Massima

Nel giudizio in cui il contraente domandi l’annullamento, per dolo del terzo, della clausola di rinuncia al potere di revoca dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, l’altro contraente, tenuto all’erogazione dell’indennizzo, è litisconsorte necessario. 

Supporto alla lettura

CONTRATTO DI ASSICURAZIONE

In generale si tratta di un contratto (polizza) con il quale una parte (assicuratore) si obbliga, a fronte di un corrispettivo (il premio dovuto dall’assicurato), a risarcire l’altra (assicurato) nel caso si verifichi un evento dannoso per quest’ultima (es. l’assicurazione sulla vita) o per un terzo (es. l’assicurazione per la Responsabilità Civile Auto, c.d. RCA).

L’evento dannoso deve rientrare in categorie previste nella polizza, ma deve avere i caratteri dell’incertezza: non deve essere cioè controllabile da nessuno dei contraenti. Nello specifico, il contratto di assicurazione è caratterizzato da un elemento tipico definito “alea di rischio” (rischio aleatorio).

Per l’assicurato, scopo del contratto è quello di tramutare il rischio, qualunque esso sia, in una spesa calcolabile, garantendosi così, a fronte di un premio di molto inferiore al danno temuto, la possibilità di essere risarciti nel caso quell’evento dannoso si verifichi.

Per l’assicuratore invece, il fine, è il profitto, reso possibile dall’accurato calcolo del premio, che contempli in esso anche il margine di utile che il soggetto assicuratore ritiene adeguato.

Nell’ordinamento italiano sono previste alcune forme assicurative obbligatorie, in funzione della rilevanza che il legislatore dà al bene da assicurare: in tali casi il cittadino o il soggetto giuridico equivalente, è obbligato a contrarre un’assicurazione e non può scegliere di non farlo. Alcune volte, al soggetto obbligato a contrarre l’assicurazione è concessa la libertà di scelta con quali società stipulare il contratto (es. nel caso di assicurazione per la responsabilità civile per la circolazione dei veicoli), altre volte invece è obbligato a rivolgersi ad un unico soggetto, tipicamente statale (es. nel caso dell’assicurazione obbligatoria per la maggior parte dei lavoratori).

In tale ultima impostazione si colloca il dettato dell’art. 38 Cost., il quale prevede l’obbligo per l’ordinamento di prevedere forme di assistenza dei lavoratori in caso di infortunio, malattia, invalidità, oltre che per l’assistenza nei casi di vecchiaia o di disoccupazione involontaria. Il legislatore poi, nel regolamentare la materia, ha tenuto in considerazione il fatto che, essendo l’organizzazione del lavoro a generare il c.d. “rischio professionale” patito dal lavoratore, deve essere colui che gode dei vantaggi dell’impresa a rispondere delle conseguenze dell’evento dannoso (tale soggetto non potrà che essere il datore di lavoro).

A tutela del diritto del lavoratore deve essere garantita la previsione del rischio di infortunio, malattia e invalidità derivante dal lavoro, e la conseguente copertura assicurativa. È fatto quindi espressamente obbligo a tutti i datori di lavoro soggetti alla legge italiana di registrare i propri lavoratori all’ ”Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro” (INAIL), ente pubblico deputato all’erogazione del servizio assicurativo obbligatorio per i lavoratori e a cui il datore di lavoro è tenuto a pagare il relativo premio assicurativo.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTI DI CAUSA
1. (omissis), quale erede di (omissis), ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 1621/21, del 20 maggio 2021, della Corte d’Appello di Milano, che – rigettandone il gravame avverso la sentenza n. 525/19, del 27 agosto 2019, del Tribunale di Lecco – ha respinto la duplice domanda, volta, per un verso, all’annullamento per dolo della dichiarazione di rinuncia al potere di revoca dei beneficiari, contenuta nella polizza assicurativa sulla vita conclusa dal (omissis) il 10 febbraio 2004, nonché, per altro verso, alla revocazione della donazione immobiliare disposta in favore di (omissis) e di (omissis), per ingratitudine dei donatari.

