Svolgimento del processo
1. la AUSL (omissis) (ora (omissis)) convenne in giudizio (omissis) e la Iron Tech Srl (in seguito “Iron Tech”) per sentire accertare e dichiarare di essere esclusiva proprietaria del terreno, trasferitole dal Comune di (omissis), situato in (omissis) (ora (omissis)), censito al CT al foglio (omissis), (derivanti dal frazionamento della particella (omissis), approvato dall’Agenzia delle entrate di Bari in data 1/06/2004), che gli stessi convenuti non erano titolari di alcun diritto reale sul detto terreno e che, per l’effetto, l’atto notarile (notaio (omissis)) del (omissis), trascritto presso la Conservatoria al rg. n. (omissis), era nullo e/o inefficace. A fondamento della domanda allegò che, con atto del 4/09/1954, (omissis) aveva venduto il terreno all’ente “(omissis)”; che il bene esso era pervenuto dapprima nella disponibilità del Comune di (omissis), in forza dell’art. 66, giusta acquisizione in forza della L. n. 833 del 1978, art. 88, legge reg. Puglia n. 8 del 1981, e poi era stato trasferito all’AUSL (omissis) in forza del D.Lgs. n. 502 del 1992, a seguito di delibera della giunta regionale n. 4518/1998, avente ad oggetto la costituzione del patrimonio della AUSL (omissis), ratificata dalla delibera consiliare del Comune di (omissis) n. 185/2000; che l’azienda sanitaria aveva provveduto alla voltura del suolo in catasto, con atto di accatastamento del 30/10/2002, rep. (Omissis); che, nel 2005, la AUSL (omissis) aveva appreso dal Comune di (omissis) che (omissis), con testamento olografo pubblicato nel maggio 2004, aveva attribuito il terreno in questione al figlio (omissis); che quest’ultimo aveva provveduto alla trascrizione in conservatoria e, successivamente, aveva venduto il terreno alla Iron Tech della quale all’epoca era legale rappresentante; che, nelle more, il Tribunale di Bari, con sentenza del 02/12/1988, aveva rigettato la domanda di riconoscimento della proprietà in capo al (omissis), decisione confermata, prima, in appello e, successivamente, in Cassazione giusta sentenza n. 8945/1997; che in una causa per convalida di sfratto intentata da (omissis) il Tribunale di Bari aveva accertato che l’intimante non era proprietario del bene;
2. (omissis) e la Iron Tech resistettero alla domanda, della quale chiesero il rigetto; in riconvenzionale, chiesero: il primo, la declaratoria di acquisto della proprietà del terreno per usucapione, sul presupposto del possesso ultraventennale, anche della dante causa (omissis); la seconda, l’accertamento della validità dell’atto di compravendita;
3. il Tribunale di Bari, con sentenza n. 439/2012, accolse la domanda e dichiarò la AUSL (omissis) unica proprietaria del terreno, dichiarò inefficace l’atto di compravendita tra (omissis) e la Iron Tech, e respinse le domande riconvenzionali dei convenuti;
4. interposti distinti gravami avverso la sentenza di primo grado da parte di questi ultimi, la Corte d’appello di Bari, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato gli appelli ed ha confermato la decisione del Tribunale;
5. (omissis) e la Iron Tech hanno proposto distinti ricorsi, in pari data, ciascuno con quattro motivi, illustrati da memorie, per la cassazione della sentenza di appello; la (omissis) ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
I. preliminarmente, dato che i due ricorsi presentano motivi sostanzialmente sovrapponibili, le censure vengono scrutinate una sola volta facendo riferimento al ricorso proposto da (omissis), con considerazioni che valgono anche per i motivi del ricorso della Iron Tech. Inoltre, ai fini dell’intestazione della sentenza, il ricorso di Iron Tech è qualificato come ricorso (successivo e perciò) incidentale;
1. con il primo motivo di ricorso (“A norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione della legge statale 28/12/1978 n. 833, artt. 65 e 66, in relazione alla L.R. Puglia n. 8 del 1981, art. 88 e al Decr. lgs. N. 502 del 1992, art. 5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 comma 1 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c. A norma dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”), il ricorrente censura la sentenza impugnata che afferma che il terreno di proprietà dell’ente morale “(omissis)” è transitato nel patrimonio del Comune di (omissis) mediante acquisizione ex L. n. 833 del 1978, artt. 65 e 66, istitutiva del servizio sanitario nazionale, in relazione alla legge reg. Puglia n. 8 del 1981, art. 8, senza considerare che per gli enti morali di diritto privato, quali l'”(omissis)”, non esiste alcuna previsione legislativa di trasferimento automatico al patrimonio dei Comuni e che, pertanto, detto trasferimento al Comune di (omissis), con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali, sarebbe potuto avvenire soltanto sulla base di un atto amministrativo costitutivo e autoritario, nella specie mancante, ragion per cui il Comune non è mai divenuto proprietario del cespite, donde la piena legittimità dell’atto di acquisto del terreno da parte della Iron Tech;
