(omissis)
i congiunti di E.E. (figlie non conviventi, figlia convivente, madre, coniuge e fratelli) convennero in giudizio Johnson E Johnson Financial Service Gmbh (di seguito Johnson E Johnson), D.D. e Zurick Insurance (di seguito Zurick) per sentirne accertare la responsabilità per i danni conseguenti alla morte del congiunto investito dall’autovettura condotta dal D.D., di proprietà di Johnson E Johnson ed assicurata da Zurich, mentre attraversava in bicicletta una strada su un attraversamento ciclabile; istituitosi il contraddittorio con Johnson E Johnson e con la Zurich, contumace il D.D., il Tribunale di Vercelli accertò l’esclusiva responsabilità di quest’ultimo nella causazione del sinistro, ritenendo accertato che il ciclista stesse attraversando lungo strisce che, sulla base della segnaletica verticale, erano indicate quale attraversamento ciclabile e non pedonale e che, in ogni caso, il ciclista non aveva l’obbligo di scendere per attraversare la strada; che il ciclista al momento del sinistro aveva già impegnato l’attraversamento, che vi era buona visibilità e buona illuminazione e che l’autoveicolo, pur andando ad una velocità di 45-50 km entro i limiti consentiti, aveva comunque tenuto una velocità non prudente e non idonea a consentire una reazione congrua alla presenza del ciclista;
il Tribunale adito, pertanto, accolse la domanda e condannò i convenuti al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in favore dei congiunti;
a seguito di appello di Zurich e di appello incidentale di Johnson E Johnson e nel contraddittorio con i congiunti della vittima primaria, la Corte d’Appello di Torino, con sentenza n. 1091 pubblicata in data 18/10/2022, rilevata la presenza di alcuni profili di colpa specifica del ciclista che non avrebbe dato la precedenza al veicolo proveniente da destra e sarebbe stato sprovvisto del fanale d’illuminazione anteriore, ha accolto il gravame ritenendo che, in base alle caratteristiche del luogo e alla segnaletica ivi presente, il ciclista avrebbe potuto attraversare lungo l’attraversamento pedonale ma senza avere diritto di precedenza; conseguentemente, pur ritenendo provata la responsabilità dell’automobilista, la Corte ha ritenuto applicabile la presunzione di pari responsabilità ai sensi dell’art. 2054, 2 co. c.c., certamente riferibile anche alla collisione tra autovettura e bicicletta, in quanto non vi era prova del fatto che il ciclista si fosse uniformato alle regole sulla circolazione stradale e a quelle di comune prudenza né che avesse fatto tutto il possibile per evitare il danno, pur essendo “un utente debole” della strada”; conseguentemente ha ridotto del 50% gli importi riconosciuti dal giudice di primo grado;
avverso la sentenza, C.C., A.A., B.B., più Altri Omessi tutti in proprio e/o in qualità di successori di E.E., propongono ricorso per cassazione sulla base di sei motivi;
le società intimate, Zurich Insurance Company LTD e Johnson E Johnson Financial Service GMBH, resistono con distinti controricorsi, mentre è rimasto intimato il D.D.;
con provvedimento del 30.10.2023 comunicato in data 3.11.2023, il Consigliere delegato proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., affinché, così motivandola: “1) sia dichiarata la manifesta inammissibilità dei primi cinque motivi di ricorso; essi infatti nella sostanza censurano la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti. Stabilire, infatti, come sia avvenuto un sinistro stradale e se taluno dei conducenti coinvolti abbia o non abbia vinto la presunzione posta a suo carico dall’art. 2054, secondo comma, c.c., costituiscono altrettanti accertamenti di fatto, non certo questioni di diritto; 2) sia dichiarata la manifesta infondatezza del sesto motivo di ricorso; la riforma della sentenza di primo grado da parte del giudice d’appello, infatti, ha necessariamente travolto – ai sensi dell’art. 336 c.p.c. – qualsiasi statuizione inerente le spese contenuta nella sentenza del Tribunale:
sia la loro determinazione, sia il loro presupposto, cioè il valore della causa; aggiungasi, incidenter tantum, che la determinazione del valore della causa da parte del giudice d’appello fu giuridicamente corretta”;
i ricorrenti hanno tempestivamente chiesto la decisione sul ricorso ed è stata, quindi, fissata la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis. 1 c.p.c.;
il Pubblico Ministero ha ritenuto di non depositare conclusioni scritte;
i ricorrenti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
