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Cassazione civile sez. III, 13/09/2023, n.26448

Massima

Il notaio, avendo l’obbligo di accertare la capacità legale di contrarre delle parti dell’atto rogando, è responsabile del danno patito dall’acquirente di un immobile venduto da persona già dichiarata fallita al momento della stipula, a meno che non dimostri che nemmeno con l’uso della diligenza professionale da lui esigibile avrebbe potuto accertare l’esistenza della sentenza dichiarativa di fallimento.

Supporto alla lettura

Responsabilità notaio

Tra notaio e le parti roganti si instaura un rapporto contrattuale. Il notaio, nel svolgere la propria attività verso il cliente che assiste, è tenuto sia alla prestazione espressamente richiesta sia ai compiti ulteriori che siano necessari a garantire il buon esito del risultato. Tra questi vi è il c.d. obbligo di consiglio ribadito di recente da Cass. civ., sez. III, 18-05-2017, n. 12482, per il quale il notaio incaricato della redazione ed autenticazione di un contratto preliminare per la compravendita di un immobile, non può limitarsi a procedere al mero accertamento della volontà delle parti ed a sovraintendere alla compilazione dell’atto, occorrendo anche che egli si interessi delle attività preparatorie e successive necessarie ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto medesimo e del risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti stesse (nella specie, in cui le parti avevano pattuito un termine di nove anni per la stipula del definitivo, la suprema corte ha ritenuto che rientrava nel c.d. «dovere di consiglio», gravante sul notaio ex art. 42, 1º comma, lett. a), del codice di deontologia notarile, avvertire le parti della durata triennale degli effetti della trascrizione del preliminare, ai sensi dell’art. 2645 bis, 3º comma, c.c., e, conseguentemente, degli ulteriori adempimenti necessari a garantire la sicurezza dell’operazione).

La regola è che l’opera demandata al notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto pubblico non si riduce al mero compito di accertare la volontà delle parti, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive necessarie affinché sia assicurata la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi, per effetto del conseguimento dello scopo tipico di esso, con la conseguenza che l’inosservanza dei menzionati obblighi accessori da parte del notaio, salvo espresso esonero delle parti, comporta responsabilità ex contractu per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità: Cass. civ., sez. I, 29-11-2007, n. 24939.

Deve anche accertare la capacità di disporre delle parti stesse; infatti per Cass. civ., sez. III, 19-12-2014, n. 26908, sussiste la responsabilità contrattuale del notaio che abbia rogato un atto di trasferimento di immobile allorché il venditore sia stato in precedenza dichiarato fallito, risultando per tale ragione l’atto privo di effetti verso i creditori; il bene, pertanto, deve essere restituito e l’acquirente ha diritto al risarcimento del danno patito, il cui ammontare è pari al valore monetario dell’immobile al momento dell’effettivo rilascio, detratto l’importo corrispondente al vantaggio economico tratto nel periodo in cui l’acquirente ne ha avuto il godimento quale proprietario. Deve altresì consigliare alle parti l’atto più conveniente sotto il profilo fiscale, come ricorda Cass. civ., sez. II, 13-01-2003, n. 309: il notaio, chiamato a stipulare un atto in cui le parti interessate si dichiarano «coltivatori», ha l’obbligo, ai sensi dell’art. 1176 c.c., di svolgere un’adeguata ricerca legislativa, al fine di far conseguire alle parti il regime fiscale più favorevole, sul presupposto, pacifico nella giurisprudenza della suprema corte, secondo il quale la funzione del notaio non si esaurisce nella mera registrazione delle dichiarazioni delle parti, ma si estende all’attività di indirizzo anche fiscale, nei limiti delle conoscenze che devono far parte del normale bagaglio di un professionista che svolge la sua attività principale nel campo della contrattazione immobiliare. Quanto agli altri suoi compiti, il notaio deve effettuare le verifiche sulle trascrizioni pregiudizievoli che gravino sul bene, essendo altrimenti tenuto al risarcimento del danno Così Cass. civ., sez. III, 26-8-2014, n. 18244: il notaio incaricato di un atto avente per oggetto la vendita di un immobile, ove non abbia compiuto diligentemente le necessarie visure ipocatastali, è responsabile dei danni subiti dal compratore del bene, che risulti gravato da iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli non dichiarate, ma soltanto nei limiti di quella parte del prezzo che non sia stata già versata in precedenza al venditore.