1.1. il primo motivo non è fondato;
1.2. la censura si fonda su un assunto – ossia che per gli enti morali di diritto privato non esiste alcuna previsione di trasferimento automatico al patrimonio del Comune – che trascura la ricognizione della cornice normativa di riferimento operata dal giudice di appello e gli elementi probatori su cui si basa la decisione. Ed infatti la Corte territoriale ha respinto il motivo di appello concernente la mancata allegazione da parte della (omissis) del titolo di proprietà e in particolare l’assenza della cd. probatio diabolica consistente nella dimostrazione a ritroso dei titoli fino ad un acquisto a titolo originario da parte dei propri danti causa, mettendo in evidenza che, in linea con la giurisprudenza di legittimità, il Comune (prima) e la ASL (dopo) sono divenuti proprietari del fondo in questione per effetto della legge, il che tra l’altro esime l’Amministrazione che agisce in rivendica dall’onere di dimostrare l’avvenuto acquisto del bene, a titolo derivativo o per usucapione. Il dictum della Corte barese si fonda sulle risultanze di causa – che non possono essere messe in discussione in sede di legittimità, poichè ricorre l’ipotesi di “doppia conforme”, ai sensi dell’art. 348-ter, commi 4 e 5, c.p.c. con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, trascritta nell’intestazione del primo e del secondo mezzo di impugnazione – e sulla puntuale e condivisibile ricognizione della disciplina normativa. In dettaglio, per la sentenza impugnata: (a) la ASL ha provato che, in data 4/09/1954, (omissis) trasferì in proprietà all'”(omissis)”, ente morale eretto con R.D. del 7/03/1929, il fondo in questione da destinare all’edificazione di reparti infettivi; (b) in forza della L. n. 833 del 1978, artt. 65 e 66, istitutiva del SSN, il fondo divenne di proprietà del Comune di (omissis) (legge reg. Puglia n. 8 del 1981, art. 88) e poi venne trasferito alla AUSL (omissis) per effetto del D.Lgs. n. 502 del 1992, a seguito della delibera della giunta regionale n. 4518 del 1998, avente ad oggetto la costituzione del patrimonio della AUSL (omissis), ratificata dalla delibera consiliare del Comune di (omissis) n. 185/2000; (c) è provato, pertanto, che l’immobile è stato legittimamente trasferito alla AUSL (omissis) e che il passaggio di proprietà è stato registrato in conservatoria; infine, a seguito dell’incorporazione della AUSL (omissis) nella neoistituita (omissis), dal 1/07/2007, il suolo oggetto di causa è transitato nel patrimonio immobiliare di quest’ultimo ente ospedaliero;
2. con il secondo motivo (“A norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione della legge statale 28/12/1978 n. 833, artt. 65 e 66, in relazione alla L.R. Puglia n. 8 del 1981, art. 88 e al Decr. lgs. n. 502 del 1992, art. 5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 comma 1 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c. A norma dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”), il ricorrente assume che, rispetto ai due tipi di enti indicati dalla L. 833 del 1978, enti mutualistici (art. 65) e enti ospedalieri (art. 66), l’ente morale “(omissis)” rientrerebbe, secondo quanto indicato da alcune delibere del consiglio comunale della città di Bari, nella prima categoria (enti mutualistici); dopodichè, addebita alla sentenza impugnata di avere tralasciato che, come affermato dalla S.C. (Cass. n. 1895/2017), per il trasferimento dei beni degli enti mutualistici sarebbe stato necessario un decreto interministeriale (adottato di concerto tra le amministrazioni statali d’intesa con la Regione Puglia), nella specie mai adottato;
2.1. il secondo motivo è inammissibile;
2.2. la censura, che poggia sull’asserita natura di ente mutualistico dell'”(omissis)”, è nuova, per non essere stata allegata nel giudizio di merito, e come tale non può essere prospettata per la prima volta nel giudizio di legittimità;
