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Cassazione civile sez. III, 13/06/2024, n. 16589

Massima

Nel caso di deposito di un natante da parte dell’ormeggiatore presso un cantiere, in virtù di una clausola contrattuale che lo autorizza in caso di mancato ritiro da parte del proprietario, il cantiere, in qualità di depositario, ha diritto di ritenzione e di vendita del bene anche nei confronti del proprietario, pur in assenza di un contratto diretto tra le parti. Tale diritto è opponibile al proprietario, salvo che non venga dimostrata la mala fede del depositario.

Supporto alla lettura

CONTRATTO DI ORMEGGIO

Si tratta di un contratto atipico non inserito nel codice della navigazione e non previsto dal codice civile ma che trae la sua legittimazione in parte dall’art. 1322 c.c. 2° co. ed in altra parte da alcuni successivi interventi normativi settoriali. Con tale contratto il proprietario dell’imbarcazione chiede al concessionario portuale l’attribuzione di uno spazio acqueo delimitato e protetto (c.d. posto barca) dove tenere il natante, in cambio un corrispettivo in denaro per un determinato periodo di tempo.

Data la natura atipica del contratto di ormeggio e l’evidente difficoltà di risalire ad una figura negoziale ben definita, elementi utili ed indispensabili all’individuazione della disciplina cui esso soggiace sono: l’interpretazione effettiva della volontà delle parti e le prestazioni in concreto offerte. In tal senso in assenza di clausole contrattuali volte ad escludere nettamente l’obbligo di custodia, la giurisprudenza ha ritenuto negli anni di applicare al contratto di ormeggio le norme disciplinanti il contratto di deposito, in relazione al fatto che il diportista raramente stipula tale accordo al solo fine di assicurarsi il godimento dello spazio acqueo riservatogli, volendo allo stesso tempo usufruire delle prestazioni accessorie messe a disposizione dal concessionario/gestore.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA
1. Nel 2017 la società (omissis) Srl intimò a (omissis) il pagamento di Euro 9.760, oltre accessori e spese, a titolo di compenso per la “sosta in piazzale” del natante (omissis), di nome “(omissis)”, di proprietà dell’intimato.

Nell’atto di intimazione dedusse di svolgere l’attività di compravendita e rimessaggio di imbarcazioni; che il natante suddetto lo aveva “ricevuto in consegna” a marzo 2015; che il proprietario (omissis) non aveva mai pagato il corrispettivo dovuto “per la sosta in cantiere”; che, in caso di persistenza dell’inadempimento, avrebbe venduto il natante, avvalendosi della facoltà di cui agli artt. 2756 c.c. (crediti per spese di conservazione) e 2797 c.c. (vendita dalla cosa data in pegno).

2. (omissis) propose opposizione all’intimazione sostenendo:

a) che la (omissis) Srl alla data in cui ebbe inizio l’attività per la quale chiedeva di essere compensata (e cioè a marzo 2015) ancora non aveva iniziato l’attività commerciale;

b) di non avere concluso alcun contratto con la (omissis) Srl;

c) infine, sostenne una tesi giuridica così riassumibile: il natante “(omissis)” era stato da lui ormeggiato nel porto di (omissis), previa stipula di un contratto di ormeggio con la società (omissis) Srl; poiché alla scadenza del contratto il natante non fu ritirato, la “(omissis)” lo aveva tratto in secco ed affidato ad un depositario (diverso dalla (omissis)); pertanto il compenso per la custodia doveva essere pagato dalla (omissis).

3. A tali motivi di opposizione la (omissis) Srl, costituendosi, replicò che:

-) essa gestiva un cantiere all’interno del porto;

-) il precedente gestore del cantiere (la (omissis) Services Srl), nel cessare l’attività, le aveva “ceduto i contratti in corso con relativi diritti ed obblighi”, aventi ad oggetto le imbarcazioni “in sosta in cantiere”;

-) poiché (omissis), scaduto il contratto di ormeggio, non aveva ritirato la sua imbarcazione, la (omissis) Srl avvalendosi delle previsioni contenute in quel contratto aveva tirato in secco il natante e l’aveva affidato alla (omissis) Services; questa, di conseguenza, era la creditrice del compenso per la custodia, e tale credito era stata ceduto alla (omissis).

