2. In particolare, la Corte di merito ha stimato come paritaria la responsabilità dei suindicati conducenti degli autoveicoli coinvolti nel sinistro, in luogo della percentuale (dell’80% a carico della (omissis) e del 20% a carico dell'(omissis)) stimata dal giudice di prime cure.
3. Per quanto ancora d’interesse in questa sede, la Corte di merito ha altresì accolto la domanda di risarcimento del danno da rottura del rapporto parentale proposta iure proprio dagli eredi dell'(omissis) per la perdita del congiunto; conseguentemente, ha condannato anche la società (omissis) s.p.a., compagnia assicuratrice per la r.c.a dell’autovettura del defunto (omissis), al risarcimento, in via solidale con la (omissis) e la società (omissis) Assicurazioni s.p.a., di tutti i danni subiti iure proprio dagli odierni ricorrenti per la perdita del loro padre.
4. Avverso la suindicata pronunzia della Corte di merito la società (omissis) Assicurazioni s.p.a. (già (omissis) s.p.a.) propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico complesso motivo, illustrato da memoria.
5. Hanno resistito con controricorso la (omissis) assicurazioni S.p.A. nonchè gli eredi (sia in proprio che in tale qualità) del signor (omissis) ((omissis), (omissis), (omissis) e (omissis)). Hanno depositato memoria sia (omissis) Assicurazioni S.P.A. che i predetti eredi del signor (omissis).
3. Si duole che la Corte di merito abbia quindi errato tanto nel porre il risarcimento a carico della società assicuratrice del defunto responsabile, quanto nel riconoscere il danno per intero, nonchè nel fare applicazione dell’art. 2055 c.c., il quale “presuppone, oltre all’unicità del fatto dannoso, l’imputabilità del fatto a più persone”, sicchè “nel caso di specie la condanna solidale avrebbe dovuto… essere limitata alla quota di imputabilità del danno ò e, quindi, al danno da risarcire alla terza trasportata” mentre “al risarcimento per il decesso del padre sono tenuti soltanto la responsabile civile e il suo assicuratore, e soltanto per la quota di responsabilità alla prima attribuita”, in quanto “agli attori … il dante causa non ha procurato danno alcuno”, essendo “responsabile del proprio decesso per quota parte”.
4. Lamenta che “.. in ipotesi di corresponsabilità ciascuno paga la propria quota di responsabilità e gli eredi hanno diritto a conseguire il risarcimento nel rispetto delle quote di responsabilità” sicchè “la solidarietà…. si applica solo (relativamente all'(omissis)) per la quota di responsabilità risarcibile e, quindi, essa riguarda esclusivamente la responsabilità civile e il suo assicuratore. La quota di responsabilità restante, attribuita al medesimo soggetto deceduto, non determina alcun risarcimento in favore degli eredi, posto che non vi è nulla da risarcire, a prescindere dalla loro posizione di terzi”.
5. Il motivo è fondato e va accolto nei termini e nei limiti di seguito indicati. Il sinistro stradale verificatosi l'(omissis) a (omissis), tra l’Opel Calibra condotta dalla proprietaria sig.ra (omissis), la Fiat Panda condotta dal sig. (omissis) e la Fiat Tipo condotta dal sig. (omissis) all’esito del quale sono immediatamente deceduti i coniugi (omissis) – (omissis), che viaggiavano a bordo della Fiat Panda – è stato attribuito alla concorrente responsabilità della (omissis) e dell'(omissis) (nella misura dell’80% a carico della prima e del 20% a carico del secondo, da parte del giudice di prime cure; nella paritaria misura del 50% da parte del giudice del gravame).
6. La Corte di merito ha posto in rilievo che i germani (omissis), nella misura in cui hanno agito per il risarcimento dei danni subiti iure proprio per la morte dei genitori, dovevano essere considerati terzi rispetto all’evento dannoso e, visto il disposto dell’art. 2055 c.c., in ordine alla responsabilità solidale dei diversi coautori dell’illecito, ottenere la condanna in solido e per intero tanto della (omissis) e della sua compagnia di assicurazioni, la (omissis) Assicurazioni s.p.a., quanto della (omissis) s.p.a., compagnia di assicurazione dell'(omissis), a prescindere dalla loro qualità (anche) di eredi di quest’ultimo, e salvo il riparto interno tra i corresponsabili in ragione della gravità delle rispettive colpe (qui affermate paritetiche).
