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Cassazione civile sez. II, 26/05/2025, n. 14013

Massima

Costituisce motivo di ricorso in Cassazione l’eccezione di violazione del giudicato qualora la Corte di merito affermi l’anteriorità della crisi coniugale ai fatti di infedeltà, in apparente contrasto con una precedente sentenza di legittimità che aveva cassato la decisione con cui era stata respinta la domanda di addebito della separazione nei confronti del resistente. Tali questioni (relative alla revocazione e all’onere della prova delle spese sostenute per ristrutturazione e acquisto di beni mobili in costanza di matrimonio) rientrano nell’ambito del contenzioso familiare che può essere soggetto alla procedura di definizione anticipata in Cassazione.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione (artt. 360 e ss. c.p.c.) è un mezzo di impugnazione ordinario che consente di impugnare le sentenze pronunciate in unico grado o in grado d’appello, ma solo per errori di diritto, non essendo possibile dinanzi alla Suprema Corte valutare nuovamente il merito della controversia come in appello. Di solito è ammessa solo la fase rescindente in quanto il giudizio verte sull’accertamento del vizio e sulla sua eventuale cassazione, il giudizio rescissorio spetta al giudice di rinvio. Solo nel caso in cui non dovessero risultare necessari ulteriori accertamenti in cassazione, avvengono entrambi i giudizi.

La sua proposizione avviene nel termine (perentorio) di 60 giorni (c.d. termine breve), è previsto un ulteriore termine (c.d. lungo) che scade 6 mesi dopo la pubblicazione della sentenza.

Per quanto riguarda i motivi di ricorso l’art. 360 c.p.c dispone che le sentenze possono essere impugnate:

  • per motivi attinenti alla giurisdizione,
  • per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
  • per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
  • per nullità della sentenza o del procedimento;
  • per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Inoltre può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale se le parti sono d’accordo per omettere l’appello (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.), mentre non sono immediatamente impugnabili per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio, in questo caso il ricorso può essere proposto senza necessità di riserva quando sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente il giudizio.

Il ricorso per cassazione è inammissibile (art. 360 bis c.p.c) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, oppure quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.

A pena di inammissibilità sono previsiti determinati requisiti di forma:

  • la sottoscrizione da parte di un avvocato iscritto in apposito albo e munito di procura speciale;
  • l’indicazione delle parti;
  • l’illustrazione sommaria dei fatti di causa;
  • l’indicazione della procura se conferita con atto separato e dell’eventuale decreto di ammissione al gratuito patrocinio;
  • l’indicazione degli atti processuali, dei contratti o accordi collettivi o dei documenti sui quali si fonda il ricorso;
  • i motivi del ricorso con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.

Il ricorso va depositato, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dall’ultima notifica fatta alle parti contro le quali è proposto.

Chi intende resistere al ricorso per cassazione può depositare controricorso e deve essere fatto entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso, insieme agli atti e ai documenti, e con la procura speciale se conferita con atto separato.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA
1. (omissis) ha convenuto l’ex moglie (omissis) dinanzi al Tribunale di Catania, chiedendo la revocazione per ingiuria grave della donazione dell’immobile adibito a casa coniugale in comproprietà al 50% tra i coniugi, delle somme impiegate per la ristrutturazione e per l’acquisto di un auto, lamentando che la convenuta aveva violato l’obbligo di assistenza e fedeltà verso il marito.

Il Tribunale, nella resistenza di (omissis), ha respinto la domanda.

La pronuncia è stata confermata dalla Corte Catanese, ponendo in rilievo che la crisi coniugale era anteriore ai fatti addebitati alla moglie e che, nonostante l’infedeltà contestata, la relazione extraconiugale non era divenuta di pubblico dominio e si era svolta senza modalità offensive; ha tuttavia riconosciuto che l’immobile era stato acquistato con denaro del marito ed era oggetto di una donazione indiretta, escludendo che vi fosse prova che i costi della ristrutturazione e per l’acquisito di altri beni fossero stati sostenuti dal solo (omissis)

Per la cassazione della sentenza (omissis) ha proposto ricorso in sette motivi, cui ha replicato (omissis) con controricorso.

Il Consigliere delegato ha formulato una proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 38-bis c.p.c., ravvisando la manifesta infondatezza del ricorso.

Scaduto il termine di legge, la causa è stata dichiarata estinta per mancata opposizione.

