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Cassazione civile sez. II, 30/11/2023, n. 33380

Massima

In tema di compravendita, il comportamento del venditore – nella specie consistito in successivi interventi di riparazione della cosa venduta – è incompatibile con la volontà di contestare l’esistenza dei vizi e costituisce, ai sensi dell’art 2944 c.c., atto idoneo ad interrompere la prescrizione dell’azione di garanzia, di cui all’art. 1495, comma 3, c.c.

Supporto alla lettura

Compravendita

La compravendita è il contratto avente per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo  (artt. 1470 ss. c.c.). Si tratta di un contratto consensuale (per il suo perfezionamento è sufficiente il semplice consenso delle parti); traslativo (attua il passaggio della proprietà della cosa o della titolarità del diritto da un soggetto all’altro); a titolo oneroso (entrambe le parti ricevono un vantaggio economico in cambio della loro prestazione); sinallagmatico (a prestazioni corrispettive); commutativo (i vantaggi e gli svantaggi derivanti dall’atto sono valutabili fin dal momento della stipulazione). Pertanto, è imprescindibile, perché si versi nell’ipotesi del contratto tipico de quo che il compratore si impegni a pagare un prezzo espresso e corrisposto in quantità di moneta: nel caso in cui, infatti, la controprestazione avesse ad oggetto un bene di altro tipo, si tratterebbe di “permuta”, la quale consiste, appunto, nello scambio di cosa contro cosa (negozio meglio noto con il nome di “baratto”).La compravendita immobiliare si articola in più fasi: la proposta di acquisto, il preliminare di vendita e l’atto di acquisto vero e proprio. Nei casi in cui non sia possibile procedere con la vendita immediata, si ricorre al contratto preliminare di compravendita immobiliare, chiamato anche compromesso di compravendita.

Ambito oggettivo di applicazione

1. Con ricorso per accertamento tecnico preventivo del 21 aprile 2011 S.G. chiedeva al Tribunale di Pescara di accertare vizi e difetti dell’autovettura Peugeot 308, targata (omissis), acquistata presso Danelli Auto S.r.l. il 4 maggio 2008 al prezzo di Euro 19.570,00 e ricoverata in molteplici occasioni presso l’officina meccanica della stessa Danelli, a causa di altrettanti malfunzionamenti che ne avevano ostacolato ovvero impedito l’utilizzo.

2. All’esito delle operazioni peritali, il CTU designato accertava che la natura dei difetti non era connessa alla normale usura o all’uso del veicolo e quantificava i relativi danni.

3. Con atto di citazione dell’11.2.2013, S.G. promuoveva azione di merito chiedendo la risoluzione del contratto, la restituzione del prezzo pagato ed il risarcimento del danno per fermo tecnico dell’autoveicolo.

4. Nel costituirsi in giudizio, Danelli Auto S.r.l. eccepiva la prescrizione dell’azione di risoluzione contrattuale ai sensi dell’art. 1495 c.c., contestava nel merito la domanda e otteneva di essere comunque autorizzato a chiamare in causa Peugeot Automobili Italia S.p.A..

5. Con sentenza n. 1961/2016, il Tribunale di Pescara, dichiarata la carenza di legittimazione passiva in capo alla terza chiamata, condannava la convenuta alla restituzione del prezzo, pari ad Euro 19.570,00 ed al risarcimento del danno, liquidato in Euro 4.564,00 oltre alle spese di lite.

6. Avverso la sentenza proponeva appello Danelli Auto S.r.l. chiedendo la declaratoria di intervenuta prescrizione dell’azione di risoluzione del contratto e, per l’effetto, di dichiararsi l’inammissibilità/improcedibilità della domanda, oltre al rigetto nel merito della stessa.

7. Con sentenza n. 1423/2017, la Corte di Appello di L’Aquila, nella resistenza dell’appellata, in parziale riforma della sentenza di prime cure, rigettava la domanda proposta da S.G. per il risarcimento del danno contrattuale confermando nel resto la sentenza impugnata.

8. Avverso tale sentenza Danelli Auto S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi.

9. S.G. ha resistito con controricorso.

10. La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 21.02.2019, per la quale il controricorrente ha depositato memoria.

11. A tale adunanza la causa è stata rinviata a nuovo ruolo, in attesa della decisione della questione sottoposta all’attenzione delle Sezioni Unite con l’ordinanza n. 23857/2018.

12. Dopo il deposito della sentenza delle Sezioni Unite n. 18672/2019, la causa è stata nuovamente chiamata all’adunanza del 12/11/2019, per la quale la società ricorrente ha depositato memoria.