7. La corte ha, altresì, escluso che rispetto alla (omissis) s.p.a. venendosi a trovare gli (omissis) nella duplice veste di danneggiati ed eredi del corresponsabile – l’obbligazione risarcitoria fosse da ritenere (proporzionalmente) estinta per confusione, ai sensi dell’art. 1303 c.c., che disciplina i rapporti interni tra debitori solidali in caso di riunione delle due qualità (debitore-creditore) in capo ad uno di essi. Poichè l’assicuratore in tema di r.c.a. non ha, di norma, per la peculiare forma di solidarietà passiva che si crea tra società assicuratrice e responsabilità civile, alcun potere di rivalsa nei confronti del proprio assicurato, parimenti non avrebbe la possibilità di agire a tal titolo nei confronti degli eredi di quest’ultimo, con la conseguenza che la confusione che si verifica rispetto al solo de cuius (ulteriore debitore in solido), non si riverbera sulla esigibilità, per intero, nei confronti della compagnia.
8. Per quanto ancora d’interesse in questa sede, la Corte di merito ha quindi accolto per l’intero, “salvo il riparto interno tra i corresponsabili in ragione della gravità delle rispettive colpe”, in applicazione del principio di solidarietà passiva ex art. 2055 c.c., la domanda – proposta nei confronti della (omissis) e della sua compagnia assicuratrice per la r.c.a. – di risarcimento dei danni lamentati iure proprio dagli eredi dei predetti coniugi (omissis) – (omissis).
9. Orbene, il giudice del gravame ha così disatteso il principio affermato nella giurisprudenza di legittimità, in base al quale la riduzione del danno per il concorso della vittima nella produzione dell’evento opera anche nei confronti dei congiunti che agiscono iure proprio, essendo esso conseguenza del fatto della vittima stessa (v. Sez. 3, Sentenza n. 3780 del 30/12/1971, Rv. 355616 – 01; conff. Sez. 3, Sentenza n. 10271 del 29/09/1995, Rv. 494135 – 01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11137 del 06/10/1999, Rv. 530501 – 01).
10. Si è da questa Corte, invero, prevalentemente escluso, in accordo con quanto sostenuto da una parte della dottrina, che il defunto possa dirsi autore di un illecito nei confronti dei congiunti sopravvissuti. E che possa conseguentemente configurarsi l’ipotesi del concorso di più autori nell’illecito solidalmente responsabili verso il danneggiato.
11. Si è altresì precisato che, in caso – come nella specie – di colpa concorrente dei conducenti dei veicoli scontratisi, il danneggiato di uno dei veicoli può pretendere dal proprietario e/o dal conducente dell’altro veicolo il risarcimento del danno non per l’intero, ma soltanto nella misura del concorso di colpa attribuito a quest’ultimo (v. Sez. 3, Sentenza n. 808 del 09/02/1981, Rv. 411294 – 01), salva l’azione nei confronti del conducente del veicolo di sua proprietà per il risarcimento della residua parte di danno (v. Sez. 3, Sentenza n. 2260 del 06/06/1975, Rv. 376067 – 01; conf. Sez. 3, Sentenza n. 726 del 18/01/2001, Rv. 543286 – 01).
12. Tale tesi è stata di recente ribadita, in particolare, da Sez. 3, Sentenza n. 23426 del 04/11/2014, Rv. 633334, la quale ha affermato che, in ipotesi di concorso della condotta colposa della vittima di un illecito mortale nella produzione dell’evento dannoso, il risarcimento del danno (patrimoniale e) non patrimoniale patito iure proprio dai congiunti della vittima deve essere ridotto in misura corrispondente alla percentuale di colpa a quest’ultima ascrivibile.
13. Si è, in particolare, argomentato dal rilievo che la regola fissata dall’art. 1227 c.c., comma 1, trova applicazione anche nel caso in cui la vittima del danno abbia, con la propria condotta colposa, concausato la propria morte, sicchè anche in questo caso il responsabile non potrà essere chiamato a rispondere integralmente del danno patito dai congiunti della vittima.
14. In altra decisione si è da questa Corte affermato che il principio (riferibile anche alla materia del danno extracontrattuale per l’espresso richiamo contenuto nell’art. 2056 c.c.) di cui all’art. 1227 c.c., comma 1, – della riduzione proporzionale del danno in ragione dell’entità percentuale dell’efficienza causale del comportamento del soggetto danneggiato – si applica non solo nei confronti di quest’ultimo, il quale reclami il risarcimento del pregiudizio direttamente patito e al cui verificarsi abbia contribuito la sua condotta, ma anche nei confronti dei congiunti che, in relazione agli effetti riflessi che l’evento di danno subito proietta su di essi, agiscono per ottenere il risarcimento dei danni subiti iure proprio (v. Sez. 3, Sentenza n. 22514 del 23/10/2014, Rv. 633071 – 01).