4. Con sentenza 8.11.2019 n. 1675 il Tribunale di Pescara rigettò l’opposizione proposta da (omissis).

Il Tribunale così ragionò:

-) il natante “(omissis)”, cessato il rapporto di ormeggio, fu tirato in secco dalla (omissis) Srl (ormeggiatore) ed affidato alla (omissis) Services (cantiere);

-) la (omissis) Service nel 2016 cessò l’attività e trasferì “i contratti ed i relativi diritti ed obblighi” alla (omissis) Srl;

-) al momento del trasferimento la cedente stilò un elenco delle imbarcazioni custodite nel cantiere, tra cui vi era il natante “(omissis)”.

Perciò, concluse il Tribunale, creditore di (omissis) era la (omissis) e, per effetto della cessione, la (omissis).

La sentenza fu appellata dal soccombente.

5. Con sentenza 27.10.2020 n. 1435 la Corte d’appello de L’Aquila accolse il gravame e, con esso, l’opposizione di (omissis).

La Corte d’appello ha così ragionato:

-) per pretendere il compenso per la custodia occorre avere stipulato un contratto, o essere cessionari d’un contratto stipulato da altri;

-) la (omissis) non aveva provato né di avere stipulato un qualsiasi contratto con (omissis), né di essere cessionaria di contratti da questi stipulati con altri;

-) infatti, l’unico contratto che risultava stipulato da (omissis) era quello con la (omissis) Srl; in ogni caso la (omissis) aveva ceduto alla (omissis) solo i contratti di “manutenzione e rimessaggio”, ma nessun contratto di rimessaggio risultava stipulato da (omissis) o per conto di (omissis) con la (omissis).

6. La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione dalla (omissis) con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.

(omissis) ha resistito con controricorso.

Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all’art. 380-bis, secondo comma, c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2756 e 2797 c.c.Nella illustrazione si sostiene – in sintesi – che nel caso di deposito di cosa altrui il depositario ha diritto di far valere il privilegio di cui all’art. 2756 c.c.

sia nei confronti del depositante, sia – se persona diversa – nei confronti del proprietario, nel cui interesse è stato effettuato il deposito.

Da questo principio è tratta la conclusione che “l’azione ex artt. 2756 e 2797 c.c. poteva essere proposta dalla (omissis) Srl a prescindere da qualsiasi titolo contrattuale intrattenuto con il (omissis) (direttamente o a seguito di cessione) e solo perché essa (omissis) Srl deteneva l’imbarcazione (omissis) di proprietà del medesimo (omissis)”.

1.1. Il motivo è fondato.

Il presente giudizio ha ad oggetto la legittimità della minacciata vendita “in danno” d’un natante, ai sensi dell’art. 2756, ultimo comma, c.c.

Dalla collazione dell’atto di intimazione con la comparsa di costituzione depositata dalla (omissis) nel giudizio di opposizione risulta che, a fondamento dell’intimazione, la (omissis) (intimante) dedusse:

a) di avere ricevuto “in consegna” il natante di (omissis);

b) di averlo ricevuto in consegna da parte non del proprietario, ma dell’ormeggiatore ((omissis) Srl), il quale gliel’aveva affidato in virtù di una clausola ad hoc contenuta nel contratto di ormeggio da quegli stipulato col proprietario; tale clausola, infatti, facoltizzava l’ormeggiatore a tirare in secco il natante ed affidarlo a terzi, se il proprietario non l’avesse rimosso dopo la scadenza del contratto;

c) di avere diritto ad un corrispettivo per “la sosta” del natante in un’area “recintata e protetta”, oltre che videosorvegliata.

1.2. L’opponente (omissis) non contestò:

-) né che il natante fosse nella disponibilità della (omissis);

-) né che la consegna alla (omissis) avvenne da parte di un terzo soggetto ((omissis) Srl).

