Gr.Gi. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 1290 del 2022 della Corte di appello di Brescia, esponendo, per quanto qui ancora importa, che:
– aveva ricevuto, dalla Risparmio Energia Srl, poi divenuta DESAMO Srl, un’offerta per la fornitura e l’installazione, con collaudo, di alcuni pannelli per un impianto fotovoltaico destinato alla produzione di energia domestica;
– aveva sottoscritto l’offerta, avvenuta fuori dei locali commerciali, e l’impianto era stato installato e collaudato;
– erano emersi alcuni vizi ma il deducente, ritenendo fosse spirato il termine per il recesso, non aveva proceduto in tal senso se non quando, dopo essersi consultato con il proprio avvocato, era stato reso edotto della persistente possibilità di svincolo dall’impegno negoziale per l’inesattezza delle informazioni contenute nell’offerta in ordine al diritto in parola;
– aveva quindi convenuto la società per ottenere l’accertamento della legittimità del recesso, infine avvenuto, e la condanna della controparte alla restituzione del corrispettivo ricevuto;
– il Tribunale aveva accolto la domanda con pronuncia riformata dalla Corte di appello secondo cui nell’offerta erano richiamati articoli del codice del consumo non più in vigore perché modificati ma l’informativa sul diritto in questione era comunque avvenuta sicché, pur essendo stato indicato un termine inferiore a quello previsto per recedere, ossia 10 giorni e non 14, in ogni caso il recesso era stato tardivo pur considerando il maggior tempo spettante;
resiste con controricorso la Srl DESAMO;
le parti hanno depositato memorie;
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 49, 52, 53, D.Lgs. n. 205 del 2006, poiché la corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che l’informativa sul recesso era stata inesatta, sia per il numero dei giorni utili, sia per la decorrenza non dall’offerta ma dalla consegna, con conseguente tempestività dl recesso nel termine annuale stabilito per l’ipotesi di omessa informazione quale dovuta; con il secondo motivo si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso rappresentato dalla diversa decorrenza del termine per recedere, indicata nel contratto come dall’offerta e invece prevista dall’art. 52, comma 2, D.Lgs. n. 205 del 2006, ratione temporis applicabile, come dalla consegna dei beni, con conseguente violazione degli artt. 49 e 53, stesso D.Lgs.;
Considerato che i motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati; la corte territoriale ha affermato che il richiamo contrattuale ad articoli non più in vigore del codice del consumo, con un termine per il recesso inferiore di alcuni giorni, 10 invece di 14, non ha determinato l’allungamento dello stesso fino ai 12 mesi dalla corretta scadenza, previsto nell’ipotesi di mancata informazione, poiché quest’ultima vi è comunque stata, sicché il recesso è stato in ogni caso tardivo, pur considerando il maggior termine fisiologico di due settimane;
l’affermazione è errata, poiché la norma ratione temporis applicabile (art. 52, D.Lgs. n. 205 del 2006) stabiliva che “il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover sostenere costi diversi da quelli previsti”;
l’art. 53 aggiungeva che “se…il professionista non fornisce al consumatore le informazioni sul diritto di recesso, il periodo di recesso termina dodici mesi dopo la fine del periodo di recesso iniziale, come determinato a norma dell’articolo 52, comma 2”, fermo che “se il professionista fornisce al consumatore le informazioni di cui al comma 1 entro dodici mesi dalla data di cui all’articolo 52, comma 2, il periodo di recesso termina quattordici giorni dopo il giorno in cui il consumatore riceve le informazioni”; ora, le informazioni cui si riferisce la norma non possono che essere, per logica, quelle previste, non bastando una qualunque e anche fuorviante ovvero inutile informazione; nel caso, l’art. 52, comma 2, in parola, nell’ipotesi di vendita di beni, stabiliva che il termine decorresse dalla consegna dei beni alienati (accertata il 4 maggio 2019), e non dall’offerta come riportato nella scrittura infine sottoscritta (accertata il 27 marzo 2019) fuori dei locali commerciali, come accertato e indiscusso, così inducendo obiettivamente in errore l’acquirente pacificamente consumatore che, al momento del ricevimento dei beni stessi, poteva ritenere di non essere più in tempo per esercitare il recesso ad nutum;
ne deriva che il fatto che fossero comunque trascorsi 14 giorni dalla consegna – al momento del recesso invece tempestivamente esercitato nell’anno – costituisce affermazione non dirimente e, come tale, integra ragione decisoria viziata;
parte controricorrente osserva che in appello non era stata contestata la propria tesi che si trattasse di contratto di vendita mista a servizi, con prevalenza d questi ultimi, con possibile operatività, in tesi, del termine quale decorrente dalla conclusione del contratto (ex art. 52, comma 2, lettera a), codice del consumo, ratione temporis applicabile), ma nella sentenza non si affronta il tema della qualificazione negoziale, riservata come tale agli accertamenti fattuali pertanto propri del giudice di merito; la corte territoriale, infatti, ha assunto una ragione decisoria che poteva prescindere da quell’accertamento, ma errando, posto che, in ogni caso, l’informazione sul diritto di recesso dev’essere logicamente quella corretta, così da rendere subito e compiutamente consapevole il consumatore contraente anche dell’ampiezza del suo diritto, per evitare che operi in suo favore, relativamente al contratto quale perfezionato, il più ampio termine annuale;
alla fondatezza nei suindicati termini dei motivi consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione;
il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione;
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2024.
Depositata in Cancelleria il 12 novembre 2024.
