SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 3 giugno 2003 il Tribunale di Trento dichiarava l’inoperatività della polizza infortuni stipulata da M.O. con la R.A.S. – Riunione Adriatica di Sicurtà e, pertanto, rigettava la domanda proposta dall’assicurato, che aveva chiesto la condanna della società a corrispondergli l’indennità contrattualmente prevista in relazione ai postumi derivati da un incidente stradale.
Con sentenza in data 14 dicembre 2004 – 17 gennaio 2005 la Corte d’Appello di Trento confermava integralmente tale sentenza.
La Corte territoriale osservava per quanto interessa: la polizza garantiva anche i rischi derivanti dalla guida di automotoveicoli semprechè l’assicurato alla guida fosse abilitato a norma delle disposizioni in vigore; il M. procedeva alla guida di un motociclo pur avendo la patente scaduta da un mese; ai fini della garanzia assicurativa la patente scaduta era pienamente equiparabile all’ipotesi del conducente del tutto privo di abilitazione di guida; era irrilevante la circostanza che il M. avesse rinnovato la patente in epoca successiva al sinistro; la differente natura dei due contratti non consentiva di estendere: al contratto di assicurazione contro gli infortuni i principi dettati in materia di contratto di assicurazione per la responsabilità civile; la clausola in discussione non era limitativa della garanzia ma atteneva all’oggetto del contratto, nè era in essa ravvisabile uno squilibrio dei diritti ed obblighi derivanti.
Avverso la suddetta sentenza il M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
La RAS ha resistito con controricorso e presentato memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione in merito all’interpretazione e/o qualificazione della clausola del contratto di assicurazione oggetto di causa.
Con il secondo motivo, che lo stesso ricorrente tratta congiuntamente, denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e ss., art. 1341 c.c. e ss., artt. 1469 bis, 1469 ter c.c. e ss..
In sostanza il M. lamenta che la Corte territoriale abbia immotivatamente interpretato la clausola de qua come determinativa dell’oggetto del contratto anzichè come limitativa della responsabilità del proponente.
Le censure risultano manifestamente infondate.
La sentenza impugnata ha adeguatamente indicato le ragioni della propria statuizione e, quindi, non sussiste alcun vizio di motivazione.
Quanto alle asserite violazioni e false applicazioni di norme di diritto, a prescindere dalla pur rilevante considerazione che le argomentazioni addotte a sostegno non le trattano compiutamente e non distinguono tra la violazione e la falsa applicazione e premesso che l’interpretazione del contratto e delle relative clausole rientra nella competenza esclusiva del giudice di merito, osserva la Corte che (Cass. sez. 3^, n. 395 del 2007) nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, per gli effetti dell’art. 1341 c.c., (con conseguente sottoposizione delle stesse alla necessaria e specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle clausole che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito mentre attengono all’oggetto del contratto – e non sono perciò, assoggettate al regime previsto dal comma 2, di detta norma – le clausole che riguardano il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio garantito.
Alla stregua dei principi sopra enunciati, la clausola del contratto de quo (polizza infortuni), in virtù della quale veniva prevista l’operatività dell’assicurazione per l’infortunio derivante dall’uso e/o dalla guida di automotoveicoli semprechè l’assicurato, se alla guida, fosse abilitato a norma delle disposizioni in vigore non sia effettuato in conformità delle disposizioni vigenti e, quindi, la escludeva nel caso che tale abilitazione egli non avesse, non ha carattere nè di clausola vessatoria (in quanto essa, in realtà, realizza l’applicazione di disposizioni di legge di carattere imperativo attinenti alla circolazione), nè di clausola limitativa della responsabilità dell’assicuratore, in quanto essa tende solo a delimitare l’oggetto della garanzia prestata, nonchè i precisi termini dell’obbligazione assunta dall’assicuratore.
Con il terzo e il quarto motivo, anch’essi trattati congiuntamente secondo una tecnica censoria che non rispetta la chiara prescrizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, (anche nel testo vigente all’epoca del ricorso), il M. ipotizza, rispettivamente, vizio di motivazione in merito alla mancata rispondenza ai criteri di chiarezza e di intelligibilità della clausola all’origine della controversia e violazione e falsa applicazione dell’art. 1469 ter c.c. e ss..
Anche in proposito il M. ripropone una censura già sottoposta all’esame della Corte territoriale e da questa argomentatamente respinta.
Manifestamente infondati, dunque, i denunciati (peraltro senza offrire specifiche argomentazioni per chiarire ove risulti omessa, ove insufficiente, ove contraddittoria) vizi di motivazione, non è configurabile neppure la violazione, nè la falsa applicazione di norme di diritto.
E’ il giudice di merito che deve apprezzare se le clausole contrattuali siano o meno rispondenti a criteri di chiarezza e intelligibilità.
D’altra parte non è oggettivamente ipotizzabile alcun dubbio interpretativo in ordine ad una clausola contrattuale che circoscriva l’operatività della, garanzia, nell’ipotesi d’infortunio subito dall’assicurato mentre era alla guida di automotoveicolo, al possesso della relativa abilitazione (necessaria per circolare legittimamente).
Non giova al ricorrente neppure l’equiparazione tra conducente del tutto privo di patente e conducente con patente scaduta, prospettata sotto l’esclusivo profilo della ottemperanza ai predetti requisiti di chiarezza e intelligibilità della clausola, sia perchè la Corte territoriale ha argomentato al riguardo, sia perchè la patente scaduta e non rinnovata priva il conducente dell’abilitazione alla guida, sia perchè questa stessa sezione (Cass. sez. 3^, n. 15174 del 2003) ha già affermato la contestata equiparazione.
Con il quinto e sesto motivo, ancora una volta trattati congiuntamente, il M. lamenta, rispettivamente, vizio di motivazione in merito alla presenza nella clausola del contratto de quo di un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1469 bis c.c..
Anche queste censure sono strutturate secondo i medesimi criteri commentati negativamente a proposito delle precedenti.
La Corte territoriale ha dato adeguata risposta alla medesima censura. Il tema dello squilibrio tra diritti e doveri esige una dimostrazione specifica del mancato bilanciamento di essi. In aggiunta a quanto affermato dalla sentenza impugnata, è sufficiente rilevare che qualsiasi contratto assicurativo si connota per l’assunzione di un rischio da parte dell’assicuratore e, quindi, dell’acquisizione di un diritto di essere garantito da parte dell’assicurato, la cui controprestazione consiste nel versamento di un premio che viene calcolato con metodo attuariale in relazione alle caratteristiche qualitative e quantitative del rischio assicurato.
Ne consegue che una posizione di squilibrio a danno dell’assicurato presuppone la prova dell’esclusione di una garanzia inclusa nel premio pagato.
Nessuno squilibrio è ravvisabile neppure nelle modalità di esecuzione dei comportamenti garantiti, essendo indubbio che il diritto dell’assicurato alla garanzia per danni (arrecati o subiti) nel corso dell’attività di guida di autoveicoli o motoveicoli o natanti debba essere correlato al dovere per lo stesso di essere autorizzato al’esercizio di tale attività.
Pertanto il ricorso va rigettato. Considerati il fatto all’origine della controversia e le questioni di diritto affrontate, si ritiene sussistano giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Spese compensate.
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2009