3. con il terzo motivo (“A norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione dell’art. 115 comma 1 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c.”), si censura la sentenza impugnata che ha respinto la domanda riconvenzionale di usucapione degli appellanti valorizzando la sentenza del Tribunale di Bari (n. 4189/1988) che, per la Corte distrettuale, avrebbe accertato che il Comune di (Omissis) era proprietario del cespite, benchè tale sentenza non fosse mai stata prodotta in causa. Rileva che controparte ha depositato soltanto copia della sentenza n. 8945/1997 della Cassazione che confermava la sentenza della Corte d’appello di Bari del 29/10/1994, la quale, a sua volta, dichiarava inammissibile l’impugnazione dello stesso (omissis) avverso la pronuncia del Tribunale di Bari n. 4189/1988, che accertava che il bene era di proprietà dell’ente territoriale. Con la conseguenza che la sentenza qui impugnata, nella parte in cui rigetta la domanda riconvenzionale di usucapione, si fonda su un elemento probatorio insussistente e su un presupposto argomentativo privo di pregio, quale l’accertamento giudiziale, risalente al 1988, della proprietà del terreno in capo al Comune di (omissis);
3.1. il terzo motivo è inammissibile;
3.2. la censura si sostanzia in una questione processuale – la produzione nei gradi di merito della sentenza di questa Corte n. 8945/1997 – che ha definito altra controversia tra le parti, in luogo della sentenza del Tribunale di Bari n. 4189/1988, che non risulta essere stata prospettata in precedenza, con la conseguenza che essa non può essere sollevata per la prima volta nel giudizio di legittimità;
4. con il quarto motivo (“A norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione degli artt. 1158, 1140, 1165, 2943 e 2944 c.c., in relazione all’art. 115 comma 1 c.p.c. e 2697 c.c.”), il ricorrente premette che, sempre con riferimento alla domanda riconvenzionale di usucapione, la Corte territoriale ha escluso che fosse trascorso il termine ventennale in quanto, a suo avviso, detto termine ricominciava a decorrere dalla sentenza della S.C. n. 8945/1997, per il formarsi del giudicato sulla sentenza del Tribunale di Bari che accertava che il terreno era di proprietà del Comune di (omissis), e, quindi, non era maturato quando, nel 2005, la (omissis) ha promosso il presente giudizio. Ciò precisato, il ricorrente censura la sentenza impugnata che omette di valutare che, in realtà, nessun atto interruttivo del pacifico possesso del bene uti domini da parte prima di (omissis) e poi dello stesso (omissis) (che aveva destinato il terreno a parcheggio, concedendolo in locazione a terzi) era mai stato dedotto dalla (omissis) in epoca anteriore alla notificazione della domanda di rivendica del 2005;
4.1. il quarto motivo non è fondato;
4.2. è orientamento pacifico della Corte (ex multis, Cass. n. 9845/2003) che in tema di usucapione, il rinvio dell’art. 1165, c.c., alle norme sulla prescrizione in generale e, in particolare, a quelle dettate in tema di sospensione ed interruzione, incontra il limite della compatibilità di queste con la natura stessa dell’usucapione, con la conseguenza che va attribuita efficacia interruttiva del possesso (per quanto qui rileva) ad atti giudiziali siccome diretti ad ottenere, “ope iudicis”, la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapente, con la conseguenza che può legittimamente ritenersi atto interruttivo del termine della prescrizione acquisitiva la notifica dell’atto di citazione con il quale venga richiesta la materiale consegna di tutti i beni immobili sui quali si vanti un diritto dominicale. Si è anche chiarito (Cass. n. 7509/2006) che, a mente dell’art. 2943, comma 1, c.c., richiamato dall’art. 1165, c.c., in tema di usucapione, la domanda giudiziale ha efficacia interruttiva del decorso del termine utile per usucapire qualora sia diretta a far valere una pretesa incompatibile con gli effetti derivanti dal trascorrere del termine;
4.3. nel caso concreto, la Corte territoriale si è attenuta a tali enunciati nomofilattici là dove ha riconosciuto l’efficacia interruttiva del possesso utile all’usucapione al giudizio di opposizione promosso dal Comune di (omissis) avverso la pronuncia del Pretore di accoglimento del ricorso (depositato l’11/12/1981) di D.D. per il riconoscimento dell’usucapione speciale del fondo ex lege n. 346 del 1976, (giudizio) conclusosi con la già citata sentenza definitiva di questa Corte n. 8945/1997;
5. in conclusione, il ricorso è rigettato;
6. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.500,00, a titolo di compenso, Euro 200,00, per esborsi, oltre al 15 per cento del compenso per spese generali, e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2023.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2023