(omissis) ha convenuto in giudizio, innanzi alla sezione specializzata agraria del Tribunale di Rovigo, il fratello (omissis), chiedendo l’accertamento della simulazione di un contratto di affitto agrario di un fondo sito in località (omissis), stipulato da quest’ultimo con il padre (omissis) pochi mesi prima della morte di quest’ultimo.
Esponeva inoltre che la madre, anch’essa deceduta e usufruttuaria del fondo, nel proprio testamento olografo aveva dichiarato di non aver mai ricevuto il canone dal figlio (omissis), disponendo che tale credito per metà fosse trasferito mortis causa alla figlia (omissis). Pertanto, in via subordinata rispetto all’azione di simulazione assoluta del contratto di affitto del fondo di (omissis), l’attrice ne chiedeva la risoluzione per grave inadempimento dell’obbligo di pagamento dei canoni e quindi la restituzione immediata del fondo stesso, oltre alla condanna del fratello al pagamento del dovuto; in via ulteriormente subordinata, chiedeva la determinazione della durata dell’affitto con condanna di rilascio alla scadenza. Analoghe domande venivano proposte in ordine ad altro fondo sito in località (omissis).
Il tribunale sospendeva il giudizio relativamente alle domande aventi ad oggetto il fondo in località (omissis). Quanto a quello in località (omissis), respingeva la domanda di accertamento della simulazione per difetto di prova e dichiarava l’improcedibilità domanda di risoluzione del contratto per inadempimento per mancanza della contestazione di cui alla L. n. 203 del 1982, art. 5.
La Corte d’appello, con sentenza del 21 aprile 2015, ha confermato la decisione di primo grado. Ricorre per cassazione (omissis), allegando quattro motivi. Resiste con controricorso (omissis).
– secondo motivo (omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio): l’elemento di cui sarebbe stata omessa la valutazione è costituito da una lettera di costituzione in mora spedita con raccomandata del 29 agosto 2012; sennonchè il documento non costituisce una costituzione in mora ai sensi della L. n. 203 del 1982, art. 5, bensì la richiesta di convocazione della commissione di conciliazione prevista dall’art. 46 della medesima Legge; nè può dirsi – come sostiene la ricorrente – che nella medesima nota possano cumularsi le due distinte funzioni, poichè in tema di risoluzione di contratto agrario, la contestazione delle inadempienze, prevista dalla L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 5, comma 3 e costituente condizione di proponibilità della domanda giudiziale, avendo lo scopo di porre l’affittuario in condizione di provvedere, entro tre mesi dalla comunicazione, alle relative sanatorie, fissa una fase pregiudiziale che deve necessariamente precedere la convocazione dinanzi all’Ispettorato dell’agricoltura per il tentativo di conciliazione previsto dall’art. 46 della medesima Legge, e, quindi, formare oggetto di un atto separato ed autonomo, posto che tale tentativo si giustifica solo dopo l’inadempienza effettuata dal locatore ex art. 5 cit. e comunque dopo che, attraverso eventuali contestazioni dell’affittuario in ordine alle inadempienze addebitategli, si siano chiariti i termini della controversia; ne consegue che la domanda giudiziale di risoluzione proposta senza il preventivo adempimento di cui alla L. n. 203 del 1982, art. 5, nelle forme ivi previste, non si sottrae alla sanzione di improponibilità, quand’anche l’azione sia stata sperimentata dopo l’espletamento del tentativo di conciliazione, di cui al successivo art. 46 ed ancorchè questo sia stato promosso mediante comunicazione di un atto contenente l’indicazione degli addebiti contestati all’affittuario (Sez. U, Sentenza n. 633 del 19/01/1993, Rv. 480335);
– terzo motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 203 del 1982, art. 5): la doglianza concerne la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento ed è assorbita dall’improcedibilità della stessa per le ragioni appena esposte;
– quarto motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 203 del 1982, art. 49, art. 295 c.p.c. e degli artt. 457 e 556 c.c.): la censura si rivolge contro il provvedimento di sospensione del processo per pregiudizialità, limitatamente al fondo in località (omissis); trattasi tuttavia di provvedimento ordinatorio, impugnabile con lo strumento del regolamento di competenza, ai sensi dell’art. 42 c.p.c., solo nel caso in cui la sospensione sia disposta (ex plurimis: Sez. 2, Sentenza n. 15353 del 25/06/2010, Rv. 613940; Sez. L, Ordinanza n. 9540 del 23/04/2007, Rv. 596417; Sez. 3, Sentenza n. 5246 del 10/03/2006, Rv. 588257.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.
Dagli atti il processo risulta esente, sicchè non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.
Così deciso in Roma, il 7 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2017
