Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione del 2013, (omissis) convenne dinanzi al Tribunale di Livorno (omissis) chiedendo, per quanto ancora rileva ai fini del presente giudizio di legittimità, la declaratoria della comproprietà di una strada ubicata in (omissis) e, in via subordinata, dell’intervenuta usucapione della servitù di passaggio sulla stessa strada a favore del fondo di sua proprietà; rappresentò che sin dal (omissis) suo padre – come lui aveva fatto in seguito – aveva transitato sulla strada anche con mezzi pesanti, fino a che nel (omissis) il convenuto aveva fatto apporre un cancello automatico all’ingresso impedendogli così di raggiungere il deposito d’acqua e il magazzino posti nel terreno di sua proprietà, prima raggiunti per quella via.
(omissis) negò l’esistenza di qualsiasi diritto, anche di passaggio e a sostenere le sue ragioni intervennero in giudizio (omissis), (omissis) e (omissis) quali comproprietari della strada.
1.1. Con sentenza n. 231/2015 il Tribunale di Livorno rigettò l’appello e condannò (omissis) anche per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c..
2. Con sentenza n. 282/2021 la Corte d’appello di Firenze dichiarò innanzitutto che la statuizione di rigetto del diritto di comproprietà fosse passata in giudicato perchè non specificamente censurata; respinse quindi l’appello perchè non era stata dimostrata la predisposizione della strada al servizio del fondo dominante, non vi era prova che l’altro tracciato – accertato come esistente – non fosse percorribile dai mezzi pesanti, nè, prima ancora, che l’attore avesse l’esigenza di percorrerlo con mezzi pesanti in quanto non risultava neppure allegato l’uso a cui fossero stati adibiti il magazzino e il deposito; escluse in conseguenza la rilevanza delle circostanze dedotte a prova per testi; quindi, confermò la responsabilità processuale aggravata in quanto la domanda di comproprietà era stata proposta in totale mancanza di presupposti idonei a fondarne l’accoglimento ed escluse la necessità della prova del danno perchè la condanna era stata pronunciata ai sensi del III comma, per cui era necessaria unicamente la prova della malafede o della colpa grave.
3. Avverso questa sentenza (omissis) ha proposto ricorso in Cassazione, affidato a sei motivi. (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis) non hanno svolto difese.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, articolato in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (omissis) ha censurato la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 1027, 1061, 2697 c.c. e artt. 115 e 234 c.p.c.: la Corte non avrebbe correttamente applicato la giurisprudenza di legittimità sull’usucapione della servitù di passaggio, oggetto della domanda subordinata, affermando che “non esiste prova – nè ne viene offerta la dimostrazione mediante testimoni – che esista alcuna opera permanente e visibile (oltre al tracciato stesso) dalla quale desumere dell’esercizio costante di (omissis) di un costante passaggio sulla strada”.
1.2. Con il secondo motivo, articolato in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 il ricorrente ha lamentato la violazione degli artt. 948 e 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. e l’omesso esame della lettera del 17/9/71 e delle fotografie da cui risultava lo stato del passaggio alternativo e la sua non percorribilità da autobotti per raggiungere il deposito d’acqua.
1.3. Con il terzo motivo, articolato in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 il ricorrente ha pure lamentato la mancata ammissione delle prove testimoniali e dell’interrogatorio formale aventi ad oggetto la prova dell’acquisto per usucapione della comproprietà o della servitù di passaggio: la Corte avrebbe ritenuto l’insussistenza di idonea prova della domanda senza aver ammesso la prova per testi come da lui richiesta in primo grado e in appello, fino alla precisazione delle conclusioni, erroneamente ritenendo che il contenuto delle circostanze non fosse idoneo a dimostrare la fondatezza delle sue pretese.
1.4. Con il quarto motivo, articolato in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (omissis) ha denunciato l’omessa pronuncia sull’acquisizione del diritto di comproprietà della strada per usucapione in violazione dell’art. 112 c.p.c..
1.5. Con il quinto motivo, articolato in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 il ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., u.c., per avere la Corte ritenuto sussistente un’ipotesi di responsabilità aggravata in assenza dell’accertamento dell’elemento soggettivo nella forma della mala fede o della colpa, della pretestuosità dell’iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente o alla giurisprudenza consolidata, della prova del danno nonchè la valutazione complessiva della condotta del ricorrente.
1.6. Con il sesto motivo, articolato in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (omissis) ha lamentato, la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 e dell’art. 96 c.p.c. per avere la Corte pronunciato la sua condanna per lite temeraria senza valutarne i presupposti anche in riferimento all’avvenuta proposizione della domanda subordinata di usucapione.
2. Il quarto motivo – che per priorità logica può essere esaminato per primo – è infondato. La Corte d’appello, alla lett. b) del punto 6.1. della motivazione, ha ritenuto che “malgrado l’appellante insista nelle conclusioni in via principale per la declaratoria della comproprietà della strada”, la statuizione di primo grado di rigetto di questa domanda dovesse considerarsi passata in giudicato perchè non oggetto di specifica censura, risultando in conseguenza inammissibile l’impugnazione relativa: in tal senso non vi è stata, pertanto, alcuna omissione di pronuncia e il ricorrente, per riproporre la questione in questa sede di legittimità, avrebbe dovuto invece censurare l’interpretazione dell’atto di appello.
