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Cassazione civile sez. III, 14/03/2024, n. 6839

Massima

In tema di contratto di ormeggio, la prova della causa e del contenuto, comprensiva dell’eventuale obbligo di custodia del natante, può essere fornita anche per presunzioni, valutando complessivamente gli elementi indiziari acquisiti in giudizio al fine di verificare se, pur singolarmente privi di valenza indiziaria, siano in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi.

Supporto alla lettura

CONTRATTO DI ORMEGGIO

Si tratta di un contratto atipico non inserito nel codice della navigazione e non previsto dal codice civile ma che trae la sua legittimazione in parte dall’art. 1322 c.c. 2° co. ed in altra parte da alcuni successivi interventi normativi settoriali. Con tale contratto il proprietario dell’imbarcazione chiede al concessionario portuale l’attribuzione di uno spazio acqueo delimitato e protetto (c.d. posto barca) dove tenere il natante, in cambio un corrispettivo in denaro per un determinato periodo di tempo.

Data la natura atipica del contratto di ormeggio e l’evidente difficoltà di risalire ad una figura negoziale ben definita, elementi utili ed indispensabili all’individuazione della disciplina cui esso soggiace sono: l’interpretazione effettiva della volontà delle parti e le prestazioni in concreto offerte. In tal senso in assenza di clausole contrattuali volte ad escludere nettamente l’obbligo di custodia, la giurisprudenza ha ritenuto negli anni di applicare al contratto di ormeggio le norme disciplinanti il contratto di deposito, in relazione al fatto che il diportista raramente stipula tale accordo al solo fine di assicurarsi il godimento dello spazio acqueo riservatogli, volendo allo stesso tempo usufruire delle prestazioni accessorie messe a disposizione dal concessionario/gestore.

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO CHE
l’avvocato (omissis) convenne davanti al Tribunale di Napoli il Circolo Nautico (omissis) per sentirne pronunciare la condanna al risarcimento dei danni conseguenti al furto del proprio gommone ormeggiato presso il molo del Circolo; a tal fine dedusse di essere stato socio del circolo, essendo tale iscrizione condizione per poter usufruire del servizio di ormeggio con custodia del proprio natante, e di aver corrisposto per tutto il periodo della sua adesione un doppio pagamento, in parte tramite assegno in parte in contanti proprio a stigmatizzare che i servizi resi e pagati comprendevano non il solo ormeggio del natante, inteso come messa a disposizione di uno spazio acqueo, ma anche la custodia del mezzo;

il circolo, costituendosi in giudizio chiese il rigetto delle domande deducendo che il (omissis) aveva sottoscritto lo statuto sociale e il regolamento generale del circolo contenenti espressa clausola di esclusione della responsabilità del medesimo per il caso di furto;

istruita la causa con prove testimoniali, interrogatorio delle parti e CTU grafologica il Tribunale di Napoli rigettò le domande; interposto gravame dal (omissis), deducendo – tra l’altro – il pagamento da parte sua di un doppio corrispettivo nonché la richiesta di polizza per il furto quali indizi dell’esistenza di un’espressa obbligazione del circolo per la custodia dei natanti ivi ormeggiati; con sentenza pubblicata in data 10/10/2018 la Corte d’Appello di Napoli ha rigettato il gravame, affermando che, pur essendovi in effetti prova della possibilità di fruire di un servizio di guardiania, il danneggiato non aveva dato la prova del contenuto del contratto concluso;

avverso la suindicata sentenza della corte di merito il Circolo Nautico (omissis) propone ora ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo;

resiste con controricorso il (omissis), che spiega altresì ricorso incidentale, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso il Circolo Nautico (omissis);

entrambe le parti hanno depositato memoria;

CONSIDERATO CHE
Va anzitutto esaminato, in quanto logicamente prioritario, il ricorso incidentale;occorre preliminarmente dare atto della ammissibilità dell’impugnazione incidentale tardiva, ritenuta da questa Corte ammissibile in un caso del tutto analogo al presente nel quale l’impugnazione principale era relativa soltanto al capo di sentenza sulle spese di lite; questa Corte con ordinanza Cass., 3, n. 26139 del 5/9/2022, ha infatti statuito: “L’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, dovendosi consentire alla parte che avrebbe di per sé accettato la decisione, di contrastare l’iniziativa della controparte, volta a rimettere in discussione l’assetto di interessi derivante dalla pronuncia impugnata, in coerenza con il principio della cd. parità delle armi tra le parti ed al fine di evitare una proliferazione dei processi di impugnazione”;

con il primo motivo – violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. 1766, 2697, 2727, 2729 c.c. e 115 e 116 c.p.c. omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5 c.p.c.) in relazione agli stessi articoli – il ricorrente impugna la sentenza nella parte in cui risulta affermato essere suo onere provare che lo stipulato contratto comprendesse, oltre all’ormeggio, anche il servizio di guardiania dell’imbarcazione, incombendo invero al Circolo provare che tale (ulteriore) servizio fosse escluso dal contratto stipulato tra le parti; si duole non essersi dalla corte d’appello considerato che proprio in ragione della costante guardiania diurna e notturna si è invero indotto a stipulare il contratto (v. pag. 14 del ricorso incidentale) essendovi invero numerosi indizi da cui desumere in via presuntiva l’esistenza (anche) dell’obbligo di guardiania, quali in particolare la prassi del duplice pagamento del servizio – in contanti e tramite assegno -, e l’irragionevolezza di contratti differenziati tra i singoli associati;

con il secondo motivo – violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. degli artt. 2727 e 2729 c.c. 115 e 116 c.p.c., gradatamente, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti – si duole non essersi ravvisata la sussistenza di un ragionamento presuntivo per dedurre da fatti noti il fatto ignoto, costituito dall’obbligo di guardiania; a sostegno della censura indica una serie di elementi di fatto che avrebbero, a suo avviso, integrato indizi gravi, precisi e concordanti: la sussistenza di un costo, e di un doppio pagamento, per il noleggio e per la guardiania, la presenza di una sottoscrizione (risultata apocrifa) di una clausola di esonero da responsabilità del circolo nell’ipotesi di furto, etc.

