2. (omissis) Spa si costituì contestando la domanda risarcitoria avanzata dall’attrice nel quantum, reputando l’importo già corrisposto ampiamente congruo e satisfattorio, e chiedendo il rigetto della domanda.
3. Con sentenza n. 574-2017 il Giudice di pace di Udine, dopo aver disposto apposita CTU medico-legale, rigettò la domanda attorea, condannando la (omissis) al pagamento delle spese di lite e di CTU in favore di (omissis) Spa
4. Avverso tale pronuncia la (omissis) interpose gravame dinnanzi al Tribunale di Udine eccependo: (i) la contraddittorietà della decisione del giudice di primo grado in punto quantificazione del danno, non essendo detta liquidazione corrispondente – a differenza di quanto affermato in sentenza – alle risultanze della CTU, con particolare riferimento al conteggio del giorni di inabilità temporanea e al mancato riconoscimento delle spese sostenute per la consulenza medica ante causam; (ii) l’errata decisione in ordine al mancato risarcimento del danno morale, avendo la medesima allegato e provato le evidenze necessarie ed utili ad apprezzare la concreta sofferenza patita; (iii) l’errata quantificazione del danno biologico, che avrebbe dovuto essere liquidato in percentuale maggiore o quantomeno appesantito, almeno per la perdita di chanches lavorative, se non di mancato guadagno da lucro cessante; (iv) l’errata esclusione del rimborso delle spese sanitarie per materasso e rete ortopedici, essendo le stesse strettamente ricollegabili al sinistro; (v) l’errato non riconoscimento delle spese per l’attività del CTP, sia ante causam, sia nella qualità di consulente di parte.
5. La (omissis) chiese quindi la condanna di (omissis) Spa al ristoro integrale del danno, patrimoniale e non, da liquidarsi entro il tetto di Euro 5.000,00, oltre ad interessi e rivalutazione sino al saldo, con rifusione delle spese di primo grado e di appello.
6. (omissis)Spa si costituì chiedendo il rigetto dell’appello, ed esponendo: (i) che malgrado il Giudice di pace fosse effettivamente incorso in un errore di calcolo – avendo quantificato l’importo relativo alla inabilità temporanea al tasso del 25% tenendo conto, erroneamente, di un periodo di giorni 15 in luogo del periodo di giorni 30 indicato dal CTU – tale errore non avrebbe inficiato la decisione di primo grado, posto che l’importo complessivo risulterebbe pur sempre sostanzialmente risarcito dalla somma di Euro 2.700,00 corrisposta prima dell’inizio della vertenza; (ii) che nulla era dovuto all’appellante a titolo di danno morale, anche alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 7513-2018); (iii) che era inammissibile la censura di appesantimento del danno biologico per perdita di chance-mancato guadagno da lucro cessante, trattandosi rispettivamente di danni non patrimoniali e di danni patrimoniali, questi ultimi, tra l’altro, non provati; (iv) che correttamente il giudice di pace aveva escluso dalle spese mediche rimborsabili quelle attinenti alla consulenza medico-legale di parte e all’acquisto del materasso ortopedico; (v) che nulla, infine, era dovuto anche per quanto riguarda le spese relative alla CTP in corso di causa.
7. Con sentenza n. 1005-2019, depositata in data 10-08-2019, oggetto di ricorso, il Tribunale di Udine ha accolto parzialmente l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato (omissis) Spa a corrispondere alla (omissis), a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale subìto in occasione del sinistro, l’ulteriore somma, già rivalutata, di Euro 62,34; ha compensato tra le parti le spese di primo grado; ha posto definitivamente le spese di CTU, come già liquidate in primo grado, a carico di entrambe le parti al 50%; ha compensato le spese di lite relative al grado di appello.
8. Avverso la predetta sentenza (omissis) propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
9. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c.
