…omissis…
Rilevato
1. con citazione del 17 marzo 2015, A – premesso che il 21 settembre 2013, mentre percorreva a bordo di un ciclomotore omissis, era stato vittima di un incidente stradale provocato dall’autovettura condotta da B; che quest’ultima, procedendo in direzione inversa alla sua, aveva invaso l’opposta corsia, urtando con la fiancata e con lo specchietto retrovisore sinistri dell’autovettura la parte laterale e il manubrio laterale sinistri del ciclomotore; e che da tale urto egli aveva riportato lesioni personali come da referto ospedaliero – convenne in giudizio B e la UnipolSai Assicurazioni Spa dinanzi al Giudice di pace di Sorrento, chiedendone la condanna al risarcimento del danno;
costituitasi la compagnia assicurativa, nella contumacia di B, la causa fu istruita mediante prova per testi e CTU medico-legale;
precisate le conclusioni, il Giudice di pace, escluso che il valore della causa esorbitasse dai limiti della sua competenza, ritenne, nel merito, che ciascuno dei conducenti fosse concorso in pari misura nella produzione del danno e, liquidato quest’ultimo nella somma di Euro 20.000, condannò i convenuti a pagare all’attore la somma di Euro 10.000;
2. A propose appello dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, censurando, per un verso, l’omessa declaratoria di incompetenza per valore da parte del primo giudice e, per l’altro, l’accertamento di merito da esso compiuto;
sotto il primo profilo, sostenne che il Giudice di pace avrebbe dovuto dichiararsi incompetente per valore dopo che all’udienza di precisazione delle conclusioni del 13 aprile 2016 egli aveva precisato il petitum sotto il profilo del quantum, in conformità con le risultanze della CTU medico legale, quantificando la somma richiesta a titolo di risarcimento del danno in Euro 49.560,18;
sotto il secondo profilo, invocò l’accertamento dell’esclusiva responsabilità della conducente dell’autovettura, con condanna delle convenute al pagamento della predetta somma, o, in subordine, della minor somma di Euro 20.000;
nella contumacia di entrambi le parti appellate, il Tribunale di Torre Annunziata ha rigettato ambedue le doglianze, confermando integralmente la sentenza di primo grado;
3. propone ricorso per cassazione A, sulla base di due motivi;
risponde UnipolSai Assicurazioni Spa con controricorso;
resta intimata B;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art.380-bis.1 cod. proc. civ.;
il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte;
sia ricorrente che controricorrente hanno depositato memoria.
Considerato
1. con il primo motivo viene denunciata “Nullità della Sentenza oggetto di gravame per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., numeri 3, 4 e 5”; viene censurata la statuizione con cui il Tribunale ha rigettato la doglianza relativa alla mancata declaratoria di incompetenza per valore da parte del Giudice di pace;
sulla premessa che la competenza si determina in base alla domanda, il ricorrente sostiene che il giudice d’appello avrebbe dovuto tenere conto del fatto che la precisazione del quantum debeatur, da lui compiuta all’udienza di precisazione delle conclusioni, non integrava una mutatio ma una mera emendatio libelli; la domanda andava pertanto individuata in quella precisata (recte: emendata) all’udienza di precisazione delle conclusioni, senza doversi confrontare quanto era stato originariamente domandato con la maggior sorte capitale monetaria successivamente richiesta alla predetta udienza; in base alla domanda così precisata, il primo giudice avrebbe quindi dovuto dichiarare la propria incompetenza per valore e il Tribunale avrebbe dovuto accogliere il motivo di gravame con cui era stata censurata l’opposta statuizione diretta ad affermare la detta competenza per valore;
1.1. il motivo è inammissibile;
la censura con esso veicolata – in quanto fondata sull’argomentazione secondo cui la precisazione del quantum debeatur (nella specie, effettuata all’udienza di precisazione delle conclusioni) concreterebbe una mera emendatio libelli anziché una vera e propria mutatio – appare del tutto eccentrica rispetto alla ratio della statuizione impugnata;
quest’ultima, infatti, è fondata sul rilievo che nell’atto introduttivo l’attore non aveva quantificato l’importo del danno di cui aveva chiesto la liquidazione, sicché, ai sensi dell’art. 14 cod. proc. civ., la causa si presumeva rientrare nella competenza per valore del giudice adito, anche in ragione della mancata contestazione del convenuto, da compiersi nella prima difesa;
questi rilievi non soltanto sono corretti in iure (cfr. Cass. 11/07/2006, n. 15698) ma trovano la loro premessa logica nella regola, anche questa debitamente richiamata dal giudice d’appello, secondo cui il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda, intendendosi per tale quella risultante dall’atto introduttivo del giudizio, non assumendo rilevanza le successive eventuali mutationes od emendationes;
la determinazione del valore della causa, ai fini della individuazione del giudice competente, deve infatti avvenire con riferimento al momento in cui la domanda viene proposta, per cui, una volta fissata la competenza del giudice in base alle pretese fatte valere nell’atto introduttivo del giudizio e alle eventuali contestazioni e richieste svolte dal convenuto nella prima difesa, sono prive di rilevanza le successive modifiche (Cass. 18/09/2006, n. 20118; Cass. 08/03/2010, n.5573);
posto questo principio, la questione se la precisazione del quantum debeatur rispetto ad un petitum iniziale quantitativamente indeterminato concreti una mutatio o un’emendatio libelli è del tutto irrilevante;
il primo motivo va dunque dichiarato inammissibile;
2. con il secondo motivo viene denunciata “Invalidità della sentenza oggetto di ricorso ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 156, comma 2, c.p.c., per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione a fatto discusso e decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.”;
viene censurata la statuizione contenente l’accertamento del paritetico concorso del danneggiato nella produzione dell’evento lesivo;
secondo il ricorrente, il vizio di manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza d’appello risiederebbe nel contrasto logico tra l’affermazione circa la sussistenza del suo concorso di colpa e quella contenente l’accertamento della circostanza, appresa in sede di escussione testimoniale, che l’autovettura antagonista, nel transitare lungo un tratto stradale curvilineo, aveva invaso completamente l’opposta corsia di marcia;
2.1. anche questo motivo è manifestamente inammissibile;
in primo luogo, esso censura la ricostruzione dei fatti e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie, omettendo di considerare che entrambi tali attività sono riservate al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499);
in secondo luogo – e in ogni caso – è agevole rilevare che la circostanza che l’autovettura della convenuta B avesse invaso completamente l’opposta corsia, quand’anche potesse reputarsi accertata (ma la pronuncia in esame non contiene tale accertamento, limitandosi a dare atto delle risultanze della prova testimoniale), non sarebbe incompatibile con l’attribuzione di una parte della responsabilità anche a A, poiché la sola circostanza che egli viaggiasse all’interno della corsia di pertinenza non sarebbe stata ex se sufficiente a vincere la presunzione di colpa di cui all’art. 2054 cod. civ., essendo necessario, a tal uopo, che fosse invece accertato che egli si fosse pienamente uniformato alle norme sulla circolazione stradale e a quelle di comune prudenza e avesse fatto tutto il possibile per evitare l’incidente (Cass. 16/05/2008, n.12444; Cass. 04/11/2014, n. 23431; Cass.20/03/2020, n. 7479);
in tal senso, del resto, ha correttamente motivato il giudice del merito, per modo che la statuizione impugnata, non solo non presenta alcuna lacuna motivazionale costituzionalmente rilevante, ma appare perfettamente corretta in iure;
in definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile;
3. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
4. avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi dell’art.13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre esborsi liquidati in Euro 200,00 spese forfetarie e accessori; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.