Peraltro, secondo Cass. civ., sez. III, 21-06-2012, n. 10297, qualora le parti, pur avvertite dal notaio dell’obbligo di trascrivere l’atto, abbiano escluso la trascrizione o disposto che essa avvenga in ritardo, tanto nel caso di previsione della esenzione del notaio da responsabilità, quanto in mancanza di tale espressa esenzione, deve escludersi che al professionista possa addebitarsi una responsabilità per il danno subìto in conseguenza della mancata o tardiva trascrizione, atteso che il comportamento del notaio è stato da loro consentito e anzi, sul piano del contratto di prestazione d’opera, imposto.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

Il giudizio nella fase di merito ebbe origine con l’atto di citazione, dinanzi al Tribunale di Marsala, con cui la curatela del fallimento della società di fatto di O.G. e V.A. agì nei confronti dei due compratori, D.M. e R.G., di un immobile sito in (Omissis), per ottenere la dichiarazione di inefficacia della compravendita per atto notarile, in quanto stipulata successivamente al fallimento del venditore O.G..

I due compratori si costituirono in giudizio e chiamarono in causa il notaio rogante, B.G., prospettando un presunto difetto di diligenza del professionista in relazione all’omesso rilievo della sentenza dichiarativa di fallimento, pure trascritta.

Il notaio si costituì in giudizio e contestò la fondatezza della domanda di manleva.

Il Tribunale di Marsala dichiarò l’inefficacia della compravendita e rigettò la domanda di garanzia dei convenuti nei confronti del notaio B., ritenendo che questi avesse fornito sufficienti elementi di prova idonei ad escludere la violazione del dovere di diligenza professionale.

Avverso tale decisione i compratori soccombenti hanno proposto impugnazione alla Corte d’Appello di Palermo, chiedendo la riforma della sentenza impugnata, nei confronti del solo notaio B., in quanto con la curatela del fallimento O. – V. erano addivenuti a transazione, corrispondendo a tacitazione delle pretese della curatela la somma di diciottomila Euro.

Si è costituito il notaio appellato, opponendosi al gravame.

La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza n. 2438 del 13/12/2019, ha accolto l’impugnazione, ritenendo il notaio responsabile del danno patito dagli acquirenti.

Avverso la sentenza della Corte territoriale il notaio B. propone ricorso in cassazione incentrato su di un unico motivo.

Resistono con controricorso D.M. e R.G..

Per l’adunanza camerale del 27/02/2023 entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La ricorrente censura come segue la sentenza della Corte territoriale: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 1176 e 2229 c.p.c., L. n. 89 del 1913, art. 28, comma 1, n. 1 (Legge Notarile), R.D.L. 10 settembre 1914, n. 1326, artt. 54, 55 e 56, L. Fall., art. 50, artt. 2644 e 1650 c.c..

Il notaio B. afferma che la Corte d’Appello di Palermo ha errato nel determinare il contenuto tipico delle prestazioni che il notaio è tenuto ad eseguire nell’espletamento dell’incarico professionale conferitogli, per aver ritenuto che l’accertamento della capacità della parte alienante debba essere effettuato attraverso l’espletamento delle cd. visure presso le Conservatoria dei Registri Immobiliari, anziché attraverso l’esame del registro dei falliti presso il Tribunale ovvero l’elenco dei falliti trasmesso dalla cancelleria del Tribunale al consiglio notarile.

La decisione impugnata, secondo il notaio ricorrente, è inoltre errata laddove postula che la visura dei registri immobiliari costituisca strumento idoneo a consentire opportuni controlli sulla capacità a contrarre dell’alienante. Secondo la ricorrente altri sono gli strumenti idonei ad accertare l’eventuale qualità di fallito del venditore, innanzitutto l’albo dei falliti di cui alla L. Fall., art. 50, la comunicazione dell’estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai sensi del R.D. n. 1326 del 1914, art. 55.

La ricorrente sostiene, altresì, che ella avrebbe, inoltre, fornito la prova documentale, ignorata dalla Corte territoriale, dell’inesistenza di annotazioni a carico del nominativo di uno dei falliti sul motore di ricerca web in uso ai notai, e che detta prova non era stata neanche oggetto di impugnazione della controparte.

La motivazione della sentenza impugnata risiede nell’accertamento che l’immobile, sito in (Omissis), oggetto della compravendita risultava venduto da persona fisica, O.G., già dichiarata fallita, con sentenza del Tribunale di Marsala in data 28/04/1986, trascritta presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Trapani in data 29/09/1988, al momento della stipula, ed i riscontri probatori hanno dimostrato che il notaio B. non aveva offerto la prova dell’impossibilità dell’inadempimento dovuta a causa a lui non imputabile e, soprattutto, non aveva provveduto ad espletare le ricerche necessarie ad assolvere i suoi doveri professionali.