Negò, tuttavia, di essere debitore della (omissis) (e, di conseguenza, il diritto di quest’ultima a vendere il natante), assumendo:

a) di non avere mai stipulato alcun contratto con la (omissis);

b) in ogni caso, che la (omissis) non aveva effettuato alcuna prestazione di “conservazione e miglioramento” del natante.

1.3. La Corte d’appello ha accolto l’eccezione sub (a), tralasciando – per evidente assorbimento – quella sub (b). E l’ha accolta dichiarando di aver cercato, senza trovarlo, qualsiasi “contratto” stipulato tra la (omissis) Srl e (omissis).

Così giudicando, la Corte d’appello è effettivamente incorsa in due errori di diritto “a cascata”, il primo dei quali fu presupposto del secondo.

Il primo errore è consistito nella inesatta qualificazione giuridica della fattispecie concreta all’origine del contenzioso, che andava qualificata come deposito di cosa altrui.

Il secondo, consequenziale errore è consistito nel trascurare che il deposito di cosa altrui legittima il depositario all’esecuzione in danno prevista dall’art. 2756 c.c. anche in pregiudizio del proprietario, salva l’ipotesi della mala fede.

1.4. Sul primo errore di diritto.

In punto di fatto la (omissis) allegò, senza contestazioni di sorta, che il natante “(omissis)” fu affidato alla (omissis) Services Srl (dante causa della (omissis) Srl) dall’ormeggiatore; fu svuotato dall’acqua che aveva imbarcato, tirato in secco e allocato in un’area “recintata e videosorvegliata”.

Tali fatti costituiscono sub specie iuris un contratto di deposito.

Il deposito infatti è un contratto reale; e per la conclusione di esso non è necessario un espresso accordo in virtù del quale il depositario si impegni formalmente a custodire la cosa. Sono sufficienti la sola volontaria consegna di essa da parte del depositante e la sua volontaria accettazione da parte del depositario, con inclusione della cosa depositata nella sua sfera di influenza e di controllo (Sez. 3, Sentenza n. 15490 del 11/06/2008, con specifico riferimento al deposito d’un natante).

L’accettazione, poi, d’una cosa mobile in un’area recintata accessibile soltanto ai soggetti autorizzati costituisce ex se assunzione dell’obbligo di custodia, la quale, come noto, è la causa del deposito: il depositario infatti non custodisce per restituire, ma deve restituire perché ha assunto l’obbligo di custodire (Sez. 2 -, Ordinanza n. 18277 del 27/06/2023, Rv. 668069-01).

1.4.1. Non ostava alla qualificazione della (omissis) come “depositario” né la circostanza che la consegna fu effettuata da soggetto diverso dal proprietario; né la circostanza che la consegna fu accettata da soggetto diverso (la (omissis) Services).

1.4.2. Che il deposito fosse stato effettuato da soggetto diverso dal proprietario era circostanza giuridicamente irrilevante per due ragioni: sia perché il contratto di deposito può avere ad oggetto anche beni di terzi, come si desume dagli arg. ex artt. 1773 e 1777 c.c. e come del resto è pacifico da secoli: deponere possumus apud alium id quod nostri iuris est vel alieni (Pauli receptae sententiae, II, 12, 1); sia perché il proprietario, nello stipulare il contratto di ormeggio, aveva espressamente accettato la clausola n. 3.4, la quale facoltizzava l’ormeggiatore ad effettuare il suddetto deposito, nel caso di mancato ritiro del natante dopo la scadenza del contratto.

E, nel caso di specie, non furono mai in contestazione tra le parti né l’esistenza e la validità della suddetta clausola, né il mancato ritiro del natante da parte del proprietario.

