SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto notificato l’8 novembre 2021, la curatela del Fallimento Energeen Srl propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza n. 1238/2021 emessa dalla Corte di Appello di L’Aquila, pubblicata in data 3 agosto 2001, nei confronti di A.A. L’intimato ha notificato controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
2. La Corte di Appello di L’Aquila, in accoglimento del gravame del sig. A.A., ha dichiarato il difetto di titolarità attiva del rapporto dedotto in giudizio dal Falllimento Energeen Srl, rilevando che nulla è dovuto alla predetta società in forza del decreto ingiuntivo portante una fattura della società fallita emessa nei confronti di A.A., sull’assunto che non vi fosse “convincente dimostrazione” del fatto che la cessione del credito dalla Energeen alla banca MPS, formalmente notificata dalla cessionaria al debitore A.A., non fosse avvenuta pro solvendo e che, dopo la notifica della cessione compiuta dalla cessionaria MPS al debitore ceduto, fosse intervenuta la retrocessione del credito alla società cedente – originaria creditrice – mediante nuova notifica al debitore ceduto. Per la Corte territoriale, da una parte, vi era la prova della notifica della cessione del credito (oggetto di richiesta di pagamento da parte della cedente) dalla cessionaria Monte Paschi di Siena (MPS) al debitore ceduto; dall’altra, la email, inviata successivamente all’emissione del decreto ingiuntivo, da parte di un dipendente della banca cessionaria non dimostrava essere documentazione idonea a provare la intervenuta retrocessione del credito (o la inesistenza della cessione). Con tale argomentazione la Corte di merito assumeva che il debitore ceduto, in mancanza di una nuova notifica al debitore ceduto, fosse rimasto obbligato verso la banca cessionaria (p. 6 della sentenza)
3. Con provvedimento depositato il 10 ottobre 2021, la Corte Suprema di Cassazione proponeva la definizione del ricorso ex art. 380 bis cod. proc. civ., sul rilievo dell’inammissibilità del medesimo. In data 20. 11 2023 la ricorrente instava per la decisione del ricorso, depositando nuova procura speciale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. Con il primo motivo il fallimento Energeen Srl ricorrente denuncia violazione ex articolo 360 comma 1 numero 3 cpc in relazione all’articolo 132 comma 2 numero 4 CpC, laddove la Corte d’Appello ha espresso una motivazione contraddittoria o apparente nello statuire il difetto di titolarità del lato attivo del rapporto sostanziale dedotto in giudizio. In particolare, deduce che la Corte abbia erroneamente ritenuto operante l’articolo 1264 c.c. pur ritenendo solo apparentemente sussistente la cessione del credito: non già sul presupposto che tale operazione fosse realmente avvenuta, ma per il solo fatto che apparisse all’ingiunto appellante, qui intimato, che la fattura azionata mediante il decreto ingiuntivo fosse stata ceduta dall’odierno ricorrente a un istituto di credito cessionario.
5. Con il secondo motivo il fallimento denuncia ex articolo 360 comma 1, numero 3 c.p.c. il vizio di violazione di legge in relazione agli articoli 1260, 1264, 1376 e 2697 c.c. e dell’articolo 81 c.p.c., là dove la Corte d’Appello ha erroneamente ribaltato l’onere di accertamento dell’avvenuta cessione, ponendolo a carico della cedente, piuttosto che sul preteso debitore ceduto. Il Fallimento deduce che la parte debitrice non avrebbe allegato la prova certa del fatto estintivo o modificativo del diritto contro il medesimo azionato e che la cedente avrebbe fornito piena prova di essere titolare del rapporto giuridico dedotto in giudizio e di avere legittimazione ad agire.
6. Con il terzo motivo ex articolo 360 comma 1, numero 3 cpc , in relazione agli articoli 1260, 1264, 1376 e 2697 c.c. e dell’articolo 81 c.p.c. il Fallimento denuncia il vizio di violazione di legge là dove la Corte di merito avrebbe erroneamente statuito il difetto di titolarità del credito azionato e il conseguente difetto di legittimazione in capo alla società cedente odierna ricorrente, quando avrebbe invece dovuto dare dirimente rilevanza alla circostanza che il debitore intimato, pure in mancanza di un formale atto di notificazione della retrocessione , fosse comunque venuto a conoscenza del fatto che il Fallimento fosse l’effettivo titolare del credito ingiunto.
7. Il primo motivo è inammissibile sul rilievo che le argomentazioni giuridiche e fattuali esposte in una motivazione sufficientemente argomentata non integrano il vizio di motivazione apparente. La motivazione, per prospettarsi in violazione dell’art. 132, 1 co. n. 4, cpc, ovvero apparente, sì da non assumere l’aspetto di una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, non può riferirsi ad aspetti di interpretazione dei fatti e delle norme di diritto che sono stati analizzati dalla Corte di merito con motivazione più che sufficiente – nel caso specifico con riferimento alle norme sulla cessione del credito e ai fatti dedotti dalle parti a supporto delle rispettive difese-. Il vizio di motivazione contraddittoria e apparente sussiste solo in presenza di un contrasto insanabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, sicché detto vizio non è ipotizzabile nel caso in cui la contraddizione denunziata riguardi le contrastanti valutazioni compiute dal giudice di primo grado e da quello di appello, né in caso di contrasto – pur denunciabile sotto altri profili – tra le affermazioni della stessa sentenza ed il contenuto di altre prove e documenti (Sez. L – , Sentenza n. 17196 del 17/08/2020).
