• Home
  • >
  • Cassazione civile sez. III, 12/07/2023, n.19827

Cassazione civile sez. III, 12/07/2023, n.19827

Massima

La consulenza tecnica di parte ha solo valore difensivo e non ha autonomia probatoria. Se il giudice non concorda con essa, non è obbligato ad esaminarla o confutarla, soprattutto se il suo giudizio si basa su argomentazioni in contrasto con la consulenza di parte e in linea con il parere del proprio esperto.

Supporto alla lettura

PROVE ATIPICHE 

In tempi recenti, dottrina e giurisprudenza hanno discusso sull’ammissibilità e sull’efficacia probatoria delle cosiddette “prove atipiche” nel processo civile. A differenza del processo penale, che prevede norme generali che legittimano l’uso di prove non espressamente previste dalla legge, l’ordinamento processual-civilistico non contempla una norma simile, sollevando dubbi sulla validità di queste prove nel contesto civile. Orbene, l’ orientamento prevalente ritiene che, in ambito civile, non ricorra un numerus clausus delle prove e, quindi, siano ammissibili le prove atipiche. L’ingresso delle suddette prove nel processo avviene nel rispetto del contraddittorio tra le parti e soggiace ai limiti temporali posti a pena di decadenza per la loro produzione. Dunque, le prove atipiche sono ammissibili, sono assimilate a prove documentali e la loro efficacia probatoria è pari a quella delle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. o argomenti di prova.

Tra le prove atipiche si citano:

  • verbali di prova espletati in altri giudizi,
  • la perizia resa in altro procedimento civilistico,
  • la sentenza resa in altro procedimento civilistico

In particolare, la perizia di parte stragiudiziale, quale esempio di prova atipica, rappresenta uno strumento fondamentale nel processo civile capace di influenzare in modo significativo l’ esito del contenzioso, pur non avendo valore probatorio di per sé. In altri termini, il giudice del merito può porre a fondamento della propria decisione, quale prova atipica, una perizia stragiudiziale, anche se contestata dalla controparte, purché fornisca adeguata motivazione di questa sua valutazione.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
Premesso in fatto che
(omissis) e (omissis) nel 2016 convenivano davanti al Tribunale di Milano (Omissis). s.n.c. – quale proprietaria della vettura di marca Volkswagen coinvolta nel sinistro – e (Omissis) S.p.A. per ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, loro derivati dal decesso di (omissis) in uno scontro stradale tra l’automobile di marca Ford da lui guidata e la suddetta automobile Volkswagen guidata da (omissis)..

Il Tribunale, con sentenza n. 7383/2018, riteneva responsabili del sinistro la 11Tabino per il 75% e il R. per il 25%, condannando quindi i convenuti, detratte le somme già versate da (Omissis) ante causam ai genitori del de cuius (omissis) e (omissis) e a suo fratello (omissis) e decurtato appunto il 25%, a risarcire il danno patrimoniale delle spese funerarie nella misura di Euro 4077,75, il danno non patrimoniale di tipo biologico e da perdita del rapporto parentale nella misura di Euro 255.000 a ciascun genitore, il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale alle eredi di (omissis), nonna di (omissis), cioè (omissis) e (omissis), nella misura di Euro 30.000 e il danno non patrimoniale di tipo biologico e da perdita di rapporto parentale di (omissis) nella misura di Euro 82.500.

(omissis) e (omissis) quali genitori, (omissis) e (omissis) quali eredi della (omissis), (omissis)  nonché (omissis) quale fidanzata di (omissis) proponevano appello principale; (Omissis) proponeva appello incidentale perché fosse accertato che non sussisteva danno biologico e che era eccessiva la quantificazione del danno da perdita del rapporto parentale.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 12 dicembre 2019, accoglieva parzialmente il gravame principale quanto alla debenza nei confronti dei genitori e del fratello del de cuius, tutto il resto rigettando, e pertanto condannava solidalmente (Omissis) e (Omissis), detratti gli acconti versati da quest’ultima, a risarcire (omissis) per il danno da perdita del rapporto parentale nella misura di Euro 108.097,50, oltre interessi, e a risarcire quale danno patrimoniale rappresentato dalle spese legali reali i genitori e il fratello del de cuius nella misura di Euro 5723,25 oltre interessi.

 (omissis) – quali eredi della (omissis) hanno presentato ricorso, articolato in tre motivi, illustrato anche con memoria.

La compagnia assicuratrice si è difesa con controricorso, illustrato anch’esso con memoria.

Diritto
Considerato che
1.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2054 c.c. e omesso esame di fatto discusso e decisivo.

Si effettua un’ampia ricostruzione (si vedano le pagine 8-11 del ricorso) delle modalità del sinistro, criticando l’accertamento del giudice d’appello in tema.

1.2 Si è dinanzi, ictu oculi, ad una ricostruzione fattuale alternativa rispetto a quella adottata dal giudice di merito, il che rende palesemente inammissibile la censura.

2.1 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2059 c.c.

Il giudice d’appello non ha riconosciuto ai genitori del de cuius il danno biologico “anche per omessa assenza di prove decisive”, cioè ha negato di disporre la consulenza tecnica d’ufficio sulla loro salute in riferimento al disagio psicofisico che avrebbero causato la morte del figlio, ritenendo non sufficiente a farla disporre la perizia psicologica di parte, espletata da tale Dott. (omissis) , che essi avevano depositato, ritenendo necessaria produzione medica dimostrante “obiettivazione” delle loro situazioni di salute.

