Massima

L’azione intrapresa dallo Stato straniero (Repubblica Federale di Germania) volta a ottenere la dichiarazione che uno specifico bene immobile di sua proprietà non è assoggettabile a procedimento esecutivo, e a richiedere la conseguente cancellazione dell’ipoteca giudiziale, costituisce un’iniziativa sostanziale contro l’esecuzione, sebbene in primo grado il Tribunale di Como abbia escluso che tale domanda potesse qualificarsi come formale “opposizione all’esecuzione”.

Supporto alla lettura

OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE

Disciplinata dagli artt. 615 e 616 c.p.c., ha ad oggetto la contestazione della ragion d’essere dell’esecuzione, ossia il diritto della parte istante a procedere all’esecuzione. Il comma 1 dell’art. 615 c.p.c. specifica espressamente che con l’opposizione si contesta il diritto del creditore di procedere con l’esecuzione forzata, pertanto la contestazione riguarderà una serie di elementi che hanno a che fare con il titolo esecutivo. Ma l’opposizione all’esecuzione può anche basarsi su ragioni di carattere sostanziale, che riguardano invece il merito, per esempio quando si allegano fatti impeditivi o estintivi nel frattempo sopravvenuti.

Può essere proposta con citazione per opposizione a precetto (se non è ancora iniziata) oppure con ricorso al giudice dell’esecuzione (se è già iniziata), diventa invece inammissibile se proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione.

Legittimati a proporre opposizione sono tutti coloro che in concreto subiscono l’esecuzione, anche quando la veste di debitore non risulta direttamente dal titolo esecutivo. Legittimati all’azione (attori) sono quindi il debitore, il terzo proprietario del bene pignorato o un soggetto terzo comunque espropriato (legittimazione attiva). Sono invece legittimati passivi (convenuti) il creditore procedente e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con atto di citazione del 21 febbraio 2008 la Repubblica Federale di Germania conveniva in giudizio l’Autogestione Prefettizia di Voiotia (della Repubblica Greca) esponendo che il Tribunale di Livadia (Grecia), con sentenza del 30 ottobre 1997, aveva condannato la Repubblica Federale di Germania al pagamento in favore dell’autogestione prefettizia di un risarcimento per le vittime della strage di Distomo del 10 giugno 1944 commessa dalle truppe tedesche e che la sentenza era stata confermata dalla Corte di Cassazione greca e dichiarata esecutiva, in Italia, dalla Corte d’Appello di Firenze, con decreto del 13 giugno 2006, sulla base del quale, in data 7 giugno 2007, la Prefettura aveva ottenuto l’iscrizione di un’ipoteca giudiziale per l’importo di Euro 25.000 su alcuni immobili di proprietà dello Stato tedesco in provincia di Como ((omissis), pervenuta alla Repubblica Federale a seguito di lascito ereditario), gestiti da un’associazione privata, iscritta nel registro della Pretura di Bonn. Il decreto era stato impugnato e l’opposizione era stata rigettata con sentenza n. 1696 del 2008 della Corte d’Appello di Firenze, confermata dal giudice di legittimità, con sentenza del 20 maggio 2011 n. 11163.

2. Sulla base di tali premesse la Repubblica Federale chiedeva al Tribunale di Como di dichiarare l’illegittimità o erroneità del rilascio della formula esecutiva apposta con decreto, in data 13 giugno 2006, riferito alla sentenza di condanna del Tribunale collegiale di Livadia nei confronti della Repubblica Federale di Germania e conseguentemente sentir disporre la revoca della formula stessa e, comunque, verificato che l’immobile non era assoggettabile a procedimento esecutivo, sentir ordinare all’Agenzia del Territorio di Como la cancellazione della nota di ipoteca giudiziale iscritta contro la Repubblica Federale.

3. Si costituiva l’autogestione prefettizia contestando la pretesa e interveniva volontariamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri aderendo all’assunto di parte attrice e chiedendo l’accoglimento delle domande spiegate dalla Repubblica Federale di Germania.

4. Con ordinanza del 10 novembre 2009 il giudice, rilevato che parte delle questioni erano oggetto del giudizio pendente presso la Corte d’Appello di Firenze, sospendeva il processo. Intervenuto il giudicato, a seguito della sentenza della Corte di Cassazione del 12 gennaio 2011 n. 11163, il giudizio veniva riassunto.

5. Con sentenza del 2 maggio 2013 il Tribunale di Como dichiarava che la domanda proposta non poteva qualificarsi come opposizione all’esecuzione, escludeva ogni ipotesi di litispendenza e rilevava che ai sensi della L. n. 5 del 2013art. 3, non era azionabile il provvedimento con il quale era stata dichiarata esecutiva in Italia la sentenza greca, con conseguente declaratoria di inefficacia del titolo esecutivo, con condanna dell’Autogestione Prefettizia ellenica al pagamento delle spese di lite.

