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Cassazione civile sez. II, 24/05/2021, n.14120

Massima

Il provvedimento di revoca giudiziaria dell’amministratore della comunione ordinaria ha natura di atto di volontaria giurisdizione, ex art. 1105, comma 4, c.c. – in ogni tempo suscettibile, pertanto, di revoca o modificazione, ma non ricorribile per cassazione, ex art. 111, comma 7, Cost., salvo che, travalicando i limiti per la propria emanazione, abbia risolto una controversia su diritti soggettivi – non essendo configurabile un diritto dell’amministratore medesimo alla prosecuzione dell’incarico e potendo eventuali pretese dello stesso, analogamente a quanto avviene in ambito condominiale, in ipotesi di dedotta insussistenza della giusta causa di revoca, trovare tutela in forma risarcitoria o per equivalente nella sede propria del giudizio di cognizione. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’amministratore giudiziario di un complesso immobiliare rispetto al decreto di revoca adottato, nei propri confronti, dalla Corte di appello, adìta in sede di reclamo ex art. 739 c.p.c.).

Supporto alla lettura

Revoca Amministratore

L’interruzione del rapporto tra amministratore e condominio può quindi avvenire in due modi:

  • per decisione dell’assemblea condominiale (revoca assembleare);
  • attraverso l’autorità giudiziaria, giudice, quando uno o più condomini depositano ricorso in tribunale (revoca giudiziale).

La legge amministratore di condominio individua con precisione i casi in cui l’amministratore è responsabile e quando può essere soggetto a revoca. L’assemblea può revocare l’amministratore per giusta causa o anche in mancanza di essa. Per il semplice fatto che è venuto a mancare il rapporto fiduciario tra amministratore e condominio. Il comma undicesimo dell’articolo 1129 del codice civile individua i casi in cui l’amministratore può essere revocato per giusta causa. Come revocare amministratore condominio per giusta causa?

  • mediante delibera dell’assemblea condominiale;
  • disposta dall’autorità giudiziaria su ricorso di un condomino quando l’amministratore non adempie all’obbligo di rappresentanza e per amministratore condominio obblighi ulteriori previsti dall’articolo 1131 del codice civile.

L’undicesimo comma articolo 1129 codice civile dice che la revoca dell’amministratore, quando è convocata l’assemblea condominiale, viene deliberata con la stessa maggioranze previste per la sua nomina o con le modalità previste dal regolamento condominiale. Questi sono i modi per stabilire maggioranza per revoca amministratore condominio. Il quorum richiesto è per revoca amministratore condominio maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio (articolo 1136 del codice civile). La revoca dell’amministratore può essere disposta su statuizione del giudice. Ciò può avvenire quando un condomino deposita ricorso revoca amministratore condominio presso il tribunale anche in contrasto con quanto deliberato dall’assemblea condominiale. La revoca giudiziale dell’amministratore può avvenire solo quando c’è una giusta causa. Vediamo nel dettaglio tutti i casi in cui la legge prevede la revoca dell’amministratore per giusta causa. La rimozione amministratore condominio è possibile per:

  • la mancata comunicazione all’assemblea dei condomini della ricezione di un atto di citazione o un provvedimento amministrativo che eccede l’esercizio delle sue funzioni;
  • il mancato reso conto della gestione;
  • la commissione di gravi irregolarità.

Quando l’amministratore è revocato su statuizione del giudice l’assemblea condominiale non può rinominarlo.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

  1. Con decreto pubblicato il 22 agosto 2016, la Corte d’appello di Catanzaro ha accolto il reclamo proposto da Naviglio s.r.l. avverso il decreto del Tribunale di Catanzaro n. 6611/2015, e nei confronti di Crazy Sun s.r.l. e di P.G..

1.1. Il Tribunale rigettò il ricorso della Naviglio, che aveva chiesto la revoca dell’amministratore giudiziario del complesso immobiliare (OMISSIS) – di proprietà, per pari quote, delle società Naviglio e Crazy Sun – che era stato nominato ai sensi dell’art. 1105 c.c., comma 4, nella persona di P.G..

  1. La Corte d’appello ha riformato la decisione e revocato l’incarico di amministratore al Dott. P., nominando al suo posto Pl.Um..
  2. Per la cassazione del decreto di revoca P.G. ha proposto ricorso straordinario, affidato a quattro motivi, ai quali resiste con controricorso Naviglio srl.

La società Crazy Sun ha depositato atto con il quale aderisce al ricorso. Non ha svolto difese Pl.Um..

