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Cassazione civile sez. III, 04/03/2014, n.5056

Massima

Va rimessa al primo presidente della Corte di cassazione, affinché valuti l’opportunità dell’assegnazione alle sezioni unite, la questione se il danno da morte immediata sia risarcibile “iure hereditario”.

Supporto alla lettura

Danno tanatologico

Nozioni di danno legate al momento della morte sono il danno biologico terminale, il danno morale, detto anche danno catastrofale o da lucida agonia, il danno tanatologico.

Il danno biologico terminale è risarcibile quando, a seguito delle lesioni dell’integrità fisica con esito letale, il decesso sia sopraggiunto dopo un apprezzabile lasso di tempo, potendosi concretamente configurare un’effettiva compromissione dell’integrità psicofisica del soggetto leso che sia anche medicalmente accertabile. Il danno in questione è ritenuto sempre risarcibile per effetto della «percezione anche non cosciente» della gravissima menomazione inferta alla vittima nella fase terminale della sua vita, purché tra le lesioni e la morte intercorra un apprezzabile lasso di tempo.

Il danno morale è rappresentato dalla sofferenza patita dalla vittima che, rimasta lucida all’esito della lesione, abbia vissuto l’angosciosa e consapevole attesa della propria fine imminente ed ineluttabile.

Il danno tanatologico si sofferma invece sul bene vita a seguito della morte se è riconoscibile alla vittima anche quando vi è un breve lasso di tempo tra l’evento conseguenza e il danno che consiste nella morte.

Chiariamo che sono tutte sottocategorie descrittive della voce onnicomprensiva del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.) di creazione giurisprudenziale. Dal 1925 la giurisprudenza ha sempre negato il risarcimento del danno tanatologico adducendo, di volta in volta a sostegno della sua tesi, uno o più argomenti. Primo fra tutti è l’argomento della mancanza di capacità giuridica per il quale si ritiene il diritto al risarcimento del danno c.d. tanatologico sia adespotaprivo cioè di legittimo titolare, perché il momento in cui si concretizza il pregiudizio è anche quello in cui l’unico legittimo titolare viene a mancare. Il 23 gennaio 2014 la terza sezione della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1361 ha riconosciuto la risarcibilità del cd. “danno tanatologico ”rompendo l’integrità di un orientamento interpretativo che si protraeva, pressoché monolitico, dal 1925.

Su impulso dell’ordinanza Cass., III sez., 4 marzo 2014, n. 5056, le Sezioni Unite (Cass., 22 luglio 2015, n. 15350,confermato in seguito anche da Cassazione n. 26727/2018) hanno negato cittadinanza al danno tanatologico. Nel caso di morte immediata o che segua entro brevissimo lasso temporale alle lesioni, pertanto, non può essere invocato un diritto al risarcimento del danno iure hereditatis, in quanto viene a mancare il titolare stesso del diritto di modo che non può essere acquisito il relativo credito nel proprio patrimonio.

Ambito oggettivo di applicazione

PREMESSO IN FATTO

– che M.F., M. e G., con A. A., nel convenire in giudizio dinanzi al tribunale di Cuneo D.L. e la compagnia assicurativa Unipol, avevano chiesto il risarcimento del danno conseguente alla morte del proprio congiunto, M.A., deceduto a seguito di un incidente stradale;

– che il decesso (avvenuto a distanza di tre ore) doveva ritenersi pressochè contemporaneo alla collisione dei veicoli condotti, rispettivamente, dal M. e dal D.;

– che l’adito tribunale, ascritta la responsabilità del sinistro ad entrambi i conducenti (nella misura del 30% al M. e del 70% al D.), aveva, tra l’altro, negato il risarcimento per la voce di danno biologico c.d. iure haereditario;

– che la Corte di appello di Torino, investita dell’impugnazione degli attori in prime cure, aveva confermato in parte qua la sentenza, uniformandosi al principio di diritto, più volte affermato da questo giudice di legittimità, secondo il quale non è risarcibile a titolo ereditario il danno biologico in caso di morte sopraggiunta nell’immediatezza come conseguenza del fatto illecito;

– che, con il quinto motivo dell’odierno ricorso, gli eredi M. chiedono a questa Corte la cassazione del capo di sentenza che ha rigettato la domanda di risarcimento di tale voce di danno.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

  1. Il quinto motivo del ricorso – che lamenta violazione e/o falsa e in ogni caso erronea applicazione del combinato disposto di cui all’art. 2043 c.c. e art. 32 Cost. – si conclude con il seguente quesito di diritto: dica la Corte se sia legittimo o non negare il risarcimento del danno biologico richiesto iure haereditario dagli stretti congiunti della vittima allorquando la vittima stessa sia immediatamente deceduta a seguito delle gravi lesioni riportate in un incidente stradale.
  2. Osserva il collegio che, con la sentenza n. 1361 del 23 gennaio 2014, questa stessa sezione ha affermato il principio secondo il quale deve ritenersi risarcibile iure haereditario il danno da perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni riportate a seguito di un incidente stradale.
  3. Tale sentenza si pone in consapevole contrasto con la propria, precedente giurisprudenza, che più volte ha avuto modo di pronunciarsi in senso opposto in subiecta materia.