6. Avverso tale sentenza proponeva appello la Regione Stereas Ellada, erte successore per incorporazione alla Prefettura Autogestita di Voiotia. Si costituivano in giudizio la Repubblica Federale in persona dell’ambasciatore Presidenza del Consiglio dei Ministri.

7. Con sentenza del 25 marzo 2015 la Corte d’Appello di Milano respingeva l’impugnazione confermando la sentenza del Tribunale di Como e condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite. Osservava la Corte che, indipendentemente dallo stato della legislazione e della giurisprudenza sul tema della titolarità, da parte del giudice italiano, della giurisdizione verso Stati stranieri per attività iure imperii di questi ultimi (questione da ultimo definita dalla pronunzia di incostituzionalità della L. n. 5 del 2013 della Consulta n. 238 del 22 ottobre 2014), in considerazione della destinazione pubblicistica dell’immobile in oggetto ((omissis)) di proprietà di uno Stato straniero, lo stesso non poteva essere oggetto di azioni esecutive o cautelari.

8. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la regione Stereà Ellada affidandosi a tre motivi. Resiste in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri con controricorso. La ricorrente deposita memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 295 e 398 c.p.c., in tema di sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 1, 3 e 5.

2. Rileva che sino alla data di notifica del ricorso era pendente dinanzi alla Corte d Appello di Firenze la causa di revocazione per la sentenza di Delib. 25 novembre 2008, segnalando che la dichiarazione di inefficacia della sentenza fiorentina avrebbe potuto sviluppare effetti negativi in danno della ricorrente, con conseguente mancato rispetto dell’art. 295 c.p.c., attesa la mancata sospensione necessaria.

3. Deduce, altresì, la violazione l’art. 183 e della L. n. 218 del 1995, art. 14, ai sensi dell’art. 360, n. 3, in relazione al mancato accoglimento delle domande istruttorie con le quali la ricorrente avrebbe potuto dimostrare la mancata funzione diplomatica dell’immobile e la rinuncia della Repubblica Federale all’immunità esecutiva rispetto a tale proprietà.

4. Sotto un terzo profilo lamenta la violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., in tema di cosa giudicata in quanto, a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 11163 del 2011 la Corte d’Appello di Milano non sarebbe competente a decidere sull’efficacia esecutiva della sentenza fiorentina, poichè la competenza spettava il giudice della revocazione.

5. Infine, deduce la violazione dell’art. 136 Cost., poichè attraverso la pronunzia della Corte d’Appello di Milano non è stata data corretta esecuzione al contenuto della sentenza della Corte Costituzionale n. 238 del 2014 che ha dichiarato illegittimo della L. 14 gennaio 2013, n. 5art. 3.

6. Con il secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 10 e 11 Cost. e dell’art. 18 del Trattato di Pace del 1947, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 1. In particolare, il diritto alla cancellazione dell’ipoteca presuppone che lo Stato straniero goda, rispetto al bene specifico, di una immunità nel procedimento esecutivo. Nel caso di specie il bene immobile non ha ad oggetto attività militare o di rappresentanza consolare o diplomatica. In difetto di norme che inibiscono l’esecuzione in casi diversi da beni collegati alla tutela diplomatica, consolare o militare la decisione viola gli artt. 2740 e 2820 c.c. e un tale principio sarebbe rinvenibile nel diritto consuetudinario internazionale.

7. Inoltre, la Repubblica Federale non aveva utilizzato il bene acquisito per eredità per scopi culturali o pubblicistici. Anzi, il bene (OMISSIS) è stata affidato alla gestione di un’associazione privata con assenza di qualsiasi potere di dirigenza da parte dello Stato tedesco, per cui doveva escludersi che la Germania svolgesse attività culturale o pubblicistica presso tale immobile.

8. In terzo luogo la ricorrente rileva che, sulla base delle residue disposizioni dei trattati di trasferimento di sovranità di Parigi e Bonn e della convenzione di Londra del 1953, vi sarebbe stata una rinuncia all’immunità esecutiva da parte della Repubblica Federale di Germania a favore del creditore greco.

9. Rileva la Corte che la L. n. 5 del 2013art. 3 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, firmata a New York il 2 dicembre 2004 nonchè norme di adeguamento dell’ordinamento interno), stabiliva che le sentenze passate in giudicato, in contrasto con la sentenza della Corte internazionale di Giustizia (che, con decisione del 3 febbraio 2012, aveva escluso l’assoggettamento di specifiche condotte di altro Stato alla giurisdizione civile dello Stato italiano), anche se successivamente emessa, possono essere impugnate per revocazione, oltre che nei casi previsti dall’art. 1395 c.p.c., anche per difetto di giurisdizione civile e in tale caso non trova applicazione l’art. 396 c.p.c..