La sentenza impugnata, alle pagg. 4, 5 e 6, afferma che il notaio B. avrebbe potuto agevolmente, prima della stipula del rogito, avvenuta in data 31/05/2004, effettuare ricerche sulla capacità a disporre di O.G. e ciò anche presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Trapani, oltre che presso quella di Livorno, posto che l’ O. risultava essere stato ivi residente ed era oramai a regime il sistema di meccanizzazione e informatizzazione di tutte le Conservatorie dei Registri Immobiliari, compresa, dal gennaio 1989, quella di Trapani, in guisa tale che era assicurata la completezza e la tempestività dell’informazione dei servizi offerti su tutto il territorio nazionale. La sentenza impugnata afferma che detto controllo era vieppiù necessario, da parte del notaio rogante, in quanto l’ O. aveva dichiarato di essere commerciante e di avere ottenuto un mutuo per detta categoria di soggetti professionali.

Questa Corte ha già affermato che (Cass. n. 11569 del 19/05/2009 Rv. 608166 – 01): “Il notaio, avendo l’obbligo di accertare la capacità legale di contrarre delle parti dell’atto rogando, è responsabile del danno patito dall’acquirente di un immobile venduto da persona già dichiarata fallita al momento della stipula, a meno che non dimostri che nemmeno con l’uso della diligenza professionale da lui esigibile avrebbe potuto accertare l’esistenza della sentenza dichiarativa di fallimento”. La richiamata pronuncia afferma, in motivazione, che l’obbligo del notaio sull’accertamento della capacità a disporre dell’alienante deriva dal combinato disposto dell’art. 28, n. 1 della Legge. Not., con il R.D.L. 10 settembre 1914, n. 1326, artt. 54,55 e 56, dal quale risulta che fra gli obblighi inerenti alla funzione notarile rientra anche quello di accertare la capacità legale a contrarre delle parti dell’atto rogando, ed e’, pertanto, incontestabile che tale controllo debba riguardare anche l’eventuale qualità di fallito rivestita da una o più di tali parti, pur ammettendo che la sentenza dichiarativa di fallimento, che comporta quale effetto più eclatante il cosiddetto spossessamento del debitore, e cioè la perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei beni da parte del fallito ed il passaggio dell’amministrazione al curatore, implica una forma del tutto particolare e limitata d’incapacità del fallito.

La detta sentenza di questa Corte precisa che la L. Fall., art. 50 (allora in vigore, come pure al momento della stipula del rogito da parte del notaio B., e abrogato, a partire dal 16.1.2006, per effetto del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5), oltre a prevedere al 1 comma che nella cancelleria di ciascun Tribunale fosse tenuto un registro per l’iscrizione dei nominativi di coloro che erano stati dichiarati falliti dal Tribunale stesso, stabiliva anche al comma 3, che ogni fallito, finché l’iscrizione non fosse stata cancellata, era “soggetto alle incapacità stabilite dalla legge” e che il R.D. n. 1326 del 1914, art. 14, art. 55 stabiliva l’obbligo per i cancellieri dei Tribunali e delle Corti di appello di trasmettere al consiglio notarile ed all’archivio notarile del luogo un estratto di tutte le sentenze, civili e penali, portanti tra l’altro la dichiarazione di fallimento per l’inoltro a tutti i notai del distretto di Corte d’appello, cosicché il notaio poteva con adeguato impiego della diligenza professionale, accertare la capacità a disporre dell’alienante.

Nella specie, inoltre, con riferimento al fallimento di O.G. questa Corte (Cass. n. 27614 del 29/10/2019, non massimata ma resa in causa nella quale ad agire in sede di legittimità, al fine di evitare l’obbligazione dell’assicuratore, era la compagnia assicuratrice per la responsabilità civile del notaio rogante) ha già ritenuto che il notaio (in detta controversia altro dalla dottoressa B.G.) avesse l’obbligo, rientrante nel perimetro delle sue prestazioni professionali ordinariamente esigibili e dovute in base all’art. 1176 c.c., di accertare se lo stesso alienante nella presente controversia, ossia O.G., fosse o meno capace di disporre validamente del bene immobile alienato, anche se si trattava di un immobile sito in Livorno, ossia in ambito territoriale diverso da quello in cui il fallimento, nel 1988, risultava essere stato dichiarato.

Il ricorso, nel suo unico, complesso motivo, è infondato e, pertanto, deve essere rigettato.

Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente e, valutata l’attività processuale espletata in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, stante il rigetto del ricorso, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo per contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Riserva motivazione nel termine di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 27 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2023

Allegati

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