2. L’intimato (omissis) ha notificato e depositato controricorso, illustrato da memoria, contestando le censure contenute nel ricorso, deducendone l’inammissibilità, l’infondatezza e la temerarietà;
3. La sentenza impugnata, confermando la sentenza del giudice di pace, ha respinto l’appello avverso la sentenza del giudice di pace che ha condannato il ricorrente a risarcire il danno subito da (omissis) per le ingiurie subite nel corso di alcune assemblee condominiali, ritenendo che le critiche all’operato dei quest’ultimo quale amministratore, contrariamente a quanto dedotto nel motivo di appello, avessero contenuto ingiurioso e “trasmodassero in offese che, nel caso di specie, vedono un soggetto accusato, sostanzialmente, di commettere sistematicamente degli illeciti e sin anche dei reati in danno dei condomini al fine di trarne vantaggi per sé”.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. Con un unico articolato motivo la parte ricorrente, ex articolo 360 1° comma , n. 3 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata, riproponendo questioni di merito già risolte in ordine alla non applicabilità, nel caso di specie, dell’art. 51 c.p., con argomenti che tendono a indurre la Suprema Corte a effettuare una impropria rivalutazione dei fatti ormai cristallizzati nel giudizio merito.
5. Osserva preliminarmente questo Collegio che oggetto della lite non è la gestione del condominio da parte del (omissis), minuziosamente riportata nel ricorso, bensì il contenuto diffamatorio delle affermazioni rivolte all’amministratore dal condomino nel corso delle assemblee condominiali che i giudici di merito, con giudizio doppiamente conforme, hanno discrezionalmente ritenuto sconfinare dal diritto di critica, avendo il (omissis), delegato dalla moglie proprietaria a partecipare alle assemblee condominiali, pubblicamente indicato l’amministratore (omissis) come un “manipolatore contabile, infedele e sistematico” nel contestare i rendiconti sottoposti ad approvazione assembleare.
6. Lasciando in disparte quanto già prima facie rilevabile in merito alla ridondanza del ricorso, non incentrato sull’analisi della decisione impugnata, ma sul merito della controversia, in via pregiudiziale va osservato che il motivo di ricorso si dimostra vieppiù inammissibile, avuto riguardo alla regola di cui all’art. 348-ter, ultimo comma, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, la quale esclude la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 dell’art. 360 dello stesso codice, nell’ipotesi in cui la sentenza di appello impugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado (c.d. “doppia conforme”); in proposito, questa Corte ha da tempo chiarito che la predetta esclusione si applica, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella c.d. doppia conforme , avuto riguardo alla regola di cui sopra. Sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo, ha l’onere -nella specie non assolto – di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994; da ultimo, Cass. 28/02/2023, n. 5947).
7. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 a favore della parte resistente.
Così deciso in Roma, l’1 luglio 2024.
Depositata in Cancelleria il 9 ottobre 2024.