Massima

Nei giudizi di opposizione all’esecuzione, la mancata partecipazione al processo del terzo pignorato, configura una violazione del principio del contraddittorio ai sensi dell’art. 102 c.p.c., determinando la nullità della sentenza e dell’intero procedimento.

Supporto alla lettura

OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE

Disciplinata dagli artt. 615 e 616 c.p.c., ha ad oggetto la contestazione della ragion d’essere dell’esecuzione, ossia il diritto della parte istante a procedere all’esecuzione. Il comma 1 dell’art. 615 c.p.c. specifica espressamente che con l’opposizione si contesta il diritto del creditore di procedere con l’esecuzione forzata, pertanto la contestazione riguarderà una serie di elementi che hanno a che fare con il titolo esecutivo. Ma l’opposizione all’esecuzione può anche basarsi su ragioni di carattere sostanziale, che riguardano invece il merito, per esempio quando si allegano fatti impeditivi o estintivi nel frattempo sopravvenuti.

Può essere proposta con citazione per opposizione a precetto (se non è ancora iniziata) oppure con ricorso al giudice dell’esecuzione (se è già iniziata), diventa invece inammissibile se proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione.

Legittimati a proporre opposizione sono tutti coloro che in concreto subiscono l’esecuzione, anche quando la veste di debitore non risulta direttamente dal titolo esecutivo. Legittimati all’azione (attori) sono quindi il debitore, il terzo proprietario del bene pignorato o un soggetto terzo comunque espropriato (legittimazione attiva). Sono invece legittimati passivi (convenuti) il creditore procedente e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 20.1.2016, il G.d.P. di Roma accolse l’opposizione all’esecuzione proposta da (omissis) s.p.a. in relazione al pignoramento presso terzi promosso da (omissis) in forza di ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., emessa in precedente procedura esecutiva nei confronti della predetta banca quale terza pignorata; assumeva l’opponente di aver effettuato l’integrale pagamento di quanto specificamente indicato nella detta ordinanza, mediante invio alla (omissis) e conseguente ricezione di assegno circolare dell’importo di Euro 1.735,29, al netto di r.a. e spese di procedura. Proposto gravame dalla (omissis), il Tribunale di Roma, con sentenza del 31.10.2018, lo accolse parzialmente, rilevando però che – contrariamente all’assunto dell’appellante – il pagamento doveva ritenersi totalmente esaustivo, ma che era intervenuto con colpevole ritardo (quando la notifica del nuovo pignoramento presso terzi era stata già richiesta, benché non ancora perfezionatasi nei confronti della banca opponente), sicché risultavano comunque dovute le spese precettate, in tal senso rigettando in parte qua l’opposizione della banca stessa. Ricorre ora per cassazione (omissis), affidandosi a due motivi, cui resiste con controricorso (omissis) s.p.a.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 – Col primo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116, c.p.c., nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e ancora motivazione apparente e omessa valutazione di una circostanza determinante. Sostiene la ricorrente che, posto che il pagamento da parte di Intesa era avvenuto con la spedizione di un assegno circolare in data 27.5.2011, ricevuto il 31 successivo, mentre il pignoramento presso terzi era stato avviato nei suoi confronti (mediante notifica al terzo Banca d’Italia) in data 16.5.2011, erano dovute non solo le spese di precetto, ma anche quelle dell’esecuzione, già pendente.

1.2 – Col secondo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver il Tribunale integralmente compensato le spese del doppio grado.

2.1 – Va rilevata d’ufficio la nullità della sentenza impugnata e dell’intero procedimento, per violazione del principio del contraddittorio, ex art. 102 c.p.c., non risultando sia mai stato evocato in giudizio il terzo pignorato, ossia la Banca d’Italia.

A seguito di un ripensamento della propria giurisprudenza sul punto, questa stessa Sezione ha infatti recentemente affermato che “In tema di espropriazione presso terzi, nei giudizi di opposizione esecutiva si configura sempre litisconsorzio necessario fra il creditore, il debitore diretto ed il terzo pignorato” (Cass. n. 13533/2021). Ciò in quanto, come emerge dalla motivazione di detto arresto, sussiste sempre un interesse del terzo, dal punto di vista sistematico ed almeno in astratto, ad interloquire sulle sorti del giudizio oppositivo; tale opzione ermeneutica, inoltre, è del tutto coerente con il dovere dell’interprete di preferire – a fronte di plurime soluzioni possibili in forza della littera legis – l’interpretazione che garantisca la maggiore sintesi, chiarezza e semplicità del dettato normativo, anche in conformità con la previsione di cui all’art. 6 CEDU;

infine, tale scelta è anche coerente con il precedente indirizzo, di segno apparentemente contrario, giacché “la giurisprudenza di questa Corte, pur affermando in teoria che non sempre il terzo pignorato debba ritenersi litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione, ha definito in modo così ampio le ipotesi di processi oppositivi litisconsortili, da pervenire di fatto a negare nella sostanza il principio affermato in teoria”.

Ritiene la Corte di dover dare continuità a questo nuovo indirizzo, con la conseguenza che, non essendo stata evocata ab imis in giudizio la Banca d’Italia, terza pignorata, la sentenza impugnata è nulla, così come lo è l’intero procedimento, per violazione dell’art. 102 c.p.c.

3.1 – Si impone dunque la rimessione al giudice di primo grado, affinché proceda alla rinnovazione del giudizio, previa integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo pignorato, litisconsorte necessario.

Il giudice di merito provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
la Corte, decidendo sul ricorso, dichiara la nullità della sentenza impugnata e dell’intero procedimento; rimette le parti dinanzi al Giudice di pace di Roma, in persona di diverso magistrato, affinché proceda alla rinnovazione del giudizio, previa integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario, e provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 24 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2022

Allegati

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