Successivamente il ricorrente ha formulato istanza di decisione ex art. 391, comma terzo, c.p.c. e la causa è stata rimessa all’udienza pubblica, in prossimità della quale le parti hanno deposito memorie e il Pubblico Ministero ha fatto pervenire conclusioni scritte.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia il vizio di omessa pronuncia sulla domanda di accertamento della sussistenza di una donazione indiretta del 50% dell’immobile acquistato con denaro del ricorrente e la violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, lamentando che la Corte di merito, dopo aver dato atto in motivazione che la casa coniugale era stata acquistata con denaro del ricorrente, non abbia dichiarato in dispositivo che la convenuta aveva ricevuto la donazione indiretta del 50% dell’immobile.Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. e del principio della c.d. “vicinanza della prova”, sostenendo che la sentenza, nel negare che fossero state oggetto di donazione anche le liquidità impiegate per la ristrutturazione dell’immobile e per l’acquisito dei mobili, abbia posto l’onere della prova delle donazioni in capo all’attore, spettando, invece, alla convenuta dimostrare di aver concorso con proprie sostanze nell’effettuazione delle spese nell’interesse di entrambi i coniugi.

Il terzo motivo deduce la violazione del giudicato, per aver la Corte di merito affermato che la crisi coniugale era intervenuta prima dei fatti di infedeltà dell’ex moglie, in contrasto con la sentenza di legittimità n. 5888/2024 che aveva cassato la decisione con cui era stata respinta la domanda di addebito della separazione nei confronti della resistente.

Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 801 c.c., la violazione del regime delle presunzioni e l’errata valutazione delle prove, asserendo che l’istruttoria testimoniale aveva confermato l’infedeltà e l’abbandono della casa coniugale da parte della moglie, oltre al fatto che quest’ultima aveva reso pubblica la relazione, diffondendo foto che la ritraevano con la persona con cui aveva intessuto una relazione su un noto social network prima della separazione.

Con il quinto motivo si contesta la violazione dell’art. 115 c.p.c., per aver il giudice distrettuale trascurato che la convenuta non aveva contestato che i beni mobili e l’immobile erano stati acquistati con denaro del ricorrente.

Il sesto motivo denuncia la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato e del principio della domanda. Sostiene il ricorrente che la pronuncia, nel rilevare che l’auto era ancora rimasta nella disponibilità del marito, si fonderebbe su un’errata interpretazione del contenuto della domanda, volta ad ottenere la revocazione della donazione e a far rientrare il bene, per l’intero, nel patrimonio dell’attore e non semplicemente ad ottenere la reintegra in possesso.

Il settimo motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., contestando alla Corte d’Appello di aver ritenuto irripetibili le spese sostenute per i bisogni della famiglia in assenza di eccezione di parte e senza previamente sollecitare il contraddittorio tra le parti.

L’ottavo motivo denuncia gli artt. 91 e 92 c.p.c., censurando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite nonostante il parziale accoglimento dell’appello e l’accertamento del perfezionamento di una donazione indiretta a favore della convenuta.

2. Deve confermarsi l’estinzione del giudizio già dichiarata con provvedimento ex art. 380-bis c.p.c.

Il ricorrente non ha proposto opposizione alla proposta di definizione anticipata, affermando di non aver potuto contattare tempestivamente il cliente, avendo questi cambiato il numero telefonico.

2.1.L’art. 380-bis c.p.c., nel testo introdotto dal D.Lgs. 164/2022, applicabile ai ricorsi pendenti alla data dell’1.1.2023, per i quali non fosse già fissata l’adunanza camerale o l’udienza pubblica, prevede che “se non è stata ancora fissata la data della decisione, il presidente della sezione o un consigliere da questo delegato può formulare una sintetica proposta di definizione del giudizio, quando ravvisa l’inammissibilità, improcedibilità o manifesta infondatezza del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto. La proposta è comunicata ai difensori delle parti. Entro quaranta giorni dalla comunicazione la parte ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, può chiedere la decisione. In mancanza, il ricorso si intende rinunciato e la Corte provvede ai sensi dell’articolo 391. Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 c.p.c.”.

La norma è stata modificata dal cd. D.Lgs. 164/2024, eliminando il requisito della nuova procura speciale, con effetto dal 26.11.2024; la nuova previsione è applicabile al presente giudizio, proposto con ricorso in cassazione notificato nel 2024.

2.3. L’art. 380 bis, comma secondo, c.p.c., richiama l’intera disposizione dell’art. 391 c.p.c., conseguendone l’applicazione anche del particolare rimedio concesso alle parti per ottenere un riesame della pronuncia di estinzione, rimedio che non ha carattere impugnatorio (Cass. SU 9611/2024; Cass. 19234/2024).

