FATTI DI CAUSA
Dopo aver comunicato la volontà di avvalersi (a causa del mancato pagamento di canoni) della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto di locazione stipulato con la (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l. propose ricorso ex art. 447 bis c.p.c., per sentir dichiarare l’avvenuta risoluzione del contratto e per accertare che alla conduttrice non spettava l’indennità per la perdita dell’avviamento.
La (OMISSIS) resistette alla domanda e, a seguito di separato ricorso monitorio, ottenne l’ingiunzione di pagamento della somma dovuta per l’indennità di avviamento commerciale.
Riuniti i due giudizi, il Tribunale di Chiavari rigettò le domande della (OMISSIS) e condannò la locatrice al pagamento dell’indennità.
La Corte di Appello di Genova ha affermato che l’esistenza del debito della conduttrice risultava accertata con efficacia di giudicato (per effetto di ordinanza L. n. 253 del 1950, ex art. 41, non impugnata) e che tale debito persisteva alla data in cui la locatrice aveva comunicato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa; ha pertanto dichiarato risolto il contratto di locazione (rilevando che sussisteva l’interesse della locatrice a far valere la risoluzione anche “in presenza di una causa di estinzione del rapporto, quale la naturale scadenza, precedentemente verificatasi“) e ha ritenuto non dovuta l’indennità per la perdita dell’avviamento (pur avendo accertato che l’attività svolta dalla (OMISSIS) – che gestiva una casa di riposo per anziani- aveva natura imprenditoriale e comportava contatti diretti col pubblico degli utenti).
Ricorre per cassazione la (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, affidandosi a sei motivi; resiste l’intimata a mezzo di controricorso contenente ricorso incidentale basato su un unico motivo; ad esso resiste la (OMISSIS) con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo (“violazione ed errata applicazione di legge in relazione agli artt. 1453 e 1456 c.c.“) e col secondo motivo (che denuncia la violazione della L. n. 392 del 1978, art. 34) la ricorrente censura la Corte laddove ha affermato che la risoluzione per inadempimento del contratto di locazione può essere fatta valere anche nel caso in cui si sia precedentemente verificata la naturale scadenza: evidenzia che la comunicazione del locatore di avvalersi della clausola risolutiva espressa (che non poteva aver prodotto effetti che dal momento in cui il conduttore l’aveva ricevuta, ossia dal 16.12.2008) era stata successiva di due giorni alla scadenza del contratto (avvenuta il 14.12.2008, come da licenza per finita locazione e successiva convalida) e assume che “se può essere accettabile che il locatore possa chiedere la risoluzione del contratto anche dopo la sua scadenza per non pagare l’indennità di avviamento, ciò potrebbe fare solo per far accertare una causa di risoluzione per grave inadempimento (art. 1453 cc) mai per far accertare l’operatività di una clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.) comunicata dopo la scadenza del contratto“; conclude pertanto che la già avvenuta cessazione del contratto per finita locazione comportava la “preclusione a far valere la clausola“, con la “ulteriore conseguenza” della “debenza dell’indennità di avviamento, poichè la inutile tentata risoluzione del contratto per inadempimento non è ostativa alla insorgenza del diritto L. n. 392 del 1978, ex art. 34, comma 1“.
2. Il terzo e il quarto motivo denunciano l’omesso esame di un fatto decisivo individuato – in un caso – nella circostanza che il 29.12.2006, la (OMISSIS) aveva trasmesso alla locatrice, tramite bonifico, la somma corrispondente alle mensilità da aprile a dicembre 2006 e – nell’altro caso – nel fatto che la conduttrice aveva versato alle imprese esecutrici dei lavori sull’immobile la quota dell’80% dei canoni “oltre al corrispondente quoziente dell’80% di IVA“, corrispondendo invece alla locatrice la restante quota del 20% del canone e della relativa IVA.
3. Il quinto motivo deduce la “violazione ed errata applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., e dell’art. 12 preleggi“, e contesta la sussistenza del giudicato circa la posizione debitoria della conduttrice.
4. Il sesto motivo censura, sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo e con richiamo al terzo e al quarto motivo, l’affermazione della Corte secondo cui il credito della locatrice venne estinto “solo mediante l’azione esecutiva successiva all’invocazione della clausola risolutiva espressa“.