con il primo motivo di ricorso (Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2054 cod. civ. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc), si censura la sentenza impugnata per falsa applicazione di legge, nella parte in cui applica in modo automatico la presunzione di colpa paritetica ex art. 2054 c. 2 c.c., omettendo di accertare la concreta dinamica del sinistro e la graduazione di responsabilità imposta proprio dalle emergenze processuali. La tipologia del vizio dedotto investe una questione di diritto (e non di merito) in quanto mira ad accertare se il contenuto della sentenza sia conforme alle norme di diritto e ai principi dettati in materia; dalla lettura della sentenza impugnata risulta che la Corte Territoriale ha, da un lato, confermato la responsabilità dell’automobilista (già accertata in primo grado), dall’altro, pur ritenendo non sussistere prova circa una condotta scorretta del ciclista o non raggiungibile quella sulla carenza di colpa di questi, ha proceduto ad una applicazione automatica della presunzione di pari concorso di colpa in assenza dei presupposti applicativi. Tale automatica applicazione risulta in contrasto con i principi di diritto, pacifici nella giurisprudenza di legittimità (la funzione sussidiaria della presunzione di pari responsabilità e la possibilità di fornire la prova liberatoria anche indirettamente), dai quali emerge che la certezza della condotta colposa di uno dei conducenti nella causazione di uno scontro tra veicoli, purché potenzialmente idonea a determinare l’evento, libera l’altro conducente dalla presunzione della sua concorrente e paritetica responsabilità di cui all’art. 2054, comma 2, c.c., nonché dall’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. In ogni caso, la certezza delle condotte di entrambi i conducenti, non esime il giudice dalla ricostruzione effettiva del concreto apporto causale di ognuna nella determinazione dell’evento; secondo Cass. Civ. 15152/2023; n. 12884/2021: “…la presunzione di pari responsabilità, ex. art. 2054 II comma cc, ha funzione sussidiaria e trova applicazione soltanto quando le risultanze probatorie non consentono al Giudice di ricostruire le condotte dei due conducenti e pervenire alla valutazione delle reciproche, eventualmente graduate, responsabilità. L’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l’altro dalla presunzione della concorrente responsabilità di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, nonché dall’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (Cass. n. 6559/2013; Cass. n. 21130/2013; Cass. n. 9528/2012). La prova liberatoria per il superamento di detta presunzione di colpa non deve necessariamente essere fornita in modo diretto – e cioè dimostrando di non aver arrecato apporto causale alla produzione dell’incidente – ma può anche risultare indirettamente tramite l’accertamento del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell’evento dannoso con il comportamento dell’altro conducente (cfr. ex multis: Cass. Civ. 15152/2023; n. 12884/2021; n. 6941/2021; n. 8885/2020; n. 13672 /2019; n. 09425/2011; n. 09550/2009), restando del tutto residuale l’applicazione dell’art. 2054, 2 co. cpc dell’evento, limitata all’ipotesi della concreta impossibilità della determinazione dell’incidenza causale delle condotte di tutti i conducenti. Detti principi, come detto, risultano acclarati dal costante ed uniforme orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. Civ. sez. 3, ord. n. 15152/2023; n. 12884/2021; n. 6941/2021; n. 8885/2020; n. 13672 /2019; n. 09425/2011; n. 09550/2009); si richiama, in particolare, un caso analogo in cui la Suprema Corte ha precisato che: “… Erra, pertanto, la Corte territoriale ad applicare in modo automatico la presunzione del pari concorso nella determinazione dell’evento, dinanzi alla certezza del ruolo causale della condotta dell’investitore ed all’incertezza di un possibile ruolo di quella della controparte; ed in particolare erra a non valutare se il ruolo della condotta dell’investitore potesse appunto essere preponderante, se non perfino esclusivo, in relazione alla particolare avvistabilità ed evitabilità del veicolo investito, quali si desumono dalla congiunta considerazione dalle specifiche circostanze della fattispecie… In questo contesto, è evidente l’erroneità della conclusione della Corte territoriale, in punto di applicazione della presunzione di colpa, per impossibilità di determinazione dell’eventuale apporto causale della condotta dell’investita e quindi per impossibilità di esclusione di quest’ultimo apporto, in presenza di elementi importanti, non adeguatamente valorizzati, a sostegno dell’opposta tesi dell’esclusiva o comunque preponderante colpa del conducente del veicolo investitore. In sostanza, l’applicazione alla fattispecie della presunzione di cui al capoverso dell’art. 2054 cod. civ. deve definirsi scorretta: da un lato, per la possibilità di ricostruire con chiarezza le condotte di entrambi i conducenti e, di conseguenza, per la normale possibilità di ricostruire l’apporto causale di ognuno; dall’altro lato, per la mancata verifica della esclusività o preponderanza del ruolo causale della condotta dell’investitore alla stregua delle evidenti particolarità della fattispecie” (cfr. Corte di Cass. Civ. sez. 3, ord. n. 12884/2021; Cass. Civ. sez. 3, ord. n. 15152/2023); da quanto precede emerge che la Corte Territoriale, accertata la responsabilità di D.D., conducente della Volvo, avrebbe dovuto interrogarsi (a fronte di un