1.4.3. Che il deposito fosse stato effettuato consegnando la res a soggetto diverso dalla (omissis) era, del pari, circostanza giuridicamente irrilevante per quel che qui interessa. E ciò a prescindere dalla questione (che è di fatto ed insindacabile in questa sede) d’un rapporto di successione a titolo particolare della (omissis) alla (omissis) Services. Infatti, la consegna della cosa, elemento perfezionativo del contratto reale di deposito, può realizzarsi anche con una ficta traditio, come avviene nel caso in cui il depositario sia costretto a ritenere la cosa a causa del mancato ritiro da parte dell’avente diritto.

Ricorrendo tale ipotesi, sorge per il depositario l’obbligo di custodia e, per il proprietario, quello di pagamento delle spese di custodia fino al ritiro dello stesso (così già Sez. 3, Sentenza n. 7493 del 27/03/2007, con riferimento all’ipotesi di rimozione di un autoveicolo in divieto di sosta e trasporto al deposito; e, prima ancora, Sez. 3, Sentenza n. 1518 del 28/04/1976, con riferimento all’ipotesi di mancato ritiro della cosa acquistata da parte del compratore, da questi lasciata presso il venditore).

1.4.4. Resta da aggiungere che è infondata l’eccezione sollevata da (omissis) nel controricorso, con cui si sostiene che inammissibilmente la (omissis) Srl solo in questa sede ha inteso qualificare come “deposito” il rapporto intercorso con la (omissis) Srl

L’eccezione è infondata, in quanto sulla qualificazione giuridica degli atti o dei fatti non si forma il giudicato, se la parte interessata non ha proposto specifica impugnazione (come nel caso di specie), ovvero se la diversa qualificazione giuridica prospettata in sede di gravame non condiziona l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito (ex multis, Sez. 3 -, Sentenza n. 31330 del 10/11/2023, Rv. 669467-01).

Né rileva che la (omissis) Srl, in primo grado, ripetutamente tenne a precisare di avere concluso con la (omissis) “un contratto di sosta e non di deposito”. A prescindere, infatti, da tale evanescente distinzione definitoria (contrastante, comunque, con i princìpi affermati da questa Corte in tema di “sosta”, “parcheggio” e “posteggio”, cui si applicano le norme sul deposito: Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9895 del 15/04/2021, Rv. 661249-01; Sez. 3, Sentenza n. 22807 del 28/10/2014, Rv. 633230-01; Sez. 3, Sentenza n. 22598 del 01/12/2004, Rv. 578662-01), quel che rileva è che le qualificazioni giuridiche prospettate dalle parti non vincolano il giudice e non costituiscono confessioni, in virtù del noto principio jura novit curia.

1.5. Sul secondo errore di diritto.

Il non avere ravvisato nella fattispecie concreta un deposito di cosa altrui, preventivamente assentito dal proprietario in virtù della clausola 3.4 del contratto di ormeggio, ha avuto per conseguenza la falsa applicazione dell’art. 2756 c.c. sotto plurimi aspetti.

Tale norma, infatti, stabilisce che “il privilegio ha effetto anche in pregiudizio dei terzi che hanno diritti sulla cosa, qualora chi ha fatto le prestazioni o le spese sia stato in buona fede”.

Che il privilegio “ha effetto in pregiudizio dei terzi che hanno diritto sulla cosa” vuol dire una cosa molto semplice: che, se viene depositata una cosa di terzi con l’assenso del proprietario e il deponente non paga il corrispettivo, il depositario può opporre al proprietario prima il diritto di ritenzione e, poi, il privilegio.

È, pertanto, irrilevante che il depositario abbia o non abbia stipulato un contratto col terzo titolare di diritti sulla cosa. Quel che unicamente rileva è che il depositario abbia custodito la cosa e maturato il corrispettivo.

1.5.1. In secondo luogo, la Corte d’appello ha falsamente applicato l’art. 2756 c.c. per avere confuso il diritto al corrispettivo del depositario, che nasce dal contratto e può essere esercitato nei soli confronti del depositante (Sez. 3, Sentenza n. 8058 del 14/06/2001), col privilegio speciale, che è una forma di tutela di quello stesso credito accordata dalla legge e può essere fatto valere anche in danno dei terzi che vantano diritti sulla cosa: intendendo per terzi gli estranei al rapporto negoziale di deposito e, secondo la stessa prospettazione delle odierne parti, pertanto, anche il proprietario che avesse stipulato il relativo originario contratto con un soggetto diverso (nella specie, un dante causa dell’attuale depositario creditore).