con il terzo motivo di ricorso – nullità della sentenza e/o del procedimento in relazione agli artt. 2697, 2702, 2727, 2729 c.c. 167, 183, 345 c.p.c. omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti – il ricorrente impugna il capo di sentenza che ha ritenuto correttamente acquisito agli atti il regolamento del circolo e comunque il medesimo irrilevante ai fini del decidere;

i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati;

va innanzitutto osservato che, in tema di interpretazione del contratto è orientamento consolidato che, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, che va invero verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell’art. 1363 c.c., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (v. Cass., 28/8/2007, n. 828; Cass., 22/12/2005, n. 28479; 16/6/2003, n. 9626, da ultimo, Cass., 10/6/2020, n. 11092).

Si è altresì sottolineato che, nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, il criterio letterale deve essere invero necessariamente riguardato alla stregua degli ulteriori criteri legali d’interpretazione, e in particolare, oltre al comportamento delle parti anche dopo la conclusione del contratto (art. 1362, 2 co., c.c.) (v., da ultimo, Cass., 30/8/2019, n. 21840), di quelli (quali primari criteri d’interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto: v. Cass., 20/10/2021, n. 28996; Cass., 10/6/2020, n. 11092; Cass., 6/12/2018, n. 31574; Cass., 13/11/2018, n. 29016; Cass., 30/10/2018, n. 27444; Cass., 12/6/2018, n. 15186; Cass., 19/3/2018, n. 6675. V. altresì Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 27/6/2011, n. 14079; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., 19/5/2011, n. 10998; con riferimento agli atti unilaterali v. Cass., 6/5/2015, n. 9006) dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. (che consente di accertare il significato dell’accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta: cfr. Cass., 13/11/2018, n. 29016) e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c. (che quale criterio d’interpretazione del contratto – fondato sull’esigenza definita in dottrina di “solidarietà contrattuale” – si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (v. Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628), non consentendo di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte (v. Cass., 23/5/2011, n. 11295) e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell’accordo negoziale (cfr. Cass., 23/5/2011, n. 11295; e, da ultimo, Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882).

Sebbene centrale nella ricerca della reale volontà delle parti, l’elemento letterale deve essere pertanto considerato non già isolatamente ma in correlazione con gli altri criteri ermeneutici, e primariamente con quello funzionale, in coerenza cioè con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare (causa concreta) mediante la stipulazione (v. Cass., 12/11/2019, n. 11092; Cass., 6/7/2018, n. 17718; Cass., 19/3/2018, n. 6675; Cass., 22/11/2016, n. 23701), con la quale convenzionalmente determinano la disciplina accettata come vincolante (art. 1372 c.c.) del loro rapporto contrattuale (cfr. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882; Cass., 6/7/2018, n. 17718). A tale stregua, l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1366 c.c. non consente, quale criterio d’interpretazione del contratto, di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte (v. Cass., 23/5/2011, n. 11295) e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell’accordo negoziale (cfr., con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia, Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947).

Orbene, la corte di merito è nel caso pervenuta ad un’interpretazione del negozio de quo in termini non consentanei con i suindicati principi.

Deve ulteriormente sottolinearsi che, come questa Corte ha avuto già modo di affermare, il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale, consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo. Il suo contenuto può, tuttavia, estendersi anche ad altre prestazioni, quali la custodia del natante o delle cose in esso contenute, nel qual caso spetta a chi fondi un determinato diritto, o la responsabilità dell’altro contraente, sullo specifico oggetto della convenzione di fornire la relativa prova (Cass., 3, n. 3554 del 13/2/2013; Cass., 6-3, n. 10001 del 28/5/2020).

La prova della causa e del contenuto del contratto può essere data anche a mezzo di presunzioni.

Orbene, pur dando atto della sussistenza di un doppio pagamento deponente per l’esistenza di un obbligo di guardiania nell’impugnata sentenza e pur ritenendo apocrifo il Regolamento falsamente attribuito all’adesione del (omissis) la corte di merito è pervenuta ad escludere la sussistenza dell’obbligo in relazione al singolo contratto stipulato dal ricorrente.

L’impugnata decisione si appalesa pertanto in contrasto il principio affermato da questa Corte in base al quale in tema di prova per presunzioni il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi.

E’ pertanto censurabile la decisione in cui come nella specie il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento (Cass., 3, n.9059 del 12/4/2018; Cass., L, n. 18822 del 16/7/2018).

Attesa la fondatezza nei suindicati termini dei motivi, il ricorso incidentale va pertanto accolto, con conseguente cassazione in relazione – assorbito il ricorso principale (con il quale il Circolo, in ordine alla liquidazione delle spese in una misura inferiore ai minimi tariffari, ha denunziato la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 10/3/2014 -e in particolare dell’art. 4 -, come modificato dal D.M. n. 37 dell’8/3/2018 sui criteri e parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c.) dell’impugnata sentenza e rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale, assorbito il ricorso principale. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile del 12 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2024.

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