quadro probatorio che non ha restituito “evidenze” -ma mere congetture- sul contegno di guida del ciclista), sull’idoneità del comportamento dell’automobilista ad integrare la causa esclusiva (o comunque preponderante) del sinistro, potendo essa costituire prova “indiretta”, comunque idonea a vincere la presunzione di legge di cui all’art. 2054 c.c. Nella fattispecie, detta valutazione è stata completamente omessa dalla Corte Territoriale la quale ha effettuato una applicazione automatica della paritetica responsabilità nella determinazione dell’evento, ex art. 2054 c.c. (a carattere residuale), senza previamente valutare se il ruolo della condotta dell’investitore potesse essere esclusivo (o comunque preponderante), in relazione alla particolare avvistabilità ed evitabilità del ciclista investito, desumibile dalla congiunta considerazione di specifiche circostanze emergenti, peraltro, dalla stessa sentenza impugnata, tra cui: “D.D. stava uscendo da una rotatoria in prossimità della quale si trovava un attraversamento pedonale, ragione per la quale avrebbe comunque dovuto tenere una velocità più moderata ed inferiore ai limiti ordinariamente stabiliti per le strade urbane; la visuale sull’attraversamento era libera e possibile (per l’automobilista) atteso che la fuoriuscita dalla rotatoria si trovava a mt 26 prima delle strisce.”; e ancora: “una volta impegnata l’intersezione le uniche manovre di emergenza effettivamente utili non avrebbero che potuto essere poste in essere dall’automobilista (per quanto già rilevato in sede di perizia redatta su incarico del PM)”;
secondo i ricorrenti, alla luce di quanto esposto, dalla sentenza impugnata emerge, in tutta evidenza, il mancato rispetto delle norme di diritto e dei principi dettati in materia;
con il secondo motivo di ricorso (Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c.), si censura la decisione impugnata in quanto fondata su una motivazione meramente apparente che non consente di comprendere il percorso logico-giuridico seguito dal giudice. Occorre premettere che la censura del vizio dedotto è ammissibile in sede di ricorso per Cassazione, trattandosi di vizio che risulta chiaramente dal testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr. Cass. SU 8053/2014; Cass. SU 8054/2014; Cass. 23940/2017; Cass. 22598/2018; Cass. 22735/2019); sul punto occorre richiamare il principio secondo cui la sentenza è nulla (ai sensi del richiamato Cass. Civ. SU 8053/2014 secondo cui “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr.: Cass. SU 8054/2014; Cass. 23940/2017; Cass. 22598/2018; Cass. 22735/2019). art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c.) qualora risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda, oppure qualora, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione (motivazione apparente), estrinsecandosi in argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (cfr. ex pluribus: Cass. Civ. 20414/2018; Cass., Sez. U, Sent. n. 22232/2016; Cass. sez. V n. 29179/2019; Cass., Sez. 6-5, n. 14927/2017; Cass. n. 26825/2009). Alla stregua dei principi richiamati, la sentenza impugnata risulta viziata nella parte in cui il giudice di merito ha ritenuto il paritario concorso di colpa del ciclista, sulla base della parte meramente valutativa della deposizione testimoniale del teste oculare (Bono Angela), omettendo di motivare le ragioni di tale convincimento. Non può dimenticarsi che la natura sussidiaria del principio sancito dall’art. 2054 c.c. (di cui al punto precedente), impone al giudice un particolare rigore nella valutazione delle emergenze istruttorie, al fine di giungere ad un accertamento che possa prevedere sia la completa esclusione della responsabilità di una delle parti coinvolte nell’incidente, sia la possibile graduazione del concorso di colpa eventualmente riscontrato. Inoltre, un particolare rigore è richiesto al giudice, allorquando ravvisa un concorso di colpa nella causazione di un sinistro, nel motivare congruamente circa la maggiore o uguale gravità dell’una o dell’altra colpa, dovendo debitamente indicare il criterio logico che nel caso ha presieduto alla formazione del proprio convincimento (v. Cass. Civ., n. 36638/2021; Cass., n. 3819/2020; n. 22735/2019). Pertanto, la correttezza della decisione si fonda sul rigore e sulla completezza della motivazione concernente il bilanciamento della “forza” delle emergenze istruttorie e della particolare prudenza con la quale devono essere valutate le deposizioni testimoniali, soprattutto ove riportino – come sovente accade – non soltanto “fatti” ma anche “percezioni” difficilmente estrapolabili dai verbali di escussione (Cass. Civ. Sez. 3, ord. n. 22735/2019);