1.5.2. In terzo luogo, la Corte d’appello ha negato l’opponibilità del diritto di ritenzione e del privilegio al terzo proprietario della cosa depositata nonostante non fosse mai stata eccepita né provata la mala fede della (omissis).

Mala fede che, come già stabilito da questa Corte, deve consistere non già nell’ignoranza “del difetto di titolo dell’affidante a trasferire il dominio, ma del difetto di capacità di affidare la cosa per la conservazione” (Sez. 3, Sentenza n. 14533 del 22/06/2009, Rv. 608655-01; Sez. 3, Sentenza n. 2286 del 27/08/1966, Rv. 324448-01).

Mala fede, quindi, che in ogni caso era esclusa dalla espressa – e manifestamente legittima – previsione del contratto di ormeggio che facoltizzava l’ormeggiatore, originaria controparte del cliente, a depositare il natante non rimosso e dal subentro dell’odierna depositaria nei rapporti che la sua dante causa aveva ad essa indicato, tra cui appunto quello per il natante per cui è causa.

1.5.3. In quarto luogo, quel che più rileva, l’interpretazione dell’art. 2756 c.c. adottata dalla Corte d’appello non potrebbe condividersi per gli effetti paradossali cui condurrebbe.

Per effetto di quell’interpretazione, infatti, ogni qual volta il deposito avvenga nell’interesse (anche o solo) d’un terzo il depositario non potrebbe mai soddisfarsi del credito impagato vendendo la cosa depositata. Al terzo infatti basterebbe opporsi alla vendita per impedirla sine die, dal momento che nel deposito per conto del terzo manca in radice un contratto tra depositario e terzo.

Così giudicando, la Corte d’appello è pervenuta di fatto ad una interpretazione abrogatrice dell’art. 2756 c.c., il quale, invece, non distingue affatto tra il deposito fatto dal proprietario e quello eseguito nell’interesse altrui di cui all’art. 1773 c.c.

1.6. Il primo motivo di ricorso deve in conclusione essere accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio. Il giudice di rinvio esaminerà ex novo l’appello proposto da (omissis), applicando i seguenti princìpi di diritto:

“va qualificato come deposito di cosa altrui il contratto in virtù del quale l’ormeggiatore, avvalendosi d’una clausola del contratto di ormeggio, tiri in secco il natante non ritirato dal proprietario dopo la scadenza del contratto e lo affidi ad un terzo che ne assuma – anche solo per facta concludentia – la custodia”;

“il depositario cui non sia stato pagato il corrispettivo ha diritto di ritenere e far vendere la cosa depositata, ai sensi dell’art. 2756 c.c., anche se questa sia di proprietà di persona diversa dal depositante, se il deposito sia stato preventivamente assentito dal proprietario, salva la mala fede del depositario”.

2. Il secondo motivo, con cui si lamenta l’omesso esame della prova della invocata cessione del contratto originario da parte di (omissis) a (omissis), resta assorbito dall’accoglimento del primo, in esito al quale vanno riconosciute la configurabilità stessa del credito e la sua utile azionabilità anche nei confronti dell’odierno controricorrente.

3. Il terzo motivo prospetta la violazione dell’art. 2697 c.c., ma, risolvendosi in una – sia pure impropria – contestazione della carenza di dimostrazione sulle spese di sosta dell’imbarcazione, rimane anch’esso assorbito, restando impregiudicata la questione con esso posta, visto che in sede di rinvio sarà possibile e doverosa una puntuale ricostruzione dell’esatta entità di un corrispettivo comunque dovuto per il carattere pacifico della permanenza della cosa mobile in deposito.

4. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.
la Corte di cassazione:(-) accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello de L’Aquila, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 2 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2024.

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