10. Sulla base di tale disposizione la ricorrente aveva richiesto la revocazione della sentenza di questa Corte n. 11163 del 2011.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 238 del 22 ottobre 2014, ha dichiarate l’illegittimità costituzionale del menzionato L. 14 gennaio 2013, n. 5art. 3, nonchè l’illegittimità costituzionale della L. 17 agosto 1957, n. 848art. 1 (Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945), limitatamente all’esecuzione data all’art. 94 della Carta delle Nazioni Unite, nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della Corte internazionale di giustizia del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona.

12. A seguito della sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione contenuta nella L. n. 5 del 2013art. 3, l’istanza di revocazione è stata dichiarata inammissibile.

13. Appare preliminare l’esame delle doglianze oggetto del secondo morivo. Come rilevato con tale censura la ricorrente deduce la violazione degli artt. 10 e 11 Cost. e dell’art. 18 del Trattato di Pace del 1947, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 1, aggiungendo che la Repubblica Federale non aveva utilizzato (omissis) per scopi culturali o pubblicistici, ma ne aveva affidato la gestione di un’associazione privata.

14. Il motivo è inammissibile. Quanto alla supposta violazione di norme di legge riguardo all’individuazione di un principio di diritto internazionale consuetudinario che inibisca l’azione esecutiva cautelare avente ad oggetto beni di Stati stranieri che siano destinati all’esercizio delle loro funzioni sovrane o, comunque, dei fini pubblicistici, la ricorrente non si confronta con il puntuale riferimento operato dalla Corte territoriale ai principi affermati da questa Corte di Cassazione a Sezioni Unite secondo cui per effetto dei principi di immunità giurisdizionale degli Stati stranieri, fissati dal diritto internazionale consuetudinario (a cui rinvia l’art. 10 Cost.), non sussiste la giurisdizione del giudice italiano in ordine all’azione esecutiva o cautelare su beni appartenenti a detti Stati o a loro enti pubblici, ove si tratti di beni destinati all’esercizio delle loro funzioni sovrane o, comunque, dei loro fini pubblicistici (Sez. U, Sentenza n. 173 del 12/01/1996, Rv. 495323-01). Principio non contraddetto dalla giurisprudenza successiva.

15. Il secondo profilo è inammissibile poichè la questione non risulta dalla sentenza impugnata, con evidente difetto di autosufficienza riguardo aia prova di avere sottoposto al giudice di appello il profilo di fatto dell’utilizzo della struttura da parte di una associazione privata. In ogni caso, si contesta la valutazione operata dalla Corte territoriale riguardo alla destinazione pubblicistica del bene richiedendo alla Corte di Cassazione una indagine in tatto, sui presupposti, le caratteristiche, la storia, l’attività espletata e i finanziamenti delle attività che si svolgono presso tale immobile. Valutazione che non è demandabile alla Corte di legittimità.

16. Anche la dedotta rinuncia all’immunità esecutiva da parte della Repubblica Federale di Germania è affetta da inammissibilità perchè la ricorrente non ha allegato di avere sottoposto la questione al giudice di appello.

17. Infine la lamentata violazione della L. n. 218 del 1995art. 67, nella parte in cui la sentenza del Tribunale di Como (confermata in appello) ritiene che la sentenza della Corte d’Appello di Firenze abbia sostituito l’originario titolo esecutivo, rappresentato dal decreto di esecutorietà del 13 giugno 2006, è inammissibile poichè la censura si riferisce alla sentenza del Tribunale di Como e non alla decisione oggetto di ricorso.

18. Quanto al primo motivo appare, invece, fondato l’ultimo rilievo, mentre sono inammissibili le precedenti ragioni di censura.

19. La prima questione, relativa al mancato rispetto dell’art. 295 c.p.c., è inammissibile per difetto di decisività poichè non contrasta il nucleo motivazionale della decisione la Corte territoriale di Milano che, con una statuizione adottata sulla base del principio della ragione più liquida esamina esclusivamente il profilo relativo alla natura del bene immobile oggetto di procedimento esecutivo.

20. In ogni caso la doglianza è inammissibile per difetto di interesse perchè, come è stato rilevato in premessa, il procedimento rispetto al quale sussisterebbe l’obbligo di sospensione è stato definito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sentenza n. 9098 del 2015) con dichiarazione di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità della norma. E’, altresì, inammissibile per genericità, poichè non vengono evidenziate le ragioni per le quali la mancata sospensione necessaria del giudizio avrebbe leso la posizione processuale della ricorrente.

21. Quanto alla seconda considerazione, relativa al mancato accoglimento delle istanze istruttorie con le quali la ricorrente avrebbe potuto contrastare la funzione diplomatica dell’immobile e dimostrare la rinuncia alla immunità esecutiva rispetto a tale proprietà, la censura è inammissibile: per difetto di autosufficienza, poichè non vengono riprodotte le richieste istruttorie sulla base delle quali la ricorrente ritiene di poter dimostrare l’insussistenza del presupposto della funzione diplomatica dell’immobile ovvero la rinuncia alla immunità esecutiva.