Il Dott (omissis) nella sua perizia avrebbe fatto “espresso riferimento all’esistenza di un percorso psicologico-psicoterapeutico in essere” per i genitori del deceduto, per cui sarebbe logico ritenere che la CTU sarebbe stata meramente esplorativa, anche perché “lo stato di prostrazione psicologica” non può essere oggetto di certificazione medica, non essendo possibile documentarlo con l’accertamento di uno specialista, in quanto non sarebbe “lesione visibile e/o certificabile”. E comunque al limite costituito da divieto di indagini esplorative potrebbe derogarsi se l’accertamento fosse effettuabile solo mediante speciali cognizioni tecniche, in tal caso il CTU potendo anche “acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti”, purché siano “fatti accessori e rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza” e non invece “fatti e situazioni” fondanti direttamente la domanda o l’eccezione che le parti stesse devono provare (si invocano Cass. 26839/2016 e Cass. 3191/2006).

2.2 Al di là della conformazione della rubrica del motivo, che non è corretta in quanto avrebbe dovuto semmai riferirsi a norme processuali e non all’invocato art. 2059 c.c., è chiaro che si mira a censurare il giudice d’appello per la mancata disposizione di CTU per l’accertamento di danno biologico in base soltanto a perizia di parte, e in difetto quindi di certificati medici.

2.2.1 La corte territoriale osserva – e, già deve rilevarsi, condivisibilmente – che la relazione (omissis) prodotta dagli attuali ricorrenti “non può essere valorizzata… quale principio di prova sufficiente a giustificare un ulteriore approfondimento sulla salute psichica degli stretti congiunti” mediante CTU, una perizia di parte costituendo soltanto una “semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio, tale da non poter neppure costituire la base di partenza” per disporre, appunto, consulenza tecnica d’ufficio.

Effettivamente, S.U. 3 giugno 2013 n. 13902 insegna che la consulenza tecnica di parte costituisce mera allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, per cui la sua produzione in appello è ammissibile non cadendo nel divieto dell’art. 345 c.p.c.; e Cass. sez. 1, 6 agosto 2015 n. 16532 ne desume che non può essere oggetto di consulenza tecnica d’ufficio. Da ultimo tra gli arresti massimati, Cass. sez. 6-2, ord. 9 aprile 2021 n. 9483 ribadisce ancora, in modo netto, che la consulenza tecnica di parte è mera allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio, per cui il giudice di merito, se le è contrario, non è tenuto ad analizzarla e a confutarla, qualora fondi il proprio convincimento su considerazioni con essa incompatibili e conformi al parere del proprio consulente.

2.2.2 E’ vero poi che la corte territoriale condiziona una consulenza tecnica d’ufficio di contenuto medico (qui si tratta appunto di preteso danno biologico) alla previa produzione di documentazioni mediche. Ciò non è peraltro affermato nella giurisprudenza appena richiamata, e tanto più è difficilmente sostenibile nel caso in cui la pretesa patologia non sia, se sussistente, attestabile in modo “oggettivo” – per esempio con una TAC -, come rileva il motivo in esame; e d’altronde è riconosciuta la possibilità di disporre anche, al di là della CTU percipiente, CTU esplorative nel caso in cui l’accertamento appunto deve essere compiuto con speciali cognizioni tecniche (in tal senso, oltre alla giurisprudenza che i ricorrenti hanno correttamente richiamato, si vedano Cass. sez. 1, 11 gennaio 2017 n. 512 e Cass. sez. 1, ord. 15 giugno 2018 n. 15774; e cfr. pure Cass. sez. 3, 6 dicembre 2019 n. 31886).

Tuttavia, a ben guardare, questo discutibile argomento in effetti non incide sulla complessiva sostanza della motivazione stessa in ordine all’accertamento fattuale di cui si tratta – motivazione che, interpretata con ragionevolezza logica alla luce della complessiva contestualizzazione degli avvenimenti, dà conto, a monte, del chiaro diniego della sussistenza, nel caso in esame, di un danno biologico – correttamente reputando il giudice di merito che il danno subito dai genitori del de cuius debba essere identificato e qualificato come danno da perdita del rapporto parentale, di indiscutibile gravità ma non tale, evidentemente, da oltrepassare la sua natura per integrare gli estremi di un’altra species di pregiudizio non patrimoniale, ovvero il danno biologico nella forma della malattia psichica. Il che conduce, sine dubio, a disattendere il motivo.

3.1 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.

Lamentano i ricorrenti che il giudice d’appello non ha ammesso le prove testimoniali sul danno da perdita parentale della i. – si trascrivono sei capitoli in tema – prospettando per tale risarcimento la necessità di dimostrare soltanto il desiderio di matrimonio raggiunto nella fase finale, mentre le prove potevano dimostrare “un quadro di legame profondo” tra i fidanzati e anche tra la i. e la famiglia del fidanzato. I capitoli, se fossero stati ammessi e la relativa escussione avesse portato ad un esito ad essi conforme, avrebbero “potuto costituire un quadro indiziario” idoneo.

3.2 La censura, pur ampiamente argomentata dai ricorrenti, non merita accoglimento, in quanto la corte territoriale ha fornito una motivazione del diniego della prova per testi che rientra nel paradigma del minimo costituzionale: in effetti il motivo si conforma, d’altronde, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo previgente alla novella del 2012.

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, il suo particolare contenuto giustificando peraltro la compensazione delle spese processuali.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2023

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi