 27, non sono leggibili; nella nota di iscrizione a ruolo non è stata neppure indicata, come oggetto di deposito, la copia del provvedimento impugnato.

All’improcedibilità del ricorso principale consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle sole spese sostenute da parte resistente e la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. n. 4315/2020).

Non può essere invece esaminata la richiesta di liquidazione delle spese (articolata da parte resistente in sede di memoria) relative al rigetto (di cui alle ordinanze del 14 aprile e del 20 dicembre 2023 della corte territoriale) della richiesta di sospensione della esecuzione (articolata dall’odierno ricorrente) della sentenza impugnata.

Invero, è jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 24201/2018) che: “Nel giudizio di legittimità la richiesta di pronuncia sull’istanza di rimborso delle spese processuali affrontate dalla parte per resistere vittoriosamente all’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di merito impugnata può essere esaminata alla condizione che venga notificata, con i relativi documenti da produrre, alla controparte, ovvero che il contraddittorio con la medesima sia stato, comunque, rispettato, con la conseguenza che detta istanza è inammissibile ove venga proposta in un procedimento soggetto a rito camerale mediante memoria ai sensi degli artt. 378 e 372, comma 2, c.p.c. non notificata alla controparte”.

In applicazione del suddetto principio, la richiesta deve essere dichiarata inammissibile, in quanto parte resistente non soltanto non ha provato, ma non ha neppure dedotto la previa notifica a controparte dell’atto, con il quale la richiesta è stata articolata, nonché della produzione della relativa documentazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle sole spese del presente giudizio, spese che liquida in Euro 3.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.

Allegati

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