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Cassazione civile sez. III, 13/06/2022, n. 18971

Massima

Il recesso del conduttore dal contratto di locazione ad uso abitativo dev’essere comunicato per iscritto, essendo tale tipo di contratto soggetto alla forma scritta “ad substantiam“, ai sensi dell’art. 1, comma 4, della l. n. 431 del 1998.

Supporto alla lettura

Locazione

La locazione (o affitto) viene definita come quel contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile, per un determinato periodo di tempo, dietro pagamento di un corrispettivo concordato tra le parti (art. 1571 c.c.). Il contratto di locazione ad uso abitativo è quel particolare tipo di locazione avente ad oggetto immobili che siano locati allo scopo di essere abitati dal conduttore o dalla sua famiglia. Trova la propria disciplina nella legge 431/1998 e, limitatamente agli articoli non abrogati, nella legge 392/1978. La locazione di immobili ad uso abitativo può essere oggetto di varie forme contrattuali, in base alle intenzioni ed esigenze del conduttore e del locatore, sull’unità abitativa. Le diverse possibilità di pattuizione possono essere così riassunte: locazione a canone libero (durata anni 4+4); locazione a canone concordato (durata anni 3+2); locazione per studenti universitari (durata da 6 a 36 mesi); locazione a uso transitorio (durata da 1 a 18 mesi). La normativa delle locazioni immobili ad uso commerciale è prevista dall’art. 27 L. 392/1978 e prevede una durata minima di 6 anni, con rinnovo automatico di altri 6 e una durata massima di 30 anni. La durata della locazione è elevata a 9 anni per gli immobili a destinazione alberghiera come pensioni, locande o alberghi.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. La società Immobiliare (OMISSIS)  (d’ora in poi, “(OMISSIS)”) ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 918/18, del 17 maggio 2018, della Corte di Appello di Firenze, che – accogliendo il gravame esperito da T.A. avverso la sentenza n. 849/17, del 7 febbraio 2017, del Tribunale di Siena – ne ha rigettato la domanda di condanna del T. al pagamento, oltre che di un residuo del canone di locazione per il mese di dicembre 2011 e dell’intero canone per la mensilità di gennaio 2012, dell’indennità per mancato preavviso del recesso, pari a Euro 2.855,00 (corrispondenti all’importo di cinque mensilità del canone locatizio).

2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di aver radicato un giudizio innanzi al Giudice di pace di Poggibonsi (dichiaratosi, poi, incompetente, in favore del Tribunale di Siena, innanzi al quale lo stesso veniva riassunto) allo scopo di far accertare che il T., alla fine del mese di gennaio del 2012, lasciava senza alcun preavviso l’immobile locatogli ad uso abitativo dalla (OMISSIS), così violando quanto stabilito all’art. 5 del contratto. Esso, infatti, conformemente a quanto previsto dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 4, sanciva che la facoltà della parte conduttrice di recedere dal contratto dovesse esercitarsi con un preavviso di almeno sei mesi, da inviarsi a mezzo di raccomandata a/r.

Risultando, inoltre, il locatario anche moroso nel pagamento di un residuo del canone di locazione per il mese di dicembre 2011, nonché dell’intero canone per la mensilità di gennaio 2012, l’allora parte attrice chiedeva la condanna del T. al pagamento degli importi corrispondenti, nonché della somma dovuta a titolo di indennità per mancato preavviso.

Accolta la domanda dal giudice di prime cure, quello di appello – dopo aver dato corso alla prova testimoniale non ammessa in primo grado, tesa a dimostrare che il T. avesse manifestato verbalmente, il 5 settembre 2011, la volontà di disdettare l’immobile – riformava integralmente quella decisione, ritenendo raggiunta la prova sia in ordine al valido esercizio della facoltà di recesso, sia in merito all’assenza di morosità del conduttore.

3. Avverso la pronuncia della Corte toscana ricorre per cassazione (OMISSIS), sulla base – come detto – di due motivi.

3.1. Con il primo motivo è denunciata – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 1, comma 4, e dell’art. 1372 c.c..

Si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto – sulla scorta della deposizione testimoniale resa dal nipote del conduttore (la cui ammissibilità e’, peraltro, contestata con il secondo motivo di ricorso) – che la disdetta potesse essere data verbalmente dal conduttore.

Essendo, difatti, la locazione di immobili ad uso abitativo un contratto soggetto alla forma scritta “ad substantiam“, pena la sua nullità, anche la disdetta doveva essere resa con comunicazione scritta (e’ richiamata Cass. Sez. 6-3, ord. 27 settembre 2017, n. 2.2647).

Ne’, in senso contrario, varrebbe richiamare la giurisprudenza di questa Corte in materia di recesso dal contratto di locazione immobiliare ad uso non abitativo, non solo per la eterogeneità delle due fattispecie, ma anche perché tale indirizzo richiede, pur sempre, che la dichiarazione di recesso sia portata a conoscenza del locatore con “mezzo equipollente” alla raccomandata a/r, dove l’equipollenza richiede che vi sia una comunicazione scritta.