la Corte Territoriale ha basato il giudizio di “pari responsabilità” di entrambi i conducenti dei mezzi sulla violenza dell’impatto del motoveicolo desunta dalla parte meramente percettiva delle dichiarazioni rese dai testi…(“sopraggiunse a tutta velocità”),… che hanno riferito “una scivolata di 200 metri prima dell’impatto” e ” un “impatto violento”:.) senza alcuna valutazione circa la graduazione di responsabilità imposta proprio dalle emergenze processuali e giungendo, in assenza di logica e conseguenziale motivazione, ad un giudizio di “sostanziale equivalenza delle infrazioni del codice della strada rispettivamente commesse. La motivazione sulla quale si fonda tale statuizione risulta, pertanto meramente apparente ed in quanto tale inficia la validità della sentenza;”
stante la impossibilità di comprendere le argomentazioni logico-giuridiche che hanno indotto la Corte Territoriale a ritenere la concorrente paritetica responsabilità del ciclista nella causazione del tragico evento, la motivazione sulla quale si fonda tale statuizione risulta meramente apparente e in quanto tale inficia la validità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c.;
con il terzo motivo (violazione degli artt. 2043, 2054 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. co. 1 n. 3 per illegittima inversione dell’onere della prova), si censura la sentenza per falsa applicazione delle regole sul riparto dell’onere probatorio trattandosi di vizio di legittimità (e non di merito) censurabile in Cassazione, come più volte enunciato dal costante orientamento giurisprudenziale (Cass. civ., n. 13395/2018; n. 4241/2018; n. 15107/2013);
con il quarto motivo, si censura la sentenza impugnata per “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti” (art. 360 c.1. n. 5 c.p.c.). Nella fattispecie, il vizio rilevato riguarda l’omesso esame di “fatti” che sono stati oggetto di discussione tra le parti, la cui esistenza risulta dal testo dalla sentenza e da atti processuali (localizzati) e che hanno carattere decisivo poiché, esaminati, avrebbero determinato un esito diverso;
il quinto motivo censura la sentenza impugnata per travisamento della prova in relazione a circostanze che hanno formato oggetto di discussione tra le parti (violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.); il percorso motivazionale esposto in sentenza risulta gravemente viziato, avendo la Corte Territoriale travisato ciò che emerge con forza e chiarezza dalle emergenze istruttorie. Occorre premettere che la tipologia del vizio dedotto investe l’errore di percezione caduto sulla ricognizione del contenuto oggettivo di una prova, inerente circostanze che hanno formato oggetto di discussione tra le parti. Trattasi, pertanto, di vizio censurabile in Cassazione, secondo il principio di diritto enunciato dalla copiosa giurisprudenza di legittimità (cfr. ex multis Cass. Civ. sent. n. 37382/2022; n. 26209/2022; n.13918/2022; n. 12971/2022; n. 23079/2021);
con il sesto motivo – Violazione dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4, c. 1 del DM 55/2014, in relazione all’art.360 co. 1, n.3 c.p.c. – lamenta l’erronea decisione sulle spese;
il Collegio dissente dalla valutazione fatta nella proposta di definizione e ritiene che i primi due motivi siano fondati;
l’esame congiunto del primo e del secondo motivo consente di ravvisare un’apparenza di motivazione in iure in ordine all’applicazione della norma dell’art. 2054, secondo comma, c.c. nel senso della paritarietà della responsabilità del conducente e del ciclista-pedone. La corte torinese non ha spiegato – pur parlando di pedone come “utente debole” e che si trovava legittimamente sulle strisce – come e perché le due condotte dovessero essere meritevoli di attribuzione di pari responsabilità. La motivazione, specie quella criticata di cui a pag. 22, è del tutto apparente ed assertoria e ciò sotto un profilo in iure; l’essere stata riconosciuta la posizione di “utente debole” del ciclista e gli elementi certi sulla dinamica, primo fra questi, il fatto che il ciclista si trovasse sulla corsia opposta a quella da cui aveva impegnato l’attraversamento, la stessa circostanza che si trattasse di attraversamento ciclabile, pur nell’incertezza sul fatto che il ciclista si potesse avvedere del sopraggiungere dell’auto o non si potesse avvedere per la velocità di marcia propria, non appaiono in alcun modo giustificative dell’attribuzione di pari responsabilità ma anzi implicanti la possibilità di una diversa quantificazione minoritaria per il ciclista, sulla quale la corte torinese avrebbe dovuto riflettere e quindi trarre coerenti conclusioni;
l’accoglimento del primo e secondo motivo per quanto di ragione determina l’assorbimento degli altri, la cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione;
il giudice del rinvio procederà a rendere una motivazione che, considerate le risultanze probatorie acquisite, individui la percentuale di responsabilità del ciclista non in modo paritario, bensì nella misura minore da esse giustificata;
P.Q.M.
La Corte accoglie, per quanto di ragione, i primi due motivi del ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa l’impugnata sentenza in relazione e rinvia alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile del 21 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2024.