3. Il primo motivo è fondato.
La Corte d’appello ha rigettato la domanda di usucapione della servitù di passaggio rilevando che non era stata offerta alcuna prova dell’esistenza di “alcuna opera permanente e visibile (oltre al tracciato stesso), dalla quale desumere dell’esercizio da parte del (omissis) di un costante passaggio sulla strada privata”.
Attraverso questa motivazione non è applicato correttamente il principio, ormai consolidato, stabilito da questa Corte per individuare i presupposti dell’usucapione di una servitù di passaggio.
Sin dalla pronuncia n. 1456 del 09/02/1995 (e ancor prima, nei precedenti che vi sono richiamati), questa Corte ha esplicitamente chiarito che il requisito dell’apparenza non si esaurisce nella presenza di segni od opere che ne consentono l’esercizio ma richiede anche – e soprattutto – la manifesta destinazione delle stesse per l’esercizio della servitù, in modo che i segni o le opere, nel contesto in cui si collocano, costituiscano un inequivoco indice del peso imposto al fondo vicino). Tale esigenza, nel caso in cui si tratta di opere che ricadono interamente nel fondo servente, al quale servono o possono servire, implica quella della presenza di un segno di raccordo “non necessariamente fisico ma almeno funzionale dell’opera con il fondo dominante in modo che risulti con chiarezza che l’opera è anche in funzione della utilità di questo (vedi sent. 3561-77)”.
In seguito, in ogni pronuncia rilevante (risultano, tra le tante, massimate Cass. Sez. 2, n. 11254 del 17/12/1996, Sez. 2, n. 2994 del 17/02/2004, Sez. 2, n. 15447 del 10/07/2007, Sez. 2, n. 13238 del 31/05/2010, Sez. 6 – 2, n. 7004 del 17/03/2017, Sez. 6 – 2, n. 11834 del 06/05/2021), pur ribadendo che “il requisito dell’apparenza della servitù necessario ai fini dell’acquisto di essa per usucapione o per destinazione del padre di famiglia (art. 1061 c.c.) si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti, obiettivamente destinate al suo esercizio e che rivelino in maniera non equivoche l’esistenza del peso gravante sul fondo servente in guisa da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di un onere preciso a carattere stabile”, per cui “ai fini dell’apparenza di una servitù di passaggio, non è sufficiente l’esistenza di una strada o di un percorso idonei allo scopo, ma è essenziale che essi mostrino di essere stati posti in essere al preciso fine di dare accesso attraverso il fondo preteso servente a quello preteso dominante”, nel senso che “è necessario un quid pluris che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù”.
Quel che dunque sostanzia il quid pluris è il “raccordo” tra il tracciato su cui si assume sia esercitato il passaggio e l’utilità ricavata dal fondo dominante, inteso come nesso “funzionale”, la cui evidenza non necessariamente deve risultare da un’opera materiale ulteriore rispetto alla strada.
Ad esempio, in una delle pronunce riportate (2994/2004), è stato rinviato al Giudice del merito la verifica della sussistenza di questo “raccordo funzionale” perchè tra strada e fondo dominante vi era “discontinuità” per la presenza di un sentiero ovvero, in altra pronuncia (13238/2010), è stata ritenuta rilevante per escludere o non il raccordo la mancanza di un’integrale copertura di un fosso posto tra fondo dominante e strada adiacente da cui poteva o non conseguire una situazione di complanarità tra fondo e strada; in ultimo (11834/2021), è stato dato rilievo all’essere stata realizzata una scala di accesso non già per accedere al fondo dominante (una cantina), ma per collegare due strade pubbliche, collocate una a monte e l’altra a valle.
In tutti questi esempi, allora, era rilevante la sussistenza dell’effettiva e inequivoca destinazione all’utilità del fondo dominante del passaggio attraverso il fondo servente, sicchè il raccordo funzionale dovesse escludersi quando l’asservimento non risultasse di percezione immediata per l’interruzione del passaggio (perchè non continuo fino all’ingresso del fondo dominante o perchè attraversato da un fosso non coperto) o per la non equivocità della sua destinazione funzionale (come nel caso della scala a collegamento tra due strade e non di solo accesso al preteso fondo dominante).
Per usucapire il diritto di servitù di passaggio, pertanto, non è necessaria, come invece ritenuto dalla Corte territoriale, la sussistenza di specifiche opere materiali ulteriori rispetto a quella (ad esempio il tracciato, la strada, la rampa, la scala) su cui il passaggio preteso è possibile, ma è sufficiente (seppure, prima ancora, pure necessaria) l’evidenza dell’inequivoco collegamento funzionale tra l’opera in sè destinata al passaggio e il preteso fondo dominante.
In tal senso la Corte territoriale, alla stregua degli atti di causa, dovrà dire se ed, in tale ipotesi, individuare l’eventuale quid pluris.
4. Dall’accoglimento del primo motivo deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento del secondo, terzo, quinto e sesto motivo.
5. Il ricorso è perciò accolto relativamente al primo motivo, rigettato il quarto e assorbiti i restanti, con conseguente cassazione della sentenza impugnata relativamente al rigetto della domanda di usucapione della servitù di passaggio e rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione per l’esame e l’istruttoria della domanda secondo i principi suesposti.
In rinvio la Corte d’appello statuirà altresì sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il quarto e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in riferimento al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 13 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2023