3.1. In particolare, la pronuncia n. 6754/2011 di questa stessa sezione, nella scia di una risalente giurisprudenza di legittimità (Cass. ss.uu. n. 3475 del 1925, cui, nel tempo, si sarebbero conformate, tra le tante, Cass. n.2654 del 2012 e n. 13672 del 2010), aveva affermato il principio di diritto della irrisarcibilità per via ereditaria del danno da morte immediata;

3.2. Il principio, come è noto, era stato espressamente posto a fondamento della decisione n. 372 del 1994 della Corte Costituzionale, che aveva escluso profili di illegittimità costituzionale dell’art. 2043 c.c., in relazione al c.d. “danno biologico da morte”, in dipendenza del “limite strutturale della responsabilità civile, nella quale sia l’oggetto del risarcimento che la liquidazione del danno devono riferirsi non alla lesione per se stessa, ma alle conseguenti perdite a carico della persona offesa”.

  1. La giurisprudenza di questa sezione si è poi spinta, in tempi più recenti, ad affermare la trasmissibilità agli eredi del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale consistito nella sofferenza morale provata tra l’infortunio e la morte solo se, in tale periodo di tempo, la persona sia rimasta lucida e cosciente;
  2. La questione venne esaminata funditus nella decisione n. 26972 del 2008, con la quale le Sezioni unite, chiamate a dare risposta a un coacervo di quesiti – posti dall’ordinanza di rimessione n. 4712 del 2008 – inerenti alla complessa materia della liquidazione del danno non patrimoniale, ebbero modo di affermare che la costante giurisprudenza di legittimità, da una parte, nega, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall’evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per le perdita della vita (sent. n. 1704/1997, n. 491/1999, n. 13336/1999, n. 887/2002, n. 517/2006), e d’altra parte lo ammette per la perdita della salute solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile (sent. n. 6404/1998, n. 9620/2003, n. 4754/2004, n. 15404/2004), ed a questo lo commisura, osservando poi come venga in considerazione il tema della risarcibilità della sofferenza psichica, di massima intensità anche se di durata contenuta, nel caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo: sofferenza che, non essendo suscettibile di degenerare in danno biologico, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, non può che essere risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione, e concludendo che, d’altra parte, non può in questa sede essere rimeditato il richiamato indirizzo giurisprudenziale, non essendosi manifestato in questa Corte un argomentato dissenso;
  3. Sul tema del danno da morte immediata (il tema, cioè, in relazione al quale le sezioni unite avevano escluso la possibilità di rimeditare il costante indirizzo giurisprudenziale della Corte in assenza di un argomentato dissenso), una recente sentenza di questa sezione (la n. 19133/2011) ha affermato il principio che quando all’estrema gravità delle lesioni segua, dopo un intervallo di tempo brevissimo …., la morte, non può essere risarcito il danno biologico “terminale” connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, ma esclusivamente il danno morale, dal primo ontologicamente distinto, fondato sull’intensa sofferenza d’animo conseguente alla consapevolezza delle condizioni cliniche seguito al sinistro;
  4. Con ampia e articolata motivazione, la pronuncia n. 1361/2014, dopo un lungo excursus sul panorama dottrinario e sui dieta di parte della giurisprudenza di merito, è pervenuta, dunque, ad una diversa conclusione, sulla premessa secondo la quale “la perdita della vita non può lasciarsi, invero, priva di tutela (anche) civilistica”, poichè “il diritto alla vita è altro e diverso dal diritto alla salute”, così che la sua risarcibilità “costituisce realtà ontologica ed imprescindibile eccezione al principio della risarcibilità dei soli danni conseguenza”;
  5. Tale decisione, facendo proprie talune indicazioni provenienti da quella parte della dottrina che, a vario titolo e con disparate argomentazioni, ritiene risarcibile il danno c.d. tanatologico, ha così inteso superare il criterio della individuazione di un adeguato periodo di lucidità e di coscienza nella vittima del sinistro ai fini dell’acquisizione al suo patrimonio di un diritto trasmissibile iure successionis;
  6. Il contrasto di giurisprudenza così generatosi, e la concorrente particolare importanza della questione induce, pertanto, il collegio a rimettere gli atti del procedimento al Primo Presidente perchè valuti l’esigenza di investire le Sezioni unite di questa Corte, al fine di definire e precisare per imprescindibili ragioni di certezza del diritto il quadro della risarcibilità del danno non patrimoniale già delineato nel 2008, alla stregua degli ulteriori contributi di riflessione, tra loro discordanti, offerti dalla sezione semplice sul tema del diritto della risarcibilità iure haereditario del danno da morte immediata.

P.Q.M.

Rimette gli atti al Primo Presidente perchè valuti l’opportunità di assegnare il ricorso alle sezioni unite.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2014

Allegati

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