10. (omissis) Spa non ha svolto difese nel presente giudizio di legittimità.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360,1 co., n. 3, c.p.c., “Violazione o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. con riferimento al rimborso della spesa per la perizia medico-legale commissionata ante causam dall’attrice”, sostenendo che il Tribunale avrebbe errato nel non riconoscere le spese sostenute dalla ricorrente per la consulenza del medico legale ante causam, e ciò in violazione dell’art. 2043 c.c., in base al quale il danno emergente che sia in rapporto di causalità con il fatto illecito altrui deve essere risarcito. La ricorrente espone che costituisce diritto soggettivo del danneggiato quello di rivolgersi ad un consulente per la valutazione delle proprie menomazioni fisiche conseguenti ad un fatto illecito di terzi, così come integra un principio generale, in tema di risarcimento, quello secondo cui sono ripetibili tutte le spese e i danni che si trovano in correlazione consequenziale con l’evento lesivo. A detta della ricorrente, nel caso di specie il Tribunale ha escluso la ripetibilità delle spese mediche concentrandosi solo su quelle di CTP, senza distinguere queste ultime, maturate in corso di causa, da quelle sostenute dalla ricorrente ante causam e senza considerare che il CTU aveva ritenuto congrue tutte le spese sanitarie documentate, in esse comprese quelle relative alla consulenza medico legale di parte ante causam.
3. Sulla base degli atti legittimamente esaminabili da questa Corte, risulta fin dal primo grado non integro il contraddittorio, per non essere stato coinvolto il proprietario del veicolo danneggiante, nonostante egli sia litisconsorte necessario. Ed invero, in materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, nella procedura di risarcimento diretto di cui all’art. 149 del D.Lgs. n. 209 del 2005, quale è pacificamente quella in esame promossa dal danneggiato nei confronti del proprio assicuratore, sussiste litisconsorzio necessario rispetto al danneggiante responsabile, analogamente a quanto previsto dall’art. 144, comma 3, dello stesso D.Lgs., posto che anche l’azione rivolta dal danneggiato nei confronti della assicurazione del veicolo da lui condotto presuppone un accertamento in ordine alla responsabilità del soggetto che ha causato il danno e che tale accertamento – oggetto della domanda giudiziale, del processo e, infine, del decisum – non può non produrre i propri effetti vincolanti anche nei confronti del soggetto della cui responsabilità si tratta (Cass. 20-09-2017 n. 21896; Cass. 13-04-2018 n. 9188; Cass. 8-04-2020 n. 7755; Cass. 9-07-2020 n. 14466; Cass. 16-02-2023 n. 4994). Inoltre, va pure precisato che, in tema di assicurazione obbligatoria per responsabilità civile da circolazione di veicoli a motore, allorché l’assicuratore proponga appello, sia pure limitato al quantum debeatur, nei confronti del solo danneggiato, che aveva promosso azione diretta, si impone sempre il litisconsorzio necessario del proprietario del veicolo assicurato, essendo evidente l’interesse di questo a prendere parte al processo allo scopo di influire sulla concreta entità del danno, di cui egli potrebbe rispondere in via di rivalsa verso il medesimo assicuratore, e ciò anche nel caso in cui il proprietario del veicolo sia rimasto contumace in primo grado ed anche se non abbia formulato domanda di manleva verso l’assicuratore (Cass. 17-02-2014 n. 3621; v. anche Cass. 23-4-2014 n. 9112; in senso conforme, più di recente, Cass. Sez. 24-04-2018 n. 11215 e Cass. 24-04-2019 n. 11215).
3.1 Pertanto, va data continuità al principio di diritto processuale in base al quale “quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice di primo grado, che non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, né da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354, primo comma, cod. proc. civ., resta viziato l’intero processo e s’impone, in sede di giudizio di cassazione, l’annullamento, anche d’ufficio, delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure, a norma dell’art. 383, terzo comma, cod. proc. civ. (tra molte: Cass. 10-04-2018 n.8837, Cass. 26-07-2013 n. 18127; Cass. Sez. U. 16-02-2009 n. 3678; Cass. 13-04-2007 n. 8825)” (così Cass., sez. III, sent. 14-12-2023, n. 35098, conforme Cass., sez. III, 16-02-2023, n. 4994).
4. Pertanto, stante la nullità di entrambe le sentenze di merito, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata al giudice di primo grado che dovrà procedere ad un nuovo giudizio, previa integrazione del contraddittorio nei confronti del responsabile civile; il medesimo giudice provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2024