2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente che il proprio dante causa “iure hereditatis”, (omissis) aveva agito nei confronti dei nipoti, (omissis) e (omissis) al fine di conseguire l’annullamento della dichiarazione sottoscritta il 28 ottobre 2011 con cui, in relazione alla suddetta polizza assicurativa, in essere con la società Banca Intesa San Paolo, del valore di quasi un milione di euro, il (omissis) ebbe a rinunciare al potere di revoca dei beneficiari, (omissis). Assumeva, infatti, l’attore di essere stato dolosamente indotto in errore da costoro, avendo, invece, intenzione di disporre liberamente della polizza e di voler modificare la disposizione beneficiaria in favore degli eredi testamentari.

Il (omissis) domandava, inoltre, la revoca, ex art. 801 cod. civ., della donazione immobiliare, stipulata il 31 marzo 2012, in favore dei medesimi nipoti, avente ad oggetto la nuda proprietà della quota di 30/36 di una villa, con relative pertinenze, sita in M, per avere i donatari arrecato dolosamente grave pregiudizio al patrimonio del donante.

Costituitisi i convenuti, nel corso del giudizio di primo grado decedeva l’attore, in luogo del quale intervenivano – ex art. 302 cod. proc. civ. – gli altri due nipoti eredi testamentari, ovvero l’odierno ricorrente (omissis) e, con il medesimo, (omissis), quest’ultima, peraltro, anch’ella deceduta nel prosieguo della controversia, tanto che il giudizio veniva poi riassunto, oltre che dall’odierno ricorrente, dalla di lei figlia, (omissis), la quale, tuttavia, ne veniva successivamente estromessa, in ragione di accordo transattivo di cessione della propria quota ereditaria all’altro attore in riassunzione, vale a dire l’odierno ricorrente.

Istruita la causa anche attraverso prova testimoniale (consistita nell’escussione di (omissis), dipendente della filiale dell’istituto di credito che gestiva la predetta polizza assicurativa, nonché dell’assicuratore (omissis) e del consulente finanziario (omissis)), il giudice di prime cure rigettava la domanda, con decisione poi confermata in appello.

In particolare, la Corte milanese, in relazione alla domanda di annullamento per dolo della dichiarazione di rinuncia alla revoca dei beneficiari della polizza assicurativa, ha ritenuto che, mentre l’originario attore (omissis) avesse sicuramente un interesse ad agire in quanto, in caso di accoglimento della domanda, avrebbe potuto modificare i beneficiari della polizza, tale potere non sussistesse in capo all’erede, donde il suo difetto di interesse ad agire, in ragione – oltre che della previsione di cui all’art. 1921 cod. civ. – della presenza di una norma contrattuale che prevede “espressamente cha la designazione dei beneficiari non possa più essere modificata dopo la morte del contraente”.

Per quanto riguarda, invece, la revocazione della donazione, la Corte territoriale ha escluso dal “thema decidendum” le vicende relative alla polizza vita, “congelata” dai beneficiari grazie alla sottoscrizione della dichiarazione di rinuncia al potere di revoca, così riducendo la disamina a due disposizioni di bonifico, in favore degli stessi appellati, che, isolatamente considerate, a detta della sentenza impugnata, “non possono comunque integrare un grave pregiudizio”.

3. Avverso la sentenza della Corte ambrosiana ha proposto ricorso per cassazione (omissis), nella già ricordata qualità, sulla base – come detto – di due motivi.

3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ.

Si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’erede dell’assicurato, originario attore, non avesse l’interesse a proseguire il giudizio, mancando, però, di considerare – a dire dell’odierno ricorrente – tre circostanze dirimenti.

In primo luogo, che il “de cuius”, nel proporre la domanda di annullamento per dolo della dichiarazione di rinuncia al potere di revoca, “aveva già espresso la volontà di revocare la designazione in favore degli autori del dolo e beneficiare l’erede”, in tal senso rilevando non solo la dichiarazione presente in una missiva del 7 ottobre 2013, ma lo stesso atto di citazione in giudizio, giacché “non avrebbe avuto alcun senso agire per dolo nei confronti dei beneficiari stessi, se contestualmente l’attore non avesse già avuto la volontà di revocare il beneficio accordato loro, per disporlo in favore degli eredi testamentari”.

