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Cassazione civile sez. II, 26/09/2025, n. 26265

Massima

Costituisce vizio della sentenza, affetto da contraddittorietà insanabile e violazione del “minimo costituzionale” della motivazione, il rigetto di una domanda basato sul mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del ricorrente (ex art. 2697 c.c.), qualora il giudice di merito abbia precedentemente respinto una richiesta di ammissione di mezzi istruttori (quali prova testimoniale o consulenza tecnica d’ufficio) che, se ammessi, avrebbero potuto dimostrare i fatti costitutivi della pretesa (come l’identità del prodotto o il nesso causale) e consentire così alla parte di adempiere al suddetto onere.

Supporto alla lettura

ONERE DELLA PROVA

L’onere della prova è una regola che si sostanzia essenzialmente nel porre a carico della parte che allega un fatto a sé favorevole, il dovere di darne prova dell’esistenza, e può essere intesa:

  • in senso soggettivo: onere di provare i fatti che costituiscono il fondamento delle pretese, per fornire al giudice tutti gli elementi necessari e sufficienti affinché egli arrivi ad una decisione corretta e consapevole.
  • in senso oggettivo: il giudice emette in ogni caso la decisione in merito all’accoglimento o al rigetto della domanda, quando, nonostante l’attività probatoria, egli non sia riuscito a raggiungere la verità dei fatti.

La disciplina dell’onere della prova è il criterio per regolare il giudizio del giudice, il quale è tenuto a ritenere non vero il fatto incerto ovvero il fatto non provato, infatti oggetto di prova sono solo i fatti incerti, pertanto i fatti pacifici e notori non formano oggetto di attività probatoria.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Dagli atti di causa emerge quanto segue. (omissis), imprenditrice agricola, era proprietaria di un fondo rustico sito in agro di C sul quale – per una superficie di mq 9.947 – insisteva un pereto costituito da piante coetanee della cultivar “Etrusca” mentre su altra superficie di mq 27.100 insisteva un pereto della cultivar “Coscia”.

Dovendo trattare i frutteti con un fitoregolatore di crescita a base di acido gibberellico, sostanza vegetale che stimola la fioritura e l’allegagione, (omissis) acquistò nel 2011 dalla ditta (omissis), 32 confezioni di GENIAL G 3, prodotto da Diachem Spa, al costo di 120 l’uno.

Il prodotto venne quindi utilizzato ma la produzione di quella annata fu inferiore di circa due terzi rispetto alla produzione lorda media, con un conseguente mancato guadagno di Euro 57.257,45.

Un campione del prodotto utilizzato fu fatto analizzare dal laboratorio Ecolab G.M. 65 di Salerno e così emerse che il prodotto conteneva una percentuale del principio attivo di acido gibberellico pari allo 0,01 ppm era perciò privo delle caratteristiche necessarie all’uso cui era destinato.

Pertanto la ricorrente agi in giudizio al fine, previo accertamento della responsabilità della ditta convenuta, di ottenere la risoluzione del contratto ed il conseguente risarcimento del danno.

2. Il giudice di primo grado respinse la domanda.

L’odierna ricorrente interpose appello ma venne disatteso.

In particolare, il giudice di merito escluse che il Tribunale avesse violato il diritto di difesa della (omissis).

Quest’ultima, infatti, aveva riferito al prodotto acquistato un vizio qualitativo tale da aver modificato la capacità produttiva delle piante, senza tuttavia aver dimostrato, quale compratore, l’esistenza della prova dei vizi attribuiti al bene acquistato.

Ed infatti “il risultato dell’analisi evidenziava soltanto una percentuale di principio attivo inferiore a quella dichiarata dal produttore, ma non registrava vizi qualitativi del fitoregolatore.”

Da tale emergenza non era “dato comprendere in che modo il medesimo avrebbe danneggiato il pereto, riducendone la sua capacità di produzione”.

A ciò si aggiunse che non vi era nemmeno prova, in ciò aderendo al ragionamento del giudice di primo grado, che il campione sottoposto ad analisi provenisse dal prodotto effettivamente acquistato dall’odierno controricorrente nel 2011 in quanto il buono consegna non indicava il numero di lotto delle confezioni cedute.

Si chiarì, quindi, che nulla avrebbe potuto aggiungere la richiesta prova testimoniale in quanto in parte ai testi veniva demandata la espressione di un giudizio circa la congruità del trattamento rispetto alle indicazioni del produttore ovvero circa le condizioni atmosferiche scelte ed in parte si fondava su circostanze non dimostrate ossia che il prodotto usato nel pereto era proprio quello acquistato nel negozio del (omissis).

Non vi era peraltro alcuna certezza circa la modalità di conservazione del fitoregolatore.

Anche la CTU era stata correttamente non disposta poiché avrebbe dovuto operare su materiale di provenienza non certa e forse non conservato secondo le prescrizioni del produttore.

Si affermò, inoltre, che non vi era nemmeno prova del nesso di causalità tra l’uso del fitoregolatore ed il calo di produzione, tanto più che il campione analizzato conteneva semplicemente un quantitativo di principio attivo inferiore a quello dichiarato dal produttore. Sicché giammai avrebbe potuto indebolire gli alberi e ridurne la capacità di produzione.