22. Con terzo rilievo la ricorrente pone una questione di giudicato in quanto, a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 11163 del 2011, la Corte d’Appello di Milano, non sarebbe competente a decidere sull’efficacia esecutiva della sentenza fiorentina, poichè la competenza spettava il giudice della revocazione. La censura è inammissibile per le considerazioni relative al primo profilo di tale motivo.

23. Infine, la ricorrente rileva che, dichiarando l’inefficacia esecutiva della sentenza greca, la Corte territoriale milanese ha, di fatto, negato la competenza giurisdizionale del giudice italiano (la Corte d’Appello di Firenze) nell’ambito del procedimento di ricognizione di un titolo esecutivo fondato su una sentenza straniera.

24. La censura è fondata poichè la dichiarazione di inefficacia del titolo esecutivo, oggetto del dispositivo della decisione della Corte territoriale, non è coerente con la motivazione. Il vizio risiede nel fatto che l’immobile non è assoggettabile a procedura esecutiva, ma questo non significa anche che il titolo è inefficace. Tale titolo, al contrario, mantiene la propria efficacia, da esercitare eventualmente su beni diversi da quelli aventi le caratteristiche (omissis). Infatti, dichiarando in dispositivo l’inefficacia esecutiva della sentenza greca n. 137/97, la Corte d’Appello di Milano ha adottato una decisione che non si fonda sulla motivazione come sopra decritta. Il nucleo centrale di tale statuizione risiede nella considerazione giuridica secondo cui, sulla base del diritto internazionale consuetudinario, non è consentita un’azione esecutiva avente ad oggetto beni di proprietà di Stati stranieri ove ricorra l’ulteriore presupposto della destinazione a fini pubblicistici. Secondo a Corte territoriale, per quanto in precedenza illustrato, l’immobile (omissis) costituisce un bene di proprietà di uno Stato estero avente destinazione e fini pubblicistici. Per tale motivo, e non per l’inidoneità del titolo, lo stesso non può essere oggetto di azione esecutiva o cautelare. Da tale ragionevole premessa giuridica, quindi, la Corte territoriale fa discendere l’ulteriore ed errata conseguenza della conferma integrale della sentenza dei Tribunale di Como del 5 settembre 2013, che – al contrario – dichiarava l’inefficacia del titolo esecutivo in base al quale era stata iscritta l’ipoteca giudiziale di cui alla nota del 17 giugno 2007. La statuizione della Corte territoriale, invece, avrebbe dovuto rimanere nel perimetro della premessa giuridica e fattuale, correttamente espressa a pag. 6; per cui, all’esito di una valutazione ragionevole del compendio probatorio, affermare a destinazione pubblicistica di (omissis) e, da tale circostanza, fare discendere il principio per cui tale l’immobile (per le sue peculiari caratteristiche e non per l’inidoneità in astratto del titolo) non può essere “coggetto di azioni esecutive o cautelari”. Mentre l’ulteriore affermazione secondo cui, sulla base di tali premesse, “deve essere confermata integralmente la sentenza impugnata”, costituisce una statuizione non coerente la motivazione.

25. Sulla base delle considerazioni che precedono la doglianza di parte ricorrente deve trovare accoglimento e la sentenza va cassata sul punto. Decidendo nel merito, va dichiarato che l’immobile denominato (omissis), sito nel Comune di (omissis), in NCEU dello stesso Comune a fg (omissis), p.lla (omissis), non può essere oggetto di azioni esecutive e, pertanto, va disposta la cancellazione dell’ipoteca giudiziale di cui alla nota del 17 giugno 2007 distinta al nr. 20821 RG e nr. 4217 RP, con numero di presentazione 138, presso l’Agenzia del Territorio, Ufficio Provinciale di Como.

26. Alla luce delle considerazioni che precedono, il secondo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile, mentre la sentenza va cassata con riferimento al primo motivo, con decisione nel merito nei termini sopra indicati. Quanto alle spese processuali, in considerazione dell’esito della lite, del limitato accoglimento delle doglianze della parte ricorrente e per la particolarità e novità della vicenda processuale, le stesse vanno integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo; dichiara inammissibile il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara che l’immobile denominato (omissis), sito nel Comune di (omissis), in NCEU dello stesso Comune al fg (omissis), p.lla (omissis), non può essere oggetto di azioni esecutive e dispone la dell’ipoteca giudiziale di cui alla nota del 17 giugno 2007 distinta al nr. 30821 RG e nr. 4217 RP con numero di presentazione 138 presso l’Agenzia del Territorio, Ufficio Provinciale di Como.

Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 26 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2018

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