13. Con ordinanza interlocutoria n. 5690/2020, ritenendo che la questione di diritto posta al primo motivo di ricorso solleciti un intervento nomofilattico, questo Giudice ha rinviato la causa alla udienza pubblica.

14. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.

15. In prossimità dell’udienza la ricorrente ha depositato nuova memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1460,1495 e 1497 c.c. in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, là dove la stessa ha ritenuto idonei ad interrompere la prescrizione annuale dell’azione di risoluzione contrattuale ex art. 1492 c.c. i tentativi di riparazione del veicolo effettuati dal venditore su richiesta dell’acquirente.

A dire della ricorrente, la sentenza impugnata ha erroneamente applicato i principi giurisprudenziali consolidati in materia, in forza dei quali l’impegno del venditore all’eliminazione dei vizi non incide sulla prescrizione annuale dell’azione di garanzia ex art. 1495 c.c., comma 3.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1492 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la sentenza impugnata accolto l’azione di risoluzione esercitata dal S. sebbene costui avesse usato prolungatamente l’autovettura, in tal modo rinunciando alla tutela risolutoria.

3.- Come si legge nella citata ordinanza interlocutoria n. 5690/2020, il thema decidendum del ricorso in oggetto, che ha determinato il rinvio a nuovo ruolo della causa per la sua trattazione in pubblica udienza, attiene alla possibilità – da riesaminare alla luce di Cass. SS. UU. n. 18672/2019 – di attribuire efficacia interruttiva della prescrizione dell’azione di garanzia per i vizi della cosa venduta ex art. 1495 c.c., comma 3 agli interventi riparatori del venditore, ai sensi dell’art. 2944 c.c..

La ratio decidendi della sentenza gravata, infatti, è la seguente “il suddetto termine annuale è stato reiteratamente interrotto per effetto dei numerosi interventi riparatori eseguiti dal venditore sul veicolo compravenduto, idonei ad interrompere il termine prescrizionale ai sensi dell’art. 2944 c.c., sostanziandosi il sotteso impegno riparatore in un riconoscimento del debito” (pag. 3, ultimo capoverso, della sentenza.

Occorre dunque prendere le mosse dalla decisione delle Sezioni Unite sopra citata, la quale ha dettato il seguente principio di diritto risolutivo della prospettata questione di massima di particolare importanza sottoposta al suo giudizio: “nel contratto di compravendita, costituiscono – ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 4, – idonei atti interruttivi della prescrizione dell’azione di garanzia per vizi, prevista dall’art. 1495 c.c., comma 3, le manifestazioni extragiudiziali di volontà del compratore compiute nelle forme di cui all’art. 1219 c.c., comma 1, con la produzione dell’effetto generale contemplato dall’art. 2945 c.c., comma 1”.

Secondo la pronuncia “non solo le domande giudiziali ma anche gli atti di costituzione in mora (ai sensi dell’appena citato art. 2943 c.c., comma 4, che si concretano – in relazione al disposto di cui all’art. 1219 c.c., comma 1, – in qualsiasi dichiarazione formale che, in generale, esprima univocamente la pretesa del creditore all’adempimento) da parte del compratore costituiscono cause idonee di interruzione della prescrizione: l’effetto che ne deriva è che, una volta che si faccia ricorso a tali atti entro l’anno dalla consegna, inizia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione di un anno (ai sensi della norma generale di cui all’art. 2945 c.c., comma 1) e l’idoneità interruttiva di tali atti persegue, come già evidenziato, anche lo scopo – in presenza, peraltro, di un termine così breve – di favorire una risoluzione (stragiudiziale) preventiva della possibile controversia rispetto all’opzione, a tutela delle ragioni del compratore, per la scelta di vedersi riconosciuto il diritto alla garanzia (e di ottenere uno degli effetti giuridici favorevoli previsti dalla legge) solo mediante l’esercizio dell’azione in via giudiziale”.