La richiesta di fissazione dell’udienza ex art. 391, comma 3, c.p.c., in caso di pronuncia di estinzione, determina l’automatica caducazione del decreto di estinzione, anche in ordine alla statuizione sulle spese, essendo poi rimessa alla Corte ogni decisione sia sull’estinzione del giudizio, sia sulle spese (Cass. 31318/2022; Cass. 19234/2024).

2.4. Nel caso in esame, l’assenza di una formale richiesta di decisione nel termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta conduce a confermare la dichiarazione di estinzione, non essendo neppure formalmente proposta una formale richiesta di rimessione in termini per fatto non addebitabile al ricorrente. Va, comunque, osservato che non solo il mero cambio del numero di telefono imponeva al difensore di compiere ogni sforzo per contattare l’assistito, profilo su cui il ricorso è del tutto silente, ma inoltre che non era invocabile alcuna incertezza normativa in ordine al fatto che non fosse necessaria una nuova procura speciale poiché il termine per richiedere la decisione ex art. 380-bis c.p.c. ha iniziato a decorrere dopo il 26.11.224, data di entrata in vigore del D.Lgs. 164/2024, mentre la proposta di definizione anticipata è stata depositata in data 11.11.2024.

Per effetto dell’intervenuta modifica dell’art. 380-bis c.p.c., non era necessario che la parte esprimesse personalmente la volontà di ottenere la decisione (tramite una nuova procura speciale), poiché, nel mutato quadro normativo, il difensore è autorizzato a compiere ogni valutazione e ad assumere ogni iniziativa in proposito in virtù dell’originario mandato.

2.5 Infondati appaiono anche i dubbi di costituzionalità dell’art. 380-bis c.p.c., non essendo la norma diretta ad imporre una irragionevole coartazione alle parti con una non proporzionata limitazione del diritto di azione in funzione dell’obiettivo di deflazione del contenzioso.

Il nuovo art. 380-bis è mezzo di agevolazione della definizione delle pendenze in sede di legittimità tramite l’individuazione di strumenti dissuasivi di condotte rivelatesi, ex post, prive di giustificazione, e quindi idonee a concretare, secondo una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del diritto di difesa, giacché non attenersi alla delibazione del presidente o del consigliere delegato, che trovi, poi, conferma nella decisione finale, lascia presumere una responsabilità aggravata (Cass. SU 9611/2024).

La norma, attraverso un meccanismo che prevede non una decisione monocratica ma una mera proposta di definizione non vincolante per il collegio, contempla semplicemente una sanzione applicabile non in via automatica, ma affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso concreto (Cass. SU 36069/2023).

In caso di decisione conforme alla proposta ad esser sanzionato è proprio il fatto di aver agito o resistito con mala fede o colpa grave, con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione; ovvero senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione e comunque senza compiere alcun serio sforzo interpretativo, deduttivo, argomentativo, per mettere in discussione con criteri e metodo di scientificità il diritto vivente o la giurisprudenza consolidata, sia pure solo con riferimento alla singola fattispecie concreta (Cass. Sez. U. 32001/2022).

Vanno richiamate le considerazioni già svolte dalla giurisprudenza costituzionale quanto alla legittimità di meccanismi che tendano a reprimere l’abuso del processo anche riconoscendo alle parti che non ne abbia fatto richiesta, un somma a titolo di indennizzo, essendo dette previsioni poste a tutela di un interesse che trascende (o non è, comunque, esclusivamente) quello della parte stessa, e si colorano di connotati innegabilmente pubblicistici e sanzionatoria per l’offesa arrecata alla giurisdizione, che deve manifestare e garantire la ragionevole durata di un giusto processo, in attuazione di un interesse di rango costituzionale intestato allo Stato” (Corte cost. 152/2016; Cass. 36591/2023).

3. Ai fini della liquidazione delle spese deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del controricorso perché priva dell’attestazione di conformità della procura analogica, depositata telematicamente, carenza superata dal tempestivo deposito della attestazione prima dello svolgimento dell’udienza pubblica.

È, in conclusione, confermata l’estinzione del giudizio, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese e al risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata, avendo formulato l’istanza ex art. 391, comma terzo, c.p.c. senza diligentemente considerarne la palese infondatezza alla luce degli orientamenti di legittimità riguardo alla natura e alle finalità del particolare procedimento di definizione accelerata, e l’assenza di ragioni che giustificassero la mancata richiesta di decisione ex art. 380-bis c.p.c., nel termine perentorio di legge.

P.Q.M.
dichiara estinto il giudizio di cassazione e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 5700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge se dovuti, e al risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata, liquidato in Euro. 2275,00.Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 15 maggio 2025.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2025.

Allegati

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