3.1. Il ricorso, già fissato per la decisione ai sensi dell’art. art. 380-bis c.p.c., in vista della quale il ricorrente P.G. e la società Naviglio hanno depositato memorie, è stato rimesso alla pubblica udienza per mancanza di evidenza decisoria con ordinanza interlocutoria n. 31210 del 3 dicembre 2018. Il ricorso era fissato per l’udienza pubblica del 20 marzo 2020, e quindi rinviato, a causa dell’emergenza sanitaria, all’udienza del 28 ottobre 2020, in prossimità della quale hanno depositato memorie P.G. e Crazy Sun srl. La resistente Naviglio srl ha prodotto in udienza memoria con costituzione di nuovo difensore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Preliminarmente si deve rilevare che l’atto depositato da Crazy Sun s.r.l. non è un controricorso ma un ricorso incidentale adesivo, con il quale la società formula richiesta di cassazione del provvedimento impugnato (ex plurimis, Cass. 13/10/2017, n. 24155; Cass. 17/12/2009, n. 26505; Cass. 02/09/2003, n. 12764).
  2. Con il primo motivo, che denuncia violazione degli artt. 111 Cost., artt. 156-157 c.p.c., artt. 1105-1106 c.c., art. 737 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente censura che l’adozione della revoca della sua nomina sia stata fatta nelle forme del rito camerale, pur non essendo applicabile alla comunione la norma di carattere eccezionale contenuta nell’art. 1129 c.c., in tema di revoca dell’amministratore di condominio.

La domanda di revoca, infatti, inciderebbe “direttamente e consistentemente sui diritti dell’amministratore”, e quindi avrebbe dovuto essere introdotta con le forme del rito ordinario di cognizione. Di qui la natura di sentenza del provvedimento impugnato, pronunciato dalla Corte d’appello in sede di reclamo, che solo formalmente è un decreto, come del resto dimostrato dalla pronuncia sulle spese.

Il provvedimento sarebbe pertanto ricorribile per cassazione in via ordinaria, o in subordine con il ricorso straordinario, in considerazione della decisorietà e definitività.

2.1. Il motivo è inammissibile, e assorbe i rimanenti.

Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, in tema di amministrazione della cosa comune, i decreti emessi ai sensi dell’art. 1105 c.c., u.c., hanno natura di provvedimenti di volontaria giurisdizione che, essendo suscettibili in ogni tempo di revoca e di modificazione (sono revocabili e reclamabili ai sensi degli artt. 739,742 e 742-bis c.p.c.) non sono ricorribili per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, salvo che il provvedimento, travalicando i limiti previsti per la sua emanazione, abbia risolto in sede di volontaria giurisdizione una controversia su diritti soggettivi (ex plurimis, Cass. 22/06/2017, n. 15548; Cass. 08/05/20:17, n. 11172; Cass. 22/03/2012, n. 4616; Cass. 16/06/2005, n. 12881; Cass. Sez. U. 29/10/2004, n. 20957).

2.2. Ai fini della verifica, che l’odierno ricorso sollecita, circa la natura del provvedimento impugnato – contenziosa o non – occorre quindi fare riferimento alla posizione soggettiva dedotta in giudizio per stabilire se – per il suo effettivo contenuto – il provvedimento incida su un diritto non suscettibile di essere in alcun modo reintegrato in un giudizio ordinario con conseguente consumazione dell’azione nel procedimento camerale.

Nella fattispecie in esame non si riscontra il denunciato “travalicamento”, per la ragione assorbente che non può configurarsi un diritto in capo all’amministratore alla prosecuzione dell’incarico, laddove eventuali pretese dello stesso possono trovare tutela in forma risarcitoria o per equivalente nella sede propria del giudizio di cognizione, in termini analoghi a quanto avviene per l’amministratore di condominio per la tutela dei diritti derivanti dal contratto di mandato intercorso con i condomini, in ipotesi di dedotta insussistenza della giusta causa di revoca (ex plurimis, Cass. Sez. U 29/10/2004, n. 20957).

  1. Con il secondo motivo, che denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità del provvedimento impugnato, si lamenta l’extrapetizione in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello nel disporre la revoca dell’amministratore, travalicando i poteri di qualificazione della domanda.

Il ricorrente evidenzia che la società reclamante aveva posto a fondamento della domanda di revoca dell’amministratore l’avvenuta stipula di locazione ultranovennale in assenza di autorizzazione del giudice (terzo motivo di reclamo), mentre la Corte d’appello ha disposto la revoca pur avendo accertato che si trattava di locazione novennale, argomentando sul rilievo che l’entità del canone avrebbe dovuto indurre l’amministratore a munirsi dell’autorizzazione giudiziale.

  1. Con il terzo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 1108,1572 c.c. e si lamenta che la Corte d’appello abbia qualificato atto eccedente l’ordinaria amministrazione un contratto di locazione della durata di nove anni.
  2. Con il quarto motivo è denunciata violazione dell’art. 135 c.p.c. (rectius, art. 132) perchè il provvedimento impugnato non indicherebbe le ragioni a sostegno della decisione, sicchè la motivazione sarebbe meramente apparente.
  3. I motivi dal secondo al quarto rimangono assorbiti nell’inammissibilità già rilevata con riferimento al primo motivo di ricorso, e ciò in quanto le violazioni di legge processuale o sostanziale che, in assunto del ricorrente, segnerebbero il provvedimento impugnato, non comportano l’abnormità dello stesso.
  4. Per le ragioni esposte risulta inammissibile anche il ricorso incidentale adesivo.
  5. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e sono poste a carico solidate delle parti ricorrenti principale ed incidentale. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e l’incidentale adesivo; condanna in solido il ricorrente principale ed il ricorrente incidentale a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2021

Allegati

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