Non spetta a questo Collegio, nell’occasione in esame, addentrarsi sulla ragione che si pone a monte della pronunzia delle Sezioni Unite, ossia della natura giuridica attribuibile alla garanzia per vizi prevista dall’art. 1476 c.c., n. 3 (“croce della vendita”, come è stata definita da un’autorevole dottrina), tema già affrontato da tale decisione nel senso di ritenere che il trasferimento di un bene che, poi, si dimostra affetto da vizi, integra una ipotesi di inesatta attuazione del risultato traslativo (dunque, una violazione del regolamento contrattuale), da ricondurre nell’alveo della responsabilità contrattuale, pur se connotata da peculiarità sue proprie. Come specificato anche dal Pubblico Ministero nelle sue conclusioni, la questione che si pone, a seguito di tale arresto, è se, nel fare riferimento alle “manifestazioni extragiudiziali di volontà del compratore, compiute nelle forme di cui all’art. 1219 c.c., comma 1”, le Sezioni Unite abbiano inteso escludere l’idoneità di atti interruttivi della prescrizione diversi dagli atti stragiudiziali nei quali si esprime l’interesse del compratore ad invocare la responsabilità del venditore e precisamente il riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale lo stesso può essere fatto valere, operato – nel caso di specie – tramite il compimento di interventi riparatori sul bene.

La pronuncia del massimo consesso nomofilattico non contiene alcun impedimento a rispondere positivamente all’interrogativo posto, per la ragione che lo specifico profilo dell’idoneità del c.d. riconoscimento operoso del venditore ad interrompere i termini prescrizionali non è stato oggetto dell’intervento delle Sezioni Unite. Il caso de quo sottoposto all’esame di queste ultime imponeva infatti di verificare se unicamente la proposizione di un’azione giudiziale potesse produrre l’effetto in questione, ovvero se anche altre manifestazioni di volontà del compratore volte stragiudizialmente a comunicare al venditore la sua volontà di volere esercitare la garanzia per vizi potessero incidere in tal senso. Di conseguenza, è rimasto estraneo alla decisione il fatto interruttivo del termine prescrizionale proveniente dal comportamento tenuto dal debitore.

Peraltro, alcuni snodi argomentativi della pronunzia corroborano la conclusione alla quale questo Collegio intende pervenire, ossia quella di rendere compatibile con il termine dell’azione redibitoria l’intero statuto della prescrizione, compreso l’effetto interruttivo generato dal riconoscimento ex art. 2944 c.c. Si pone in questa direzione il seguente passaggio motivazionale: “Al di là della descritta peculiarità della disciplina della prescrizione in questione, le Sezioni unite ritengono che – per quanto non espressamente previsto – trovi applicazione la disciplina generale in tema di prescrizione, con la conseguente operatività, tra l’altro, delle ordinarie cause di interruzione e di sospensione (con particolare riferimento – per quel che rileva in questa sede – all’art. 2943 c.c. e, specificamente, al suo comma 4)”.

3.1.- Non solo la decisione in esame non sembra escludere affatto l’applicazione dell’art. 2944 c.c. al termine di prescrizione dell’azione contemplata dall’art. 1495 c.c., comma 3, pur non essendosi espressamente pronunciata sul punto, ma un tale esito si salda a precedenti di questa stessa Corte.

L’affermazione che il riconoscimento del venditore della sussistenza di vizi della cosa venduta ha effetto interruttivo del termine prescrizionale si rinviene già in Cass. n. 2322/1977: “L’art. 1495 c.c., comma 3, ove dispone che l’azione di garanzia per vizi della cosa venduta si prescrive “in ogni caso” in un anno dalla consegna, intende far decorrere quel termine anche se il compratore non abbia scoperto il vizio, ma non sottrarre il termine medesimo alle cause di interruzione di cui agli artt. 2943 e ss. c.c.: pertanto, detta prescrizione annuale deve ritenersi interrotta, a norma dell’art. 2944 c.c., per effetto del riconoscimento, da parte del venditore, del diritto del compratore alla garanzia”.

In particolare Cass. SS.UU. n. 13294/2005 ha affermato che: “In tema di compravendita, l’impegno del venditore di eliminare i vizi che rendano il bene inidoneo all’uso cui è destinato… di per sé non dà vita ad una nuova obbligazione estintiva – sostitutiva (novazione oggettiva: art. 1230 c.c.) dell’originaria obbligazione di garanzia (art. 1490 c.c.), ma consente al compratore di non soggiacere ai termini di decadenza ed alle condizioni di cui all’art. 1495 c.c., ai fini dell’esercizio delle azioni (risoluzione del contratto o riduzione del prezzo) previste in suo favore (art. 1492 c.c.)”, aggiungendo che tale impegno si sostanzia “in un riconoscimento del debito, interruttivo della prescrizione (art. 2944 c.c.)”.