15. La categoria del danno riflesso è, invero, da tempo superata, e, come questa Corte ha già avuto modo di sottolineare, il danno subito dai congiunti della vittima – pur risultando spesso etichettato come tale – viene in realtà riconosciuto quale lesione diretta e autonoma conseguente ad un illecito plurioffensivo (v. Sez. 1, Sentenza n. 9321 del 17/04/2013, Rv. 625789 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 24745 del 28/11/2007, Rv. 601022 – 01); per questo, il Collegio ritiene di non poter confermare l’assunto secondo cui la riduzione del danno per il concorso della vittima nella produzione dell’evento trova fondamento nel principio del concorso di colpa posto dall’art. 1227 c.c., comma 1. Il richiamo all’art. 1227 c.c., operato da precedenti pronunce, non pare condivisibile al collegio perchè presuppone l’identità tra l’agente e il creditore.
16. Come osservato anche in dottrina, la norma in esame richiede, per la diminuzione del risarcimento, un fatto colposo del creditore, laddove – per la parte di danno a lui ascrivibile nella predetta ipotesi – la vittima (nel caso, il defunto I.) creditore non è. Creditori dovrebbero anzi, nei suoi confronti, dirsi i parenti superstiti, in ragione della perdita del godimento del rapporto parentale che li legava alla vittima (nel senso che il principio della riduzione del risarcimento del danno è inapplicabile allorquando gli eredi agiscano iure proprio nei confronti delle controparti cfr., in particolare, Sez. 3, Sentenza n. 4795 del 01/03/2007, Rv. 596663 – 01 e Sez. 3, Sentenza n. 28062 del 25/11/2008, Rv. 605722 – 01).
17. Dunque, il principio per cui in caso di perdita del rapporto parentale ciascuno dei familiari ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subito non può ritenersi applicabile in particolari ipotesi, come quella in esame, in cui vi è il concorso della vittima alla causazione della sua morte; ma ciò non avviene per effetto dell’applicazione della limitazione di cui all’art. 1227 c.c., bensì perchè la lesione del diritto alla vita (dolosamente o, come nella specie) colposamente cagionata da chi la vita perde non può ritenersi integrare un illecito della vittima nel confronti dei propri parenti, che costituiscono l’altra parte del rapporto parentale.
18. La rottura (dolosa o colposa) del rapporto parentale ad opera di una delle sue parti – come nella specie avvenuta in conseguenza di un sinistro stradale, che la vittima ha colposamente concorso a causare – non può, infatti, considerarsi fonte di danno non patrimoniale nei confronti dell’altra, integrando essa una conseguenza derivante da una condotta non contra ius, e pertanto non antigiuridica, della medesima. La vittima non può, pertanto, ritenersi responsabile nei confronti dell’altra parte del rapporto parentale per la rottura di tale rapporto, non insorgendo, di conseguenza, alcun credito risarcitorio iure proprio del congiunto sopravvissuto per la quota parte di responsabilità, del congiunto defunto, nella concausazione del danno evento.
19. A tale stregua, in caso di concorso di colpa del deceduto nella causazione della propria morte, il relativo ristoro non è configurabile quale conseguenza del danno non patrimoniale subito iure proprio dai congiunti/eredi. Il ristoro di tale ultima voce di danno, infatti, è configurabile esclusivamente nei confronti dei terzi estranei che hanno concorso a determinare la rottura di tale rapporto, per la quota parte di relativa responsabilità.
20. In altri termini, nel caso di specie l’ammontare del danno non patrimoniale in esame rimane ridotto in misura corrispondente alla parte di danno (nel caso, 50%) cagionato dalla vittima a se stessa. Ne deriva, quale corollario, l’inapplicabilità – nella predetta ipotesi del principio di solidarietà passiva ex art. 2055 c.c..
21. Erroneamente, in ossequio ai principi di solidarietà passiva ex art. 2055 c.c., la Corte di merito ha, nell’impugnata sentenza, ritenuto ammissibile la domanda di risarcimento estesa all’intero danno subito dagli eredi della vittima (odierni controricorrenti), salvo l’operare del regresso, laddove la domanda nei confronti della compagnia assicuratrice per la r.c.a. del responsabile civile va, al contrario, limitata alla (quota parte di) responsabilità di chi ha (in via concorsuale) cagionato il danno.
22. Della sentenza impugnata, assorbiti gli altri motivi, s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame, facendo applicazione del seguente principio: “In caso di concorso della vittima nella determinazione dell’evento dannoso, nei confronti dei congiunti che agiscono iure proprio opera la corrispondente riduzione del risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale”.
23. Ai fini della quantificazione di tale riduzione, va infine osservato, la Corte di merito potrà fare ricorso – in via meramente analogica, costituendo la norma applicazione del principio generale dell’ordinamento in base al quale il danneggiante è tenuto a risarcire non tutto il danno, ma solo la parte a lui ascrivibile (cfr. Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008) – anche all’applicazione dei criteri posti dall’art. 1227 c.c. (gravità della colpa, entità delle conseguenze).
24. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
accoglie per queste ragioni il ricorso.
Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 8 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2017