5. L’unico motivo del ricorso incidentale prospetta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 35 L. n. 392/78 in relazione all’affermazione della Corte secondo cui “deve presumersi che la casa di riposo per anziani gestita da (OMISSIS) avesse natura imprenditoriale“.
6. Il ricorso principale è fondato in relazione ai primi due motivi.
La quaestio iuris sottoposta alla Corte attiene alla possibilità o meno di far valere una clausola risolutiva espressa in un momento successivo alla cessazione del contratto per finita locazione (nel caso, il contratto era cessato alla scadenza del 14.12.2008, a seguito di licenza convalidata nell’anno 2004; la volontà della locatrice di avvalersi della clausola risolutiva espressa era stata invece comunicata con missiva pervenuta alla conduttrice il 16.12.2008, e quindi in data successiva alla cessazione del contratto per finita locazione).
Ad essa è collegata la questione (costituente la ragione del contendere) concernente la spettanza o meno dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, che – ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 34, comma 1, – va riconosciuta in caso di cessazione della locazione promossa dal locatore e va negata, invece, in caso di risoluzione per inadempimento del conduttore.
I precedenti richiamati dalla sentenza impugnata (ossia Cass. n. 8435/2002 e Cass. n. 28416/2008, come pure altri successivi) riguardano l’ipotesi della cessazione per finita locazione (o, comunque, della restituzione dell’immobile) che intervenga in pendenza di un giudizio di risoluzione per inadempimento e affermano – condivisibilmente – che la scadenza del contratto o comunque – la restituzione dell’immobile non determinano la cessazione della materia del contendere in relazione alla domanda di risoluzione per inadempimento, in quanto il locatore conserva interesse alla pronuncia sull’inadempimento “potendo da tale accertamento derivare effetti a lui favorevoli come, in caso di immobile non abitativo, la non debenza dell’indennità di avviamento” (Cass. n. 8435/2002; conformi Cass. n. 2082/2012 e Cass. n. 25740/2015).
Diverso è il caso in esame, in cui la clausola risolutiva è stata fatta valere (con comunicazione ricevuta il 16.12.2008 ed efficace da tale momento, ex art. 1334 cod. civ.) a contratto già cessato, in quanto scaduto – come detto – il 14.12.2008, a seguito di convalida di licenza del maggio 2004.
In tale ipotesi, la debenza dell’indennità era ormai “cristallizzata” per il fatto che il contratto era cessato a seguito dell’iniziativa della locatrice (licenza) e non vi era pertanto spazio – e interesse – per l’accertamento della risoluzione a seguito dell’esercizio della clausola risolutiva espressa in un momento successivo alla cessazione del contratto.
Va pertanto affermato il seguente principio di diritto: “cessato il contratto di locazione relativo ad un immobile ad uso diverso da quello abitativo a seguito di convalida della licenza intimata dal locatore, questi non ha interesse a far valere, dopo la scadenza, una clausola risolutiva espressa del contratto, neppure al fine di sottrarsi al versamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale“.
Accolto dunque il ricorso principale in relazione ai primi due motivi (con assorbimento dei restanti quattro), deve cassarsi la sentenza in relazione ad essi, disponendosi il rinvio alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto sopra affermato.
7. Il ricorso incidentale è infondato.
La Corte ha ampiamente e correttamente motivato sulla natura dell’attività della casa di riposo e sulla sussistenza del requisito del contatto diretto col pubblico degli utenti, sottolineando – quanto al primo profilo – la prevalenza di un’attività di natura imprenditoriale (che collocava le prestazioni propriamente professionali in un contesto organizzato di una pluralità di servizi, quali la refezione, l’alloggio, la pulizia, l’assistenza alla vita quotidiana) e rilevando quanto al secondo profilo – che la circostanza che, negli anni più recenti, i posti letto fossero stati tutti assegnati alla ASL non valeva ad escludere che l’attività fosse – per sua natura – comunque aperta al contatto diretto col pubblico degli utenti (come lo era stata prima della convenzione con la ASL), in conformità alle stesse previsioni contrattuali.
Sulla base di tali apprezzamenti in fatto, non sindacabili in sede di legittimità, non risulta configurabile, sotto alcun profilo, la dedotta violazione della L. n. 392 del 1978, art. 35.
8. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.
9.In relazione al ricorso incidentale, proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
rigettato il ricorso incidentale, la Corte accoglie i primi due motivi del ricorso principale, dichiarando assorbiti gli altri, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2016.