8. In virtù dell’art. 360 n. 5 c.p.c., dopo la riforma di cui al DL n. 83/2012, è ormai preclusa la denuncia del vizio di motivazione insufficiente o contraddittoria non riconducibile neppure all’articolo 360 numero 4 cpc, dandosi rilievo alla sola omissione di un fatto storico, oggetto di discussione, rilevante ai fini della decisione, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr. Cass. SU 8053 /2014). È apparente, in quanto carente del giudizio di fatto, solo la motivazione basata su una affermazione generale e astratta, ma non certamente quella inerente a valutazioni giuridiche o fattuali poste a sostegno della decisione (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 4166 del 15/02/2024).
9. Con il secondo motivo il Fallimento ricorrente denunzia violazione delle norme sulla cessione di credito nella parte in cui la impugnata sentenza afferma che la società cedente “non avrebbe fornito convincente dimostrazione delle relazioni in essere con il Monte dei Paschi di Siena, tali da consentire di escludere che sia avvenuta la cessione di credito, a fronte di una notificazione ufficiale di essa al debitore ceduto ad opera del cessionario che in ogni caso non ha comunicato alcuna retrocessione della cessione stessa (o dato atto della erroneità della comunicazione precedentemente inviata) direttamente allo stesso debitore ceduto cui aveva notificato la cessione” (p.5 della impugnata sentenza), ribaltando gli oneri di prova. In proposito viene denunciata la violazione del principio per cui il debitore ceduto – cui, dato il carattere astratto del negozio di cessione, sono indifferenti i vizi inerenti al rapporto causale sottostante – non può interferire nei rapporti tra cedente e cessionario, in quanto il suo interesse si concreta nel compiere un efficace pagamento liberatorio; pertanto, il debitore è soltanto abilitato ad indagare sull’esistenza e sulla validità estrinseca e formale della cessione, atteso che il suo interesse si concreta nel compiere un efficace pagamento liberatorio, specie quando la notifica gli sia pervenuta dal solo cessionario (fra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 8145 del 03/04/2009 ; Sez. 3 Cass. 9 luglio 2018, n. 18016; Sez. 2 -, Sentenza n. 18016 del 09/07/2018; Sez. 3, Sentenza n. 13691 del 31/07/2012Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 28093 del 14/10/2021).
10. Per altro verso, censura l’impugnata sentenza nella parte in cui la corte di merito ha ritenuto necessaria una formale notificazione dell’avvenuta retrocessione del credito, senza considerare che tale atto è a forma libera, e che è stato documentato nel corso del giudizio, attraverso la produzione della mail della cessionaria MPS, che la fattura non risultava essere stata oggetto di cessione, in quanto una volta scaduta, il relativo importo è stato a addebitato alla Energeen. In ordine a questo punto viene richiamata il principio secondo il quale la notificazione prevista dall’art. 1264 cod. civ. non si identifica con quella a mezzo di ufficiale giudiziario, ma possa risolversi in qualunque mezzo idoneo a rendere noto al debitore il fatto dell’avvenuta cessione, e ciò in quanto l’uso, da parte del legislatore, del termine “notificazione”, al di fuori dell’ambito processuale, può servire anche ad indicare una forma di comunicazione, per gli atti di carattere ricettizio, diversa da quella tramite ufficiale giudiziario (Cass. 20 dicembre 2011, n. 27782; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13691 del 2012; Cass. 18 ottobre 2005, n. 20143; Cass. 21 dicembre 2005, n. 28300)).
11. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili, risultando non (quantomeno idoneamente) censurata la ratio decidendi.
12. Con valutazione in fatto non sindacabile in sede di giudizio di legittimità la corte di merito ha affermato non avere la cedente “dimostrato delle relazioni in essere con il Monte dei Paschi di Siena tali da consentire di escludere che sia avvenuta la cessione di credito, a fronte della notificazione ufficiale di essa avvenuta ad opera del cessionario che, in ogni caso, non ha comunicato alcuna retrocessione della cessione stessa o dato atto dell’erroneità della comunicazione precedentemente inviata direttamente allo stesso debitore ceduto, cui aveva notificato la cessione”. Ha, inoltre, ritenuto non idonea la comunicazione via e.mail inviata da un impiegato della cessionaria “in forma oltremodo sibillina” (a seguito della vicenda), oltre che contraddittoria….” sull’assunto che il “debitore ceduto non poteva che fare affidamento sulla comunicazione a lui indirizzata dell’intervenuta cessione, che a sua volta può essere annullata solo da comunicazione di contenuto contrario, sempre a lui indirizzata e proveniente dalla stessa parte che ha a lui notificato la cessione”.
13. Considerando la situazione in concreto e sulla base delle prove raccolte, la Corte si è limitata a constatare che, al tempo della ingiunzione di pagamento, il debitore ceduto non giaceva in una situazione di incertezza né sul soggetto abilitato a ricevere il pagamento, né sulla eventuale inesistenza del negozio di cessione, avendo ricevuto una regolare notifica della cessione e non avendo, di contro, ricevuto una idonea comunicazione di retrocessione della cessione. Tale valutazione è incensurabile per quanto riguarda le valutazioni in fatto (Cass. SU 34476/2019) e inconferente per quanto riguarda la violazione della norma della cessione, non essendo la censura riferita alla violazione dei criteri di interpretazione della norma in astratto considerata, ma alla inidoneità dei fatti osservati ai fini sua applicazione.
14. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
15. Trattandosi di opposizione a p.d.a. va altresì disposta la condanna a pagamento di somma ex art. 96, 3 co., c.p.c., nonché a pagamento di somma in favore della Cassa dele Ammende ex artt. 380 bis. 1 e 96, 4 co., c.p.c.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, nonché al pagamento di Euro 5.000,00 ex art. 96, 3 co., c.p.c. in favore del controricorrente. Condanna il ricorrente al pagamento di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende ex artt. 380 bis. 1 e 96, 4 co., c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 28 marzo 2024.
Depositata in Cancelleria il 3 luglio 2024.