D’altra parte, poi, nel caso che occupa, la necessità della forma scritta era ribadita pure da un’apposita clausola contrattuale, donde la denunciata violazione anche dell’art. 1372 c.c..

3.2. Il secondo motivo denuncia – sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli artt. 2721, 2724, 2725 e 2726 c.c..

Si contesta, in questo caso, la decisione della Corte fiorentina di dare corso alla prova testimoniale, essendo la stessa inammissibile – a dire della ricorrente – in relazione a fatti (nella specie, il recesso dalla locazione) che, in quanto relativi ad un contratto da provarsi per iscritto, qual è la locazione, risulterebbero anch’essi soggetti allo stesso regime. Del pari, neppure l’avvenuto pagamento di quanto dovuto quale residuo del canone di locazione del dicembre 2011, nonché quale intera mensilità per gennaio 2012, avrebbe potuto essere provato per iscritto, giusta il disposto dell’art. 2726 c.c., comma 1.

In ogni caso, poi, il giudice di appello non avrebbe motivato come necessario – le ragioni che, in ipotesi, avrebbero consentito di derogare (a norma dell’art. 2721 c.c., comma 2) al divieto di prova testimoniale stabilito per i contratti di valore superiore a 2,58 Euro.

4. Il T. è rimasto solo intimato.

5. Il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo sostituto, ha fatto pervenire conclusioni scritte, nel senso dell’accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Il ricorso va accolto, nei limiti di seguito indicati.

6.1. Il primo motivo è fondato.

6.1.1. Questa Corte, come evidenziato dall’odierna ricorrente, ha escluso la validità del preavviso orale dell’intenzione, della parte conduttrice, di recedere dal contratto di locazione, e ciò in quanto “la risoluzione consensuale di un contratto può avvenire anche con una manifestazione tacita di volontà, salvo che per il contratto da risolvere non sia richiesta la forma scritta ad substantiam”, tale ultimo essendo il caso che occupa, visto che “il contratto di locazione ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta L. n. 431 del 1998, ex art. 1, comma 4, è affetto da nullità assoluta, rilevabile da entrambe le parti e d’ufficio, attesa la ratio pubblicistica del contrasto all’evasione fiscale“; di qui, pertanto, l’enunciazione del principio secondo cui “il contratto di locazione ad uso abitativo, soggetto all’obbligo di forma scritta ai sensi della L. n. 431 del 1998, art. 1, comma 4, deve essere risolto con comunicazione scritta, non potendo, in questo caso, trovare applicazione il principio di libertà delle forme” (così, in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. 27 settembre 2017, n. 22647, Rv. 645726-01).

D’altra parte, nella vicenda in esame, le parti avevano contrattualmente ribadito, con apposita clausola, che il recesso del conduttore fosse comunicato per iscritto. Ciò comportava, quindi, l’applicazione dell’art. 1352 c.c., a mente del quale le forme convenzionalmente stabilite anche per singole clausole contrattuali si intendono volute per la validità delle stesse. La norma “de qua” è stata ritenuta da questa Corte applicabile anche al recesso, “costituendo un atto negoziale unilaterale dal contenuto negativo, nel senso che pone fine agli effetti sostanziali della permanenza del contratto rispetto al quale si esplica“, di talché sussiste, “anche nella fattispecie di atto di recesso, la presunzione che l’art. 1352 c.c., trae dall’adozione negoziale della forma scritta” (così, in motivazione, Cass. Sez. 63, ord. 9 luglio 2019, n. 18414, Rv. 654618-01).

6.2. Il secondo motivo – che resta assorbito dall’accoglimento del primo solo in relazione alla prova dell’avvenuto recesso, ma non pure del pagamento dei residui canoni di locazione – e’, in tale censura, inammissibile.

6.2.1. Se si muove, infatti, dalla premessa che i limiti di ammissibilità della prova testimoniale, ex art. 2721 c.c., non attengono all’ordine pubblico, ma sono dettati nell’esclusivo interesse delle parti private, con la conseguenza che la prova deve ritenersi ritualmente acquisita, ove la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l’inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa successiva (Cass. Sez. 1, ord. 19 febbraio 2018, n. 3956, Rv. 647235-01), costituiva onere dell’odierna ricorrente dimostrare – ciò che, nella specie, non risulta avvenuto – di aver formulato l’eccezione senza ritardo; di talché, in assenza di tale dimostrazione, il motivo va ritenuto inammissibile.

7. In conclusione, il solo primo motivo di ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata in relazione, rinviando alla Corte di Appello di Firenze, in diversa sezione e composizione, per la decisione nel merito – nell’osservanza del principio di diritto di cui al p. 6.1.1. – oltre che sulle spese anche del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarando in parte assorbito e in parte inammissibile il secondo, e cassa in relazione la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Firenze, in diversa sezione e composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese anche del presente giudizio.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 3 marzo 2022.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2022

 

Allegati

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