Anche Cass. n. 16766/2019 ha ribadito che “L’art. 1495 c.c., comma 3, ove dispone che l’azione di garanzia per vizi della cosa venduta si prescrive “in ogni caso” in un anno dalla consegna, intende far decorrere quel termine anche se il compratore non abbia scoperto il vizio, ma non sottrarre il termine medesimo alle cause di interruzione di cui agli artt. 2943 e segg. c.c.; ne consegue che la prescrizione annuale (nella specie, con riferimento all’azione risarcitoria) deve ritenersi interrotta, a norma dell’art. 2944 c.c., per effetto del riconoscimento, da parte del venditore, del diritto del compratore alla garanzia” (in tema di appalto, analogamente, cfr. Cass. n. 6670/2009; sull’interruzione della prescrizione annuale con riferimento, in particolare, all’azione risarcitoria, a norma dell’art. 2944 c.c., per effetto del riconoscimento, da parte del venditore, del diritto del compratore alla garanzia cfr. di recente anche Cass. n. 27076/2023).

3.2.- Il riconoscimento del debito, ricondotto dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte alla categoria degli atti giuridici in senso stretto, privi di carattere negoziale (Cass. n. 5982/2007; n. 2758/2020), ben può manifestarsi anche in forma tacita quando il debitore compia un atto o tenga un comportamento incompatibile con la volontà di contestare l’esistenza del debito, non essendo necessarie formule particolari ma solo il carattere della sua univocità (Cass. n. 12953/2007, n. 21248/2012, n. 13897/2020).

Con più specifico riguardo alla fattispecie in esame, è frequente nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione che “il riconoscimento dei vizi della cosa venduta, che ai sensi dell’art. 1495 c.c., comma 2 rende la denunzia non necessaria, oltre che in forma espressa può avvenire anche tacitamente e cioè mediante il compimento di atti incompatibili con l’intenzione di respingere la pretesa del compratore o di far valere la decadenza dal diritto alla garanzia” (cfr. Cass. n. 16766/2019; n. 23970/2013; Cass. n. 10288/2002; Cass. n. 4219/1998).

E’, questo – come correttamente affermato dalla decisione impugnata – quanto si verifica anche per effetto del comportamento del venditore che compia sulla cosa venduta interventi di riparazione, come nel caso di specie in cui si contano, a partire dalla prima riparazione consistente nella sostituzione del motorino di avviamento eseguita trascorsi tre mesi dalla consegna dell’autovettura, innumerevoli interventi riparatori (ben diciotto), tutti intervallati da periodi inferiori all’anno, protrattisi fino al 15.02.2012. Tale “impegno riparatore” del venditore, come lo definisce la sentenza impugnata, specie se costantemente reiterato, può ritenersi certamente un fatto incompatibile con la volontà di non riconoscere il diritto del compratore, rispetto al quale corre il termine prescrizionale.

3.3.- Non giova alla ricorrente neppure la critica rivolta al giudice di seconde cure di non avere colto in modo puntuale il contenuto della decisione n. 19072/2012 resa dalle Sezioni Unite, ricordata nella sentenza gravata, la quale sarebbe andata di diverso avviso rispetto a Cass. S.U. n. 13294/2005, avendo negato che l’impegno del venditore ad eliminare i vizi, accettato dal compratore, estingua per novazione la garanzia originaria, in quanto lo stesso genera un’autonoma obbligazione di facere che a questa si affianca, rimanendo ad essa esterna e, quindi, non alterandone la disciplina, con la conseguenza che “l’originario diritto del compratore alla riduzione del prezzo e alla risoluzione del contratto resta soggetto alla prescrizione annuale, di cui all’art. 1495 c.c., mentre l’ulteriore suo diritto all’eliminazione dei vizi ricade nella prescrizione ordinaria decennale”.

In proposito va evidenziato che Cass. SS.UU. n. 19702/12, mentre afferma che l’impegno del venditore a riparare i vizi della cosa venduta non è idoneo a trasformare il termine dell’azione di garanzia da annuale in decennale (in ciò discostandosi apertamente da Cass. SS. UU. n. 13294/05) non si occupa della questione concernente l’idoneità (affermata in Cass. SS.UU. n. 13294/05) di tale comportamento del venditore ad interrompere, ai sensi dell’art. 2944 c.c., la prescrizione annuale dell’azione di garanzia. Il risultato è che delle due affermazioni – distinte ma collegate – contenute in Cass. SS.UU. n. 19702/12 (come sopra ricordato, la prima volta a sottrarre ai termini di decadenza e alle condizioni di cui all’art. 1495 c.c. la presenza di un impegno del venditore di eliminare i vizi; la seconda diretta ad assegnare a tale impegno il carattere di un riconoscimento del debito interruttivo dei termini prescrizionali) risulta superata solo la prima.