Avverso la prefata decisione ricorre (omissis) un motivo di ricorso.

Resiste con controricorso la ditta (omissis).

In prossimità dell’udienza sono state depositate memorie illustrative.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente viene in considerazione l’eccezione di improcedibilità del controricorso formulata dalla ricorrente.

Essa è fondata.

L’art. 370 c.p.c., così come modificato dal D.Lgs. n. 122 del 2022, applicabile nella specie, prevede che la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da depositare entro quaranta giorni dalla notificazione del ricorso. In mancanza, essa non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale

(omissis) ha notificato il ricorso alla ditta B.B. in data 28.12.2023 per cui il termine ultimo per depositare il controricorso era il 6.2.2023 laddove ciò è avvenuto il giorno 8.2.2023. Il deposito è, dunque, tardivo.

Trova pertanto applicazione il principio secondo cui in tema di giudizio di legittimità, pur in assenza di un’espressa previsione normativa, il tardivo deposito del controricorso comporta la sua improcedibilità, sanzione che si evince dai principi generali del processo civile in tema di inosservanza di termini relativi ad atti con i quali la parte porta a conoscenza del giudice e dell’avversario le proprie difese, con la conseguenza che non può tenersi conto ai fini della decisione né del controricorso stesso, né dell’eventuale memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis.1., comma 1, terzo periodo, c.p.c. (Cass.n. 10608/2025).

2. Può ora trattarsi il ricorso.

(omissis) impugna la decisione per essere la stessa viziata, ovvero nulla, per mancata ammissione dei mezzi istruttori violazione del combinato disposto degli artt. 2697149214941223 e 2043 c.c., 115 e 116 c.p.c. e 24 Cost. in relazione all’art. 360 comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c. – Contraddittoria motivazione – Vizio di attività e di giudizio error in iudicando ed error in procedendo – Violazione di norme sostanziali e processuali si censura la violazione di norme di legge, sia processuali che di merito, da parte della Corte di Appello di Salerno, per evidente vizio della sentenza per avere posto a fondamento della propria decisione la presunta inosservanza, da parte della ricorrente, dell’onere probatorio ex articolo 2697 c.c., benché’ la parte avesse offerto di adempierlo.

(omissis) ha agito affermando di aver subito un danno alla produzione causato dal prodotto acquistato dalla ditta (omissis); al fine di adempiere all’onere su di essa gravante ha chiesto al giudice di merito di ammettere prova per testi nonché la consulenza tecnica ma l’istanza è stata respinta.

L’omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui abbia determinato l’assenza di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento (v. Cass. n. 5654/2017Cass. n. 27415/2018Cass. n. 30721/2024Cass. n. 30810/2023).

Il principio di cui innanzi trova applicazione nella fattispecie odierna.

La ricorrente aveva formulato capitoli di prova specifici volti a dimostrare che il prodotto analizzato ed utilizzato fosse proprio quello acquistato dalla ditta (omissis) (come ad es. quelle contenuta nei capitoli di prova di cui alla lettera a o g riportate nel ricorso), aveva prodotto una relazione agro-economica asseverata attestante le cause del danno e la quantificazione dello stesso, così come aveva richiesto la consulenza tecnica tesa proprio a dimostrare il calo di produzione verificatosi ed il nesso di causalità con l’utilizzo del prodotto.

Il giudice di merito, con motivazione contraddittoria ha quindi da un lato, attribuito alla ricorrente il mancato assolvimento dell’onere probatorio su di essa gravante, ha affermato l’assenza di prova della corrispondenza del campione analizzato con il prodotto effettivamente acquistato nel 2011, ma dall’altro non le ha consentito di poterlo assolvere, non ammettendo i capitoli di prova specificamente vertenti su tale aspetto.

Allo stesso modo, il giudice di merito ha ritenuto che la ricorrente non avesse provato la sussistenza di un nesso causale univoco tra l’uso del fitoregolatore e la ridotta fioritura ma, pur in presenza di una produzione oggettivamente ridotta e di un prodotto contenente un quantitativo di molto inferiore a quello indicato come necessario, non ha ammesso la consulenza tecnica che avrebbe potuto meglio chiarire, attraverso l’ausilio di competenze specialistiche, le ragioni del calo di produzione.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare la mancata ammissione di un mezzo istruttorio si traduce in un vizio della sentenza se il giudice trae conseguenze dalla mancata osservanza dell’onere sancito all’art. 2697 c.c., benché la parte avesse offerto di adempierlo (Cass. n. 8357/2005Cass., n. 11491/1992; Cass. n. 5915/1981; Cass., n. 1627/1979; n. 2867/1975; Cass. n. 789/1963; Cass.n. 24205/2019; Cass. n. 20810/2023).

La motivazione è, peraltro, affetta dal vizio di contraddittorietà insanabile e viola, quindi, il “minimo costituzionale”, atteso che il giudice di merito ha rigettato la domanda ritenendola non provata dopo aver respinto una richiesta non inammissibile di prova (Cass. n. 2980/2023, Cass. n. 26538/2017).

In conclusione la sentenza deve essere quindi cassata con conseguente rinvio alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma il 2 luglio 2025 e il 4 settembre 2025 a seguito di riconvocazione.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2025.

Allegati

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