In secondo luogo, che il dolo contrattuale costituisce di per sé illecito civile che l’erede ha interesse a far accertare quale fonte di responsabilità e, pertanto, di pretesa risarcitoria trasmissibile all’erede.

In terzo luogo, che il dolo contrattuale rileva quale condotta suscettibile di pregiudicare il patrimonio del donante e quindi di integrare gli estremi dell’ingratitudine, tanto è vero che il (omissis) pose proprio il dolo contrattuale a fondamento principale della domanda di revoca della donazione ex art. 801 cod. civ., mentre solo “ad abundantiam” ebbe ad elencare gli ulteriori comportamenti commessi ai suoi danni (bonifico di Euro 200.000,00 senza causa in favore del cognato, padre dei due nipoti, odierni convenuti, e altro bonifico di Euro 50.000, pure senza causa, in favore del nipote Paolo, classe (Omissis)).

3.2. Il secondo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. – violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., perché la Corte milanese non si è pronunciata su tutta la domanda di revocazione della donazione per ingratitudine, omettendo di giudicare sul dolo contrattuale, addotto quale fatto costitutivo della domanda stessa.

4. Hanno resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, (omissis) chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.

5. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.

6. Entrambe le parti hanno presentato memoria.

7. Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.

Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. In relazione al presente ricorso, questo Collegio ritiene di doversi pronunciarsi a norma dell’art. 383, comma 3, cod. proc. civ.

8.1. Invero, sin dal suo primo grado, il presente giudizio non ha visto la partecipazione della Banca Intesa San Paolo, con la quale (omissis)– dante causa “iure hereditario” dell’odierno ricorrente – aveva concluso il contratto di cui all’art. 1920 cod. civ., e ciò quantunque si tratti di un contraddittore necessario, ex art. 102 cod. proc. civ.

Infatti, sebbene nel caso che oggi occupa, diversamente da altri vagliati – ancora di recente – da questa Corte (si veda Cass. Sez. 3, ord. 21 agosto 2023, n. 24951, non massimata), non si prospetti responsabilità del soggetto tenuto alla liquidazione dell’indennizzo, per errata e/o ritardata erogazione della somma dovuta a tale titolo, ciò non toglie che esso sia egualmente parte necessaria del giudizio essendo evidente l’indispensabilità del suo coinvolgimento in una controversia che riguarda direttamente l’identificazione della sua giusta controparte o, se non altro, del soggetto avente diritto alla prestazione dedotta in contratto e da quella dovuta.

Peraltro, già la riconducibilità della fattispecie negoziale di cui all’art. 1920 cod. civ. al contratto in favore di terzo (in tal senso, da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 11 maggio 2022, n. 14985, Rv. 664825-01), ribadita anche dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “la legge non riscontra un trasferimento immediato dal contraente al beneficiario, in quanto la prestazione promana dal patrimonio dell’assicuratore e non dall’asse ereditario dell’assicurato” (così, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 30 aprile 2021, n. 11421), depone per la ricorrenza, nel caso di specie, di un’ipotesi di litisconsorzio necessario.

Nel caso in esame, inoltre, il (omissis) – e dopo di lui, il suo erede – ha agito per l’annullamento, in ragione del dolo dei beneficiari, della dichiarazione di rinuncia al potere di revoca degli stessi, contenuta nella polizza assicurativa conclusa dalla società Banca Intesa San Paolo (o qualunque sia, oggi, la sua denominazione), sicché essa deve necessariamente partecipare ad un giudizio potenzialmente destinato a concludersi con una pronuncia che modificherebbe, sia pur solo dal punto di vista soggettivo, il contenuto del contratto di cui è parte, precludendole di eseguire la prestazione in favore degli odierni controricorrenti.

P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata ex art. 383, comma 3, cod. proc. civ., rimettendo la causa al Tribunale di Lecco, in persona di diverso magistrato, per l’integrazione del contraddittorio e la decisione del merito, oltre che per la liquidazione delle spese processuali anche del presente giudizio di legittimità.Così deciso in Roma il 26 giugno 2024.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2024.

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