Può dunque convenirsi con il Pubblico Ministero che anche tale decisione non appare impeditiva della possibilità di giungere alla soluzione prospettata, poiché una cosa è affermare l’esistenza di un divieto di alterazione della disciplina dell’azione redibitoria, anche in forza del divieto di modifica convenzionale dei termini prescrizionali; altro invece è affermare l’inidoneità del riconoscimento del diritto ad integrare una causa di interruzione dei termini prescrizionali, con conseguente introduzione di una incongruente deroga all’art. 2944 c.c..

3.4.- Una volta ammesso che non è necessaria la domanda giudiziale perché le dichiarazioni di volontà del compratore di attivare la garanzia valgono ad interrompere il breve termine prescrizionale dell’art. 1495 c.c., non si vedono ragioni diverse per non attribuire effetto interruttivo alla decorrenza dello stesso termine al riconoscimento del vizio da parte del venditore. Ne verrebbe altrimenti che il compratore, in presenza di un venditore che accetti di compiere un intervento conformativo sul bene, dovrebbe manifestare formalmente (ed in maniera ultronea) la sua volontà nelle forme dell’art. 1219 c.c. per interrompere il termine prescrizionale, con un esito privo di coerenza sistematica.

Così ricomposto, il sistema completa la linea interpretativa sposata da Cass. n. 18672/2019, che ammette la possibilità che la prescrizione dell’azione di garanzia, cui è attribuita natura di diritto sostanziale, possa essere interrotta mediante il compimento di atti extraprocessuali e risponde all’esigenza pratica, messa in luce dalla stessa decisione, di scongiurare la proliferazione di giudizi, operando al contempo una equa considerazione di tutti gli interessi coinvolti.

Affermano le Sezioni Unite, con riguardo agli atti stragiudiziali diretti a manifestare l’intenzione di attivare la garanzia: “Questa possibilità è idonea a perseguire – in termini certamente più ristretti rispetto a quelli fisiologici di un giudizio – un’efficace tutela delle ragioni dell’acquirente, senza tuttavia penalizzare eccessivamente il venditore, poiché dal momento dell’interruzione della prescrizione ricomincia a decorrere il termine originario: in tal modo e’, altresì, assicurato alle parti un congruo spatium deliberandi e si evita la conseguenza di una inutile proliferazione di giudizi, così rimanendo realizzato un ragionevole bilanciamento tra tutti gli interessi coinvolti”.

Lo stesso ragionamento può svolgersi di fronte al compimento di interventi di riparazione sul bene da parte del venditore (che può rivelare l’intento di evitare in questo modo la proposizione dell’azione redibitoria del compratore): anche in questo caso si verifica un’interruzione della prescrizione, dalla quale ricomincia a decorrere il termine annuale originario entro il quale il compratore che ha confidato nella eliminazione del vizio può proporre l’azione, avendo a disposizione un congruo spatium deliberandi qualora l’intervento conformativo non sia riuscito a porre rimedio allo stato della res acquistata.

In ragione delle considerazioni sin qui svolte, il primo motivo di ricorso è infondato e va dunque rigettato.

4.- Anche il secondo motivo di ricorso appare infondato.

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale spetta al giudice di merito accertare, in base alle risultanze processuali, se il compratore che utilizza la merce dopo averne denunciato i vizi intenda in tal modo rinunziare all’azione di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo (Cass. n. 3500/1998; Cass. n. 15104/2000; Cass. n. 14665/2008).

Nel caso di specie la Corte di appello ha ritenuto – con apprezzamento di merito incensurabile in questa sede – che i comportamenti dell’acquirente (ossia le ripetute richieste di eliminazione dei difetti, pur nella continuità della fruizione del mezzo, posto che il compratore confidava legittimamente nella definitiva risoluzione dei problemi) fossero inidonei ad integrare i presupposti di cui all’art. 1492 c.c., comma 3 in quanto “rilevatori di segno contrario all’accettazione dei difetti della res“. Ciò ha condotto la Corte distrettuale ad “escludere con ragionevole convinzione l’acquiescenza dell’acquirente”.

5.- In conclusione, il ricorso non merita accoglimento e va rigettato e la ricorrente deve essere condannata al rimborso delle spese di lite, liquidate come in dispositivo, in forza del principio della soccombenza.

6.- Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condannando parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.410,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 24 gennaio 2023.

Allegati

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